preghiera
Parlare con Dio
La preghiera è l’atto con cui l’uomo si rivolge alla divinità, per comunicare con essa. Va nettamente distinta dalla pratica magica, basata su formule o incantesimi, il cui scopo è spingere la divinità ad agire secondo i propri desideri. La preghiera è presente in tutte le religioni, e in certa misura dipende dall’immagine che ciascuna di esse si fa della divinità
Una cosa è la preghiera in un panorama politeistico, dove gli dei sono immaginati come entità molto potenti – ma non onnipotenti! – rispetto agli uomini, nonché immanenti, cioè strettamente legate al cosmo e all’esistenza degli uomini. Un’altra cosa è la preghiera nell’ambito della fede in un Dio unico e trascendente, quale arrivarono gradualmente a concepirla gli Ebrei, fede poi condivisa dal cristianesimo e dall’Islam. Nel caso del politeismo la preghiera esprime soprattutto un bisogno umano, collettivo o individuale, che può venire soddisfatto da un dio specifico, preposto a una determinata sfera, come la fertilità dei campi o delle donne, la guerra o la pace, la salute fisica e così via. È sottintesa la fiducia che la correttezza del rito, l’abbondanza delle offerte e la forza della preghiera potranno spingere il dio a concedere quanto richiesto. Quanto più è complesso il pantheon (ossia, l’insieme delle divinità) di un popolo, tanto più svariate sono le preghiere rivolte alle diverse divinità.
Ma già la religione egizia, in alcuni inni del Nuovo Regno in onore del dio Amon e soprattutto nell’inno del faraone Ekhnaton ad Aton, considerato dio unico e universale, fa un deciso passo in avanti nella prospettiva di un rapporto personale con la divinità, e quindi con una preghiera che sappia esprimere tale rapporto, che è anche affettivo. Di conseguenza, nelle religioni monoteistiche, oltre alla preghiera per ottenere un beneficio, nelle sue varie forme, maggiore sviluppo ha la preghiera di adorazione o di rendimento di grazie, non collegata a una richiesta.
L’idea della trascendenza di Dio – tipica delle religioni monoteistiche (monoteismo), cioè con un solo Dio, e consistente nel collocare Dio in un ‘al di là’ totalmente diverso dal nostro mondo – porta con sé la convinzione della salvezza in un mondo ulteriore, verso la quale debbono orientarsi le aspettative dell’uomo e quindi anche la sua preghiera.
La preghiera dei cristiani è soprattutto un dialogo con Dio, concepito come padre, attraverso la mediazione di Gesù Cristo, suo figlio.
La preghiera per eccellenza, in quanto insegnata da Gesù, il Padre nostro, si divide in due parti: la prima è incentrata sull’accettazione del disegno di Dio sull’uomo, la seconda chiede il soddisfacimento dei bisogni fondamentali fisici e spirituali, nella consapevolezza che il perdono dei peccati concesso da Dio impone un analogo atteggiamento di perdono verso gli altri.
Nel cristianesimo, accanto alla preghiera comunitaria, liturgica, viene valorizzata la preghiera individuale, anche silenziosa.
La tradizione delle Chiese orientali dà spazio – accanto alla preghiera silenziosa – alla partecipazione del corpo alla preghiera e alla preghiera davanti alle icone, immagini sacre in cui proprio il carattere di fissità, ripetitività e antirealismo facilita l’accesso alla contemplazione dei misteri celesti, giacché l’icona è considerata luogo di presenza della grazia.
Nell’Occidente, lo sviluppo della pietà popolare nel Medioevo ha dato sempre più spazio alla preghiera rivolta ai santi, considerati come intercessori. La Riforma protestante considera questa pratica idolatrica, a causa anche di alcuni suoi eccessi. La Riforma, inoltre, respinge l’idea che la preghiera possa costituire un merito per l’uomo, promuovendo nel contempo una visione della stessa come modo di esistere e di vivere di fronte a Dio.