rivoluzione
Un cambiamento profondo o un brusco rovesciamento
Il termine rivoluzione per un verso sta a indicare una trasformazione sostanziale di lungo periodo (di carattere intellettuale, sociale o economico, come la rivoluzione industriale); per l’altro designa l’abbattimento, con mezzi radicali e in un lasso di tempo limitato, di un ordine politico o sociale (come la Rivoluzione francese)
Vengono definite rivoluzioni le trasformazioni che, anche senza un preciso punto di partenza e di arrivo, determinano cambiamenti qualitativi ed epocali. Esse segnano il passaggio a un nuovo tipo di orientamento o di organizzazione della cultura, della scienza, della mentalità, dei costumi, dei rapporti sociali, dell’economia, della tecnologia e così via. Pensiamo in proposito alla rivoluzione scientifica del Seicento, alla rivoluzione industriale del Sette-Ottocento, alla rivoluzione sessuale, alla rivoluzione ecologica, alla rivoluzione demografica o alla rivoluzione informatica.
Le rivoluzioni politiche e sociali – che si pongono in diretta antitesi con i concetti di evoluzione e di riforma – sono invece momenti, circoscritti nel tempo, di rottura violenta di un vecchio ordine istituzionale; per avere successo, tuttavia, devono possedere radici profonde. Tali rivoluzioni sono volte a creare un ordine nuovo a opera di minoranze organizzate e consapevoli dei propri fini, le quali influenzano e trascinano con sé le masse. Le forze rivoluzionarie hanno sempre inteso distruggere un passato per costruire una società diversa, mentre i controrivoluzionari hanno per lo più ritenuto che le rivoluzioni, in quanto violenze ‘artificiali’, dovessero essere considerate convulsioni destinate a riportare la società essenzialmente al punto di partenza.
Le maggiori rivoluzioni politiche e sociali che hanno segnato la storia moderna e contemporanea sono quella dei Paesi Bassi per la loro indipendenza nazionale dalla Spagna (1566-81), la prima e la seconda Rivoluzione inglese dirette contro l’assolutismo monarchico (1628-60 e 1688-89), la Rivoluzione delle colonie americane contro la Gran Bretagna (1774-81), la Rivoluzione francese che abbatté la monarchia dei Borbone e instaurò la repubblica sfociando infine nel dominio di Napoleone (1789-99), la Rivoluzione messicana per la democrazia e la riforma agraria (1910-20), le tre rivoluzioni russe (1905; febbraio 1917; ottobre 1917) – la prima delle quali fallì, la seconda determinò la caduta dello zarismo e la terza portò i comunisti al potere in Russia –, la Rivoluzione cinese, culminata nel 1949 nella trasformazione della Cina in un paese anch’esso comunista.
Queste rivoluzioni hanno avuto in comune il fatto di aver provocato la caduta di un ordine precedente e di averne fondato uno nuovo, ma ciascuna di esse ha avuto sue caratteristiche e finalità specifiche. È importante inoltre notare che esse si distinsero per le basi sociali che le sorressero, per il tipo di forze che le diressero, per le tecniche politiche e istituzionali messe in atto, per le ideologie che rispecchiarono. Le rivoluzioni americana e francese furono la culla dei partiti politici moderni, in quanto videro agire alcune minoranze per ottenere mediante un’attiva propaganda il consenso delle masse popolari e la mobilitazione di queste ultime. Esse ebbero l’esito di portare all’egemonia politica e sociale della borghesia.
Per contro, le rivoluzioni russe del 1917 e quella cinese sono sfociate nel dominio dei partiti comunisti i quali, facendo leva sulle masse operaie e contadine, hanno infine abolito la proprietà privata e il capitalismo. Inoltre hanno collettivizzato l’economia, ponendone le redini nelle mani dello Stato a sua volta assoggettato alla dittatura del Partito comunista, con l’intento di dar vita a una società prima socialista e poi comunista.