scoperte ed esplorazioni geografiche
Allargare il mondo
Le scoperte geografiche rappresentano una vicenda affascinante, fatta di persone e di luoghi, di successi esaltanti e di fallimenti drammatici, di svolte epocali e di conseguenze straordinarie, ma anche di conquiste e massacri, arricchimenti e oppressioni. Esse fanno parte anche del nostro presente, perché danno il senso della vita dell’umanità sulla Terra. Tutte le civiltà hanno partecipato, nel corso della loro storia, all’esplorazione e alla scoperta della Terra. Ma soltanto le scoperte effettuate dagli europei hanno investito l’intero globo modificandolo profondamente
Come sempre, è bene intendersi sul significato delle parole. Scoprire sottintende sempre un’operazione unilaterale, nel senso che la scoperta è tale solamente per chi la fa. A essere precisi, la Terra – ogni porzione della Terra abitata – è stata scoperta via via dai primi uomini che l’hanno occupata (preistoria), a partire da migliaia o decine di migliaia di anni fa, emigrando da una parte a un’altra, costruendo case, coltivando campi, modificando la ‘natura delle cose’.
Immaginiamo ora che in quegli stessi luoghi sia arrivato qualcun altro, che non conosceva affatto quella porzione di Terra, e che ha pensato – dal suo punto di vista – di averla scoperta, di aver offerto all’umanità un nuovo frammento di conoscenza; ma chi già viveva in quella regione ‘scoperta’ la pensava, ovviamente, in modo diverso.
Quando parliamo di ‘scoperte geografiche’, perciò, dobbiamo tenere presente che ne parliamo da un preciso punto di vista, e che se ne può fare la storia anche da punti di vista assai diversi. Noi siamo interessati soprattutto alle scoperte degli europei; ma esistono anche le scoperte dei Lapponi o degli aborigeni australiani.
Esiste però una differenza tra le scoperte degli uni e quelle degli altri: le esplorazioni europee avevano quasi sempre – come quelle degli altri popoli – lo scopo di arrivare alla colonizzazione, ma gli europei, a differenza degli altri, sono ampiamente riusciti in questo intento e così hanno modificato la storia di tutta la Terra. Nel loro caso esplorazioni, scoperte e colonizzazione sono state fenomeni strettamente collegati fra loro. Questa è la differenza, e non è di poco conto.
Se però consideriamo l’esplorazione e la scoperta in sé, a prescindere dalle conseguenze politiche, economiche e sociali, non è corretto considerare solo le scoperte degli europei, come non è corretto considerare solo le scoperte che si collocano in un tempo passato: in realtà, la faccia della Terra cambia in continuazione e l’esplorazione e la scoperta non hanno mai fine.
Un altro aspetto da sottolineare è che la storia delle esplorazioni e delle scoperte non va considerata come se fosse una gara di corsa o un campionato, anche se è proprio così che alcuni ancora la vedono. Malgrado le nostre abitudini mentali, dobbiamo renderci conto che arrivare per primi su un’isola sconosciuta o sulla cima di una montagna non ha, di per sé, nessun valore, al di là, appunto, del primato ‘sportivo’. La conoscenza della Terra e la colonizzazione che ne è conseguenza non sono affatto un gioco. Perché abbia un senso vero, occorre che la scoperta, per così dire, cambi la storia, mentre molte esplorazioni e molte scoperte non hanno avuto quasi nessuna conseguenza. L’esempio più famoso è quello dei Vichinghi, che scoprirono e colonizzarono l’Islanda, la Groenlandia e alcuni tratti della costa nordamericana secoli prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo. Ma quando quelle colonie si estinsero (eccetto l’Islanda) la scoperta si rivelò praticamente ‘inutile’, sia per i Vichinghi sia per gli altri europei sia per il progresso della conoscenza: nessun altro ne aveva saputo niente, nessuno conosceva quella rotta, nessuno ricordava la scoperta, nessuno sapeva che al di là dell’Atlantico c’erano altre terre. In effetti gli studiosi hanno trovato le tracce di questi viaggi solo qualche decennio fa.
A partire da queste considerazioni, possiamo dire che Colombo fu senza dubbio il primo vero scopritore, perché la sua scoperta venne subito resa nota e discussa, il suo viaggio fu ripetuto da molti altri e presto sia l’America sia l’Europa subirono le concrete e colossali conseguenze (positive e negative) prodotte da quella scoperta.
