Agricoltura
(I, p. 955; App. II, i, p. 95; III, i, p. 49; IV, i, p. 62; V, i, p. 82)
I temi e i problemi che ruotano attorno all'a. hanno ricevuto un'ampia esposizione alla voce agricoltura del vol. I dell'Enciclopedia Italiana, nella quale è tracciato anche un profilo dello sviluppo dell'a. nella storia. Per quanto riguarda gli aspetti giuridici, la voce agrario, diritto, nel vol. I dell'Enciclopedia (p. 73), ripresa poi nell'App. II (i, p. 94), e la voce agraria, riforma, nell'App. II (i, p. 92) e nell'App. III (i, p. 47), consentono una ricostruzione retrospettiva della legislazione italiana, aggiornata infine nell'App. V alla voce agricoltura: Diritto (i, p. 92). Di particolare rilievo al riguardo è anche la normativa europea della Politica agricola comune (PAC), esposta nei suoi tratti costitutivi e negli sviluppi successivi alla voce agricoltura: Politica comunitaria, nell'App. IV (i, p. 66), nell'App. V (i, p. 90) e in questa Appendice (v. oltre).
L'applicazione di innovazioni tecnologiche ai processi produttivi costituisce certamente uno dei fattori che hanno particolarmente caratterizzato l'a. intensiva dei paesi industrializzati. La meccanizzazione può essere ripercorsa nelle voci dell'Enciclopedia: trattore (XXXIV, p. 229) e agricole, macchine (I, p. 946), quest'ultima ripresa poi nell'App. III (i, p. 48), nell'App. IV (i, p. 60) nonché nell'App. V (i, p. 79). Alcuni dei progressi più significativi che hanno riguardato la crescita della produttività in a. sono derivati dall'incessante sviluppo di metodi per la difesa delle colture. Un inquadramento generale dei metodi di lotta ai parassiti è dato dalla voce insetticida, nel vol. XIX (p. 357), ripresa anche in tutte le successive Appendici con i relativi aggiornamenti. Sullo stesso argomento è opportuno rinviare anche ai lemmi antiparassitari (i, p. 135) e fitofarmaci (i, p. 882) dell'App. IV, e nell'App. V alla voce pesticidi (iv, p. 115). Tra i sistemi di difesa dagli agenti parassitari una menzione a parte spetta allo sviluppo di tecniche compatibili con l'ambiente e la salute dell'uomo. L'impiego di metodi biologici che sfruttano i nemici naturali dei parassiti è stato trattato nell'Enciclopedia alle voci parassitismo (XXVI, p. 305), patologia: Patologia vegetale (XXVII, p. 512) e lotta biologica, presente sia nell'App. IV (ii, p. 360) sia nell'App. V (iii, p. 263). Nell'App. V (i, p. 94) sono esposti i metodi della cosiddetta agricoltura biologica. Tra i sistemi di difesa delle colture va segnalata anche la lotta alle erbe infestanti, trattata nelle voci dell'App. III diserbanti (i, p. 495) ed erbicidi (i, p. 566), ripresa poi nell'App. IV (i, p. 718). Uno dei settori innovativi in cui sono stati registrati i progressi più significativi è quello che utilizza le tecniche proprie dell'ingegneria genetica e della biochimica per la produzione di nuove varietà più resistenti e con una resa maggiore. Riguardo a questi sviluppi tecnico-scientifici, si rinvia alla voce biotecnologia nell'App. V (i, p. 388) e in questa Appendice, e agli approfondimenti scientifici esposti nella voce accrescimento: Botanica (App. V, i, p. 19). Non va infine trascurata l'importanza che hanno avuto sullo sviluppo dell'a. le opere di sistemazione idraulica, trattate alla voce bonifica (VIII di questa Enciclopedia, ripresa nell'App. I, p. 295, nell'App. II, i, p. 434, e nell'App. V, i, p. 408).
A partire dagli anni Cinquanta, la crescente diffusione delle innovazioni tecnologiche ha dato luogo a uno sviluppo della produzione agricola su scala mondiale senza precedenti. In tal modo è stato possibile venire incontro, anche se in misura ancora insoddisfacente, alle crescenti esigenze alimentari dovute all'esplosione demografica dei paesi in via di sviluppo, ma sono altresì sorti problemi di impatto sull'ambiente e sulle risorse, con risvolti di carattere politico ed economico sempre più importanti. Questi temi sono stati diffusamente trattati nell'App. V sotto le voci sviluppo sostenibile (v, p. 370) e risorse (iv, p. 536), e si rinvia, in questa Appendice, alla voce sviluppo sostenibile. Nell'App. V particolare attenzione è stata data al tema dei delicati rapporti tra incremento della popolazione mondiale, crescita della produzione agricola e sfruttamento delle risorse idriche, per il quale si vedano le voci irrigazione (ii, p. 779, già trattata nel vol. XIX, p. 569, e ripresa poi nell'App. II, ii, p. 66, nell'App. III, ii, p. 896 e nell'App. IV, ii, p. 233) e acqua: Risorse idriche e loro utilizzazione (i, p. 26), ripresa anche in questa Appendice. I problemi di contaminazione chimica derivante dall'impiego in a. di pesticidi e diserbanti, nonché il loro impatto sugli equilibri ambientali e sui processi biologici, sono stati infine considerati nelle voci inquinamento (App. V, ii, p. 722) e fertilizzanti (App. V, ii, p. 209). *
L'agricoltura nel mondo
di Gian Tommaso Scarascia Mugnozza, Enrico Porceddu
L'a. costituisce un'interfaccia diretta tra l'ecosistema e la società. È un'attività complessa la cui valutazione, anche in vista di una possibile ottimizzazione, non può essere effettuata in termini di semplice analisi costi/benefici o con riferimento a singoli parametri, fattori o risultati, ma deve coinvolgere anche considerazioni sociali e motivazioni etiche. La seguente, pur concisa, esposizione dell'attuale situazione dell'a., inizierà con richiami agli aspetti più recenti della produzione agroalimentare in rapporto alla soddisfazione delle necessità delle popolazioni delle varie aree geografiche ed economiche del globo; illustrerà problemi inerenti allo sfruttamento e al degrado delle risorse naturali e dell'ambiente; terminerà con accenni alle prevedibili esigenze future della società, e agli interventi scientifici e tecnologici atti al conseguimento di un'a. moderna, sostenibile, ecocompatibile.
Fra i diversi aspetti che hanno caratterizzato l'a. negli ultimi decenni, due problemi dominano tutti gli altri: 1) malgrado oggi venga prodotta una quantità di derrate sufficiente a soddisfare le necessità di ogni individuo, persiste una condizione di mancata o insufficiente soddisfazione dei bisogni (la cui manifestazione più evidente è la sottonutrizione e l'insicurezza alimentare per una parte rilevante della popolazione mondiale); 2) si assiste alla crescente scarsità e al degrado delle risorse naturali necessarie per praticare l'a. stessa. Per quanto riguarda la produzione agricola, gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da una crescente domanda di cibo connessa a una crescita senza precedenti della popolazione umana, che poco più di 30 anni or sono ammontava a tre miliardi di persone ed è oggi vicina ai sei miliardi. La risposta dell'a. a quest'aumento è stata nel complesso buona; infatti, seppure a velocità decrescente, la produzione agricola mondiale ha continuato a salire, e la produzione pro capite è oggi maggiore del 18% rispetto a quella di 30 anni fa. Considerando solo la produzione per il consumo umano diretto, attualmente ogni individuo ha una disponibilità teorica di alimenti pari a 2700 calorie contro le 2300 di 30 anni or sono. È da notare anche che oltre 650 milioni di tonnellate di cereali sono utilizzati nell'allevamento animale e che, destinandone anche solo un terzo al consumo umano, si porterebbe la disponibilità di alimenti pro capite a oltre 3000 calorie (fig. 1).
La disponibilità pro capite è purtroppo distribuita in modo ineguale: in Europa occidentale e America Settentrionale essa è uguale o superiore a 3500 calorie, ma nei paesi dell'Africa subsahariana, in India e Bangladesh è di poco superiore a 2000 calorie, cioè è al di sotto del minimo indispensabile per poter svolgere un lavoro proficuo. Inoltre, non bisogna sottovalutare il pericolo delle generalizzazioni; infatti, i dati aggregati possono condurre a conclusioni errate o paradossali, come accade per es. analizzando la produzione pro capite di cereali: nel periodo 1979/81-1989/91 (tab. 1), essa non è aumentata a livello mondiale, anche se la produzione complessiva è aumentata sia nei paesi industrializzati (PI) sia nei paesi in via di sviluppo (PVS).
