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Tra la metà del 16° e la fine del 18° secolo i Paesi Bassi divennero una grande potenza marittima ed ebbero una posizione di primo piano in Europa. Essi estesero la loro influenza attraverso la creazione di un ampio sistema di colonie che, al suo apice, comprendeva le Indie Orientali Olandesi (Indonesia, Sri Lanka e alcune colonie indiane) e le Indie Occidentali Olandesi (costituite da parte del Sudamerica nordorientale). La superiorità tecnologica raggiunta dal paese nella cantieristica navale e la favorevole collocazione geografica furono all’origine di tale periodo di supremazia marittima. I Paesi Bassi si affacciano, infatti, sul Mare del Nord e hanno potuto beneficiare dell’esteso sistema di rotte e traffici commerciali regionali e mondiali ereditato dalla Lega anseatica. Divenuti uno dei più importanti poli commerciali europei (ancora oggi il porto di Rotterdam è il più trafficato del continente), i Paesi Bassi hanno tuttavia perduto nel tempo il dominio sui mari e, nel secondo dopoguerra, hanno progressivamente perso le loro colonie, divenute indipendenti – solo le nazioni costitutive delle Antille Olandesi, dissoltesi a ottobre 2010, restano formalmente parte del Regno dei Paesi Bassi. La politica di neutralità, adottata nella prima metà dell’Ottocento, fu abbandonata al termine della Seconda guerra mondiale, quando l’occupazione da parte delle truppe naziste ebbe l’effetto di spingere la casa regnante a un temporaneo esilio. Dal secondo dopoguerra il paese ha impostato la politica estera su direttrici nette e stabili, favorevoli anzitutto al processo di integrazione europea. Già negli anni Cinquanta, infatti, i Paesi Bassi contribuirono a fondare quelle istituzioni internazionali che sono alla base dell’attuale Unione Europea (Eu), insieme a Belgio e Lussemburgo, paesi ai quali erano già uniti da un’unione doganale (Benelux), nonché Italia, Francia e Germania. Peraltro, il trattato istitutivo dell’Eu sarebbe stato firmato nel 1992 a Maastricht, cittadina olandese, e modificato poco dopo con il Trattato di Amsterdam del 1998. Una seconda direttrice di politica estera mira al rafforzamento delle relazioni transatlantiche. I Paesi Bassi sono, infatti, membri fondatori della Nato, hanno partecipato attivamente al fianco degli Stati Uniti in alcune delle più importanti missioni internazionali dal secondo dopoguerra, e il segretario generale della Nato tra il 2004 e il 2009 è stato proprio un olandese, Jaap de Hoop Scheffer. Infine, i Paesi Bassi partecipano attivamente alle principali organizzazioni internazionali, promuovendo il multilateralismo e il rispetto del diritto internazionale. Sebbene i tratti generali della politica estera olandese abbiano espresso una forte continuità nei primi sessant’anni del dopoguerra, negli ultimi anni si è assistito ad alcuni cambiamenti. L’opinione pubblica è infatti divenuta in maggioranza antieuropea (nel 2005 il referendum sulla Costituzione europea fu respinto dal 62% dei votanti), tendenza leggermente ridimensionata con le ultime elezioni, che hanno premiato il candidato filoeuropeista e liberale Mark Rutte. I Paesi Bassi si sono inoltre dimostrati riluttanti a esprimere il proprio consenso alla partecipazione dei propri militari alla missione Nato in Afghanistan.
