Giurista bolognese (n. circa nel secondo decennio del sec. 13º - m. 1300). Maestro di arte notarile nello Studio bolognese nel periodo postaccursiano, legò il suo nome a una Summa artis notariae, composta nel 1255, che, con rigore scientifico, diede la formulazione tecnica degli atti giuridici. L'opera, divisa in quattro parti, concernenti i contratti, i testamenti, gli atti giudiziali, le copie e le rinnovazioni degli atti, ebbe larga diffusione nella pratica, diventando indispensabile nello studio dell'arte notarile in Italia e fuori, fin nel cuore dell'età moderna: ebbe numerose edizioni (anche in traduzione italiana) fino al sec. 17º. Fu chiamata per antonomasia la Rolandina (o Orlandina). R. fu anche uomo politico; capeggiò la fazione guelfa dei Geremei, a Bologna, nell'aspra contesa coi Lambertazzi ed ebbe funzioni direttive nel governo del comune. In qualità di notaio "dettatore", dopo la vittoria ottenuta dai bolognesi e dai guelfi a Fossalta (1249), redasse in nome della città una nobile lettera, ispirata da sentimenti di libertà, in risposta all'imperatore Federico II, che aveva intimato ai bolognesi di liberare il figlio Enzo, da essi fatto prigioniero. G. Pascoli nella Canzone del Paradiso ne fa l'ispiratore dei provvedimenti per l'affrancazione dei servi della gleba, ma non è cosa storicamente certa. L'arca di R. sorge isolata nella piazza di S. Domenico a Bologna; distrutta dalle bombe nel 1943, è stata ricostruita.