Vedi Portogallo dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Il Portogallo è un paese posto all’estremo occidentale del continente europeo, affacciato sull’Oceano Atlantico. Nel Quindicesimo e Sedicesimo secolo in virtù della sua posizione strategica divenne una grande potenza coloniale con possedimenti in America Latina, Africa e Asia meridionale e orientale. Dal Diciannovesimo secolo, con la concessione dell’indipendenza al Brasile (1822) e soprattutto con la concessione dell’indipendenza alle colonie dagli anni Settanta del Novecento, la proiezione extra-europea del Portogallo cominciò a ridimensionarsi. È in quel decennio che le ultime colonie portoghesi – Angola, Mozambico, Guinea-Bissau, Capo Verde e Timor Est (che sarebbe però stata occupata dall’Indonesia) – ottennero l’indipendenza attraverso un percorso di decolonizzazione meno pacifico di quello di altri paesi sottomessi alle potenze europee. L’unica eccezione è rappresentata da Macao, che ha raggiunto l’indipendenza soltanto nel 1999. Dagli anni Settanta, il paese ha accelerato il percorso d’integrazione continentale, fino all’ingresso, assieme alla Spagna, nella Comunità economica europea nel 1986.
Attualmente, le principali direttrici di politica estera sono rappresentate dall’integrazione europea e dai rapporti con le ex colonie d’oltreoceano. A livello Eu, la Spagna rappresenta il maggiore mercato d’esportazione e il principale investitore nel paese. Buone anche le relazioni con la Francia, che servono pure a controbilanciare la supremazia spagnola nel Mediterraneo occidentale. Lisbona ha firmato gli accordi di Schengen nel 1991, partecipa attivamente alla politica estera dell’Unione Europea (Eu), appoggia l’allargamento alla Turchia, è nella zona euro e, durante la propria presidenza al Consiglio dell’Eu nel 2007, ha accolto la firma del trattato di riforma dell’Unione, noto appunto come Trattato di Lisbona. Nello stesso anno, il Portogallo ha ospitato il summit annuale tra Unione Europea e Africa.
La concentrazione delle attenzioni sull’area Eu non è avvenuta a discapito del mantenimento di buone relazioni con i paesi d’oltreoceano. Il Portogallo intrattiene una relazione privilegiata con il Brasile, ha partecipato alla missione di peacekeeping in Angola negli anni Novanta e continua a cooperare con l’ex colonia. Ha inoltre promosso il percorso di indipendenza di Timor Est dall’Indonesia e ha partecipato alla missione Eu in Guinea Bissau. Il paese è infine uno dei membri fondatori della comunità dei paesi lusofoni, creata nel 1996 assieme alle ex colonie al fine di promuovere la lingua e la cultura portoghesi e approfondire la cooperazione politica, economica e sociale.
Di notevole importanza per il Portogallo sono anche i rapporti transatlantici. Le relazioni con gli Usa sono tradizionalmente buone: l’arcipelago delle Azzorre ospita una base militare statunitense. Proprio su invito statunitense, inoltre, il Portogallo è stato tra i membri fondatori della Nato nel 1949. Dagli anni Novanta il Portogallo ha avviato anche una maggiore cooperazione, soprattutto politica, con il Maghreb ed è promotore dell’integrazione tra le due sponde del Mediterraneo tramite l’Unione per il Mediterraneo. La vicinanza degli arcipelaghi delle Azzorre e di Madeira, che appartengono al Portogallo, accresce l’interesse per la tutela della zona economica esclusiva vicino alla costa atlantica e per la protezione dell’ambiente marino. Inoltre, grazie alla sua posizione e ai legami con Brasile e Angola, il Portogallo esercita la sua influenza nell’Atlantico meridionale, attraversato da importanti rotte marittime e ricco di risorse strategiche, a cominciare dal petrolio dei paesi che si affacciano sul Golfo di Guinea.
La repubblica portoghese nacque nel 1910, a seguito dell’assassinio di re Carlo I. Con la rivolta militare del 1926 ebbe inizio la dittatura di António de Oliveira Salazar, divenuto primo ministro nel 1932 e rimasto al potere fino al 1968. Dopo il governo di Marcelo Caetano, nel 1974 si assistette ad un golpe dall’ampio sostegno popolare (la cosiddetta Rivoluzione dei garofani), che portò alla fine della dittatura e a un breve governo del Partito comunista portoghese (Pcp). In questo periodo molti settori dell’economia furono nazionalizzati e il processo di decolonizzazione accelerò. Nel 1975 fu instaurato un esecutivo moderato formato dal Partito socialista (Ps) e dal Partito popolare democratico (Ppd, ora Psd) e, nel 1976, venne adottata la nuova Costituzione.
