PISA (Pisae; Πῖσα, Πίσα, Πεῖσα, Πίσαοι, Πίσσαι, Πεῖσαι)
L'odierna città della Toscana occidentale dista 12 km dalla costa del mare Tirreno nella pianura alluvionale formata dal fiume Arno che attualmente l'attraversa. Il nucleo della città romana doveva trovarsi nella zona poi occupata dal duomo, mentre la città medievale, che fiorì specialmente nei sec. XII e XIII, spostò il centro verso il fiume. Della città preromana, geograficamente situata in Etruria, non si hanno resti. L'origine di questo centro dell'Etruria è discussa; il suo nome è stato riportato all'ambiente greco o a quello etrusco (Schulze, Solari, Buffa); sembra tuttavia di poter escludere che sia etrusco o romano.
La tradizione si presenta complessa ed intricata: P. sembra tanto ligure che etrusca: l'unico dato che si può ricavare è che forse gli Etruschi abbiano per un periodo non lungo conquistata la città e non l'abbiano fondata (Dionigi, Catone, una fonte anonima di Servio, la fonte di Licofrone). Per Dionisio di Alicarnasso (Ant. Rom., i, 20, 5) e per Plinio (Nat. hist., iii, 5, 8) prima degli Etruschi ci sarebbero stati i Pelasgi. Ma se per questi due autori come per Eforo (Fr., 54, Müler) i Pelasgi sono abitanti del Peloponneso, allora si potrebbe trattare di una notizia erudita creata in base alla omonimia di Pisa nell'Elide. Questa tradizione riporta la fondazione di P. all'età delle peregrinazioni degli eroi dopo la guerra di Troia. Una origine peloponnesiaca anteriore alla guerra di Troia è attribuita a P. da Servio (Ad Aen., x, 179), da Strabone (v, 2, 5), da Virgilio (Aen., x, 179). Recentemente questa tradizione ha trovato credito presso alcuni studiosi che hanno supposto che i nomi di P. e di Metaponto possano esser letti nelle tavolette micenee trovate a Pylos.
Alcuni moderni appoggiandosi su Servio pensano che P. sia stata all'inizio un emporio commerciale focese.
Una parte delle fonti considera P. ligure (Giustino, xx, 1, 6; Ps. Arist., De mir. ausc., 92), e una parte etrusca (per i geografi: Tolomeo, Mela, Strabone, per Plinio e per Virgilio e Rutilio Namaziano); però per queste ultime fonti nasce il dubbio che si riferiscano alla divisione amministrativa romana della loro età e quindi non hanno valore per l'antica storia della città.
I reperti archeologici riportano al V sec. a. C. e poiché sono indice di una particolare floridezza commerciale si può pensare che la città sia stata fondata già nel VI sec. a. C. ed abbia tratto dal mare il suo sostentamento.
Le fonti più antiche nominano unicamente P., mai il suo porto; Strabone dice che P. distava venti stadi dal mare, ma non parla del porto; da questi dati è stato supposto che città e porto coincidessero. Inoltre la descrizione di Rutilio Namaziano (i, 531) mostra che il porto nel V sec. d. C. consisteva in un ampia insenatura aperta, quindi era assai diverso dal porto medievale con le lingue costiere.
Nell'età più antica le merci dovevano raggiungere P. tramite l'Arno e solo quando diventò più difficile e più lungo risalire l'Arno fino a P. aumentò lo sviluppo del Portus Pisanus, di cui restano tracce di costruzione di età augustea e di età imperiale romana. La Banti pensa che P. per la sua ubicazione alla foce di un fiume, l'Arno, sia simile alle città liguri (Genua, Albintimilium, Albigaunum, ecc.), di solito fondate sul mare presso la foce di un fiume, che serve come porto alle città, piuttosto che alle città etrusche che ad eccezione di Populonia, sono sempre distanti dalla costa.
La popolazione poi, nonostante la sua origine ligure, si sarebbe differenziata dai Liguri stessi stando a contatto con gli Etruschi e perciò non farebbe più meraviglia sapere che, secondo Strabone, subì attacchi sia dai Liguri che dagli Etruschi e dai Corsi.
I centri abitati a S e a N di P. nel periodo più antico sono pochi e all'infuori di P. e delle sue immediate vicinanze scarsissima doveva essere la popolazione. Le necropoli a N dell'Arno (Baccatoio, Barbaricina, S. Rossore) e a S dell'Arno (Limone, Cologuole, Lan), che non sono anteriori al V sec. a. C. e continuano anche nel IV, sembrano di tipo ligure, mentre P. e Bientina, nel V sec. a. C. rappresentano un'isola archeologica con una civiltà più evoluta che mostra rapporti con i vicini Etruschi, siano essi di commerci o di conquista.
