rivoluzione agricola
Processo di profonda trasformazione, produttiva, tecnologica e sociale, nel campo della produzione di derrate alimentari. L’espressione è stata impiegata per descrivere una varietà di fenomeni eterogenei, riscontrabili in differenti aree geografiche e in diverse epoche storiche.
Generalmente, con r. a. si intende quel complesso di mutamenti e innovazioni, nell’ambito delle tecniche agricole, dei sistemi colturali e dell’organizzazione della proprietà terriera, che si verificarono in Inghilterra tra il 17° e il 18° sec. e che prepararono e sostennero il processo di industrializzazione noto come rivoluzione industriale (➔). In quel periodo fu l’Inghilterra, fra i diversi Paesi europei quello che subì i cambiamenti più profondi nelle sue strutture agrarie. Vennero introdotte nuove colture (per es. la patata, proveniente dal continente americano), fu adottato un nuovo sistema di rotazione mediante il ricorso alle piante foraggiere, che avevano la proprietà di arricchire il terreno, consentendo rotazioni più lunghe e una produttività più elevata, e si assistette a una maggiore integrazione tra l’allevamento, che divenne una componente fondamentale dell’azienda agricola, e l’agricoltura. Un ruolo centrale nella r. a. inglese ebbe il fenomeno delle recinzioni (ingl. enclosures), che comportò una privatizzazione delle terre comuni, mirante a una più chiara definizione della proprietà e a una produzione maggiormente orientata verso il mercato agricolo che verso l’autoconsumo. Il processo di recinzione delle terre, iniziato nel 17° sec., ebbe due grandi ondate coincidenti con la r. industriale: gli anni 1760 e il periodo delle guerre napoleoniche. La prima ondata consistette prevalentemente nella recinzione delle terre di uso comune (i Commons) ancora esistenti nell’Inghilterra centrale, che determinò una conversione di terreni arabili in pascoli e creò un massiccio contingente di manodopera disoccupata. La seconda fu caratterizzata dal miglioramento della produttività dei terreni meno fertili delle regioni sudorientali, e dalla messa a coltura di molte terre marginali di brughiera.
Già negli ultimi decenni del 19° sec. l’agricoltura europea, ma anche quella statunitense, avevano realizzato importanti progressi tecnici, perfezionati e divenuti di larga diffusione nel corso del secolo seguente. Tra le acquisizioni dell’agricoltura moderna sono da citare prima di tutto i concimi chimici (fosfati, nitrati, scorie ricavate dalle lavorazioni industriali), in grado di aumentare, anche notevolmente, la resa dei terreni. In secondo luogo, gli insetticidi, gli anticrittogamici e i diserbanti, i quali, se da una parte proteggono le colture e riducono il lavoro degli esseri umani, dall’altra rischiano di introdurre nell’ambiente, specie se usati in eccesso, sostanze fortemente inquinanti e tossiche per la salute umana. ● Un altro fattore che contribuì notevolmente allo sviluppo dell’agricoltura nel corso del 20° sec. è stata la meccanizzazione, applicata soprattutto alla cerealicoltura attraverso l’uso di mietitrici e trebbiatrici, prima a vapore, poi elettriche e con il motore a scoppio. La ricerca genetica, infine, il cui progresso si fa rilevante in campo agricolo a partire dalla metà del 1900, diede un apporto fondamentale alla nuova agricoltura scientifica, sia per l’allevamento (selezione di razze altamente produttive), sia per la coltivazione (selezione di piante dotate di qualità specifiche), fino ai più recenti traguardi, per molti versi ampiamente contestati, dell’ingegneria genetica (➔ biotecnologia). La moderna agricoltura industrializzata appare dunque caratterizzata da legami sempre più stretti con i settori tecnico-scientifici.
Con tale espressione si intende una serie di innovazioni volte a creare, dagli anni 1960, un’agricoltura altamente produttiva in varie regioni del Terzo Mondo, basate sull’industrializzazione dell’attività agricola, sul recupero di terre incolte e la loro irrigazione, sull’impiego di varietà di sementi atte ad assicurare abbondanti raccolti e sulla vasta utilizzazione di sussidi tecnici (fertilizzanti chimici, antiparassitari, erbicidi) e creditizi. La r. verde ha le sue radici nel progetto di ricerca messicano messo in atto, a partire dagli anni 1940 con il contributo della Rockefeller Foundation sotto la guida del genetista americano N. Borlaug (premio Nobel per la pace nel 1970), per incrementare le rese di grano e mais, introducendo varietà capaci di aumentare la produttività per ettaro e di più facile raccolta con mezzi meccanici. Il successo ottenuto incrociando diverse varietà ad alto rendimento (come il grano nano di origine giapponese Norin 10 e il riso IR8), associato all’utilizzo delle nuove tecnologie agricole, di pesticidi e di fertilizzanti, fu poi esportato verso altri Paesi, a partire dall’India e dal Pakistan negli anni 1960. Gli indubbi progressi sono stati però accompagnati da risvolti negativi. L’incremento delle rese è stato possibile con la selezione di ibridi più adatti all’agricoltura meccanizzata e in grado di sfruttare al meglio i fertilizzanti. Ciò ha portato alla necessità di utilizzare più petrolio per la produzione. L’uso continuo dei fertilizzanti, inoltre, ha prodotto diversi problemi di inquinamento, che insieme all’eccessivo sfruttamento del suolo e alla riduzione delle falde acquifere, stanno minacciando vaste estensioni agricole e diminuendo le rese. Numerose critiche sono state anche avanzate in seguito ai cambiamenti sociali introdotti, con il passaggio dall’agricoltura di sussistenza al commercio, e l’abbandono – fino alla loro totalescomparsa – di numerose varietà di piante e di sistemi di agricoltura tradizionali.