L’attuale scena politica è dominata dal Psd e dal Ps. Proprio questi due gruppi si sono sfidati nelle ultime elezioni legislative, che si sono tenute il 4 ottobre 2015 e hanno visto un sostanziale pareggio. La coalizione conservatrice guidata dal Psd ha ottenuto la maggioranza relativa e sarebbe stata potenzialmente in grado di dar vita ad un esecutivo di minoranza; tuttavia, in assenza della fiducia parlamentare, si è entrati in uno stallo istituzionale. Infatti, in Portogallo il governo può anche essere di minoranza, a patto che non riceva un voto di sfiducia dalla maggioranza parlamentare. A quel punto il Psd avrebbe avuto come unica alternativa la formazione di un governo di coalizione con il Ps, che però ha confermato la propria indisponibilità. A impedire l’ipotesi di un governo di coalizione tra conservatori e socialisti vi sono state soprattutto le distanze esistenti nell’indirizzo di politica economica e finanziaria. Mentre il premier uscente, il conservatore Pedro Passos Coelho, avrebbe voluto continuare sulla linea di austerity promossa fin dal 2011 per cercare di risanare le casse esanimi portoghesi, la compagine di sinistra guidata dal segretario del Ps António Costa sarebbe tendenzialmente più favorevole ad un ampliamento della spesa pubblica in favore delle classi meno agiate. La situazione di stallo istituzionale è stata superata nel novembre 2015, dopo che Costa ha ricevuto il mandato per la formazione di un governo di centro-sinistra dal presidente Cavaco Silva e il parlamento ha votato la fiducia al nuovo esecutivo.
Fino a pochi anni or sono il Portogallo era considerato un paese di emigrazione, soprattutto verso ex colonie come il Brasile. Dagli anni Novanta, specialmente dopo l’ingresso nella Comunità economica europea, questo fenomeno si è invertito, salvo poi riprendere in coincidenza della crisi globale del 2008-2009, accompagnato da un costante calo degli immigrati. La crescente emigrazione verso le ex colonie (principalmente Brasile, Angola e Mozambico) è stata incentivata dal protrarsi della crisi economica e finanziaria del paese e dell’eurozona, e dall’alto tasso della disoccupazione, sebbene questo dato sia in discesa. Finora l’immigrazione ha contribuito a mantenere stabile la popolazione, che va progressivamente invecchiando: il 19,1% è sopra i 65 anni, mentre circa il 14,6% ha un’età inferiore ai 14 anni. Alla luce di questi dati il Portogallo dovrà affrontare in futuro una serie di sfide, soprattutto nel campo del sistema assistenziale e pensionistico. La densità della popolazione non è distribuita equamente su tutto il territorio: circa un terzo degli abitanti si concentra nelle zone costiere urbane della capitale e nella grande area metropolitana di Porto, nel nord, seconda città del paese. Il sistema educativo portoghese presenta alcuni deficit strutturali rispetto ai paesi europei occidentali, nonostante la spesa per l’istruzione sia più alta della media europea. L’istruzione privata costituisce un settore molto importante: quasi il 20% degli iscritti alla scuola secondaria e il 40% degli universitari frequentano istituti privati. Il ritardo degli standard educativi rispetto al resto dell’Eu è evidenziato dalla circostanza che solo il 15% della popolazione ha un diploma di scuola secondaria e quasi un giovane su tre abbandona gli studi dopo i 14 anni. La libertà di stampa e le libertà politiche e civili sono generalmente rispettate – tra cui anche la legge sull’aborto –, anche se soltanto il 20% dei lavoratori è iscritto a un sindacato. La grande maggioranza dei portoghesi (circa l’85%) è cristiano-cattolica e le libertà religiose sono garantite: secondo la legge sulla libertà religiosa, ogni comunità che sia in territorio nazionale da almeno 30 anni o, in alternativa, sia riconosciuta a livello internazionale da 60 anni, ha diritto ad alcuni benefici che prima erano concessi soltanto alla Chiesa cattolica. Tra questi, l’esenzione da alcune imposte e il riconoscimento legale del matrimonio celebrato secondo i propri riti. La libertà su Internet non è ostacolata dalle istituzioni, ma l’accesso alla rete rimane ancora relativamente basso.