Ordinamento istituzionale e politica interna
La Camera bassa, che detiene i maggiori poteri, è composta da 150 membri, eletti tramite voto popolare per quattro anni. Il Senato si compone invece di 75 membri, scelti ogni quattro anni attraverso elezioni indirette cui partecipano i dodici consigli provinciali del paese, e si riunisce in seduta ordinaria una sola volta a settimana. Il Senato può rifiutare le proposte di legge, ma non può emendarle o proporne di nuove. Dal secondo dopoguerra la legge elettorale proporzionale e la frammentazione della società olandese in senso confessionale (tra cattolici, protestanti e non praticanti) e politica (tra socialisti e conservatori) hanno portato alla naturale adozione di un metodo di formazione dei governi progettato per evitare i conflitti, definito ‘democrazia consociativa’ dalla scienza politica. Tra gli elementi peculiari di questo modello, e dunque del sistema politico olandese, vi è il costante avvicendarsi al governo di ampie coalizioni, che cercano di raccogliere il più ampio consenso possibile attorno agli indirizzi politici da imprimere al paese. Nei Paesi Bassi queste coalizioni sono generalmente state guidate dal Partito laburista (Partij van de Arbeid, Pvda) o dai partiti conservatori a base religiosa – prima dai cattolici e poi, dalla seconda metà degli anni Settanta, dall’Appello cristianodemocratico (Christen-Democratisch Appèl, Cda), formazione originata dalla fusione di partiti cattolici e protestanti. Come è avvenuto per quanto riguarda la politica estera del paese, tuttavia, anche sul fronte interno si è assistito nell’ultimo decennio ad alcuni importanti mutamenti. Il governo di coalizione di Jan Balkenende (del Cda), a cui partecipavano anche il Pvda e la piccola Unione cristiana (Christen Unie, Cu), alla guida del paese tra il 2002 e il 2010, ha rischiato più volte di cadere a causa delle divergenze di programma dei diversi partiti. L’emergere di un forte sentimento xenofobo e anti-islamico nel paese ha trovato la sua sanzione nelle elezioni politiche di giugno 2010: queste ultime hanno sancito l’avanzata del Partito per la libertà (Partij voor de vrijheid, Pvv) di Geert Wilders, leader della destra populista e favorevole a politiche fortemente ostili nei confronti degli immigrati. Il pericoloso stallo creatosi durante i negoziati per la formazione del nuovo governo è stato risolto dopo quattro mesi, quando Mark Rutte, leader del Partito popolare per la libertà e la democrazia (Volkspartij voor Vrijheid en Democratie, Vvd) si è alleato con il Cda, dando vita a un governo successivamente riconfermato alla guida del paese nel settembre 2012, mentre il partito di Wilders registrava un forte calo di consensi. Il risultato delle ultime elezioni riavvicina il paese all’Europa, sia nell’impegno a rispettare le condizioni europee, sia nel tentativo di combattere lo spettro della xenofobia e del razzismo.
Popolazione e società
La storia dei Paesi Bassi, l’architettura urbana, l’agricoltura e le sorti della popolazione olandese sono strettamente connesse alla morfologia del territorio e al delicato equilibrio tra terra e mare che lo contraddistingue. Il 25% della superficie del territorio olandese, infatti, è al di sotto del livello del mare, mentre il 50% ne è a meno di un metro al di sopra. Sin dal 12° secolo tale peculiarità geologica ha indotto la popolazione dei Paesi Bassi a escogitare sofisticate soluzioni ingegneristiche per sottrarre terra al mare. La costruzione di argini, dighe e complessi sistemi di chiuse è ancora oggi il principale espediente utilizzato. In particolare, le chiuse permettono di drenare l’acqua tra la terra e la diga, rendendo così coltivabile il terreno prosciugato, che prende il nome di polder: quello di Beemster, ideato nel 1612, è il più conosciuto e, dal 1999, è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Sono patrimonio dell’umanità anche i canali di Amsterdam, la ‘Venezia del nord’, viva testimonianza della convivenza di terra e acqua nel paesaggio urbano dei Paesi Bassi. Il 21% della popolazione vive al di sotto del livello del mare e la densità abitativa, pari a quasi 495 abitanti per km2, è la prima d’Europa e la terza al mondo tra i paesi con superficie superiore ai 2500 km2, dopo Bangladesh e Corea del Sud. Le città olandesi, nelle quali risiede l’82,4% della popolazione, vantano livelli di vivibilità tra i più elevati al mondo, come attestano gli indici di benessere sociale: le donne hanno opportunità pari a quelle degli uomini e la corruzione percepita dai cittadini è molto bassa. Le città olandesi presentano inoltre un panorama demografico multietnico. I dati del 2009 dimostrano, infatti, che più di un quinto della popolazione ha almeno un genitore nato all’estero. La popolazione straniera domiciliata nei Paesi Bassi si attesta invece attorno alle 725.000 persone, di cui metà provenienti da altri paesi europei e buona parte dei restanti da Marocco e Turchia. Significativa è anche la presenza delle comunità indonesiana e surinamese. Nell’ultimo decennio, però, i flussi immigratori hanno mostrato un andamento altalenante, diminuendo fortemente nel 2002 per poi tornare ad aumentare tra il 2006 e il 2008. Alla commistione etnica corrisponde la spiccata eterogeneità dell’appartenenza a confessioni religiose. Il 26,6% della popolazione professa un credo cattolico, il 16,8% protestante, il 5,8% islamico, lo 1,3% induista, l’1% buddista, mentre ben il 42,7% dichiara di non aderire ad alcun culto religioso. Secondo i dati dell’Eurobarometro 2008, la percentuale di olandesi che non abbraccia nessuna religione raggiungerebbe invece il 66%.