Poiché la produzione totale di derrate agricole è in costante, seppur irregolare, crescita, anche nei PVS (fig. 3) le principali questioni da affrontare sembrerebbero essere il problema di una crescita insufficiente della produzione pro capite in alcuni paesi più poveri e, soprattutto, un problema di distribuzione, risolvibile riallocando le derrate prodotte a livello mondiale. È evidente, infatti, che la causa prima della malnutrizione o della mancata soddisfazione dei bisogni alimentari risiede non tanto nella mancanza di derrate quanto piuttosto in quella di un reddito sufficiente ad acquistarle.
Il vero problema attuale è, quindi, l'insufficiente potere d'acquisto di una parte della popolazione mondiale, anche se in futuro l'incremento demografico e l'evolversi delle preferenze alimentari potrebbero rendere necessario un ulteriore aumento di produzione. Il nodo cruciale è tuttavia il fatto che nei paesi poveri un aumento del reddito può derivare solo da un'a. più produttiva. La maggioranza delle famiglie povere, infatti, trae il proprio reddito dall'a. o da settori a essa strettamente collegati. Di conseguenza, aumento del potere d'acquisto e aumento delle derrate agricole prodotte in loco vanno di pari passo. Questo legame tra sviluppo dell'a. e sviluppo economico è l'aspetto più importante del problema agricolo su scala mondiale. L'attenzione, quindi, va concentrata non tanto sulla produzione di derrate agricole quanto sullo sviluppo economico che essa promuove, consentendo un miglioramento dei redditi delle famiglie contadine. Da ciò deriva che, in linea generale, la sicurezza alimentare e lo sviluppo economico dei PVS dipendono in modo essenziale dal successo della loro agricoltura. In circa due terzi dei PVS, l'a. è il settore largamente dominante in termini di occupazione e reddito (meno di un terzo della forza lavoro di questi paesi è occupato nei settori extragricoli). Ma l'a. è d'importanza decisiva anche in altri PVS, in particolare quelli la cui bilancia dei pagamenti dipende pesantemente dalle loro esportazioni agricole.
Completamente diversa è la situazione nei paesi industrializzati, dove solo il 3% circa della popolazione vive di a. e la produzione agricola costituisce meno del 3% del PIL (in Italia solo poco più del 7% degli occupati è impegnato in a., che contribuisce per il 3,8% alla produzione del valore aggiunto totale). Ben più ampio, tuttavia, è il peso del complessivo settore agroalimentare che contribuisce alla formazione del PIL per circa il 40% (in Italia il settore agroalimentare assorbe il 27% dell'occupazione totale e il suo contributo al PIL supera il 25%). In questi paesi, anche per effetto della globalizzazione dei mercati e della convenienza economica, la produzione agricola nel suo complesso è aumentata, ma con un ritmo inferiore a quello di alcuni decenni addietro.
In tale quadro, la situazione della produzione mondiale dopo la metà degli anni Ottanta è non tanto il riflesso degli sviluppi della produzione agricola dei paesi più poveri, quanto il risultato degli aggiustamenti nei principali paesi esportatori di cereali in risposta alla stagnazione della domanda e alla necessità di controllare la crescita delle riserve per evitare crolli nei prezzi mondiali. Problemi di mercato globale continueranno a regolare le capacità produttive dei grandi paesi esportatori e continueranno a pesare sul rifornimento di derrate agricole. Ma possono influire anche logiche industriali; si ricordino, per es., i terreni sottratti all'uso agricolo per insediarvi stabilimenti industriali, e si tratta spesso di terreni di pianura irrigua, in cui si è fortemente investito in miglioramenti fondiari. Non bisogna inoltre sottovalutare le logiche ambientali; basta pensare, per es., alla sottrazione dalla coltivazione di superfici agricole per destinarle a riserve naturali o zone di ricreazione, o alla limitazione dell'uso di mezzi tecnici di sintesi non compensate da innovazioni atte a migliorare la resa, come per es. la lotta integrata contro i parassiti, l'introduzione di varietà più produttive, la diversificazione delle colture ecc. La riduzione del sostegno all'a. si è infatti riverberata anche sulla ricerca agraria riducendone l'impegno nei paesi industrializzati ed esportatori, e con conseguenze anche nei paesi in via di sviluppo, per la riduzione della partecipazione di strutture scientifiche dei paesi avanzati allo studio dei fattori limitanti la produzione proprio nei paesi in via di sviluppo.
La disponibilità delle risorse naturali per l'agricoltura, in particolare terra e acqua
di Gian Tommaso Scarascia Mugnozza, Enrico Porceddu
La diminuzione del tasso di crescita della produzione agricola mondiale viene spesso ascritta a una diminuzione delle risorse naturali di cui l'a. fa uso. Tuttavia, sebbene non si possa negare che le risorse terreno e acqua siano state minacciate e colpite da degrado e che la loro disponibilità pro capite abbia subito un continuo decremento per l'aumento della popolazione, è da sottolineare come la loro diminuzione non abbia finora provocato un declino del tasso di crescita della produzione mondiale. La preoccupazione è, tuttavia, giustificata quando lo stato attuale delle risorse e la loro capacità di influire sulla produzione vengano considerati alla luce della possibilità di soddisfare le necessità future.
Purtroppo, le conoscenze sull'entità delle risorse naturali necessarie per l'a. e sull'evoluzione storica del loro uso lasciano molto a desiderare. I dati sull'estensione dei terreni coltivati nelle diverse zone agroecologiche sono frammentari, quelli sullo stato di degrado dei terreni irrigati o l'erosione dei terreni non irrigui sono limitati, e pochissimo è noto sui loro cambiamenti nel tempo. Inoltre, i dati sulle risorse idriche non sono analizzati in un contesto di fattori socioeconomici influenti sul loro uso agricolo. Anche il declino dell'entità delle risorse agrarie pro capite, come conseguenza della crescita numerica della popolazione, è difficile da valutare. Gli stessi valori del rapporto terra/persona possono essere simili in paesi con situazioni assai diverse, come avviene per es. nei casi dell'Egitto e del Ruanda, dove il rapporto 'ha di terra/persona' è inferiore a 0,1 (1000 m² per persona) e non esistono riserve per un'ulteriore espansione, o come in quelli dell'Argentina e della Repubblica Centrafricana, dove il rapporto è 10 volte superiore e sono anche disponibili notevoli riserve. Ma le prospettive a breve termine di uno sviluppo economico dell'Egitto e dell'Argentina sono molto diverse da quelle del Ruanda e della Repubblica Centrafricana, data la più solida organizzazione sociale, la vitalità economica, il diverso ruolo delle istituzioni, il più avanzato sviluppo industriale e del terziario che contraddistingue i primi due paesi.
Con la crescita della popolazione, in un sempre maggior numero di paesi si è ridotto il rapporto terra/persona, sebbene non sempre ciò significhi minore produzione agricola. Altri fattori, come la dipendenza della popolazione dall'a., giocano un ruolo significativo, in quanto la diminuzione della disponibilità di terra pro capite può diventare drammatica nei paesi poveri di terra e il cui popolo dipenda quasi esclusivamente dall'a. per lavoro e reddito. Solo la combinazione di un'a. più produttiva, per disponibilità e uso di tecnologie, e una vigorosa crescita dei settori economici non agricoli permetteranno lo sviluppo socioeconomico di tali regioni. Ma l'applicazione di tecnologie innovative viene spesso criticata per le eventuali conseguenze derivanti dal loro uso improprio e/o abuso; si è infatti verificata perdita di terre irrigue per salsedine o ristagno idrico, per inquinamento delle acque di falda, per riduzione di fertilità dei terreni, ma esiste anche il rischio di perdite colturali per la resistenza dei parassiti e delle malerbe ai fitofarmaci, per la depressione della biodiversità e così via.
Mentre non bisogna dimenticare che l'attività agricola ha spesso contribuito a conservare o anche a recuperare la capacità produttiva delle risorse idriche e del terreno, è interessante comprendere le ragioni per cui l'attività umana può distruggere piuttosto che conservare o aumentare questa capacità. La motivazione più comune del rischio di distruzione di risorse è legata all'incremento demografico, con la conseguente necessità di produrre una maggior quantità di derrate, ma è anche l'aumento del numero di coloro che vivono di a. che, in un contesto socioeconomico primitivo, determina uno stato di povertà (individuale e familiare) spesso ai limiti della sussistenza.
