SCRITTURA
di Guglielmo Cavallo
La scrittura può essere definita un sistema organizzato di simboli figurati o astratti (pittogrammi, ideogrammi), o di simboli ridotti a segni convenzionali (v. Leroi-Gourhan, 1964-1965), atto a fissare, comunicare, conservare e trasmettere nel tempo in forme stabili e in maniera perspicua procedimenti mentali ed espressioni linguistiche; sotto l'aspetto materiale essa è il risultato di un gesto fisico compiuto per tracciare (e di norma lasciare impressi) tali simboli o segni. Nel corso del tempo gli uomini hanno adoperato sistemi differenti di scrittura, ciascuno dei quali ha avuto una sua storia sotto l'aspetto delle tecniche di esecuzione, della diffusione geografica e sociale, delle funzioni di carattere generale e particolare assolte.Tra le diverse angolazioni dalle quali la scrittura può essere fatta oggetto di indagine - mitologia delle origini, insegnamento/apprendimento dei segni a livelli qualitativi e tipologici diversi di esecuzione, fattori tecnici intesi come rapporto tra gesti, strumenti e supporti, storia delle forme grafiche nella loro evoluzione e nelle loro varietà, psicologia individuale e collettiva rivelata dalle sue caratteristiche, costruzione linguistica e filosofica, valenze sacrali e magiche, espressioni estetiche e sintetico-figurali - le scienze sociali, pur tenendo conto dei diversi approcci, privilegiano i fenomeni inerenti alla funzione e alla diffusione della scrittura e dei prodotti della cultura scritta nella società o in determinate società. La storia della scrittura si pone, così, innanzi tutto come storia della sua introduzione, del peso e del controllo delle sue procedure, e quindi della sua distribuzione e dei suoi usi connessi di volta in volta con la storia sociale nel suo complesso.
Il bisogno di rappresentare materialmente in forma di simboli o di segni convenzionali pensiero e linguaggio risale a epoca assai antica e ha dato luogo, in civiltà tra loro diverse e lontane, alla creazione ed elaborazione di sistemi di scrittura fortemente differenziati. Ma pur se si tratta di un fenomeno diversificato in relazione ad aree geografiche e a tempi, sembra che in origine la scrittura sia nata sempre a fini amministrativi, estendendosi solo in un secondo momento agli usi religiosi e quindi latamente letterari.Storicamente le più antiche testimonianze scritte - risalenti a un periodo tra il IV e il III millennio a.C. - provengono dalla Mesopotamia e dall'Egitto, ma presto anche la Cina inventa una sua scrittura. Queste scritture non sono né alfabetiche né, perciò, direttamente all'origine della tradizione scrittoria occidentale. Quest'ultima si fonda, infatti, sostanzialmente sull'alfabeto latino, nato nel Lazio fra VII e VI secolo a.C. da quello etrusco, a sua volta derivato da quello greco. A monte vi è uno dei due grandi modelli alfabetici dell'antichità, il fenicio, che risaliva alle scritture sumero-accadiche, mentre l'altro modello, l'aramaico, ha dato luogo agli alfabeti ebraico e arabo. In ultima analisi, a fondamento della tradizione scrittoria occidentale vi è un sistema alfabetico che è quello fatto proprio dal mondo greco e romano.
Formato di 24 lettere, in Europa l'alfabeto latino è adottato già in età classica, per influenza romana diretta o indiretta, in Italia, in Francia, nella penisola iberica, nelle zone renana e danubiana e nelle isole britanniche; nell'Europa più propriamente orientale, invece, risulta essere penetrato assai più tardi, nel corso del Quattrocento in Polonia, e tra il Cinquecento e il Seicento in Finlandia e nei paesi baltici; soltanto tra la fine del secolo scorso e l'inizio del nostro, rispettivamente a partire dal 1860 e dal 1908, è divenuto scrittura ufficiale in Romania e in Albania.
Nella Grecia arcaica gli usi della scrittura si dimostrano assai limitati, pur se tra VIII e VI secolo a.C. si deve ammettere un certo incremento sia del numero di individui capaci di scrivere e per lo più anche di leggere (in ogni tempo le due operazioni non coincidono sempre e comunque), sia della quantità di prodotti scritti, soprattutto materiali epigrafici, quali leggi, trattati, iscrizioni su monete o su vasi. È attestato in quest'epoca anche l'uso della scrittura a fini epistolari e quindi come strumento di comunicazione a distanza. Per quanto concerne i testi della cultura alta, nella Grecia arcaica questa si dimostra affidata a una 'pubblicazione' e diffusione vocale, tanto che si è parlato, in questo caso, di scrittura posta al servizio della cultura orale per contribuire alla produzione di suono (v. Svenbro, 1988); resta invece aperta la questione se la composizione stessa delle opere letterarie in quest'epoca sia stata scritta o, anch'essa, orale. Opere poetiche e soprattutto scientifico-filosofiche risultano comunque messe per iscritto, almeno in un esemplare, al fine di fissarne il testo e di assicurarne la conservazione, ma la struttura materiale di questi primi libri resta incerta in quanto mancano testimonianze direttamente conservatesi. Scritture e scritti fissati su papiro si possono ammettere - ma non si sa in qual misura - a partire dal VI-V secolo a.C., quando tal materia scrittoria si ritiene sia stata diffusa nel mondo greco dall'Egitto.
L'ulteriore, forte incremento di scritte esposte alla pubblica lettura - leggi, decreti, rendiconti - e soprattutto le maniere formali di organizzazione dello scritto in funzione di un alto quoziente di leggibilità, e quindi di un uso pubblico, costituiscono uno degli aspetti qualificanti della democrazia ateniese a partire dalla sua istituzione (508-507 a.C.). Il che d'altro canto implica nella Grecia tra i secoli V-IV a.C. un più largo alfabetismo, quale può desumersi indirettamente anche da forme di istruzione scolastica. In particolare nella polis, che nella sua esemplarità significa Atene, la diffusione sociale della scrittura viene ad assumere un posto rilevante. In altre città greche, invece, non sembra che alfabetismo e uso dello scritto siano stati altrettanto estesi. In ogni caso, pur se la situazione generale non sempre risulta chiara, nel IV secolo la scrittura veniva adoperata per un crescente numero di funzioni civiche e private.Nella città-Stato greca la documentazione ufficiale resta, tuttavia, soprattutto di tipo epigrafico, giacché non vi fu mai in questa struttura una burocrazia efficiente, attiva nella produzione o conservazione di documenti d'altra specie. Il Metroon, l'archivio di Stato, di cui si ha notizia nell'Atene classica, non pare conservasse una consistente documentazione.Sempre tra i secoli V-IV a.C. viene a restringersi la divaricazione tra una scarsa presenza del libro e, di contro, una conoscenza piuttosto diffusa - almeno per Atene - della scrittura e di prodotti scritti. Il libro ha sempre meno la funzione prevalente, quasi esclusiva, di fissare e conservare i testi, ed è sempre più destinato alla lettura dotta o, pur se meno, di intrattenimento. La totale perdita, tuttavia, di libri e di altri materiali diversi dalle iscrizioni fino all'inizio dell'età ellenistica impedisce di conoscere tipologie scrittorie che non siano quelle epigrafiche. Ma, a giudicare proprio dalle prime testimonianze direttamente conservatesi, si deve ritenere che non si fossero sviluppate per le pratiche librarie, burocratiche e forse persino private, scritture diverse da quella, rigida, delle iscrizioni, ripresa con le stesse differenze locali o di epoca che essa presenta.
