Nomi e cognomi
La nostra prima carta d’identità
Ogni individuo ha uno o più nomi, secondo i sistemi adottati nel corso del tempo dalla società di cui fa parte. Nomi e cognomi hanno varie origini: religiosa, storica, letteraria, mondana; spesso nascono da soprannomi, dai luoghi di provenienza o dai mestieri esercitati
Si può dire che tutti gli esseri umani, in qualsiasi parte del mondo vivano, portino uno o più nomi.
Il sistema al quale siamo abituati, fondato sul nome e sul cognome, è proprio dell’Europa e dall’Europa si è diffuso nell’America e nell’Australia.
Gli antichi Romani avevano un sistema a tre nomi: un prenome (per esempio: Marcus), un nome (corrispondente al nome della famiglia; per esempio: Tullius) e un cognome (in origine un soprannome, poi diventato ereditario; per esempio: Cicero). Nel tardo Impero questo sistema entra in crisi: si diffonde un nome unico, spesso completamente nuovo, in parte d’ispirazione cristiana (come Renatus, cioè «nato a nuova vita dopo aver ricevuto il Battesimo») o, più tardi, di formazione germanica (per esempio Alberto, formato di due elementi che vogliono dire rispettivamente «tutto» e «glorioso», quindi «ricco di gloria»).
I nomi tendono sempre più a ripetersi: nell’11° secolo l’onomastica, la tecnica del denominare, è impoverita e svolge male la funzione di distinguere i vari individui di una società. Nascono allora, in Italia e altrove, molti soprannomi che si aggiungono al nome per definirlo: possono riferirsi a caratteristiche fisiche (Longo, Grasso) o morali (Allegra, Avaro); indicare un mestiere (Fabbro, Marinaro); il luogo di provenienza (Trevisan, Lombardo); il nome o la condizione del padre o della madre (Di Pietro, Della Vedova). Talvolta si hanno soprannomi scherzosi, come Bevilacqua (detto di un ubriacone) o Pappalardo (detto di un ghiottone, che mangiava la carne anche quando secondo la Chiesa bisognava astenersene).
Nasce così, a poco a poco, il sistema moderno. I nomi aggiunti nel Medioevo si fissano come nomi di famiglia e sono la base dei vari cognomi, talvolta propri di certe aree geografiche (Trevisan, per esempio, è veneto; Pappalardo siciliano) e spesso variati con suffissi diversi: Grassini, Avarucci, Lombardello. I cognomi italiani escono spesso in i, almeno in Lombardia, Emilia e nell’Italia centrale. Probabilmente si tratta di un plurale: la famiglia di un tale chiamato Rosso, perché aveva i capelli rossi (insoliti nella popolazione italiana, e quindi caratteristici), veniva chiamata Rossi. Rossi – un cognome nato da un soprannome – è il cognome più comune in Italia (e la stessa etimologia ha Russo, il secondo per diffusione, originario del Mezzogiorno).
Che cosa succede all’estero? Le cose cambiano, ma non troppo. Anche il cognome più frequente in ungherese, per esempio, è un antico soprannome (Nagy, «grande»), mentre in Francia, Norvegia e Argentina il cognome più diffuso fa riferimento al nome del padre (francese Martin, norvegese Hansen, spagnolo Fernández) e in Gran Bretagna e in Germania a un nome di mestiere (inglese Smith «fabbro» e tedesco Müller «mugnaio»).
La maggioranza dei nomi italiani (circa tre quarti del totale) è d’origine religiosa, a cominciare da Maria e Giuseppe. Entrambi sono nomi d’origine ebraica, ma la loro fortuna europea si deve al cristianesimo, così com’è accaduto per i nomi di molti apostoli (Pietro, Paolo, Giovanni) e di santi particolarmente venerati (Antonio, Francesco, Rita). D’origine ebraica sono anche i nomi in ele, che è l’ebraico El, forma abbreviata del nome del «Signore» (Daniele, Emanuele e così via). I nomi di tradizione laica appartengono a diversi filoni. Alcuni riprendono nomi dell’antichità romana (Cesare, Fabio). Altri si diffondono per ragioni ideologiche (specie nel passato: Anita, dalla moglie di Garibaldi, Benito, da Mussolini). Altri ancora provengono dalla letteratura (Ornella da una tragedia di Gabriele D’Annunzio), dall’opera lirica (Aida, dall’omonimo melodramma di Verdi), dal cinema (Sabrina, da un film del 1954 interpretato da Audrey Hepburn) o anche dalla televisione o dai grandi eventi sportivi. Ancora un certo peso ha la tradizione familiare: il nome dato a un neonato può rinnovare quello del nonno, della nonna o di un altro parente.