Non è tuttavia interamente corretto identificare nella povertà l'unica causa del degrado. Esso può verificarsi anche quando la povertà regredisce, com'è accaduto per es. in Italia quando, a causa del miglioramento delle condizioni economiche e nell'intento di adottare livelli di vita più confortevoli, le popolazioni rurali hanno progressivamente abbandonato le zone di montagna e di collina; oppure quando la produzione di soia nell'America Meridionale fece lievitare i prezzi dei terreni, inducendo molti piccoli agricoltori a vendere i terreni ai latifondisti per andare a disboscare e colonizzare nuove aree. Il degrado dipende spesso anche dal tipo delle tecniche di produzione impiegate e dalla loro intensità d'applicazione. Nei paesi tecnologicamente avanzati, per massimizzare la produzione si praticano sistemi agricoli che provocano l'erosione del terreno (come avviene nei grandi comprensori granicoli dell'America Settentrionale), l'inquinamento di terreni e falde acquifere a causa dell'eccesso di fertilizzanti ed erbicidi oppure, specialmente in Europa, a causa degli effluenti dagli allevamenti zootecnici intensivi. Comprendere le cause vere del degrado risulta estremamente importante per formulare e mettere in atto politiche e interventi per un'a. sostenibile, senza comprimere la produzione e senza distruggere le risorse naturali. Ed è altrettanto importante perché la politica ambientale futura continuerà a essere caratterizzata dall'attenzione per la pressione esercitata anche dall'agricoltura. Per quanto riguarda la disponibilità di terra, forti differenze caratterizzano la situazione. L'Asia, il Medio Oriente e l'Africa settentrionale presentano un indice pro capite ormai al limite, mentre nelle regioni subsahariane e dell'America latina vi sono ancora notevoli possibilità di espansione dell'a. verso terre vergini. Parte di questa espansione è a danno di foreste, con riduzione dell'effetto tampone sul clima, riduzione della biodiversità e possibilità di degrado della qualità dei terreni per distruzione della materia organica.
Il degrado dei terreni agricoli è un fenomeno grave. Attualmente circa 1,2 miliardi di ha, di cui oltre un terzo in Asia, appaiono degradati dal punto di vista chimico e fisico. Particolarmente preoccupante è la caduta di fertilità nelle zone semiaride dell'Africa subsahariana e del Medio Oriente, ove la concimazione animale è limitata e assente o scarso l'uso di fertilizzanti chimici.
La disponibilità di suoli per la produzione agricola può essere influenzata inoltre dal fenomeno della sottrazione degli stessi all'a. per scopi civili e industriali; tuttavia, esso è di gran lunga inferiore al problema della carenza d'acqua, causata dell'aumento del consumo idrico per usi non agricoli. Questo problema si aggraverà in futuro in quanto è in aumento l'esigenza di irrigare per migliorare la produttività per unità di superficie e ottemperare, soprattutto nelle regioni in sviluppo, alla domanda di derrate alimentari da parte della popolazione in aumento, alla quale vanno garantiti anche livelli civili di uso di acqua potabile. Sulla disponibilità di suoli si può agire anche tramite l'intensità colturale, ossia la percentuale di terreno coltivato ogni anno su quello agricolo totale; in alcune regioni, come quella subsahariana, tale rapporto è pari al 55%, mentre in Asia meridionale arriva al 110%, come risultato di più colture nello stesso anno sullo stesso terreno.
Nei paesi in via di sviluppo l'incremento della produttività potrà essere ottenuto sia con un aumento delle terre irrigue, sia con un maggiore impiego, controllato, di fertilizzanti e fitofarmaci, oltre che ancora attraverso l'incremento dell'intensità colturale. La quantità di fertilizzanti distribuiti ammonta a 37 milioni di tonnellate, quattro volte quella di 20 anni fa, malgrado la diminuzione di crescita registrata negli anni Ottanta. Le statistiche indicano un uso medio annuo di fertilizzanti di 62 kg/ha, pari a circa la metà di quanto consumato nei paesi industrializzati; ma le differenze tra i paesi in via di sviluppo sono molto elevate, variando da un minimo di 11 kg/ha delle zone dell'Africa subsahariana ai 90 kg/ha dell'Africa settentrionale e del Medio Oriente, dove, specie nelle zone irrigue, si eccede in modo particolare, come nelle risaie dell'Asia sudorientale, in cui se ne consumano fino a 110 kg/ha.
Anche i metodi di difesa delle colture assumono particolare importanza nei paesi in via di sviluppo: l'uso dei fitofarmaci (fungicidi, insetticidi, erbicidi) rappresenta complessivamente soltanto un quinto del consumo mondiale, con una punta del 50% nell'uso di insetticidi, mentre molto più limitato è l'uso di erbicidi. È essenziale anche in questi paesi un controllo dell'impiego di fertilizzanti e fitofarmaci di sintesi chimica da esercitare mettendo a punto sistemi che combinino l'impiego di questi mezzi tecnici con incentivi per la diffusione di metodi razionali di gestione agronomica del rapporto pianta-terreno e con l'evoluzione di metodi di lotta integrata contro i parassiti delle colture.
Linee di ricerca e interventi tecnici
di Gian Tommaso Scarascia Mugnozza, Enrico Porceddu
La crescita della produzione per unità di superficie è stata la ragione principale degli aumenti di produzione totale nel passato sia nei paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo. Le attuali produzioni per unità di superficie differiscono molto in relazione alle differenze nelle condizioni agroecologiche, e ogni incremento dipenderà dall'impegno scientifico-tecnologico nell'accrescere l'adattabilità delle colture e degli animali alle condizioni ambientali, riducendo l'effetto limitante dei fattori ambientali abiotici (temperatura, siccità) e biotici (predatori, parassiti).
Impostare un'a. moderna, sostenibile sotto l'aspetto economico ed ecologico, che sia in grado di valorizzare e non depauperare le risorse naturali da cui dipende, presuppone l'impiego di tecnologie accurate e una consistente base di conoscenze e di informazioni. Su questa base è possibile ridurre la pressione ambientale, incrementare produttività e disponibilità di derrate e garantire profitto agli agricoltori, con l'abbassamento dei costi di produzione. La tecnologia disponibile può essere applicata, pur con proporzionati adattamenti, alle diverse situazioni socioeconomiche: l'impegno della ricerca deve essere quindi quello di mettere a punto e ottimizzare le tecnologie più adatte alle diverse condizioni agroecologiche e di sviluppo economico. È ormai noto che l'adozione di tecnologie sviluppate altrove, se in alcuni casi ha consentito una crescita della produzione agricola superiore a quella della popolazione, ha talvolta avuto anche conseguenze negative. Tra queste possono essere ricordate: la sempre maggiore diffusione in campo di un numero di varietà selezionate, appartenenti alle poche specie alimentari coltivate, caratteristiche di un'a. avanzata, a scapito delle vecchie varietà tradizionali e delle specie alimentari locali 'orfane' di ricerca; la disattenzione verso consociazioni colturali con piante idonee e tipiche delle a. tradizionali, ben adattate alle situazioni ambientali locali e quindi in grado di bilanciare le fluttuazioni ambientali; la riduzione della variabilità genetica delle specie locali con perdita di biodiversità; la disattenzione verso le zone aride e semiaride prive di irrigazione e relative colture; il forte uso dei fertilizzanti minerali per ricostituire la fertilità del terreno a scapito della sperimentazione di sistemi integrati di nutrizione delle piante; l'enfasi sulle tecniche di conservazione del terreno basate sull'aspetto ingegneristico più che su quello biologico della stabilizzazione, o del controllo dell'erosione e della gestione delle acque piovane; ecc.
Il riconoscimento di queste conseguenze sta modificando le priorità della ricerca nelle diverse zone agroecologiche, che oggi tende a essere reimpostata anche partendo da un'analisi attenta delle conoscenze tecniche indigene, ovviamente empiriche, frutto di esperienze secolari. Qui di seguito sono riportate alcune delle principali linee di ricerca e di innovazione tecnologica che stanno caratterizzando questa modificata ottica di gestione delle zone agricole.