Nel mondo ellenistico, a partire dal III secolo a.C., si osserva non tanto un accresciuto alfabetismo - che, anzi, non sembra molto più diffuso rispetto all'epoca precedente - quanto piuttosto un eccezionale incremento della documentazione pubblica, e quindi dell'uso della scrittura, dovuto alle burocrazie di Stato ellenistiche che gestivano il complesso sistema amministrativo-fiscale di monarchie assolute e di tipo patrimoniale come quelle dei Tolomei e degli Attalidi. Pur se sempre limitato rispetto a quello pubblico, si nota comunque un più esteso uso di documenti nelle transazioni private e a fini epistolari. Ad accrescere enormemente la quantità di scrittura prodotta contribuì in quest'epoca anche la fondazione di grandi biblioteche regie (Alessandria, Pergamo, per ricordare le più note), le quali non solo acquisivano libri di epoca precedente, ma molti ne facevano trascrivere al loro interno o anche all'esterno. D'altra parte si deve ammettere pure un più largo diffondersi di collezioni di libri e di pratiche di lettura, anche fuori del ristretto numero dei dotti di corte; vi dovevano essere categorie sociali non solo alfabetizzate ma anche latamente colte. Fu in seguito a questo incremento delle pratiche di scrittura che le forme grafiche conobbero una forte evoluzione sia in senso corsivo sia in senso calligrafico, caratterizzandosi talora in stili cancellereschi o librari.
A Roma e nel Lazio di età arcaica, nei secoli VII, VI e forse fino allo scorcio del V a.C., le categorie in possesso della scrittura sono quella sacerdotale e quella gentilizia: la prima se ne serve al fine di assolvere precise funzioni religiose e pubbliche, l'altra per fissare testi di carattere annualistico, oratorio, celebrativo. In quest'epoca tuttavia, soprattutto nel VI e nel V secolo a.C., iscrizioni strumentali su materie dure mostrano un uso della scrittura a livello privato e con la tecnica di esecuzione a sgraffio. Pur se di numero esiguo queste scritte, in quanto redatte in latino, etrusco e greco, documentano la complessa esperienza culturale vissuta dalla regione laziale primitiva. Di più non si può dire data la scarsità di testimonianze, essenzialmente dovuta, a sua volta, alla scarsità della documentazione funeraria, che è fatto ormai riconosciuto e accertato per il Lazio dell'epoca.Un più ampio uso della scrittura si deve ammettere già tra i secoli V e III a.C. e ancor più nei secoli successivi. Ma sono i primi secoli dell'Impero che si mostrano come un'epoca di alta diffusione dell'alfabetismo, anzi la più alta in tutto il corso della civiltà greca e romana. Tra il I e il III secolo d.C. la società si presenta nel suo complesso come una tipica società di dialogo, caratterizzata com'è da una fitta rete di relazioni interpersonali, di forme di comunicazione dirette e indirette, di contatti tra individui o gruppi e tra costoro e le pubbliche autorità: una società dominata da un continuo bisogno di cultura scritta. Di qui una diffusa capacità di produrre testi e manufatti scritti o di servirsene in tutti gli strati sociali - anche in quelli inferiori, almeno della popolazione urbana - pur se va ricordato che assai alto era il numero di individui che restavano analfabeti o semianalfabeti, e che anzi questi erano i più, in particolare nelle campagne. Il mondo greco-romano cittadino si dimostra, così, un mondo dotato non solo di una massiccia produzione di scritture epigrafiche esposte, di libri, di documenti ufficiali, civili e militari, di atti della prassi giuridica dalle tipologie e dalle qualità - testuali e materiali - diverse, ma anche di oggetti scritti d'altro e di vario genere: cartelli d'uso pubblico scritti e istoriati, libelli e 'volantini' in versi o in prosa, gettoni con legende, stoffe scritte, calendari, lettere, messaggi, ai quali vanno aggiunti numerosi graffiti sui muri - dai più colti ai più rozzi.
Molteplici erano anche gli strumenti e le tecniche di scrittura: si scriveva con lo scalpello su lastre lapidarie, a pennello o con qualsiasi oggetto duro e appuntito sui muri, con lo stilo sulle tavolette cerate, con calamo e inchiostro su legno, papiro, pergamena.Quanto ai canali di insegnamento/apprendimento della scrittura, questi erano di indole diversa. Anche se nel mondo greco-romano mancava una vera e propria 'scuola dell'obbligo' e quindi un'educazione elementare di un certo numero di anni, sono comunque testimoniate, fin dal III secolo a.C., scuole pubbliche; ma a scrivere si poteva imparare anche, e soprattutto, per altre vie (maestri privati che si contentavano di un onorario assai modesto o di qualche dono, contesti familiari o religiosi, collegi associativi, cerchie burocratiche o militari, rapporti interpersonali e individuali). Un discorso a parte richiede la scrittura 'di mestiere'. Mentre la capacità di scrivere risulta apprezzata come dote di uomini liberi o quando serve ad assolvere funzioni più o meno elevate nell'ambito dell'amministrazione pubblica, lo scrivere invece come mestiere o servizio privato (libri, brogliacci, lettere) è lavoro umile, opus servile, con uno scarto marcato tra il tirocinio che la capacità scrittoria richiedeva al livello artigianale e il posto dello scriba nella società, quasi sempre schiavo o liberto. L'editto de pretiis di Diocleziano, tuttavia, prevede un lavoro di scrittura retribuito a seconda della qualità. A quest'epoca, infatti, il valore della scrittura veniva ad accrescersi a motivo di una certa caduta dell'alfabetismo, del contrarsi dell'artigianato librario, del restringersi degli usi dello scritto alle sfere del potere: tutti fenomeni che risulteranno fortemente accentuati più tardi.
La scrittura latina, la cosiddetta 'capitale', risulta nota per l'età più antica solo da materiale epigrafico: di aspetto piuttosto rude e disarmonico fino al III secolo a.C, ispirandosi poi a modelli greci, nell'arco di meno di un secolo sfocia nella capitale epigrafica che resta d'uso normale per secoli. Sempre dalla stessa epoca si deve ammettere un'evoluzione delle forme in senso corsivo, pur se una scrittura corsiva vera e propria è ben attestata non prima dell'età giulio-claudia (graffiti, documenti). Sfugge, pure, in quali tipologie grafiche fossero scritti i libri di Roma fino all'epoca - tra la tarda repubblica e l'inizio del principato - di cui i volumina provenienti da Ercolano costituiscono le prime testimonianze direttamente conservatesi. Tale scrittura libraria, pur se riferibile a un unico modello, quello della capitale, risulta eseguita in modi che vanno dai più formali ai semicorsivi, correlati a una produzione libraria diversificata per livelli e funzioni. Nei secoli successivi (tra il II e il IV) dalla capitale, ch'è una scrittura maiuscola, si passerà alla minuscola sia nell'uso documentario sia in quello librario; e insieme alla capitale - sempre meno in uso fino a scomparire - si troveranno adoperate tanto nuove grafie corsive o burocratiche, quanto altre scritture librarie, l'onciale e la semionciale. Sarà questo complesso di scritture che l'alto Medioevo erediterà e rielaborerà in modi suoi propri.
