Uomo di stato tebano (n. 420 a. C. circa - m. 364), di famiglia nobile, partigiano della democrazia. Quando lo spartano Febida occupò la Cadmea, fuggì ad Atene (382): fattosi capo dei fuorusciti, riuscì con un colpo di mano a liberare i concittadini costringendo alla capitolazione il presidio spartano (379). Da allora collaborò con Epaminonda, che pure era di tendenze assai meno democratiche. Con lui riorganizzò l'esercito tebano che alcuni anni dopo (371), sconfiggendo a Leuttra gli Spartani, impose alla Grecia il predominio tebano. Cercò poi di estendere l'egemonia tebana in Tessaglia e in Macedonia. Nel 369 fu con Epaminonda accusato di alto tradimento, e non fu rieletto beotarca; in seguito intervenne in Macedonia con truppe cittadine, costringendola ad accettare l'egemonia tebana. Recatosi poi da Alessandro di Fere come mediatore fra lui e i Tessali, fu arrestato a tradimento (368); liberato dopo molti sforzi, fu inviato ambasciatore a Susa, e là onorato da Artaserse II che rinnovò l'amicizia con Tebe. Rieletto beotarca, volle con un grande esercito dare battaglia ad Alessandro di Fere presso Cinoscefale. P. si comportò valorosamente e seppe combinare in modo nuovo la tattica della cavalleria e della fanteria, ma morì nella battaglia sì che la vittoria rimase inefficace.