Libertà e diritti
I Paesi Bassi sono tradizionalmente fautori di politiche liberali, attente a interpretare il repentino mutare della società e dei suoi costumi. Nel 2000 il diritto all’eutanasia è stato legalizzato, sebbene già nel 1993 fosse riconosciuto in casi specifici; nel 2001 si sono celebrati ad Amsterdam i primi quattro matrimoni tra persone dello stesso sesso e la legislazione ha riconosciuto alle coppie omosessuali il diritto di adottare bambini; l’aborto è legale e gli iter processuali per il divorzio sono molto brevi; la prostituzione è considerata una professione legale. Inoltre i Paesi Bassi hanno una legislazione unica al mondo in materia di droghe. La legislazione sulle sostanze stupefacenti risale al 1976 ed è stata approvata per regolamentare il mercato della droga e monitorarne l’impatto sulla società.
Nervo scoperto del sistema liberale e dei diritti è, invece, la questione dell’integrazione degli immigrati. Nell’ultimo decennio si è diffuso nelle città olandesi un sentimento di intolleranza nei confronti degli immigrati di religione islamica. In particolare, atti di vandalismo, deturpazione di moschee, discriminazioni e insulti verso la comunità islamica sono sensibilmente aumentati a seguito di due fatti di cronaca. Il 6 maggio 2002 un militante di estrema sinistra uccise Pim Fortuyn, leader del primo partito della città di Rotterdam. Fortuyn, omosessuale ed eccentrico politico del panorama della destra olandese, era diventato portavoce delle paure dei cittadini nei confronti dell’Islam e dell’immigrazione extra-europea e aveva rapidamente raccolto un ampio consenso popolare. Il 2 novembre 2004 fu, invece, assassinato per mano di un estremista islamico Theo van Gogh, regista cinematografico e amico di Fortuyn. Il cineasta aveva appena girato un dibattuto film sulla condizione delle donne nella società islamica, divenendo così un bersaglio degli estremisti islamici.
I Paesi Bassi sono tra i primi venti stati al mondo per dimensione dell’economia, e tra i primi dieci per pil pro capite – quarti in Europa, dietro a Lussemburgo, Norvegia e Svizzera. La distribuzione interna dei redditi, se comparata a quella di altri paesi a capitalismo avanzato, è inoltre una delle più eque: secondo dati delle Nazioni Unite, il 20% più ricco della popolazione possiede un reddito totale che supera di cinque volte le disponibilità finanziarie del 20% più povero, laddove in Italia e in Francia il primo valore supera il secondo di sei volte, nel Regno Unito di sette e negli Stati Uniti di oltre otto. Le politiche economiche adottate dal paese verso l’estero sono per tradizione fortemente liberiste, anche perché i Paesi Bassi dipendono in grande misura dagli scambi internazionali. Proprio a causa di questa propensione al commercio estero i servizi, che oggi contribuiscono per quasi tre quarti alla composizione del pil nazionale, si concentrano nei settori dei trasporti, della distribuzione e della logistica, e solo dopo nei servizi finanziari. Il commercio con l’estero è agevolato dalla presenza sul suolo olandese dei caratteristici canali navigabili interni: dipanandosi per il paese, questi ultimi costituiscono una rete di più di 5000 chilometri. L’importanza del commercio internazionale è inoltre simboleggiata dalla presenza nei Paesi Bassi del più grande porto d’Europa, Rotterdam: la stragrande maggioranza del traffico marittimo che nel 2010 ha coinvolto il porto era internazionale. L’industria, che contribuisce alla formazione di un ulteriore quarto del pil, è fortemente sviluppata nella lavorazione dei metalli e nella raffinazione degli idrocarburi.