Il cristianesimo irrompe e si afferma in una società con un'ampia diffusione di prodotti scritti; nel suo propagarsi, forse, non dette impulsi ulteriori ai processi di alfabetizzazione, ma certo si servì di modi, ambiti, esperienze, protagonisti delle pratiche della cultura scritta del tempo. Fin dai primi secoli, e poi sempre più, il cristianesimo promosse una notevole quantità di iscrizioni funerarie; fece largo uso di scritture private, soprattutto lettere, e di una documentazione di vario genere, dalla stesura di atti dei martiri ai documenti amministrativi delle comunità; si mostrò assai attivo nella produzione di libri delle Sacre Scritture e dei sempre più numerosi testi dottrinali e di edificazione religiosa. Si deve forse allo stesso cristianesimo la preferenza della pergamena come materiale scrittorio al posto del papiro: in ogni caso, fuori dell'Egitto, area di produzione del papiro, a partire dal IV-V secolo fu la pergamena che venne definitivamente a prevalere nelle pratiche librarie. Ugualmente, la scelta cristiana del codice per trascrivere e diffondere le Sacre Scritture è stata ritenuta determinante nella sostituzione di questa forma libraria all'antico rotolo. La tarda antichità, in particolare il periodo tra i secoli IV-VI, segna una progressiva contrazione dell'alfabetismo. Ma più ancora che la diminuzione del numero degli alfabeti o semialfabeti vanno sottolineati i profondi mutamenti avvenuti in quest'epoca nella distribuzione sociale dell'alfabetismo, nei canali di accesso alla cultura scritta, negli usi e nei luoghi di pratica della scrittura, nella quantità e nella tipologia dei prodotti scritti, nelle mediazioni per renderne possibile la comprensione ai sempre più numerosi indotti. Nell'ultima antichità la scrittura tende man mano a diventare una pratica riservata a determinate categorie sociali, che sono in sostanza quella, latamente intesa, che svolge compiti giudiziari e amministrativi, e l'altra delle gerarchie ecclesiastiche: categorie per le quali gli strumenti della cultura scritta sono ormai funzionali a un esercizio autoritario del potere. La scrittura acquista, così, valore assoluto conferendo significato autoritativo al testo, fino a innalzarsi, in certi casi, alla forza di simbolo. La Bibbia e le leggi, in quanto scritte, diventano i due pilastri della società tardoantica.
Tra VI e VII secolo il crollo delle strutture urbane determina in Occidente la scomparsa delle scuole di antica tradizione a qualsiasi livello. A mantenere in vita un certo grado di alfabetismo è, in sostanza, solo l'insegnamento impartito all'interno di cerchie burocratiche o professionali - notarii, tabelliones - o delle istituzioni religiose, vescovili o monastiche. Nell'alto Medioevo si giunge all'equivalenza tra clericus e litteratus (in senso limitato alla capacità di leggere e scrivere) e tra laicus e illitteratus (chi manca di quella capacità). Di certo, nella tripartizione della società medievale - oratores, bellatores, laboratores - sono gli oratores, gli uomini di preghiera, che detengono, almeno fino al X secolo, gli strumenti della cultura scritta. Tuttavia in certe aree, l'Italia soprattutto, la situazione è più sfumata, giacché alfabeti a un qualche livello, talora anche piuttosto alto, vi risultano anche laici che praticano discipline professionali (diritto, medicina) o che scrivono dietro compenso su committenza.Quest'ultimo caso nell'alto Medioevo resta comunque raro. Cardine di ogni attività scrittoria in quest'epoca sono, infatti, le sedi vescovili e i monasteri; e per il chierico e per il monaco in grado di farlo, scrivere è un lavoro al quale bisogna attendere come a qualsiasi altro. Da opus servile o artigianato da bottega, qual era stata nell'antichità, la fatica dello scrivere è trasformata in pia penitenza.A partire dall'XI secolo, ma soprattutto tra il XII e il XIII, l'intera Europa e l'Italia in particolare conobbero - correlata ai mutamenti socioculturali dell'epoca - una sempre più larga diffusione dell'alfabetismo e di usi dello scritto. Nuovi e consistenti strati della popolazione laica si dimostrano saldamente in grado di leggere e scrivere, si diffondono nuove pratiche di scrittura anche per quanto concerne le lingue volgari, si rinnovano e si moltiplicano le maniere di scrivere. Se nei primi secoli del Medioevo gli individui scrivevano - e acquistavano la capacità di farlo - a fini di istruzione religiosa, obbligo penitenziale, costrizione giuridica, pratica professionale, nel basso Medioevo sorge e si afferma la figura dell'individuo che scrive 'per propria volontà e utilità'. Di qui l'emergere di figure di scriventi assai diverse per estrazione sociale e formazione culturale: notai, ecclesiastici regolari e secolari, mercanti e banchieri, piccoli proprietari, maestri e scolari. Nell'ambito sociale di queste categorie di scriventi si incontrano - e anzi si dimostrano relativamente numerose pur se più volte rivelano scritture maldestre - anche le donne.
Assai più articolati, perché funzionali a esigenze diverse, risultano perciò in quest'epoca gli usi di scrittura e di testimonianze scritte. Nel contesto di una rinascita economica, politica e culturale delle città, la scrittura monumentale, rimasta confinata per tutto l'alto Medioevo nel chiuso di istituzioni e luoghi sacri, riacquista la sua funzione di strumento di comunicazione, ritorna a occupare spazi di esposizione pubblica anche all'esterno di costruzioni e monumenti non solo religiosi ma anche civili (palazzi, porte, archi, statue), esibisce a una popolazione cittadina in larga parte alfabetizzata i suoi contenuti giuridici, amministrativi, economici, celebrativi, insomma laici.
Dal Duecento, e soprattutto in Italia, la produzione di documenti pubblici dei Comuni e delle signorie territoriali venne ad aumentare enormemente, articolandosi e differenziandosi nelle tipologie, dalle più solenni alle più semplici. Ma insieme alla documentazione pubblica di natura politica, amministrativa, fiscale e giudiziaria, conobbe uno straordinario aumento anche la documentazione privata, estesa fino a comprendere la tutela della proprietà e a regolare rapporti economici o giuridici tra privati grazie anche, da una parte, alla riscoperta e all'adozione del diritto romano, e dall'altra al caratterizzarsi della figura professionale del notaio.Ugualmente, una forte spinta a modi di scrivere e a pratiche di scrittura venne dalla produzione libraria, ampia, in certi casi massiccia, diversificata nelle tipologie sia tecniche sia testuali, allargata alle lingue volgari, chiamata evidentemente a soddisfare la forte crescita di lettori e delle pratiche di lettura e di studio (si pensi già solo alla nascita di università e di studia). Diventa, così, consueta la figura dello scriba 'a prezzo'; soprattutto nelle città che sono sedi universitarie si attivano stationes librarie; i copisti si costituiscono in corporazione dotata di statuti e privilegi. L'umanesimo incrementò molto soprattutto la produzione di libri colti (testi classici e patristici, opere dello stesso umanesimo) trascritti dagli umanisti o prodotti ad opera di mani professionali e in botteghe di alto livello artigianale.Ma il fenomeno più interessante legato all'accresciuto alfabetismo, nel suo complesso e tra i laici, è nel basso Medioevo la produzione di testimonianze scritte per lo più in volgare, dovute a scriventi privati e destinate all'uso personale di singoli (o gruppi), che non sono classificabili come documenti o libri veri e propri trattandosi di lettere, conti, graffiti, esercizi scolastici, libri di ricordanze e di famiglia, appunti personali. Quest'uso tutto privato della scrittura e dello scritto appare confortato in quest'epoca dalla diffusione della carta, materia scrittoria molto meno costosa della pergamena e assai disponibile, soprattutto da quando ne venne impiantata una larga produzione.