La limitazione del degrado del terreno e dell'acqua si deve basare su strategie biologiche di conservazione della fertilità dei terreni, come il ruolo delle barriere di vegetazione (frangivento) o la gestione sistematica delle colture e dei loro residui per ridurre l'impatto dell'acqua e del vento e conseguenti erosioni, idriche o eoliche. Importanti sono i sistemi di nutrizione integrata delle piante che mirano a ottimizzare l'efficienza di rifornimento dei nutrienti alle colture; ciò si ottiene attraverso una migliore conoscenza e associazione delle fonti di nutrizione e l'uso di concimi a lento rilascio dei principi nutritivi, con un miglioramento dell'efficienza produttiva del terreno. Tali sistemi possono ridurre in modo significativo la necessità di fertilizzanti, perché le piante, le colture, assorbirebbero a tempo opportuno e in quantità sufficiente i nutrienti necessari, con una riduzione degli sprechi e con un contenimento dell'impiego di fertilizzanti. Naturalmente, è indispensabile sviluppare un complesso di studi che individui le condizioni ottimali per le diverse condizioni e caratteristiche di terreni, colture e clima, e permetta di mantenere assieme alla capacità produttiva la conservazione della struttura chimica e fisica dei terreni agrari.
Anche la risorsa acqua ormai scarseggia e la disponibilità per usi civici, individuali, agricoli, è in diminuzione, non solo per le necessità conseguenti all'aumento demografico e allo sviluppo economico, ma anche perché salinizzazione e inquinamento (da reflui civili e da residui dell'a. e dell'industria) rendono spesso impossibile, salvo costose depurazioni, il riuso agricolo o industriale di notevoli quantità di risorse idriche (v. anche acqua, in questa Appendice).
Ancor oggi, con variazioni da paese a paese, l'a. impegna non meno del 50% dell'acqua disponibile. L'esigenza di estendere la superficie dei terreni irrigui, specialmente nei paesi in via di sviluppo, per ottenere gli attesi aumenti di produzione (l'acqua e l'azoto sono i principali fattori responsabili della produttività vegetale), impone di adottare tecniche irrigue efficienti che riducano gli sprechi degli attuali impianti di accumulo e distribuzione. A interventi di tipo ingegneristico-idraulico devono accompagnarsi misure derivanti da ricerche sul rapporto terreno-acqua-pianta. Infatti gli studi sulla fisiologia dell'assunzione e del trasporto dell'acqua nelle piante, sui diversi tipi di terreno, sulle capacità idriche di campo, sul fabbisogno e sulle fasi critiche dello sviluppo delle piante, sulla tempestività e sui volumi d'adacquamento possono consentire un uso più razionale della risorsa e ottenere la migliore risposta produttiva delle colture. Ne è esempio la sostituzione dei sistemi di irrigazione per scorrimento, causa di forti sprechi, con tecniche di irrigazione localizzata in corrispondenza degli apparati radicali. Simili efficienti sistemi possono essere diffusi nei paesi in via di sviluppo, tenendo conto delle situazioni locali, in termini di precipitazioni e di caratteristiche del terreno, e cercando di far tesoro delle tecniche empiricamente elaborate da secoli dagli agricoltori, e di razionalizzarle.
All'estensione delle superfici irrigue si può provvedere anche con un'attenta utilizzazione delle acque di pioggia, da conservare in appositi bacini e laghetti aziendali o interaziendali, calcolando la quantità di pioggia caduta, per poi pianificare correttamente gli ulteriori apporti. In breve, è imperativo risparmiare dovunque acqua, risorsa difficilmente rinnovabile, e non inquinarla perché è in crescita, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, la richiesta di acqua potabile, elemento essenziale, insieme agli alimenti, dello stato di salute e di benessere.
Un settore nel quale la tecnologia produttiva è destinata a mutare radicalmente è quello della difesa delle colture. L'avanzamento delle conoscenze sulla tossicità di fitofarmaci, sulla loro persistenza nel terreno e nell'acqua, sul loro accumulo nelle reti alimentari e il loro impatto sulle specie bersaglio e non bersaglio, potrà servire a evitare gli errori del passato, diminuendo i danni agli ecosistemi e l'insorgenza nei parassiti di resistenze genetiche ai principi attivi, e a ridurre i casi di mortalità e morbilità umana a essi correlata.
Lo sviluppo e l'applicazione del concetto di lotta integrata, il cui progresso, inizialmente lento per la mancata comprensione dei sistemi predatore-preda e di altri punti chiave degli equilibri dell'ecosistema, ha avuto notevole diffusione negli ultimi anni. Questa tecnica è in grado di ridurre l'uso di presidi chimici: a) controllando gli insetti con le rotazioni, le consociazioni fra colture e altri metodi di gestione agronomica; b) con l'introduzione di piante coltivate geneticamente resistenti; c) con il controllo biologico grazie a metodi naturali o per immissione di maschi sterili e di predatori/parassiti degli insetti; d) con uso selettivo di fitofarmaci, preferibilmente di origine biologica, in associazione con piani di monitoraggio e definizione di soglie economiche di utilizzazione. È evidente che questo tipo di approccio presuppone una riconversione, una moderna formazione professionale degli agricoltori stessi che si troveranno a dover gestire tecnologie sofisticate.
In linea generale, l'adozione della lotta integrata ha consentito, nei paesi industrializzati come nei paesi in via di sviluppo, una sensibile riduzione dell'impiego dei fitofarmaci senza compromettere le produzioni e abbassandone i costi. Notevoli d'altro canto sono stati i progressi compiuti con l'uso della lotta biologica, come si è verificato in ambienti confinati come le serre e in Africa con la lotta contro i parassiti della manioca.
Strettamente correlato è il problema delle piante infestanti, finora contrastate con gli erbicidi, responsabili della contaminazione dell'ambiente, e quindi delle acque, degli alimenti e degli stessi esseri umani. Di assoluta priorità è quindi il controllo delle malerbe con tecniche di lotta biologica, l'impiego di erbicidi biodegradabili, tecnologie di applicazione che riducano la quantità di principio attivo somministrato.
La riduzione dell'uso di presidi chimici si sta avvalendo anche della ricerca genetica e dell'applicazione alla produzione vegetale delle biotecnologie (v. biotecnologia, in questa Appendice). Le tecniche moderne del DNA ricombinante offrono l'opportunità di trasferire qualsiasi gene da un organismo (microrganismo, pianta, animale) a un altro in modo preciso e rapido, aggiungendo così un altro metodo ai procedimenti classici di miglioramento genetico. Fondate su una approfondita e precisa conoscenza dei genomi degli organismi coinvolti, le biotecnologie genetiche, già applicate alle piante di interesse agrario, sono in grado di modificare geneticamente caratteri inerenti: 1) la quantità/qualità (alimentare, nutrizionale) del prodotto; 2) la resistenza a parassiti, erbicidi, fattori di stress (temperatura, carenza idrica); 3) il controllo di processi fisiologici quali l'assorbimento di nutrienti, la maturazione e la sua durata, l'idoneità a processi di trasformazione per fini alimentari o industriali ecc.
Grandi sono le potenzialità di questo tipo di approccio che contribuirà a un uso più sostenibile delle risorse naturali: l'aumento delle produzioni potrà ridurre la necessità di acquisire nuovi terreni e diminuire la pressione su aree marginali e foreste; l'introduzione (per esempio nei cereali) di geni per l'azoto-fissazione ridurrà l'esigenza di concimazioni azotate e conseguentemente diminuirà l'apporto chimico necessario per unità di produzione; una maggiore tolleranza, o la resistenza, delle colture agrarie e degli animali (per es. grazie ai vaccini) ai parassiti permetterà la riduzione dell'uso di sostanze tossiche nell'ambiente.
Nel settore della produzione zootecnica (v. zootecnia, in questa Appendice) grandi progressi sono attesi per la diffusione di sistemi di allevamento più sostenibili e più compatibili con l'ambiente. Le situazioni e i problemi sono diversi a seconda che si tratti di zootecnia legata alla terra, come nel caso della produzione di carne o latte da ruminanti, ovvero di avicoltura e di suinicoltura, sempre più indipendenti dalla terra.