Anche le scoperte casuali o ‘segrete’ furono spesso inutili: è il caso di quelle fatte da marinai messi fuori rotta da una tempesta, che avvistavano una terra, magari la visitavano, ma non sapevano poi né dire dove fosse né ritrovarla; o le scoperte dei mercanti, che viaggiavano moltissimo, ma si guardavano bene dal raccontare dove avevano fatto i loro affari.
Una ‘vera’ scoperta geografica, insomma, deve essere intenzionale e portare a conseguenze. Molte delle scoperte dei popoli europei – e dapprima soprattutto di quelli mediterranei – ebbero queste caratteristiche fin dall’antichità. Dal nostro punto di vista, il primo spazio che venne esplorato sistematicamente fu il Mediterraneo, con le terre che lo circondano. Già all’inizio del 2° millennio a.C. naviganti cretesi e micenei commerciavano sulle rive di tutto il bacino; più tardi Greci e Fenici uscirono dallo Stretto di Gibilterra, arrivando alle Isole Britanniche, verso nord, e probabilmente al Golfo di Guinea, verso sud.
I Romani ereditarono le conoscenze geografiche mediterranee e le ampliarono ulteriormente. Per mare arrivarono almeno al Baltico, verso nord, e frequentarono l’Atlantico (Irlanda, Canarie, forse Madera). Per terra, oltre a gran parte dell’Europa – escluse forse la Russia e la Penisola Scandinava – conobbero l’Africa settentrionale interna, arrivando probabilmente all’attuale Niger e certamente nell’attuale Sudan; in Asia, riprendendo i viaggi condotti dai Greci, ebbero esperienza diretta almeno delle terre fino all’India – ma si sa di commercianti che frequentavano Indocina, Indonesia e Cina – oltre che delle coste dell’Oceano Indiano, incluso forse anche il Madagascar.
Le informazioni relative a questi viaggi circolarono negli ambienti economici e politici di età imperiale, e vari studiosi dell’epoca se ne servirono per scrivere testi di geografia che in parte ci sono pervenuti. Tra i testi superstiti, il tentativo più organico di riunire le informazioni geografiche dell’età classica è rappresentato dall’opera di Claudio Tolomeo, che preparò un’enorme lista di località conosciute, direttamente o indirettamente, con le rispettive posizioni astronomiche e una serie di altre notizie. Le carte geografiche realizzate su quella base comprendono l’Eurasia (escluse le regioni subartiche), l’Oceano Indiano e l’Africa a nord del Sahel.
La crisi dei commerci a lunga distanza che caratterizzò il periodo medievale ridusse fortemente i viaggi europei. Intanto, Vichinghi, Bizantini, Arabi e Cinesi effettuavano le loro esplorazioni.
Poi un insieme di fattori – la ripresa urbana dopo il Mille, il crescere rapidissimo dei commerci, le crociate, i progressi tecnici nella navigazione, il proliferare di Stati regionali con un’economia in espansione – portò a riprendere in grande stile le esplorazioni: per terra, verso l’Oriente, fino in Cina (protagonisti Marco Polo e molti altri), e nell’Oceano Atlantico orientale lungo le coste africane. E poi, via mare, in direzione sia dell’Asia (il Capo di Buona Speranza fu superato nel 1487, l’India fu raggiunta nel 1498), sia soprattutto dell’America (toccata nel 1492).
Le esplorazioni lungo le coste americane e nell’interno di quei territori continuarono, per esempio, con gli italiani Caboto e portarono presto molti (tra cui Amerigo Vespucci) alla convinzione che si era di fronte a un continente, la cui esistenza non era stata fino ad allora sospettata.
Si continuò così a cercare di ‘scavalcare’ l’America o da nord (il cosiddetto passaggio a nord-ovest, percorso solo ai primi del Novecento) o da sud, per raggiungere l’Asia. Fu proprio a sud che Ferdinando Magellano passò dall’Atlantico al Pacifico e compì il primo giro del mondo (1519-22). Nel Settecento, mentre proseguiva l’esplorazione dell’Asia interna e cominciava quella dell’Africa, ebbero luogo vere e proprie spedizioni scientifiche: importanti quelle del britannico James Cook, dei francesi La Pérouse e Bougainville dell’italiano Alessandro Malaspina nell’enorme bacino del Pacifico, e altre in America Meridionale, in Siberia, nella Cina occidentale.
L’Ottocento fu il secolo dell’esplorazione sistematica dell’Australia e dell’Africa, di cui si conoscevano in pratica solo le regioni costiere, che vennero contemporaneamente colonizzate; alla fine del secolo e, all’inizio del 20°, fu poi la volta delle regioni polari. Ancora oggi piccole aree della Terra (in America Meridionale, in Indonesia, in Africa) sono di fatto inesplorate.