L’andamento dell’economia ha fatto registrare una crescita costante durante gli anni Novanta, che ha contribuito a un calo della disoccupazione (scesa al 4,5%). Grazie a questo e alla solidità e stabilità del sistema economico olandese, sin dal secondo dopoguerra i Paesi Bassi hanno potuto creare uno dei sistemi di welfare più sviluppati d’Europa. Lo stato interviene nella regolamentazione della vita economica del paese, erogando permessi e disciplinando in maniera restrittiva diversi settori, nonostante questo possa risultare in controtendenza rispetto alle politiche liberiste promosse dal paese: nel 2007, per esempio, il governo ha stilato un elenco di 30 compagnie di ‘interesse vitale’ per la nazione, dichiarando che non rinuncerà alla propria quota di partecipazione in queste ultime (si tratta, tra le altre, di compagnie energetiche e di erogazione di servizi finanziari).
Tuttavia, una prima battuta d’arresto dell’economia nel 2003 e i contraccolpi della crisi mondiale (-3,9% del pil nel 2009) hanno da una parte portato la disoccupazione al 5,8% (dato del febbraio 2010), e dall’altra hanno costretto la politica a ripensare all’impianto di welfare del paese, avvertito come troppo oneroso. I bilanci statali, in pareggio tra il 2005 e il 2008, hanno infatti fatto registrare un deficit superiore al 5% del pil sia nel 2009 che nel 2010, mentre il debito pubblico è salito in quattro anni dal 45% al 65% del pil. Obiettivo del governo è ora quello di ritornare al rigore e migliorare i conti pubblici.
Pur avendo colpito in maniera significativa gli scambi con l’estero, la crisi non ha però compromesso l’esportazione di beni e servizi dai Paesi Bassi – con il surplus commerciale attestatosi nel 2011 a più di 30 miliardi di dollari, valore però non ancora comparabile a quello precedente alla crisi (circa 60 miliardi). Per comprendere l’importanza che il commercio con l’estero riveste per l’economia del paese, basti pensare che nel 2009 il valore delle esportazioni di beni equivaleva a più della metà dell’intero pil olandese. L’interscambio con l’Europa copre una quota significativa sia delle esportazioni che delle importazioni. Tuttavia, dal punto di vista delle importazioni si registra la progressiva ascesa della Cina, passata dal 7% delle importazioni totali olandesi nel 2003 all’attuale 11,9%.
Energia e ambiente
Le risorse e le infrastrutture energetiche dei Paesi Bassi rivestono un ruolo importante nel garantire la sicurezza energetica non soltanto alla nazione, ma anche a buona parte dei paesi dell’Europa occidentale. La posizione strategica del paese, la dimensione dei suoi porti e l’estensione della sua rete infrastrutturale lo rendono infatti un centro importante per l’esportazione del proprio gas naturale e per il transito verso l’interno del continente di gas, petrolio, carbone ed elettricità. Negli anni Settanta e Ottanta i Paesi Bassi erano un considerevole produttore di petrolio e gas naturale. Praticamente esaurite le riserve petrolifere indigene (la produzione interna di petrolio nel 2008 ha coperto meno del 4% della domanda), al paese restano oggi i giacimenti di gas, concentrati principalmente nei giacimenti di Slochteren, nel nord-est.
La produzione di gas olandese nel 2010 è stata di 85 miliardi di metri cubi annui, di cui circa 53 consumati internamente. Tuttavia, a causa delle differenze di prezzo delle diverse forniture e della rigidità del mercato del gas naturale, che in gran parte può essere trasportato solo attraverso gasdotti, il paese esporta una quota superiore rispetto alla sua produzione e ricorre a importazioni per colmare la domanda energetica interna in eccesso. D’altra parte i Paesi Bassi restano anche un importante centro di trattamento e raffinamento del greggio: a dimostrazione di ciò, nel 2008 dai porti olandesi è stato riesportato il 63% del petrolio giunto nel paese, in massima parte raffinato (96%). Gli alti livelli di esportazione di gas non hanno comunque reso il paese dipendente dai proventi generati dal suo commercio: questi ultimi sono passati dal costituire il 15% delle entrate governative negli anni Ottanta all’attuale quota del 3-5%. L’estensivo uso di gas naturale nel mix energetico nazionale (47% del totale) crea un doppio rischio per i Paesi Bassi: da un lato, agli attuali regimi di produzione le riserve provate potrebbero esaurirsi entro il 2030; d’altro canto, le ridotte emissioni inquinanti generate dalla combustione del gas naturale rispetto alle altre fonti primarie fossili hanno spinto per molto tempo il governo a indirizzare poche risorse nello sviluppo delle energie rinnovabili, che potrebbero tuttavia divenire fondamentali in un’ottica di diversificazione energetica. Da un punto di vista ambientale, i finora timidi sforzi del governo si sommano al fatto che i Paesi Bassi sono un paese piccolo e densamente abitato, e che le infrastrutture sono intensamente utilizzate. Tutto ciò aumenta le pressioni ambientali: le emissioni di anidride carbonica pro capite dei suoi abitanti (10,6 tonnellate) in Europa sono superate soltanto da Estonia, Finlandia e Repubblica Ceca. A fare da contraltare alle carenze del paese dal punto di vista ambientale, la più recente strategia energetica, adottata dal governo olandese nel 2008, è molto ambiziosa: tra i propositi, quello di raggiungere una quota del 20% di energie rinnovabili nel mix energetico entro il 2020 (coerentemente con gli obiettivi europei), e di ricondurre entro quella data le emissioni di gas serra a livelli inferiori del 30% rispetto a quelli del 1990. Per raggiungere questi obiettivi, il governo si è impegnato a destinare al settore delle rinnovabili stanziamenti per 7,5 miliardi di euro entro il 2020.