Nel primo caso gli allevamenti tendono a essere legati alle risorse naturali, per cui la forte tendenza verso maggiori produzioni dei prati e dei pascoli esercita una crescente pressione sull'ambiente. I sistemi intensivi di allevamenti del secondo caso sono in genere localizzati nelle zone circostanti i grandi agglomerati urbani o nelle aree che godono di facile accesso ai mercati di distribuzione di mangimi concentrati. Tuttavia, anche in questo caso, l'impatto sull'ambiente non è indifferente a causa della massa di deiezioni e rifiuti. Di conseguenza, allo sviluppo di ecotecnologie di disinquinamento devono affiancarsi studi sull'alimentazione animale per la sua razionalizzazione. Notevoli vantaggi sono attesi dalla ricerca sul sistema digestivo, e in particolare sui microrganismi del rumine, che peraltro possono essere oggetto di facile manipolazione genetica. La miglior comprensione del processo nutritivo dovrebbe favorire l'aumento della produzione animale, in conseguenza sia dell'ottimizzazione del rapporto proteine/carboidrati nei nutrienti assorbiti dal rumine anche se basati su foraggio di qualità scadente, sia del miglioramento della digeribilità della razione alimentare, anche se costituita di foraggio di basse qualità, e inoltre per il ricorso a fonti di proteine non degradabili perché resistenti all'attacco dei microrganismi ruminali. Un efficiente ecosistema ruminale può consentire di usare maggior quantità di foraggi prodotti in loco e ancora poco usati, fornendo le necessarie fonti di minerali, di vitamine e di azoto fermentabile in modo da correggere il rifornimento di nutrienti sbilanciati. Diverse specie di leguminose sono infatti in sperimentazione - specie nei paesi in via di sviluppo - come fonte di azoto fermentabile nel rumine e di proteine non degradabili per le diete basate su residui ricchi di fibra.
Il miglioramento genetico animale secondo i metodi tradizionali ha permesso nei paesi industrializzati, durante l'ultimo secolo, un innalzamento della produttività per animale dell'1÷2% all'anno. Non si sono verificati analoghi successi nei paesi in via di sviluppo per una serie di ragioni, non ultime fra le quali le condizioni ambientali e in particolare gli stress termici. Ma le biotecnologie stanno fornendo la possibilità, modificando il genoma degli animali, di superare tali stress, e vincere malattie, innalzando la produzione di latte e di carne. Tanto più che queste potenzialità possono essere messe prontamente a disposizione degli allevatori grazie alle nuove tecniche di riproduzione, come il trasferimento di embrioni, la fecondazione in vitro, l'inseminazione strumentale, accelerando così il processo di miglioramento genetico e la moltiplicazione dei gruppi di animali più produttivi.
Le biotecnologie cominciano inoltre a essere efficaci anche per quanto concerne lo stato di salute degli animali in produzione zootecnica, in particolare per la prevenzione, diagnosi e controllo delle malattie, specialmente di quelle diffuse tramite vettori; per combattere i quali si profilano tecniche che consentiranno una forte contrazione dell'uso di insetticidi, i cui residui degradano l'ambiente. Nuovi vaccini sono ormai sul mercato, per es. per il controllo di batteri agenti della dissenteria di ovini, bovini e suini. Sono attesi vaccini per la tripanosomiasi e la teileriosi, che dovrebbero consentire l'eliminazione di sostanze chimiche che negli ultimi decenni hanno fatto evolvere una serie di ceppi batterici resistenti.
In sintesi il progresso verso la messa a punto e adozione di tecnologie per un'a. sostenibile ed ecocompatibile dipenderà in larga misura dall'impegno che verrà riservato alla ricerca scientifica e alla sperimentazione. Premessa la necessità di migliorare la capacità di monitorare l'ambiente e di valorizzare le risorse naturali (acqua, terreno, biodiversità), si deve mirare a una gestione dei sistemi biologici animali e vegetali (compresa la componente biologica del terreno) basata su una migliore comprensione dei loro processi dinamici, come per es. già ricordato per l'alimentazione degli animali, la nutrizione delle piante, la lotta integrata contro i parassiti.
A livello operativo l'impegno della ricerca dovrà indirizzarsi, da un lato, verso la promozione di un aumento sostenibile della produttività nelle aree a elevato potenziale, invertendo il degrado e impedendo ulteriori danni all'ambiente e, dall'altro, verso un innalzamento della produzione compatibile con le risorse degli ambienti marginali e fragili, mentre per il risanamento di quelli degradati (come nel caso della depurazione delle acque) appaiono molto promettenti anche tecniche basate sull'azione di microrganismi e di piante che accumulano le sostanze inquinanti.
Un fattore depauperante e spesso trascurato, seppure essenziale per l'aumento della produttività e per il rapporto a./ambiente, è costituito dal fabbisogno energetico dell'a. e dei servizi rurali. Preparazione del terreno, raccolta, irrigazione, meccanizzazione, colture protette, trasferimenti e stabulazione, distruzione o riciclaggio dei rifiuti e altre attività aziendali richiedono tipi e livelli diversificati di energia in forma diretta (meccanica, termica ecc.) o indiretta (fertilizzanti e altri prodotti di sintesi chimica). Senza questi apporti energetici la produttività agricola rimarrà bassa e ben inferiore al suo potenziale. Allo stesso modo, molte pratiche basate su elevati apporti energetici hanno portato a un impoverimento delle risorse e sono in contrasto con i principi di sostenibilità ed ecocompatibilità. È quindi necessario comprendere i legami, le interrelazioni fra a. ed energia nei diversi agrosistemi, e valutare situazioni e condizioni in cui fonti energetiche rinnovabili e ricavabili da produzioni vegetali (biomasse, piantagioni energetiche, schemi combinati di colture alimentari ed energetiche) possono rappresentare un affidabile potenziale di sistemi energetici sostenibili.
Speciale attenzione va anche riservata a una migliore gestione delle informazioni sulle risorse naturali (suolo, acqua, biodiversità), sull'uso del territorio, sui sistemi agricoli più adatti alle varie condizioni agroecologiche, e sull'impostazione in essi degli assetti aziendali. L'organizzazione tecnica, la gestione economica dell'azienda agricola meritano approfondite analisi soprattutto nei paesi in via di sviluppo nella comparazione fra i diversi sistemi e nell'integrazione fra attività aziendali ed extra-aziendali. È questo un nodo cruciale del ruolo del 'settore primario allargato' per l'assetto economico e sociale di qualunque paese, e in particolare, allo stato attuale, dei paesi in via di sviluppo. Un'a. attiva e redditizia, nel suo compito fondamentale di produttrice di derrate alimentari e altre materie prime, induce l'attuazione di un complesso di iniziative e di servizi.
In tale complesso vi sono produzione e distribuzione di mezzi tecnici (sementi, fertilizzanti, fitofarmaci, macchine, manufatti vari ecc.), commercializzazione e distribuzione dei prodotti, sistemi di distribuzione dei prodotti, impianti di conservazione e trasformazione, servizi idrici, gestione di comprensori di bonifica, erogazione di crediti, strutture educative per la formazione di base e continua, servizi di informazione e di assistenza tecnica e divulgazione, centri di sperimentazione, servizi di protezione ambientale, aree agrituristiche e ricreative ecc. Si verrà creando in tal modo un circolo virtuoso che, intorno a un sistema di imprese agricole, tecnicamente ed economicamente sane, produrrà lavoro, contrastando così la povertà. Assicurando all'azienda agraria, all'agricoltore, alla famiglia contadina redditi e profitti si potrà combattere quella povertà che costituisce, soprattutto nelle vastissime zone rurali dei paesi in via di sviluppo, una delle cause principali del degrado dell'ambiente e del sovrasfruttamento di risorse naturali.
La ricerca agraria, dal livello di base a quello più applicativo, va dunque, sia istituzionalmente sia finanziariamente, rafforzata e sostenuta. Non è la condizione attuale, né nei paesi industrializzati, dove si registra da tempo una costante contrazione, e neppure nei paesi in via di sviluppo, dove non ha mai raggiunto livelli proporzionati agli obiettivi. E neppure può essere definita adeguata la ricerca agraria che, con finanziamenti internazionali, è dedicata alla soluzione dei problemi dell'a. dei paesi in via di sviluppo.
Verso un'agricoltura moderna, sostenibile ed ecocompatibile
di Gian Tommaso Scarascia Mugnozza, Enrico Porceddu
Sono emerse dalla trattazione le cause e gli effetti dei differenti e variabili equilibri che si manifestano tra produzione agricola e ambiente e sviluppo a causa della diversità delle zone agroecologiche, degli agrosistemi, degli assetti tecnologici, e dell'influenza del diverso grado di sviluppo economico, sociale e culturale di paesi, comunità e famiglie rurali.
Per es., quando, in conseguenza dello sviluppo demografico ed economico, in Cina o nelle Filippine si contrarrà la manodopera rurale, o diminuirà l'impiego di fertilizzanti ecc. per ridurre l'impatto sull'ambiente, sarà ancora possibile, e secondo quali nuovi equilibri, ottenere tre raccolti di riso all'anno?
Precedentemente sono state anche evidenziate le differenze nella modalità di approccio e nelle priorità assegnate al rapporto a.-ambiente-sviluppo dai due maggiori gruppi di stati: paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo.