Per quanto concerne maniere e tecniche dello scrivere nell'Europa medievale, la scrittura epigrafica passa da forme rudi, disomogenee e disordinate, quali sono testimoniate nell'alto Medioevo, alla regolarità di impaginazione e di esecuzione propria dell'XI-XII secolo, richiesta dai nuovi usi sociali dello scritto, in particolare dall'esigenza di rendere più leggibili le scritture esposte. Più tardi, tra il XII e il XIII secolo, nasce, si afferma e si diffonde un nuovo modello di alfabeto epigrafico, quello gotico, secondo un gusto imperante nelle arti figurative, mentre in età umanistica si assiste alla ripresa di forme dell'epigrafia classica. Nelle scritture documentarie e librarie - eseguite nel Medioevo con penna di volatile e non più con calamo - prevale, all'incirca fino all'VIII secolo, il cosiddetto 'particolarismo grafico': le tipologie si mostrano differenziate da area ad area, o tra ambienti scrittori all'interno di una stessa area, o all'interno di uno stesso ambiente scrittorio. Almeno nella scrittura libraria, a partire dallo scorcio di quel secolo si ha, con la minuscola carolina diffusa nei e dai territori dell'Impero carolingio, un ritorno all'unità grafica, ma restano fuori più o meno a lungo alcune frange: Spagna visigotica, isole britanniche, Italia meridionale longobarda. È invece la scrittura gotica che, pur con una certa diacronia e con speciali caratteristiche di evoluzione, di uso e di funzione per ciascun territorio, si impone nel basso Medioevo come modello grafico riunificante nell'intera Europa. Alla gotica gli umanisti, tra tardo XIV secolo e inizi del XV, contrappongono la carolina, intesa come littera antiqua, su imitazione della quale viene a diffondersi, nelle versioni di 'umanistica rotonda' e 'umanistica corsiva', la scrittura-base dell'età moderna (a parte la resistenza del modello gotico nelle aree di lingua tedesca fino a tempi assai recenti).
Nell'ambito delle scritture documentarie - che pur rimangono in qualche modo nel solco di queste scansioni e distinzioni grafiche, pur non coincidendo di norma con quelle librarie - risultano adoperate in sostanza scritture corsive o semicorsive o, nei documenti delle cancellerie regie, forme grafiche caratterizzate da stilemi particolari. Si tratta, in ogni caso, di scritture derivate dalla corsiva nuova di età tardoantica; ma in molta documentazione, soprattutto pubblica, s'incontrano anche adattamenti della minuscola carolina. Più tardi, tra XII e XIII secolo, venne adottata nella documentazione una nuova corsiva, detta 'minuscola cancelleresca', estesa a tutta l'Europa, anche a livello delle più alte cancellerie (pontificia, imperiale). È questa stessa corsiva che, in forma più angolosa detta 'semigotica delle carte', si trova attestata tra XIV e XV secolo. Infine, nel corso di quest'ultimo secolo, venne man mano ad affermarsi, sia nella prassi documentaria notarile e privata, sia nelle cancellerie regie e signorili, la 'umanistica corsiva', la medesima adoperata in larga parte della produzione libraria dell'epoca.
L'epoca moderna, a partire dal tardo XV secolo e fino alla Rivoluzione francese e all'alba della rivoluzione industriale, è segnata all'inizio non solo dalle grandi scoperte, ma anche dall'invenzione della stampa, la quale venne a modificare profondamente gli usi dello scritto e quindi le stesse pratiche di scrittura a mano, così come le procedure e le politiche dell'alfabetizzazione, incidendo altrettanto profondamente, pur se non nell'immediato, nelle pratiche di lettura.La sempre più larga introduzione e diffusione della stampa decretò la graduale scomparsa del libro manoscritto - che pur aveva continuato a sopravvivere per qualche tempo - ma non certo della scrittura a mano. La stampa, anzi, facilitando l'accesso al libro e ad altri sempre più numerosi e diffusi prodotti (manifesti, giornali, libelli, canards, volantini e scritti di ogni genere), determinò un massiccio accrescimento della cultura scritta nel suo complesso, e perciò pure dell'alfabetismo, che diventava indispensabile in società sempre più dominate dalla parola scritta (e stampata). Se da una parte, soprattutto nel XVII e XVIII secolo, fattori religiosi (sforzo di proselitismo delle Chiese protestanti) o politici (riforme di monarchi illuminati) hanno giocato un ruolo non indifferente nell'istituzione di scuole e, attraverso queste, nella crescita dei livelli di istruzione, d'altra parte la stampa, fornendo in misura assai più larga strumenti didattici, dai più elementari ai più avanzati, dava impulso al processo di alfabetizzazione e contribuiva, in ultima analisi, a estendere la produzione di scrittura a mano.Si trattò, tuttavia, non soltanto di una generalizzata, più alta diffusione sociale della capacità di scrivere, ma di usi della scrittura a mano assai articolati e diversi, tanto da rendere impossibile qualsiasi sistemazione complessiva dei fenomeni per l'Europa di antico regime.
Almeno tre di questi sono stati comunque individuati, giacché si dimostrano alla base del progressivo aumento della produzione documentaria manoscritta in ogni realtà statale europea: "la rapida trasformazione delle amministrazioni pubbliche in strutture burocratiche sempre più complesse, sempre più diffuse e sempre più collegate fra loro; la centralità del ruolo del nuovo intellettuale-burocrate, il 'segretario'; il moltiplicarsi (tipologico e numerico) della documentazione scritta di tipo epistolare" (v. Petrucci, in Chartier e Petrucci, 1993). Né va sottovalutato il ruolo giocato dalla Chiesa in un duplice modo: da una parte, infatti, la Controriforma promosse forme di più largo e 'democratico' accesso alla cultura scritta per porsi sullo stesso piano della Riforma protestante che l'aveva preceduta con iniziative in tal senso; dall'altra, soprattutto dopo il Concilio di Trento, la Chiesa divenne assai attiva e sollecita nella registrazione scritta di battesimi, matrimoni, sepolture, fino a vere e proprie maniere di censimento dei cattolici e alla tenuta di un libro sullo 'stato delle anime'. Molte sono pure le forme dello scritto che si diffondono nel privato, dagli atti notarili (contratti della specie più varia, testamenti, inventari post mortem) alle lettere personali, dai libri di conti ai diari e alle memorie.Fioriscono in quest'epoca, tra Cinquecento e Settecento, anche i trattati di scrittura, strumenti didattici per l'insegnamento e l'apprendimento di modi e tecniche dello scrivere; è da questi trattati che prende avvio quel processo di modellizzazione grafica che porterà fino alle scritture formalizzate, soprattutto burocratiche, del nostro secolo: una modellizzazione che, nelle scritture private, viene condizionata e modificata dalle tendenze individuali, con compromessi e prevalenze.La rivoluzione industriale ebbe luogo con rapidità diversa nei vari paesi europei, ma in ogni caso essa determinò trasformazioni profonde nei modi del comunicare favorendo considerevolmente il moto di alfabetizzazione.