Dall’ingresso nelle organizzazioni comunitarie europee, l’economia portoghese è stata testimone di una crescita e di un rilevante cambiamento strutturale. Dalla seconda metà degli anni Ottanta il settore terziario – in particolare il ramo dei servizi – conta per più di due terzi del pil. Nonostante questo sviluppo, il Portogallo è rimasto un paese relativamente poco sviluppato rispetto al resto dell’Europa occidentale, a causa di notevoli carenze nel sistema economico. L’economia soffre del ritardo del settore industriale, che ha risentito dell’ingresso dei paesi dell’est nell’Eu e ha perso la competitività guadagnata in precedenza per il basso livello dei salari rispetto al resto dell’Europa occidentale. Il paese continua a non attrarre un grande flusso di investimenti e soffre di un ritardo nel sistema infrastrutturale e dei trasporti. Obiettivo del paese è, dunque, pianificare gli investimenti per migliorare il sistema ferroviario e creare così un efficiente collegamento con la Spagna e, quindi, con il resto d’Europa.
L’agricoltura pesa sul pil per meno del 3% ed è ampiamente sostenuta dai sussidi dell’Unione Europea. Il settore impiega circa l’11% di tutta la forza lavoro portoghese e si rivela pertanto poco produttivo. Il Portogallo possiede alcune risorse naturali rilevanti, come il rame – di cui è uno tra i primi produttori in Europa – e il sughero, di cui detiene quasi la metà delle risorse mondiali ed è il primo produttore al mondo. Strategica per l’economia del paese è la costa, soprattutto per la pesca (il baccalà è il prodotto nazionale per eccellenza) e per il settore terziario, in particolare il turismo estero (circa il 5% del pil).
Il Portogallo resta uno dei paesi più poveri dell’area euro, con un reddito pro capite più basso della media europea e un livello di disoccupazione – in leggero calo rispetti ai livelli pre-crisi – che si attesta intorno al 16% (oltre il 37% per quella giovanile). A causa delle sue precarie situazioni finanziarie legate alla crisi economica che ha colpito il paese – tra il 2011 e il 2013 l’economia portoghese ha subito un ridimensionamento delle proprie dimensioni del 6% –, Lisbona è stata sottoposta in questi anni a severi aggiustamenti strutturali che rientravano all’interno di in un programma di salvataggio, disposto da Eu, Imf e Ecb, da 78 miliardi di dollari. Le misure intraprese dal primo ministro Pedro Passos Coelho si sono concentrate soprattutto sulla privatizzazione del settore energetico, dei trasporti e delle comunicazioni, sui tagli all’istruzione e alla sanità e, infine, sulla promozione di una maggiore flessibilità nel mercato del lavoro, permettendo in parte una moderata ripresa del pil. Tale situazione ha fatto annunciare al premier Passos Coelho l’uscita del paese dal piano di salvataggio internazionale il 17 maggio 2014. Ciononostante permangono fattori di inquietudine legati da un lato al crack finanziario del Banco Espirito Santo, la maggiore banca nazionale del paese – salvata dal governo attraverso un’iniezione di liquidità da 4,4 miliardi di euro –, dall’altro ai dati negativi degli altri indicatori nazionali. A preoccupare maggiormente sono i dati della disoccupazione e del deficit di bilancio. Il governo è riuscito comunque a ridurre il tasso dal 10% del pil nel 2009 al 6,8% nel 2012. L’obiettivo è abbassare ancora il deficit e raggiungere la soglia del 4%.
Il Portogallo registra un grande disavanzo energetico e importa circa il 78% dell’energia consumata. Principali partner per il petrolio e il gas sono i paesi africani, come Angola, Algeria, Nigeria e Libia. Il paese ha tuttavia un ambizioso programma di investimenti nel settore delle energie rinnovabili, soprattutto nell’idroelettrico, nell’eolico e nello sfruttamento delle onde marine, ed è divenuto per questo uno degli attori europei più all’avanguardia in questo settore. Nel mix energetico, le rinnovabili sono dunque la seconda fonte primaria di energia, dopo petrolio e gas.