Il territorio dipendente di P. nel III-Il sec. a. C. cioè al momento della conquista romana doveva estendersi unicamente lungo la costa, arrivando a S forse fino a Castiglioncello, dal momento che Vada con le sue caratteristiche urnette di alabastro, rientra invece nell'orbita volterrana.
A N dell'Arno, sempre lungo la costa, il territorio Pisano doveva estendersi fino alla regione paludosa di Massaciuccoli, ma forse anche più a N. Nel 193 a. C. (Liv., xxxiv, 56) i Liguri devastano l'agro lunense, poi quello pisano; dunque i due territorî confinavano e questa situazione continuò anche dopo la fondazione della colonia di Lucca, perché Lucca non arrivava al mare. La disputa sorta nel 168 a. C. (Liv., xlv, 13) tra Pisani e Lunensi per questioni territoriali dimostra che P. e Luni confinavano ancora nel 168 a. C. e questo sembra potersi ammettere anche per l'età seguente.
Come municipio romano P. a N confinava con il territorio di Luni, a S col fiume Fine, ad E forse con lo spartiacque delle Apuane e con quello del monte pisano.
Le strade. - Una via costiera secondaria doveva riunire i vari centri (Castiglioncello, Quercianella, Calafuria, Montenero, Salviano) col Portus Pisanus.
La via Aurelia o Aemilia Scauri (nel 109 a. C.) non passava lungo la costa: entrava nel territorio pisano presso il fiume Fine, un po' più all'interno rispetto alla foce, e poi raggiungeva P. passando da Rosignano, Castelnuovo, Rimazzano, Turrita, Vicarello. Probabilmente la via Aurelia attraversava la città di P. e proseguiva verso il N, passando da Massaciuccoli, ove si pensa fossero le Fossae Papirianae, arrivando poi a Luni. Un'altra via romana collegava P. con Firenze attraverso Putignano, Sesto, Valvata (odierna Cascina) e poi seguendo il corso dell'Arno.
Le necropoli pisane di Porta a Mare e di S. Giovanni al Gatano mostrano che P. era collegata con una strada al Portus Pisanus. Bisogna pensare che almeno alcune vie romane siano state precedute da strade pre-romane. La necropoli arcaica di Porta a Lucca prova l'esistenza di una via che le fonti non ricordano, ma che è testimoniata dai ritrovamenti, via che porta da P. a Lucca lungo la valle del Serchio.
In quanto alla pianta dell'antica P. non è facile ricostruire, anche approssimativamente, l'antico percorso delle mura; sappiamo che il fiume Auser, l'odierno Serchio, nell'antichità passava per P. e che la città era posta fra l'Auser e l'Arno (Rutilio Namaziano). La pianta della città primitiva formava un rettangolo irregolare, con il massimo sviluppo nel senso del cardo, a N dell'Arno e ad O del corso dell'Auser. Il Foro della città era forse dove è l'odierna Piazza dei Cavalieri. Là era l'Augusteo e le statue dei cittadini benemeriti. Il teatro (via S. Zeno), le terme (Porta a Lucca), l'anfiteatro (Parlascio) dei quali restano avanzi erano fuori della città. Non restano tracce dei templi nominati dalle fonti. Sotto Roma P. perdette gradualmente il benessere e la floridezza di cui aveva goduto come città indipendente, specialmente dopo la definitiva sottomissione dei Liguri, quando cessò di essere una importante base militare. Forse anche il continuo avanzarsi della costa e la necessità di crearsi altrove un porto, che sostituisse l'approdo alla città, contribui a relegare P. nel novero delle città di provincia.
Bibl.: L. Banti, Pisa, in Memorie della Pont. Acc. Romana di Archeologia, Serie III, vol. VI, 1943; L. Banti, in Pauly-Wissowa, XX, 1950, 2, c. 1756; P. Fraccaro, in Opuscula III, Scritti di Topografia e di Epigrafia, Pavia 1957; A. Neppi Modona, Forma Italiae, Regio VII, Etruria, I, Pisae, Roma 1953, Foglio 104, Carta Archeologica; Pederschi, in Memorie di Geografia Antropica, VI, 1951; G. Pugliese Carratelli, in La Parola del Passato, XIII, 1958, p. 108.
