Pisa
Città della Toscana occidentale. Territorio ligure, ma esposto a influenze greche ed etrusche, P. deve le sue origini di città a Roma, che ne fece porto munito e nell’89 a.C. le concesse la cittadinanza. Col decadere dell’impero perse importanza, ma ritrovò slancio nella rivalità marinara coi bizantini, e poi nella lotta coi saraceni, che nel 1004 riuscirono a occupare la città per breve tempo. Compresa nella marca di Toscana, P., spesso assieme a Genova, ottenne numerose vittorie: a Reggio (1005), in Sardegna (1015-16), a Bona in Africa (1034), a Palermo (1063); nel 1113-14 condusse una memorabile impresa contro le Baleari. Accanto e in seguito a queste imprese guerresche, si consolidava un’espansione commerciale, che aveva il suo centro nel Mediterraneo occidentale. Verso il 1050 compaiono nei documenti i consoli, che gradualmente divennero gli unici rappresentanti del potere cittadino. Il Comune, nel sec. 12°, elaborò i suoi istituti: il Consiglio di credenza, dapprima emanazione del consolato, si organizzò a magistratura autonoma e tese a farsi unico depositario della sovranità: l’amministrazione della giustizia era affidata al console di giustizia; si svilupparono le arti (dei mercanti, della lana ecc.), istituti retti da propri consoli. Più tardi, su tutti questi nuclei organizzati venne decisa l’istituzione di un podestà (il primo ricordato è del 1150). Intanto P. aveva sottomesso il contado e risolto il suo contrasto con Lucca, ma la più impegnativa rivalità era con Genova, a cui contendeva il predominio sulla Sardegna e sulla Corsica. Dalla sua parte P. aveva la forza dell’impero, alla cui politica era legata dai suoi interessi commerciali nel mezzogiorno d’Italia e in Sicilia, e dai contrasti con Genova, Lucca e Firenze. Solo la mancata spedizione meridionale di Barbarossa mise in crisi la sua ghibellinità; ma coi successori l’accordo fu di nuovo stretto: P. poté così estendere l’influenza sulla Corsica, mentre in Sardegna la conquista si avviava a farsi totale. Ma se ghibelline erano l’aristocrazia mercantile e la borghesia industriale, rivaleggiante con Firenze, in contrasto con esse l’aristocrazia feudale e il popolo minuto, o singole fazioni, espressione non di classi sociali, ma piuttosto di partiti politici fondati su tradizioni familiari o interessi personali, assunsero talora insegne guelfe. Le discordie cittadine portarono, nella guerra contro Genova, al disastro della Meloria (1284). Ugolino della Gherardesca, creato podestà e capitano del popolo, tentò di superare la difficile situazione, ma l’insorgere della nobiltà ghibellina mise presto fine al governo signorile (1288). Dopo la rinuncia in favore di Genova alla Corsica e al Logudoro e la missione imperiale in Italia di Enrico VII, cui P. disperatamente diede tutto il suo appoggio, la restaurazione ghibellina si concluse in un fallimento. Il tramonto della Repubblica è affrettato dalla cessione, fatta da Bonifacio VIII, della Sardegna, considerata dal papa feudo della Chiesa, agli Aragonesi. A una grave crisi economica si accompagna una travagliatissima vita politica. Dopo il succedersi di alcuni governi signorili, nel 1399, la città venne addirittura venduta a Gian Galeazzo Visconti (per poi tornare indipendente nel 1402) e conquistata nel 1406 da Firenze. Con il ducato e il granducato mediceo, P. ebbe una decisa ripresa. Protetta dalla dinastia lorenese, la città passò senza reazioni alla Francia e senza reazioni tornò ai Lorena. Entrata la Toscana nel regno d’Italia, P. continuò la sua tradizione culturale, cui si accompagnavano attività industriali modeste, data la concorrenza della vicina Livorno, divenuta la seconda città toscana. Immense furono le distruzioni patite dalla città durante la Seconda guerra mondiale sia a causa dei bombardamenti aerei sia soprattutto perché, durante la campagna d’Italia, il fronte di combattimento si fermò qui, sulle opposte rive dell’Arno, per 40 giorni; oltre alle gravi perdite subite dal suo patrimonio artistico, fu distrutto il 48% delle abitazioni.