Pseudonimo del regista cinematografico francese René Chomette (Parigi 1898 - ivi 1981). Esordì con film a medio metraggio legati alle esperienze dell'avanguardia: Paris qui dort (1923); Entr'acte (1924), realizzato in collaborazione con F. Picabia, sorta di balletto, influenzato dal dadaismo, volto a negare la consequenzialità logica del racconto, per un modo di procedere più libero, che crea analogie, contrasti, ritmi, senza significati obbligati; Le voyage imaginaire (1925). Ma sono proprio i congegni del racconto a interessare invece C. nei lungometraggi seguenti e a costituire uno dei perni del suo cinema: in Un chapeau de paille d'Italie (1927) e in Les deux timides (1928), entrambi tratti da commedie di Labiche, si avverte l'influenza della pochade e del gioco di imprevisti ed equivoci proprio del vaudeville, il tutto reso però col ritmo autonomo del nuovo mezzo espressivo. In questa direzione uno dei film più riusciti è Le million (1931). Da allora la coerenza della poetica di C. ha avuto modo di confermarsi; i due aspetti complementari del suo stile si sono andati precisando: da un lato il gusto del racconto, dei giochi ad incastro, l'abilità di costruzione, l'ironia, dall'altro una evidente venatura romantica, centrata sulla decantazione sentimentale (l'amore, l'amicizia), sul richiamo a esigenze non soddisfatte (il ruolo della fantasia), sull'elegia di luoghi (la periferia di Parigi), e di una dimensione quotidiana della vita piccolo borghese. Vanno ricordati film come Sous les toits de Paris (1930), uno dei più celebrati, Quatorze juillet (Per le vie di Parigi, 1933), quasi un omaggio alla città e al senso autentico dei rapporti. Anche quando affronta aspetti di rilevanza sociale (il rapporto uomo-macchina in À nous la liberté, 1932) i toni rimbalzano gradevolmente in superficie, preferendo C. non sviluppare contrasti di fondo. Passato in Inghilterra C. diede mano a prodotti di abile confezione come The ghost goes West (Il fantasma galante, 1936); negli USA firmò opere di corretto e indubbio mestiere come I married a witch (1942), It happened tomorrow (1944) e And then there were none (Dieci piccoli indiani, 1945). I temi base di C. torneranno nei film del dopoguerra: Le silence est d'or (1947) e Les grandes manoeuvres (1955); ma ormai risultava indebolita la sua capacità di rinnovare il proprio linguaggio: i toni alti in parte gli sfuggono (La beauté du diable, 1950, ispirato al Faust), e viene fuori la maniera, che già si poteva avvertire in altri film; la mistura dei toni diede luogo ancora ad esiti piacevoli ma in bilico (Porte des Lilas, 1957), a omaggi un po' costruiti (Les belles de nuit, 1952). Il rischio incombente della ripetizione, pur sempre abile, venne fuori piuttosto netto nelle opere tarde, come in Tout l'or du monde (1961), in Les fêtes galantes (Per il re, per la patria e per Susanna, 1966). Dal 1962 membro dell'Accademia di Francia. È anche autore di saggi sul cinema (Réflexion faite, 1951, trad. it. 1953; Cinéma d'hier, cinéma d'aujourd'hui, 1970), di romanzi (Adams, 1926; La forêt enchantée, 1950; De fil en aiguille, 1951) e di una raccolta di novelle (Jeux du hasard, 1976).