Difesa e sicurezza
La politica di sicurezza e di difesa dei Paesi Bassi è tradizionalmente legata alla politica estera statunitense. Il paese, infatti, ha affiancato gli Stati Uniti nella guerra coreana, nella Prima guerra del Golfo, nella missione in Iraq e in quella più recente in Afghanistan. Nell’estate 2003 i Paesi Bassi inviarono in Iraq un contingente di 1600 soldati che, in seguito, con l’avvio della missione Isaf della Nato, fu trasferito in Afghanistan nella provincia di Uruzgan, dove una base militare olandese era appena stata allestita con circa 500 militari. La missione è costata ai Paesi Bassi la perdita di 25 soldati e una spesa di un miliardo e mezzo di dollari, in buona parte assorbita dagli aiuti umanitari volti a sostenere la ricostruzione del paese, a stipendiare la polizia nazionale afghana e a finanziare il fondo fiduciario Law and Order Trust Fund for Afghanistan (Lotfa). La missione Isaf ha avuto anche un elevato costo politico per la classe dirigente dei Paesi Bassi poiché, sin dall’avvio delle operazioni militari, l’opinione pubblica olandese si è dimostrata fermamente contraria all’invio di truppe nel teatro afghano. Nel 2007 le pressioni della piazza indussero il governo di Jan Peter Balkenende ad annunciare il rientro del contingente nazionale. Il mancato rispetto dell’impegno governativo, frutto delle pressioni provenienti dall’Alleanza atlantica, aprì infine uno scontro parlamentare, conclusosi con la caduta del governo. Nell’agosto 2010 è ufficialmente iniziato il ritiro delle truppe olandesi, interrotto però dal governo guidato da Mark Rutte, che ha ottenuto il via libera nonostante la forte opposizione interna ad un successivo invio di truppe in Afghanistan a sei mesi dal ritiro della task force. Questa volta i militari olandesi, 545 tra soldati e istruttori di polizia, sono schierati a Kunduz, al fianco dei militari tedeschi, e con compiti esclusivamente di formazione e addestramento.
La partecipazione olandese alla Nato si è inoltre rafforzata grazie all’apertura nel 2007 del Centro di coordinazione di trasporti strategici della Nato a Eindhoven, che dà la possibilità al paese di giocare un ruolo di primo piano nella definizione di strategie di trasporto militare aereo, marittimo e terrestre di Nato e Unione Europea. Sul piano della sicurezza interna la maggior minaccia al paese è tuttora costituita dal terrorismo islamico. I Paesi Bassi, che fanno parte dei principali organismi antiterrorismo dell’Eu, nel 2008 hanno alzato il livello di guardia a seguito della circolazione del cortometraggio Fitna, prodotto e co-scritto dal parlamentare Geert Wilders, che ha criticato fortemente l’islam, suscitando a sua volta le proteste del mondo islamico.