I paesi industrializzati tenderanno sempre più a dare priorità alla dimensione ambientale e a provvedimenti limitanti il degrado delle risorse naturali, malgrado i costi economici e sociali connessi a tali misure. In molti paesi ormai le zone marginali non sono più coltivate, non si procede più alla bonifica per uso agricolo delle zone umide, è stato ridotto o bandito l'uso di fertilizzanti minerali e di fitofarmaci che lasciano residui nei corsi d'acqua, e rafforzati i controlli nel trattamento dei reflui e nella dislocazione delle discariche per i reflui degli allevamenti intensivi ecc. Inoltre, i paesi avanzati, grazie alla situazione economica e scientifica, detengono la capacità finanziaria e tecnica per introdurre - anche per scelte sociali - ulteriori misure di controllo o tecnologie più sostenibili e più compatibili con l'ambiente; essi possono anche sostenere meglio le conseguenze economiche di una serie di direttive, quali i più elevati costi degli alimenti, ovvero maggiori squilibri nelle bilance commerciali per minori esportazioni e per maggiori importazioni che suppliscano alla ridotta autosufficienza agroalimentare. Con ulteriori progressi nella messa a punto e nell'adozione di tecnologie più ecocompatibili, nei paesi industrializzati il rapporto tra ambiente e sviluppo tenderà a essere più equilibrato.
La situazione in molti paesi in via di sviluppo è chiaramente diversa. Il miglioramento della gestione delle risorse agricole è un imperativo più che una scelta sociale, poiché il degrado di queste risorse è allo stesso tempo una causa e un risultato della povertà. Si riconosce l'importanza di una crescita più sostenibile ed ecocompatibile, ma non si accetta facilmente che le misure ambientali vadano a scapito dello sviluppo economico che è fortemente basato sul comparto agroalimentare. Perciò le opzioni ambientali di tali paesi sono vincolate a breve e medio periodo. Infatti, essi dovranno mettere a coltura un'ulteriore quota delle terre meno produttive e anche delle zone umide con qualche potenziale agricolo; né potranno ridurre il già modesto consumo di fertilizzanti e di fitofarmaci senza incrinare la sicurezza alimentare. Con interventi di cooperazione internazionale, nell'interesse comune, si dovrebbero mettere i paesi in via di sviluppo e le loro a. in condizioni di usare largamente le opzioni tecnologiche di salvaguardia e risanamento delle risorse naturali, delle quali si è già trattato. Per alcuni problemi produttivi o ambientali non esistono ancora soluzioni appropriate o non sono prontamente disponibili o affrontabili. Ogni innalzamento significativo nei costi di produzione e nei prezzi al consumo avrebbe effetti negativi sui già bassi livelli di consumo e molti paesi in via di sviluppo non potrebbero aumentare le importazioni. Infine essi trovano già difficoltà a mantenere gli attuali livelli di servizi pubblici, per cui più pertinenti misure ambientali entrerebbero in competizione diretta, data la scarsità di risorse, con progetti di investimento in capitale materiale e umano.
Le influenze sull'ambiente e le prospettive per uno sviluppo sostenibile dipenderanno inoltre dal mercato internazionale e dalle politiche che lo regolano, che potranno spostare le produzioni agricole dalle aree dove sono meno ecocompatibili a quelle in cui sono più ecocompatibili e viceversa. Sarebbe auspicabile che tutti i paesi adottassero politiche ambientali atte a limitare le esternalità negative sull'ambiente. Ma queste ultime non sono valutate allo stesso modo nei paesi con diverso livello economico. In particolare è difficile impedire ai paesi più poveri, per i quali le produzioni agricole (o le risorse forestali) sono le principali fonti di reddito e voci di bilancio, l'impiego di mezzi tecnici e agrotecnologie a potenziale impatto sull'ambiente, o di mettere sul mercato prodotti per il cui ottenimento non siano state rispettate misure di salvaguardia ambientale.
Le prospettive dell'agricoltura
di Gian Tommaso Scarascia Mugnozza, Enrico Porceddu
L'a. moderna deve essere un'attività multifunzionale e quindi produrre nutrimento per tutti gli esseri umani, risultare vitale per le economie dei paesi e redditizia per gli agricoltori, garantire la sostenibilità ecologica, contribuire a una maggiore equità sociale, conservare il paesaggio antropizzato per un umano godimento, salutare ed estetico.
Globalmente l'a., che già oggi in teoria potrebbe sfamare tutti, domani potrebbe effettivamente adempiere a questo serissimo compito, a condizione che l'impegno della comunità internazionale (peraltro proclamato solennemente nel vertice mondiale cui parteciparono 186 capi di Stato e di Governo convocati dalla FAO a Roma nel 1996) continui incessante e lungimirante, utilizzando tutte le risorse, quelle umane in primo luogo, applicando le opportune politiche commerciali e sfruttando - con adeguati investimenti - le notevoli opportunità offerte dalla scienza, dalla tecnica e dalla formazione professionale per aumentare la quantità e la qualità dei prodotti secondo processi più ecologicamente ed economicamente sostenibili.
Ma questa previsione, forse troppo ottimista ma certo non utopistica, si confronta oggi con pesanti realtà. La realtà di almeno 800 milioni di persone afflitte da gravi problemi quali la malnutrizione e la fame, e di oltre 250 milioni di bambini che soffrono di gravi malattie per carenze nutrizionali. La realtà è un mondo che è diviso in paesi ricchi e in paesi poveri, nei quali ben più della metà della popolazione è occupata nell'a., nei quali la povertà riguarda una quota rilevante della popolazione rurale e urbana che, per la mancanza di lavoro decentemente remunerativo, non ha i mezzi per un sostentamento e per una vita degna di esseri umani.
Tuttavia, le prospettive di crescita economica per i paesi in via di sviluppo dovrebbero essere migliori di quelle degli ultimi anni, durante i quali tutti i suddetti paesi, eccettuati quelli dell'Asia orientale, hanno sofferto di una diminuzione del reddito pro capite. Le proiezioni lasciano intravedere che, mentre l'Asia dovrebbe continuare a mantenere un elevato tasso di crescita economica, in tutte le altre regioni si potrebbe passare da tassi di crescita economica pro capite negativi a tassi positivi, anche se modesti in conseguenza del persistente elevato tasso di crescita della popolazione. Per quanto concerne la produzione agricola, le previsioni indicano che, a livello globale, il tasso di crescita continuerà a diminuire secondo la tendenza iniziata negli anni Sessanta, epoca in cui il tasso di crescita arrivò a toccare il suo massimo (fig. 2).
Ciò non significa che il pianeta stia esaurendo le potenzialità di aumentare la produzione di derrate agricole; la ricerca, le innovazioni, le biotecnologie stanno aprendo orizzonti, consentendo meno infauste previsioni.
In ogni caso, l'incremento demografico e lo sviluppo dell'economia continueranno a esercitare un ruolo determinante sulle produzioni agricole e agroalimentari in particolare, con conseguenti pressioni sull'ambiente. Una politica ambientale regionale e globale, di cui i sistemi agricoli sostenibili saranno elementi fondamentali, è necessaria e urgente.
Diritto
di Ezio Capizzano
Mentre il diritto agrario 'interno' quale 'diritto dei contratti agrari' si stabilizza, per così dire, attorno a una normativa incentrata sul contratto di affitto di fondi rustici (l. 3 maggio 1982 nr. 203) e il passaggio dai contratti agrari associativi (in particolare la mezzadria) a quello di scambio avviene in modo indolore anche grazie ai contratti collettivi e agli accordi in deroga alla l. 203, lo scenario giuridico-economico è occupato, a livello europeo, dal diritto agrario comunitario (v. agricoltura: Diritto, App. V): disciplina quest'ultima che, a partire dagli anni Novanta, ha assunto una decisa configurazione da tempo preconizzata (Capizzano) come diritto agrario ambientale e diritto dello sviluppo rurale.
