Pittore e incisore (Lubecca 1789 - Roma 1869). Convinto del fine morale dell'arte, O. professò nella sua opera un recupero degli antichi maestri (Giotto, Perugino) per un ritorno a una purezza di sentimenti religiosi, reagendo alle tendenze neoclassiciste dominanti all'epoca. Trasferitosi a Roma (1809), vi costituì il gruppo dei Nazareni, con i quali diede vita a diversi cicli di affreschi.
Fu scolaro di F. O. Runge e di W. Tischbein, quindi (1806) dell'accademia di Vienna. Suo padre era un patrizio di Lubecca, protestante, interessato alla musica e alla poesia; giovanissimo, O. poté così conoscere, attraverso gli amici paterni, le prime riproduzioni di opere italiane dei secc. 14º e 15º; in seguito conobbe E. Runge. A Vienna studiò più i maestri antichi che gli esempi forniti dall'accademia. Reagendo all'insegnamento accademico, fondò (1809) con altri il Lukasbund, di cui egli era il capo, suo padre il cancelliere e F. Pforr il maestro. Questa prima associazione programmatica di artisti mirava alla purificazione delle arti attraverso lo studio degli antichi maestri e il ritorno a una presunta purezza di sentimenti religiosi e ascetici. Nello stesso anno, con F. Pforr, O. si recò a Roma, dove l'intero gruppo di artisti tedeschi a cui O. apparteneva si raccolse a vita monastica dapprima a Villa Malta, poi nel convento di S. Isidoro. Ben presto O. divenne il capo del gruppo, chiamato dei Nazareni. A Roma visse poi sempre, anche quando il gruppo si sciolse. Rimase fedele ai principi giovanili, ma la sua pittura, che agli esordi, e pur nella sua acerba astrattezza, possedeva qualche dote di purezza e ingenuità (ritratti, disegni), si andò facendo più schematica, cerebrale e accademica. Le opere più celebri, alle quali collaborò a Roma con gli altri Nazareni, furono gli affreschi di casa Bartholdy (1816), ora nella Nationalgalerie di Berlino, e quelli del Casino Massimo al Laterano a Roma (1817-27), in cui O. eseguì le scene ispirate alla Gerusalemme Liberata. Dipinti e disegni di O. sono in molti musei tedeschi.