(P. Bocci)
Camposanto. - Il monumentale Camposanto contiene una raccolta di antichità, assai famosa e suggestiva, fino da quando Carlo Lasinio, un appassionato illustratore delle antichità pisane è disegnatore espertissimo, ebbe incarico (dal 1808 in poi) di raccogliervi le antichità disperse del territorio pisano. La raccolta, da un punto di vista archeologico, interessa per i numerosi sarcofagi, per alcune urne cinerarie etrusche di tipo volterrano, per un ritratto in basalto di Agrippa, per quello detto di Cesare e per diversi altri ritratti femminili e maschili.
Fra le opere più antiche d'arte classica, dobbiamo ricordare una stele attica di marmo pentelico, databile alla metà del IV sec. a. C., con due figure femminili, una delle quali seduta, con fanciulli in braccio, che proviene da Atene, attraverso un pascià turco che risiedeva a Pisa. È questo uno dei casi nei quali l'inventario del 1833 è abbastanza esplicito nelle provenienze. Altre volte invece è possibile che i pezzi provengano dall'Egeo, dove i Pisani, nel periodo più fulgido dell'attività commerciale della repubblica, potevano acquistare le antichità diffuse in tutto il Medio Oriente. Fra i pezzi importanti della collezione spicca un cratere marmoreo di modello neoattico, ma di esecuzione che sarà da ritenersi del Il sec. d. C., dove è rappresentata una danza di menadi mentre Dioniso procede sorretto da un satirisco. Esso era noto a Nicola Pisano che prese spunto dal Dioniso per una figura del suo pulpito (Simeone), così come da un sarcofago con Fedra (v. più oltre) per la figura di Maria nella scena della Natività (il pulpito fu terminato nel 1259-60).
Varie sono le provenienze dei sarcofagi romani, dalle chiese pisane, il Duomo o S. Michele in Borgo, o dall'Abbazia di S. Zeno da Barbaricina o addirittura da Roma. Molti di questi sarcofagi furono poi reimpiegati per taluni personaggi di rilievo, a P.: come quello del professore di diritto Giovanni Fagioli, morto nel 1286, contenuto in uno dei sarcofagi con caccia al cinghiale calidonio (n. 73 cat. Papini) o come quello di Michele Scacceri, operaio del Duomo fra il 1338 ed il 1341. Ma certamente il più celebre di tutti è quello col mito di Fedra che servì, come attesta l'iscrizione, quale tomba della contessa Beatrice di Toscana, madre della contessa Matilde, nel 1076. Anche di notevole importanza è il sarcofago n. 114 (cat. Papini) dove è rappresentata una battaglia fra Romani e barbari, databile negli ultimi decenni del III sec. d. C. Alcune urne cinerarie, stele e cippi, sempre di epoca romana e provenienti dal suburbio pisano, sono interessanti specialmente per la storia di P. romana. Fra le teste, si segnalano una replica dell'Ares Borghese, qualche testa di Eracle e di ninfa ellenistico-romana.
Dopo la seconda guerra mondiale, i pezzi archeologici sono stati nuovamente sistemati nella maniera che aveva voluto il Lasinio, senza le aggiunte successive. Il restante materiale è stato collocato nell'adiacente Museo dell'Opera della Cattedrale.
Bibl.: P. Lasinio, Raccolta di sarcofagi, urne e altri monumenti di scultura del camposanto di Pisa intagliati da P. Lasinio figlio, Pisa, Didot 1814; E. Lasinio, Il Camposanto, l'Accademia di Belle Arti dal 1806 al 1838 nelle memorie e nelle carte di Carlo Lasinio, Pisa 1923; H. Duetschke, Die antiken Bildwerke des Campo Santo zu Pisa, Lipsia 1874; E. Brunn-G. Körte, I rilievi delle urne etrusche, Roma 1870-1896; W. Altmann, Die römischen Grabaltäre der Kaiserzeit, Berlino 1905; G. F. Gamurrini, in Not. Scavi, 1883, p. 259 ss.; G. Ghirardini, in Not. Scavi, 1892, p. 147 ss.; id., Urne e sarcofagi del Campo Santo Pisano, Pisa 1893; C. Robert, Sarkophagreliefs, III, i, tav. XV, sarcofago di Endimione; III, 2. Sarcofago di Fedra, tavv. LII,LIII. Sarcofago di Meleagro, tav. LXXV. Per tutti i sarcofagi, ritratti, rilievi, urne, ecc., poi si vedano le non buone riproduzioni in Papini, Catalogo delle cose di antichità e d'arte d'Italia - Pisa, Roma 1914; N. Toscanelli, Pisa nel Medioevo, Pisa 1933, p. 591 ss.
(P. E. Arias)