Se questa aveva progredito nel Settecento negli strati medi della società (mercanti, bottegai, artigiani, fittavoli e contadini benestanti), nell'Ottocento sarà estesa alle classi inferiori (lavoratori salariati), giacché nella (e intorno alla) città industriale gli usi dello scritto a un qualche livello diventano sempre più indispensabili. Di qui la comparsa di un'ideologia della scuola e di processi di scolarizzazione che certo contribuirono a un più diffuso alfabetismo, pur se il rapporto tra scolarizzazione e alfabetizzazione non va ritenuto né ovvio né cogente, dipendendo la seconda più dalla storia sociale nel suo complesso che dal semplice ampliamento della rete scolastica (v. Furet e Ozouf, 1977). Tenuto conto di questo, si capisce come nell'Ottocento la diffusione dell'alfabetismo e di prodotti della cultura scritta sia rimasta un fenomeno sostanzialmente cittadino, o meglio della città industriale. Le procedure di alfabetizzazione di massa del nostro secolo non hanno eliminato frange più o meno larghe di analfabetismo negli stessi paesi occidentali.Parallelamente, a partire dalla fine del Settecento, innovazioni sempre più rivoluzionarie sono venute a toccare, in questi ultimi secoli, la catena grafica: dai torchi capaci di prestazioni assai potenziate alle stampatrici meccaniche in monotype e linotype, fino alla fotocomposizione e alla stampa elettronica.
Per quanto concerne la scrittura a mano sopravvivono le tecniche di esecuzione dello scritto, senza mediazione meccanica, con l'ausilio di strumenti atti a lasciare traccia su una superficie: l'iscrizione su pietra, riservata a esecutori professionisti; i 'graffiti' sui muri a pennello, a pennarello e a spray; la scrittura su carta con inchiostro e penna, per la quale l'uso, più antico, della penna d'oca e quello, più recente, del pennino metallico e della penna stilografica (a stantuffo o a cartucce) sono stati rivoluzionati dalla ormai imperante penna a sfera o 'biro' (così detta dal nome dell'inventore, l'ungherese Ladislao Biro), con la quale oggi si impara a scrivere e si eseguono, in pratica, tutte le operazioni di scrittura a mano.Accanto a queste tecniche di esecuzione dello scritto sono da porre quelle della scrittura meccanica, "basate su un'attiva partecipazione di determinati macchinari alle operazioni di scrittura, che non è più eseguita direttamente dalla mano dello scrivente, ma da essa soltanto avviata, mediante la pressione di determinati tasti" (v. Petrucci, 1987): sono la tecnica della dattilografia, introdotta dall'invenzione ottocentesca della macchina da scrivere, dotata poi in questo secolo di energia elettrica e di testina rotante atte ad accrescerne enormemente le prestazioni, e, ultimamente, la tecnica della scrittura informatica, le cui potenzialità sono tuttora in evoluzione.Immensa è infine la gamma dei modelli alfabetici e delle tipologie grafiche che oggi si sovrappongono e si intersecano: i modelli grafici insegnati a scuola e deformati nelle pratiche individuali dello scrivere; le scritture a stampa di libri, quotidiani, riviste, pubblicazioni periodiche d'altro genere; le scritture 'esposte' della pubblicità e di altri manifesti sulle pareti pubbliche e private, all'esterno e all'interno, o issate nelle strade; le scritture mobili sugli schermi cinematografici o televisivi, o le tipologie grafiche della videoscrittura aperte alle soluzioni più varie.
(V. anche Libro; Linguaggio).
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di Jack R. Goody
1. Nascita e sviluppo dei sistemi di scrittura
La scrittura è un sistema in cui l'intera gamma dei suoni linguistici può essere rappresentata in forma grafica. Le prime testimonianze di sistemi di questo tipo risalgono all'Età del bronzo, e provengono dalla civiltà mesopotamica (le scritture sumero-accadica e proto-elamitica) e da quella egizia (il sistema geroglifico). L'invenzione della scrittura è dunque strettamente legata allo sviluppo delle civiltà urbane, alla 'rivoluzione agricola' segnata dall'introduzione dell'aratro e dal controllo dell'acqua attraverso un complesso sistema di irrigazione, nonché alla nascita di varie attività artigianali che, al pari della scrittura, comportavano l'addestramento di specialisti.In società meno sviluppate esistevano metodi più primitivi per registrare elementi del linguaggio sotto forma di pittogrammi o di segni astratti, come ad esempio quelli usati dalle popolazioni indigene del Nordamerica per indicare la direzione, per segnalare un pericolo o per trasmettere altri tipi di informazioni a un interlocutore assente.Una scrittura non ancora decifrata, associata alla civiltà di Harappa nel bacino dell'Indo, è documentata intorno al 2200 a.C. Le popolazioni di Creta e del Peloponneso conobbero la scrittura almeno dal secondo millennio a.C. A un sistema in massima parte ideografico succede la scrittura cosiddetta lineare, distinta in lineare A (attestata a Creta) e lineare B (diffusa sia a Creta che nel Peloponneso). Intorno al 1500 sono attestate le scritture ittita e luvia (in Siria e in Anatolia); tra il 1500 e il 1400 a.C, infine, anche in Cina venne inventato un sistema di scrittura, l'unico che si sia conservato in uso sino ai nostri giorni.
Tutti questi sistemi di scrittura erano sostanzialmente di tipo logografico - per ogni vocabolo o morfema, cioè, esisteva un logogramma o simbolo grafico separato. Per imparare a leggere e a scrivere di conseguenza si rendeva necessario memorizzare parecchie migliaia di segni visivi, corrispondenti grosso modo al numero di parole usate. Ben presto vennero introdotte importanti semplificazioni con l'uso di segni fonetici per rappresentare il suono anziché il significato dei vocaboli, cosa che rese possibile lo sviluppo di scritture sillabiche più economiche. In queste ultime ogni segno rappresentava un segmento di parola, e ciò riduceva a circa 300 il numero dei segni. Verso il 1550 a.C. venne compiuto un ulteriore passo verso l'astrazione allorché, in Siria, venne introdotto un alfabeto consonantico in cui ogni unità rappresentava un suono o fonema, con una ulteriore riduzione del numero dei segni (non più di 25). L'alfabeto semitico fu adottato dai Greci, i quali inventarono segni anche per le vocali oltreché per le consonanti, e resero virtualmente possibile l'alfabetizzazione di una fascia più ampia della popolazione. Naturalmente ciò non avvenne come diretta conseguenza dell'invenzione di forme di scrittura più semplici: l'accesso alla scrittura divenne spesso monopolio di una categoria sacerdotale, che se ne servì per rafforzare il proprio potere. Ad esempio in India, in certe epoche, l'alfabetismo era prerogativa esclusiva della casta dei bramini; la scrittura egizia aveva un carattere sacro, e poteva essere insegnata solo alla casta sacerdotale, e lo stesso accadeva per l'arabo e per l'ebraico. Anche nell'Europa del Medioevo l'insegnamento della scrittura era soggetto a restrizioni analoghe; i literati erano esclusivamente clerici, ossia religiosi, che acquisivano in virtù di questo particolari privilegi. Sebbene le donne fossero escluse dall'istruzione superiore, monopolio degli ecclesiastici, potevano però imparare a leggere e a scrivere in volgare, e alcune di esse divennero poetesse (come nel caso delle poetesse trobadoriche). Lo status di literati comportava particolari privilegi, ad esempio nei procedimenti giudiziari. Solo in Cina e nell'antica Grecia l'istruzione era sottratta al controllo religioso.