In questa nuova prospettiva l'a., disancorata dalle 'ragioni economiche' del suo essere anche attività produttiva, è destinata a svolgere un ruolo plurifunzionale (Diritti, 1993) nel contesto di un'integrazione con la società e soprattutto nell'ausilio a conseguire un obiettivo che l'uomo moderno reclama - nonostante il benessere economico di cui in generale gode -, quello cioè di una migliore qualità della vita. L'attuale politica dello sviluppo rurale, in questa prospettiva, acquisisce da un lato un carattere 'remuneratorio' per i servizi che l'a. offre alla collettività e, dall'altro, un carattere necessariamente strumentale al perseguimento del predetto obiettivo. Esso non è raggiungibile senza costruire, a livello normativo, un sistema del diritto agrario che abbia a suo fondamento la tutela dei diritti dell'uomo (da quello all'ambiente, alla salute e alla qualità dei prodotti agroalimentari ecc.), discendenti dal più generale e onnicomprensivo diritto alla vita concepito in senso ampio e non in termini puramente biologici. Da qui il saldo legame della nuova concezione dell'a. e del suo ruolo con quella concezione filosofica fondata sulla cosiddetta unione delle tre vite, la vita dell'uomo singolo, delle collettività organizzate e dell'intera umanità, con la vita stessa della terra come 'sistema vivente' (G. Capograssi). La politica agricola comunitaria è strettamente legata, nel suo profilo funzionale - e non soltanto, quindi, dal punto di vista della previsione a livello di Trattato CE, art. 38, nr. 1 e Allegato - alla politica comune della pesca: entrambe devono ormai svolgere una 'missione comunitaria', quella della preservazione delle risorse biologiche della terra e del mare, scopo a esse comune, che le 8e Giornate di diritto agrario comunitario (Camerino, Università, maggio 1994) hanno giustamente posto nel dovuto risalto già nella loro intitolazione. All'a., poi, è affidato anche il compito, dal profondo significato culturale, di trasmettere alle generazioni future il patrimonio proprio del mondo rurale accumulato nel corso della sua lunga storia, e cioè la sua stessa 'cultura' secondo il messaggio che la Cattedra Europea "Jean Monnet" di Diritto agrario comunitario ha lanciato in occasione delle 10e Giornate del maggio 1996 dedicate ad "Agricoltura rigenerativa e intergenerazionale. Risorse naturali e cultura del mondo rurale da trasmettere alle generazioni future". Ne risulta così il profilo funzionale assai variegato dell'a., al quale si lega la recente normativa comunitaria rivolta a tutelare le denominazioni di origine e le attestazioni di specificità di quei prodotti dell'a. che meglio assolvono alla funzione di 'trasmettere' la cultura di popolazioni rurali che producono (anche se si tratta di attività che sul piano economico possono risultare marginali) nel rispetto delle loro tradizioni locali e secondo tecniche che sono espressione del loro modo d'essere derivato dalle precedenti generazioni e quindi trasmesse da padre in figlio.
Alla conservazione sul territorio di tali popolazioni e a salvaguardia di quella che abbiamo definito a. intergenerazionale è ora volta la nuova Politica agricola comune (PAC) con definitiva consapevolezza dell'importanza che essa assume non solo in funzione della preservazione delle risorse alimentari della Comunità, ma in considerazione del suo nuovo complessivo ruolo. La riforma avviata nel 1992 a opera del commissario Mac Sharry - con la quale ci si allontanava decisamente dalle istanze di competitività economica e quindi di produttività che hanno caratterizzato la politica agricola di S. Mansholt negli anni Settanta (con le note direttive del 1972 mirate allo sviluppo della grande impresa agricola) - ora punta sulla qualità di una produzione ottenuta con metodi ecocompatibili e quindi rispettosi dell'ambiente. La svolta di quegli anni, rappresentata da 'aiuti diretti al reddito' e non commisurati alla produttività, proietta questa nuova politica oltre il Duemila in funzione anche dell'ampliamento dell'Unione Europea dei quindici ai nuovi partner con una strategia di preadesione che terrà conto delle diverse condizioni socioeconomiche, in particolare dei paesi dell'Europa dell'Est, e quindi di necessari regimi transitori. Questo è accaduto anche con l'ultimo degli ampliamenti dell'Unione Europea alla Svezia e all'Austria. Se il sostegno dei prezzi (retaggio della tradizionale Politica agricola comune) resta ancora, in un mercato dei prodotti agricoli non completamente liberalizzato, una necessità d'ordine commerciale, non meno importante - avverte J. Santer nell'Agenda 2000 - è "l'aspirazione a una agricoltura più rispettosa dell'ambiente e più preoccupata della qualità".
Investito il mondo rurale dei nuovi compiti che nei confronti della società del Duemila lo attendono (rispetto dell'ambiente per una migliore qualità della vita e produzione di qualità per tutelare la salute e contribuire a conseguire, nella sicurezza anche alimentare dei consumatori, il benessere della società), la stessa società non può non essere tenuta a un nuovo 'patto sociale' col mondo dell'a., e così giustamente l'a. è posta al centro di una negoziazione fra mondo rurale e società civile dell'Unione Europea, come si prospetta in un memorabile parere del Comitato economico e sociale (CES) che prevede un Contratto agricoltura e società (1994) il quale impone alla società, perché il mondo rurale assolva a tali compiti (l'a. - si ritiene - è anche deputata a proteggere la persona, la famiglia e la società), un'elevazione delle condizioni di vita degli agricoltori e la protezione contro il degrado dell'ambiente (degrado indotto spesso da altri fattori collegati a uno sviluppo economico di tipo non sostenibile). L'importante documento - che si rifà al Documento Granada (1992) prodotto dalla Cattedra camerte, espressamente evocato come motivo ispiratore e che vi compare in allegato come parte integrante dello stesso parere - segna il risultato ultimo di una complessiva riflessione sull'itinerario della PAC che, attraverso la sua legislazione, muove verso l'affermazione, senza più condizionamenti, di uno 'sviluppo rurale sostenibile' e 'integrato' nelle altre attività e nello sviluppo complessivo del territorio nel quale la società agricola è parte della società generale e non più 'comunità' isolata e marginalizzata.
In questa nuova filosofia dello sviluppo del mondo rurale e del sostegno dell'a. assume ben altra valenza l'obiettivo originario, che ancora compare nel Trattato istitutivo della Comunità Europea nell'art. 39 alla lett. b), di "assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola, grazie in particolare al miglioramento del reddito individuale di coloro che lavorano nell'agricoltura"; laddove, pur nel disegno egalitario rispetto alle popolazioni di lavoratori addette a settori extragricoli più remunerativi, mancava il fondamento 'remuneratorio' del sostegno per l'utilità che nell'interesse generale della collettività e della società tutta svolge la vocazione alla 'plurifunzionalità' di un'a. moderna. E a conferma di ciò, il 'diverso' (in senso qualitativo) rapporto che viene a stabilirsi con gli utenti dei servizi a rilevanza generale che l'a. rende alla collettività, fa sì che i consumatori non siano più da considerare - come accadeva nell'originaria concezione espressa dall'appena menzionato art. 39, lett. c) del Trattato CE - dei semplici acquirenti dei prodotti (aventi perciò diritto soltanto a 'prezzi ragionevoli') ma dei cittadini nella loro qualità di 'persone' che hanno diritto alla tutela della propria salute. La sicurezza alimentare, unitamente alla fruizione delle risorse naturali, diventa un complessivo valore normativo che il sistema del diritto agrario comunitario deve far proprio ponendolo a suo fondamento.
Il Documento Granada indica al legislatore e all'interprete (che ha il compito di legare ermeneuticamente le norme di cui agli artt. 38 e segg. della PAC con gli artt. 2 e 3 del Trattato così come modificato nel 1992 da quello di Maastricht, in quanto queste ultime norme costituiscono disposizioni generali e comuni, quindi risalenti alla stessa disciplina del Tit. ii del Trattato CE sull'a.) questa strada, dando valore, nella direzione di un'a. meritevole di tutela perché dotata di produttività sociale e non soltanto economica, all'introduzione nello stesso Trattato di Maastricht dell'art. F, ora ulteriormente valorizzato dal Trattato di Amsterdam (2 ott. 1997) in attesa di ratifica.