Il Portogallo non è oggetto di particolari minacce alla sicurezza nazionale e non è obiettivo primario del terrorismo internazionale. Sul piano militare, è impegnato nella risoluzione di crisi internazionali, specialmente nelle ex colonie. Il Portogallo partecipa attivamente alla Nato e alle missioni internazionali e promuove in particolare i propri interessi nel Mediterraneo e nell’Atlantico meridionale. Lisbona ha ospitato il summit dell’Alleanza atlantica del novembre 2010, durante il quale i membri hanno adottato il nuovo ‘concetto strategico’. Inoltre, dal 1995 è in vigore un accordo di cooperazione e difesa con gli Usa, presenti dalla Seconda guerra mondiale nella base militare di Lajes nelle Azzorre. Allo stesso tempo, il Portogallo è tra i promotori dello sviluppo della ‘Politica di sicurezza e difesa comune Eu’ e contribuisce attivamente alle sue missioni. Lisbona ha avviato anche alcune forme di cooperazione intra-europea: insieme a Spagna, Francia e Italia, ha creato nel 1995 la forza marittima europea (Euromarfor), impiegata in operazioni umanitarie e missioni di peacekeeping in modo autonomo o sotto l’egida dell’Eu, della Nato, dell’Osce. Ha contribuito inoltre alla creazione della Forza di reazione rapida europea (Eurofor) ed è parte della Forza di gendarmeria europea.
Ha partecipato alla Prima guerra del Golfo nel 1991, alle missioni in Kosovo nel 1999, in Afghanistan nel 2001, in Iraq con la Nato Training Mission nel 2004, in Darfur nel 2005 e alle operazioni antipirateria al largo della Somalia dal 2009. In ambito Eu, inoltre, ha partecipato a numerose missioni, tra le quali l’operazione anti-pirateria in Somalia (la missione Atalanta dell’Eu Navfor) dal 2008, la missione Althea dell’Eufor in Bosnia-Erzegovina dal 2004 e, tra il 2008 e il 2010, la missione di supporto per la riforma della sicurezza in Guinea Bissau. Il paese ha anche un contingente impegnato nella missione Kfor della Nato in Kosovo e aveva un alto numero di truppe dispiegato in Afghanistan, nel 2015 ridotto a 10 unità.
Il governo guidato da Pedro Passos Coelho ha annunciato il 17 maggio 2014 l’uscita uffi;ciale del Portogallo dal programma di salvatag;gio della troika (Eu, Imf e Ecb), grazie al quale nel 2011 ottenne un prestito da 78 miliardi a condizione di attuare una serie di misure che consentissero la riduzione della spesa. Dopo l’approvazione di alcune misure di austerity fiscale e l’uscita dal piano di aiuti internazio;nale, il Portogallo sta attraversando una fase stabile ripresa economica, come confermato anche dall’espansione del pil da cinque tri;mestri consecutivi. Nonostante permangano alcuni problemi strutturali – disoccupazione e alto deficit pubblico –, il sistema politico ed economico portoghese può definirsi stabile e tendenzialmente immune dai possibili impat;ti negativi esterni (vedi ipotesi ‘Grexit’). Se il trend dovesse dunque confermarsi anche nei prossimi mesi, è ipotizzabile che il Portogallo sarà il secondo paese dopo l’Irlanda a potersi ritenere fuori effettivamente dalla crisi eco;nomica e finanziaria. Una situazione che po;trebbe permettergli, inoltre, di ripagare antici;patamente le rate del debito contratto con le istituzioni finanziarie internazionali.
Dopo anni di discussioni e di profonde tensioni tra partiti, movimenti sociali e sensibilità popolari differenti, il 22 luglio 2015 il parlamento di Lisbona ha votato una rivisitazione della legge sull’aborto, divenuto legale nel paese attraverso un referendum nel 2007. Il nuovo dispositivo, votato dalla maggioranza di governo conservatrice, ha previsto l’inserimento di 4 nuove norme circa l’interruzione volontaria di gravidanza. La legge è stata molto criticata dalle opposizioni socialiste e comuniste per i casi molto restrittivi in cui poter praticare l’aborto e perché tale sistema normativo è ritenuto altamente lesivo della dignità femminile. Nei suoi passaggi chiave, la nuova legge prevede il pagamento di un ‘canone di utenza’ – definito ‘taxas moderadoras’ – per l’interruzione volontaria della gravidanza (in precedenza tale operazione era compiuta in maniera gratuita) e l’obbligo da parte della donna di consultare psicologi e assistenti sociali prima di decidere quando abortire, entro un limite massimo di dieci settimane. Il dispositivo rende ancora più stringenti i casi in cui far valere il diritto all’aborto: in base alla legge del 2007, tra le più restrittive d’Europa, l’aborto era consentito solamente nei casi di gravidanze avvenute dopo uno stupro o per motivi di salute della paziente o del feto. L’interruzione volontaria di gravidanza che avveniva al di fuori di questi casi veniva punita con un massimo di tre anni di carcere.