2. Culture orali e culture scritte
La trasmissione orale esiste in tutte le culture, ma in quelle letterate, ossia in quelle che possiedono la scrittura, la tradizione orale differisce in modo significativo dalla cultura delle società puramente orali. Questo fatto non è stato tenuto nel debito conto da quegli autori che considerano determinati elementi che caratterizzano le prime forme di letteratura (di solito espedienti mnemonici) come distintivi di uno 'stile orale', e quindi propri delle culture orali. Ad esempio la rima, l'assonanza, le strutture metriche rigide, quelle fonetiche ripetitive, nonché le formule e le stesse forme epiche, sarebbero elementi distintivi di tale 'stile orale'. Questa tesi fu sostenuta, ad esempio, da Marcel Jousse, il quale affermò che le parole di Gesù poterono essere trasmesse agli autori dei Vangeli mediante tecniche in grado di preservarle fedelmente nel corso del tempo. Tuttavia il desiderio o perlomeno la capacità di preservare verbatim enunciati o discorsi è all'origine della scrittura: è esattamente questo il compito che essa doveva assolvere.Alcuni esponenti del postmodernismo, come ad esempio Jacques Derrida, hanno sostenuto che la capacità di 'leggere' è universale; tuttavia, come osservava Lacan, leggere i fondi del caffè non è la stessa cosa che leggere geroglifici. Il passaggio dalla comunicazione orale alla comunicazione scritta è altrettanto cruciale quanto i cambiamenti intervenuti nei modi di produzione. Nelle società puramente orali difatti il sapere viene conservato in larga misura mentalmente, nella memoria; i sistemi mnemonici sono suggerimenti, più che modi per conservare le informazioni in forma esatta. Questo tipo di conservazione fu reso possibile proprio dall'invenzione della scrittura, che permise di sviluppare sistemi di conoscenze cumulativi assai più sofisticati. Una volta trasformata in testo, una volta fissata ed esteriorizzata su un supporto materiale - sia esso una tavoletta di argilla, una pergamena o un foglio di carta - la parola può essere oggetto di un'ispezione critica quale non è consentita invece dal discorso orale. In un testo scritto le contraddizioni, come osservava Evans-Pritchard in Witchcraft, oracles and magic, possono essere individuate e commentate più facilmente, e ciò permette un perfezionamento costante dell'informazione trasmessa. Difatti l'informazione, una volta depositata in una forma permanente, materiale, può essere oggetto di esegesi e di integrazioni ma non può essere inconsapevolmente alterata, come accade invece costantemente nelle culture orali, in cui l'informazione spesso viene trasformata a seconda delle esigenze e degli interessi del momento.
La scrittura ha reso possibile la costruzione, o meglio la creazione, di complessi sistemi del sapere in Mesopotamia, in Egitto, in Cina e in Grecia. Grazie alla scrittura le informazioni poterono essere registrate, e fu possibile compilare delle enciclopedie (ad esempio sotto la dinastia Sung, in Cina) che tentavano di sintetizzare e di sistematizzare tutte le conoscenze umane sull'universo. La scrittura consentì altresì di effettuare e registrare osservazioni cumulative sui movimenti astrali, da cui ebbe origine l'astronomia scientifica (nonché la meno scientifica astrologia). Nozioni e conoscenze provenienti da punti diversi del tempo e dello spazio potevano ora essere raccolte in un unico punto.
3. Il ruolo della scrittura nell'evoluzione socioculturale
Scrittura e comunicazione. - Allorché la parola ricevette un complemento visivo, materiale, divenne possibile comunicare attraverso il tempo e lo spazio senza dover instaurare rapporti interpersonali faccia a faccia: la scrittura liberò l'umanità da questa necessità. Non sorprende, pertanto, il fatto che la scrittura alle origini fosse usata principalmente per gli scambi epistolari. La corrispondenza epistolare era ampiamente diffusa nell'antico Egitto: a partire dalla sesta dinastia, nel 2250 a.C. circa, le lettere cominciarono a essere scritte su papiro, e il modo in cui redigerle - che includeva specifiche formule di apertura e di chiusura, nonché un particolare stile espositivo - veniva insegnato nelle scuole. Si sviluppò così uno 'stile' della prosa scritta distinto dallo stile verbale; la comunicazione scritta difatti non può contare come quella orale su molteplici canali espressivi, e ciò può far nascere problemi di comprensione tra gli interlocutori (in Egitto, ad esempio, uno scriba rimprovera un collega accusandolo di scrivere lettere incomprensibili: in altre parole, di inadeguatezza comunicativa).
La corrispondenza epistolare fu uno dei principali impieghi del sistema alfabetico inventato dai Vai dell'Africa occidentale intorno al 1820. Grazie al nuovo sistema, essi potevano usare la propria madrelingua per comunicare con amici e parenti.Ciò non accadeva invece nel caso di molte 'lingue letterarie', in cui gli insegnanti tramandavano una lingua sacra o morta e così facendo conservavano il loro ruolo di custodi del sapere e di figure chiave nella trasmissione della cultura scritta.Il fatto che le lingue scritte fossero preservate in questo modo nel corso del tempo, anche quando non erano più in uso per la comunicazione quotidiana, produceva una situazione di cosiddetta diglossia; gli allievi nelle scuole non dovevano imparare soltanto a leggere: prima di poter acquisire il sapere depositato nei libri occorreva apprendere una nuova lingua o una forma alternativa di comunicazione. In questo modo si veniva a creare un divario tra cultura scritta e cultura pratica, tra 'lavoro intellettuale' e 'lavoro manuale'; nello stesso tempo, però, ciò dava la possibilità di istituire o di conservare una forma di comunicazione nel tempo e nello spazio, anche a fronte di processi di mutamento o di differenziazione della lingua. Nel Medioevo, ad esempio, il latino consentì agli studiosi europei dei diversi paesi di comunicare tra di loro nonostante le diverse lingue volgari fossero reciprocamente incomprensibili; la stessa funzione venne assolta in India dal sanscrito e nel mondo islamico dall'arabo classico. Secondo alcuni autori, in Cina la lingua scritta fu un sistema privo di un originale orale; in ogni caso grazie a essa tutta la popolazione alfabetizzata, e non solo gli studiosi, poteva comunicare attraverso l'immenso territorio nonostante la diversità delle lingue locali.
La scrittura fu una straordinaria forza unificante e 'civilizzatrice': da nord-est a sud-ovest della Cina il fatto di dover imparare a leggere gli stessi testi fece sì che pratiche e usanze simili fossero introdotte anche tra popolazioni un tempo tribali; così, ad esempio, riti matrimoniali analoghi, nonché dottrine come quella della pietas filiale, si ritrovano su tutto il territorio nazionale. La figura e gli insegnamenti di Confucio costituiscono un punto di riferimento per tutta la popolazione alfabetizzata, anche in Corea e in Giappone. Diversa è la situazione europea, in cui la scrittura alfabetica in volgare divenne dominante col passaggio dalla forma manoscritta alla stampa. L'uso dei simboli fonetici era diverso ad esempio per i parlanti di madrelingua tedesca e per quelli di madrelingua italiana o francese, i quali per poter comunicare tra loro dovevano apprendere un'altra lingua. L'unità del continente, e della cristianità, lasciò il posto a regimi aggressivamente nazionalistici basati in larga misura su differenze linguistiche.