I Paesi Bassi hanno dato i natali ad alcuni tra i maggiori giuristi dell’epoca moderna, tra cui Huig de Groot (1583-1645; conosciuto in Italia come Ugo Grozio), uno degli iniziatori del giusnaturalismo, dottrina giuridica incentrata sull’idea di ‘diritto naturale’. Vissuto nell’epoca in cui i Paesi Bassi erano una potenza marittima, egli elaborò il principio in base al quale il mare è una zona internazionale in cui tutti gli stati sono liberi di navigare e commerciare; fondamentale anche il suo contributo alla teoria della ‘guerra giusta’, in base alla quale alcune circostanze possono rendere una guerra ‘legittima’. Inoltre l’Aia, insieme a Vienna e a Ginevra, è stata ed è tuttora sede di importanti organizzazioni e conferenze internazionali. Già nel 1899 e poi nel 1907 la città ospitò due importanti conferenze di pace, volute dallo zar di Russia Nicola II, che portarono alla firma di due convenzioni sulla condotta di guerra e alla creazione della Corte permanente di arbitrato, con sede a l’Aia. Oggi la città ospita più di 130 istituzioni e agenzie internazionali, tra cui i fori più importanti della legalità internazionale: la Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite ha infatti sede a l’Aia dal 1946. Più recentemente sono stati creati e stabiliti nella città olandese anche il Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia, la Corte penale internazionale e l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opcw).
La legge olandese sulle droghe punisce il possesso, la distribuzione commerciale, la produzione, l’importazione e l’esportazione di tutte le sostanze stupefacenti illecite. Tuttavia, l’uso personale di droghe non è un crimine. La legge distingue tra droghe ‘leggere’ (cannabis e suoi derivati, calmanti e barbiturici) e droghe ‘pesanti’, che possono avere rischi inaccettabili per la salute (tra le quali l’eroina, la cocaina e l’ecstasy). Tra le principali ragioni della legge ci sarebbe quella di separare i mercati delle droghe leggere da quelli delle droghe pesanti, cosicché i consumatori delle prime siano più restii a passare all’uso delle seconde. La vendita di piccole quantità (sotto i 5 grammi) di droghe leggere nei cosiddetti coffee shop è tollerata, sebbene sia soggetta a restrizioni e sia strettamente regolata. Allo stesso tempo, i Paesi Bassi dispongono di una vasta gamma di programmi destinati al contenimento e alla riduzione della domanda di droghe e alla diminuzione dei rischi per la salute, che attualmente coinvolgono circa lo 80% dei 25.000-46.000 tossicodipendenti del paese. Il numero di questi ultimi si è stabilizzato nell’arco dell’ultimo decennio, la loro età media è salita fino a 40 anni e il numero di morti per overdose collegata agli oppiacei si è stabilizzato sui 30-50 decessi all’anno. Nonostante gli sforzi del governo olandese per contrastare la produzione e il traffico di droga, i Paesi Bassi continuano a essere una significativa sponda di approdo e di transito per gli stupefacenti diretti nell’Europa continentale, e in particolar modo per la cocaina. Inoltre, il paese rimane un importante produttore ed esportatore di droghe sintetiche (soprattutto ecstasy), sebbene la produzione di questa sostanza appaia negli ultimi anni in sostanziale declino, in favore di un aumento di produzione nei paesi dell’Europa orientale.
Con i suoi 105 chilometri quadrati di estensione, il porto di Rotterdam, costruito nel 14° secolo, è il più grande d’Europa e il quarto al mondo per traffico di merci, dopo i porti di Shanghai, Ningo-Zhoushan e Singapore. Dal 1962 al 2004, prima dell’espansione dei porti asiatici, quello di Rotterdam deteneva il primato anche a livello mondiale. La sua area sulla terraferma copre più di un terzo della superficie urbana dell’omonima città ed è razionalizzata per ospitare raffinerie e pipelines (30%), carico container (16%), carico merci sfuse (11%), carico merci sfuse liquide (8%), industria chimica e biologica (11%), carico carburanti (6%) e altro (18%). Tra i maggiori prodotti smerciati si annoverano il ferro, il carbone, il petrolio, prodotti chimici, prodotti agricoli e vetture. Secondo i dati diffusi dall’Autorità portuale di Rotterdam , nel 2009 sono transitati dal porto 9,7 milioni di Teu di merci in container e 387 milioni di tonnellate di merci sfuse - più del doppio del porto di Anversa (Belgio), il secondo in Europa. Nel 2010 le importazioni sono aumentate del 12% e le esportazioni del 9%, rispettivamente con 306 milioni e 124 milioni di tonnellate di carico. Lo stesso anno sono transitati circa 34.000 transatlantici e 100.000 navi del circuito fluviale interno.