A questa importante norma, che pone a fondamento dell'Unione come comunità di diritto la tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, si ricollega il Documento Granada: tali diritti, tra cui quello all'ambiente e quelli già accennati dei consumatori, costituiscono il nuovo fondamento della disciplina dell'a. nel sistema del diritto dell'Unione Europea. Tali conclusioni discendono da quel rapporto intrinseco tra a. e ambiente che rende inconcepibile un'a. che, quale attività produttiva, non sia nello stesso tempo rivolta a proteggere le sue risorse naturali, che le 3e Giornate camerti di diritto agrario comunitario (1989) avevano fatto emergere come aspetto fondamentale di ogni costruzione giuridica sull'agricoltura. È oltremodo significativo che la Conferenza europea sull'a. (tenutasi a Cork, in Irlanda, nel nov. 1996) abbia, al suo punto 1 (Preferenza rurale), considerato lo sviluppo rurale sostenibile non soltanto come una priorità dell'Unione Europea, ma come "il fondamento di ogni politica rurale nell'immediato futuro e dopo l'ampliamento". Dal documento finale di tale Conferenza emerge, in sintonia con quanto fin qui esposto, la particolare attenzione sulla necessaria dimensione ambientalistica dell'a. intesa come sviluppo rurale sostenibile, sì che - si afferma - "l'esigenza di preservare e migliorare la qualità dell'ambiente rurale deve essere integrata in tutte le politiche comunitarie che possono avere attinenza allo sviluppo rurale". In realtà tale importante precisazione, postulando un modello di sviluppo dell'a. - come si è già detto - integrato, attuabile in particolare (così come in parte è accaduto) con i successi conseguibili e in parte già conseguiti attraverso la riforma dei fondi strutturali di cui al regolamento-quadro n. 2052 del 1988, esprime l'esigenza che il rapporto a./ambiente non sia alterato da altri interventi rivolti a integrare il processo di sviluppo dell'agricoltura. Tradotto in termini operativi, l'intervento finanziario complessivo dei vari fondi (Fondo europeo di sviluppo regionale, FESR; Fondo sociale europeo, FSE; Fondo europeo di orientamento e garanzia per l'agricoltura, FEOGA) deve avere come fine comune il rispetto delle esigenze di conservazione e di miglioramento dell'ambiente che costituisce l'obiettivo generale unificante le diverse politiche e quindi i diversi obiettivi settoriali.
Lo sviluppo sostenibile diventa di conseguenza, con il Trattato di Amsterdam, un obiettivo generale che esige l'integrazione delle esigenze della protezione dell'ambiente, nella definizione e attuazione di tutte le politiche comuni compresa quella dell'a. e della pesca di cui alla lett. e) del nuovo art. 3 del Trattato CE. L'innovazione consiste nel fatto che il Trattato di Amsterdam, modificando l'art. 130 R nel suo paragrafo 2, ha trasferito il contenuto di quest'ultimo in una disposizione a portata generale del Trattato CE che è il nuovo art. 6. Non si tratta di un'innovazione sistematica di poco conto poiché è destinata a guidare la necessaria 'rivisitazione' in un prossimo futuro delle norme concernenti la PAC, mantenute in vita e attualizzate dalla sola interpretazione, dato che la Conferenza intergovernativa, CIG '96, che ha condotto al Trattato di Amsterdam, non ha modificato dette norme nonostante le sollecitazioni provenienti da più parti e in particolare dal cosiddetto Progetto Camerino. Esso tocca molteplici aspetti di tale necessaria opera di revisione degli artt. da 38 a 47 del Trattato CE, compreso in particolare l'art. 43, norma ferma dal 1957 alla procedura di semplice consultazione del Parlamento europeo, mentre quando gli atti riguardanti la PAC sono proprio collegati (il che accade quasi sempre, salvo che non si tratti di determinazione dei prezzi) alla materia ambientale e alla salute dei cittadini, essi dovrebbero essere assunti quanto meno con la procedura di cui all'art. 189 C del Trattato. E in questa sede sembra opportuno, tralasciando quest'ultimo e altri aspetti della sollecitata revisione, individuare le principali coordinate giuridiche che dovrebbero presiedere all'opera di riformulazione almeno degli artt. 38 e 39 del Trattato, i cui obiettivi non sono più gli stessi.
Tali coordinate vengono qui così sinteticamente enunciate: a) l'a. è solo quella a base territoriale; b) in essa è presente, come elemento 'naturalmente necessario', un processo biologico; c) l'a.- oltre che attività economica - è attività produttiva di socialità: è perciò favorevole agli agricoltori con aiuti diretti al reddito, essendo gli agricoltori i protagonisti di quella complessiva azione plurifunzionale rivolta a salvaguardare l'immenso patrimonio naturale e culturale proprio delle campagne; d) il rapporto fra a. e ambiente è 'intrinseco' e quindi necessario, e non può essere alterato da altre misure che abbiano attinenza con lo sviluppo rurale; l'a. 'dell'ambiente', riguardante il complessivo territorio agricolo, esige che il suo sviluppo integrato risponda al principio dello sviluppo sostenibile; e) occorre allontanarsi da una concezione puramente mercantilistica dell'a. e considerare i diritti dei consumatori come diritti fondamentali della persona in quanto tale; f) l'"agricoltura è vita" - come si esprime il parere del CES sopra menzionato - perché la terra costituisce un unitario sistema vivente; ne consegue che l'a. è da intendersi come attività rigenerativa delle risorse biologiche della terra; g) fra a. e 'cultura della vita' vi è una stretta compenetrazione; è la cultura della vita che essa è destinata a trasmettere alle generazioni future data la sua natura intergenerazionale perché destinata a legare le generazioni presenti a quelle future; h) il mondo rurale costituisce - come lo definisce il predetto parere del CES - lo spazio vitale ed economico in cui vive gran parte della popolazione; i) salute, ambiente e diritti dei consumatori costituiscono la tavola dei valori che deve essere tenuta necessariamente presente anche nel commercio dei prodotti agricoli; l) i rapporti concorrenziali fra le diverse a. devono avere a loro fondamento la qualità dei prodotti; fulcro del relativo sistema concorrenziale non può essere soltanto il collegamento del prodotto al produttore quanto la nuova mappa della 'identità dei prodotti' rappresentata dalla loro provenienza da determinate aree regionali, sì che il loro 'marchio DOC', veicolato in particolare attraverso le Denominazioni di origine protetta (DOP) e le Indicazioni geografiche tipiche (IGT), è strumento di concorrenzialità da tutelare e sviluppare in futuro.
bibliografia
Le "Giornate camerti di diritto agrario comunitario" hanno costituito, nell'arco di un decennio (1986-96), l'incontro annuale degli studiosi italiani ed europei sui temi giuridici dell'a. e del suo futuro; citandole, si rinvia implicitamente agli autori che vi hanno partecipato; cfr. in particolare i seguenti Atti: Tutela ambientale e centralità dell'agricoltura. Produzioni agrobiologiche, politica comunitaria, strumenti normativi, competenze e responsabilità, 3°, 1-2 dic. 1989, con saggio su G. Capograssi di E. Capizzano, Camerino 1990; La didattica del diritto agrario nel contesto dell'integrazione europea, l'evoluzione della PAC. Da Mansholt alle proposte di Mac Sharry, 5°, 6-7 dic. 1991, a cura di E. Capizzano, Camerino 1992; Diritti fondamentali, qualità dei prodotti agricoli e tutela del consumatore (in appendice, Documento Granada), 6°, Camerino 23-24 nov., Granada 28-29 nov., Bruxelles 4 dic. 1992, a cura di E. Capizzano, Camerino 1993.
Cfr. inoltre:
Commissione delle Comunità europee, Programma Leader (liaison entre actions de développement de l'Économie rurale), in Gazzetta ufficiale della Comunità Europea, 73, 19 marzo 1991.
E. Capizzano, Prospettive sui diritti fondamentali dell'uomo e sul diritto agrario comunitario di fronte al Trattato di Maastricht, in Diritto e società, n.s., 1992, pp. 659-78.
Comitato economico e sociale (CES), Parere di iniziativa su "Contratto agricoltura e società", in Gazzetta ufficiale della Comunità Europea 393/18, 31 dic. 1994.
E. Capizzano, L'allargamento a Est della Unione europea, la prossima riforma della PAC e le conseguenze per l'attività agricola delle regioni mediterranee, relaz. convegno ACOS-Portogallo (Beja), 18 marzo 1996, in Agenda Calendario e decennale delle "Giornate" del Corso Jean Monnet di diritto agrario comunitario, Camerino, maggio 1996.
E. Capizzano, Il ruolo delle Regioni nel processo di integrazione europea con particolare riferimento al comparto agricolo. Fonti strutturali e sviluppo del mondo rurale, 27-28 marzo 1996, in Agenda Calendario e decennale delle "Giornate" del Corso Jean Monnet di diritto agrario comunitario, Camerino, maggio 1996.
Università di Camerino, Cattedra europea "Jean Monnet", Progetto Camerino per la riforma della PAC (La conferenza intergovernativa - CIG '96 - e il diritto agrario dell'Unione europea), in appendice ad Agenda Calendario, cit., maggio 1996.
Per una panoramica delle politiche comunitarie e del loro futuro, compresa la PAC, cfr. infine Agenda 2000 (per un'unione più forte e più ampia), in Bollettino dell'Unione europea, suppl. 5, 1997.