Il metodo dell'elencazione. - Una delle caratteristiche più notevoli delle prime forme di scrittura - siano esse l'alfabeto dei Vai o la scrittura mesopotamica - è l'insistenza sugli aspetti non verbali del linguaggio. Le parole vengono trattate separatamente, isolate dal flusso del discorso, e in questo modo assumono una concretezza visiva, diventano oggetti materiali di osservazione e definizione, figurando come elementi in elenchi dei tipi più svariati. Gli elenchi hanno un ruolo dominante nelle testimonianze scritte della cultura mesopotamica, tanto che gli studiosi tedeschi hanno parlato al riguardo di una vera e propria 'scienza degli elenchi' (Listenwissenschaft): troviamo così elenchi amministrativi che registrano dati sulla popolazione, elenchi di merci per gli scambi commerciali, elenchi di categorie usati spesso per l'insegnamento.Consideriamo in primo luogo questi ultimi. Molte delle tavolette usate nelle scuole consistono in elenchi di oggetti, ad esempio di alberi, che l'allievo deve leggere, imparare a memoria e poi trascrivere sul retro della tavoletta. Queste liste presentano una serie di caratteristiche innovative che le distinguono dal discorso orale. I singoli elementi (nomi) sono avulsi dal flusso e dal contesto del discorso per essere inseriti in una lista statica e atemporale, caratterizzata da un principio e da una fine, nonché da un ordine specifico. Ciò implica un processo di inclusione e di esclusione, una scelta tra alternative mutuamente esclusive: l'agrifoglio è un albero oppure un arbusto, laddove nel discorso orale esso può essere un albero in un dato momento e un arbusto in un altro, poiché il significato in questo caso è contestualizzato. Prendendo tale decisione binaria si pone esplicitamente la questione della natura della distinzione tra arbusto e albero, ma anche della natura dell'agrifoglio in relazione a tale distinzione. Tale questione a sua volta può sfociare in discussioni di tipo protoscientifico, ma può anche portare all'assurdo. Nasce allora la necessità di elaborare dei criteri per distinguere i due tipi di esito.
Gli elenchi in questione possiedono inoltre un ordine specifico, che assume uno status canonico una volta che essi vengono memorizzati nel modo descritto. Un determinato albero è collocato in cima all'elenco, e ha quindi la preminenza sugli altri che seguono via via; gli elenchi stabiliscono gerarchie anche là dove prima non esistevano, o esistevano solo in forma contestualizzata.Entrambe queste caratteristiche si possono osservare nell'Onomasticon composto dallo scriba egizio Amenofi verso il 1000 a.C., che si configura come un tentativo di elencare tutto ciò che esiste nel mondo, e può essere quindi considerato una sorta di enciclopedia in forma embrionale. Anche qui è presente un ordine gerarchico: si inizia con l'enumerazione delle cose celesti (gli dei e il cielo) per passare via via alle cose terrene. L'elenco è suddiviso in rubriche che separano una categoria di cose da quella successiva. Ciò implica che a ogni passo doveva essere presa una decisione: si trattava di stabilire volta a volta l'appartenenza di un determinato elemento incluso nell'elenco alla categoria delle cose celesti oppure a quella delle cose terrene.La compilazione di questo tipo di elenchi dunque comportava il problema di stabilire i confini tra le diverse categorie, e costituiva di conseguenza uno stimolo per l'indagine e la riflessione - sia scientifiche che 'ascientifiche' - sulla natura del mondo. Gli esiti di queste indagini saranno poi registrati nelle enciclopedie e in opere analoghe le quali, a meno che non ricevano una canonizzazione prematura, potranno essere commentate e integrate in un modo cumulativo consentendo un confronto tra passato e presente. La scrittura si rivela dunque uno strumento essenziale per lo sviluppo di un corpus del sapere che si accresce in modo cumulativo indipendentemente dalle attività pratiche.
Usi amministrativi e commerciali della scrittura. - Il sistema dell'elencazione aveva un ruolo importante anche in altri due ambiti fondamentali dell'organizzazione sociale: l'amministrazione e l'economia.La burocrazia è per definizione il governo del bureau, ovvero della 'scrivania', del posto dove si effettuano le scritture. Essa si basa essenzialmente sulla catalogazione delle informazioni sotto forma di elenchi - elenchi del personale alle dipendenze del sovrano, delle razioni allocate tra il suo seguito, del bottino conquistato in guerra, ecc. La compilazione di tali elenchi è la principale attività degli scribi impiegati dall'amministrazione. Grazie a tali registrazioni il sovrano o il responsabile delle finanze sono in grado di controllare le entrate e le uscite. Esse inoltre facilitano la pianificazione e la stesura del bilancio, in quanto consentono di effettuare previsioni sulle transazioni future e di porre domande circostanziate nel caso in cui tali previsioni si rivelino erronee.Sulla base di questo tipo di elenchi si sviluppano tecniche di contabilità che consentono una forma di controllo sull'economia nazionale. Le stesse tecniche vengono utilizzate dai mercanti e dai commercianti, consentendo loro di seguire transazioni più numerose e complesse e di arrivare a una valutazione più precisa dei profitti e delle perdite. Le prime testimonianze scritte della Mesopotamia sono legate alle attività mercantili; Denise Schmandt-Besserart ha avanzato l'ipotesi che parte delle forme primitive dei caratteri cuneiformi fosse derivata dalla foggia dei contrassegni usati negli scambi commerciali già in epoca neolitica. Secondo questa studiosa, la forma stessa della tavoletta derivava dagli involucri in argilla (bullae) in cui originariamente erano contenuti i contrassegni che accompagnavano le merci inviate a un acquirente distante per indicarne le quantità - una sorta di modulo di polizza di carico. La forma dei contrassegni venne poi inscritta sull'involucro, dando origine a un messaggio scritto anziché materiale. Successivamente i contrassegni vennero eliminati e gli involucri appiattiti.
La scrittura fu impiegata sin dal principio per forme di contabilità basate su metodi di elencazione la cui caratteristica saliente è l'uso specificamente non verbale (sebbene ovviamente fondato sull'uso orale) del linguaggio. Tali metodi consistevano nell'attribuire un valore numerico non solo alle merci oggetto delle transazioni, ma anche ai costi della manodopera per la manifattura, alle spese di trasporto, ai doni e via dicendo, sicché alla fine era possibile stendere un bilancio e dividere i profitti (o le perdite) in base alle quote dei partecipanti. Questo tipo di calcoli complessi si rese necessario allorché vennero costituite le prime società commerciali (note in seguito come commenda), le quali assunsero un ruolo di primo piano nei traffici commerciali d'oltremare.
Scrittura e sviluppo della scienza. - La scrittura, sia in Cina che in Mesopotamia, veniva impiegata anche per registrare i risultati delle tecniche divinatorie, rendendo possibile verificarne a distanza l'attendibilità. Jean Bottéro ha visto in questi tentativi la genesi dei metodi scientifici. La Listenwissenschaft mesopotamica comprendeva anche elenchi dei movimenti dei corpi celesti, che consentivano di cogliere regolarità e irregolarità nell'arco di lunghi periodi di tempo. Le società orali spesso avevano una notevole conoscenza dei movimenti astrali, ma l'astronomia vera e propria si sviluppò grazie alla scrittura, che consentiva di registrare in forma definitiva le osservazioni e di rilevare continuità e cambiamenti nel corso del tempo.I numeri ebbero senza dubbio un ruolo importante nelle società preletterate, e tuttavia lo sviluppo della matematica dipese in modo cruciale dalla scrittura. È vero peraltro che, una volta inventati, i metodi scritti potevano essere memorizzati e richiamati come 'aritmetica orale'. Ad esempio, le tavole matematiche consistono in elenchi di numeri e dei loro prodotti. Le culture orali conoscono l'addizione e la sottrazione, ma non la moltiplicazione e la divisione, se non quelle di tipo più elementare. Lo sviluppo della matematica dipende essenzialmente dalla creazione di un sistema numerico scritto associato all'uso di grafici e di formule che sostituiscono il linguaggio e formalizzano relazioni in modo più astratto. Dal punto di vista della storia della cultura, la matematica presuppone la scrittura. La matematica, a sua volta, ha avuto un ruolo essenziale nello sviluppo della scienza moderna.Il metodo dell'elencazione in sé può avere una funzione importante nel processo di formalizzazione e dare risultati significativi. Attraverso la compilazione della tavola dei pesi atomici (e una tavola numerica non è che una forma di elenco multiplo), ad esempio, possono essere messe in evidenza le eventuali lacune nella nostra conoscenza del mondo reale. D'altro canto il desiderio di 'colmare i vuoti', come accade anche in altri tipi di elenchi, può risultare fuorviante e portare a risultati assurdi.
È questo, del resto, un rischio insito nella scrittura stessa quale mezzo di espressione e di comunicazione. La scrittura è infatti una forma altamente decontestualizzata di comunicazione linguistica, che per esprimere un significato non può avvalersi di strumenti ausiliari quali la gestualità, l'intonazione, ecc., ma deve affidarsi esclusivamente alle parole. La forma scritta spesso rende più esplicito (e di fatto trasforma) un messaggio che peraltro può essere già presente nel discorso verbale. In questo modo la scrittura è ausiliaria del pensiero, rendendo esplicito ciò che è implicito. Anche le culture orali conoscono procedimenti logici, ma non possiedono i sistemi formalizzati che i Greci e altri popoli poterono sviluppare grazie alla scrittura. Lo stesso vale, come abbiamo detto, per i sistemi numerici. Analogamente, le lingue orali hanno una grammatica, ma solo la scrittura consente di analizzare la lingua e di produrre una 'grammatica' come sistema di regole che vengono poi insegnate nelle scuole elementari, in cui si impara a leggere e a scrivere. Questo processo di retroazione investe non solo la popolazione alfabetizzata ma anche, sebbene in misura minore, tutti i membri delle società in cui esiste una cultura scritta. Nessuno è realmente analfabeta in una cultura che possiede la scrittura; al più vi possono essere persone 'non istruite' o 'incolte', ma anch'esse sono influenzate dalle creazioni della cultura scritta (ad esempio da ciò che è scritto nella Bibbia o nel Corano) sebbene non partecipino direttamente alla sua creatività. Dal punto di vista culturale esistono 'due nazioni': la prima maggiormente legata ai libri, alla cultura scritta, e l'altra al folklore, alla cosiddetta 'cultura popolare', che spesso sviluppa proprie caratteristiche distintive in opposizione all'egemonia della 'cultura dei libri'.
Scrittura e diritto. - La scrittura ha contribuito allo sviluppo di forme di organizzazione sociale più complesse ed evolute in molti altri modi. Abbiamo già accennato allo Stato burocratico. La centralizzazione del potere in Stati-nazione di grandi dimensioni è inconcepibile senza la burocrazia e la documentazione scritta, ma sarebbe altrettanto impossibile senza un diritto nazionale. Sia forme statuali che istituzioni giuridiche esistono anche nelle società preletterate, ma con l'invenzione della scrittura il diritto assume una dimensione completamente diversa. Una volta fissato in forma scritta, esso riceve una codificazione definitiva e può essere applicato su tutto il territorio, relegando in secondo piano la 'consuetudine'. In questo modo le leggi vengono generalizzate e decontestualizzate, con tutti i problemi di interpretazione e di adattamento al caso individuale che ciò comporta; esse possono continuare a esistere nei codici scritti anche quando hanno perso da tempo ogni rilevanza per la comunità, sicché si rende necessario oltre a un processo specifico di promulgazione (ovvero di registrazione) delle leggi, anche un processo complementare di abrogazione che consenta di eliminarle dal corpus scritto. È questa una delle funzioni delle rappresentanze elettive, ossia dei parlamenti. Le società letterate prediligono le procedure scritte, e gran parte degli atti giudiziari sono incentrati sulle prove scritte, mentre alle testimonianze orali viene attribuito minor valore. La proprietà della terra deve essere registrata burocraticamente; i contratti devono essere vidimati da un notaio; nascite, matrimoni e morti sono tutti registrati in appositi documenti, così come spesso avviene per i debiti e i crediti, affinché si possa far ricorso a prove scritte qualora insorgano controversie. Per la stessa ragione le ultime volontà vengono registrate in testamenti scritti, specialmente quando contrastano con la 'consuetudine'; in altre parole, la forma testamentaria consente una maggiore flessibilità, sicché ad esempio anziché andare automaticamente ai figli o agli eredi designati, una parte dei beni può essere devoluta alla Chiesa, oppure ad amici e vicini.
Scrittura e religione. - La scrittura ha influenzato in vario modo anche la religione. Quando questa assume forma scritta, la parola di Dio acquista un carattere permanente e definitivo, e di conseguenza diventa difficile se non impossibile alterarla, sebbene il testo resti ovviamente sempre aperto a nuove interpretazioni. Vi è un rapporto assai stretto tra scrittura e classe sacerdotale. Le 'religioni delle Scritture' tendono a monopolizzare l'accesso alla cultura scritta e il suo insegnamento. La classe sacerdotale, nel ruolo di mediatrice tra uomo e Dio, avoca a sé il compito di interpretare e di insegnare il senso autentico della parola di Dio depositata nelle Scritture. Ma oltre che insegnare il contenuto dei testi sacri, i religiosi insegnano anche a leggerli. In passato le aule scolastiche erano spesso un'appendice del tempio, e ancora oggi nelle società avanzate la Chiesa conserva un ruolo importante nell'educazione dei giovani. In molti paesi musulmani imparare a leggere significa imparare il Corano. Questo fenomeno è stato definito 'alfabetizzazione ristretta', anche se ai livelli successivi l'istruzione può includere il più vasto ambito della cultura scritta.Le religioni delle Scritture guardano sempre al passato; i loro miti fanno riferimento a un'età precedente e devono essere reinterpretati, in forma allegorica, per la generazione attuale. Ciò si deve al fatto che le Scritture sono derivate da Dio o da una figura divina; in esse è depositata la sua parola autentica, che pertanto non può essere soggetta a cambiamenti, a differenza del sapere laico che è sempre stato oggetto di revisioni e di adattamenti alle nuove situazioni.
La nascita della storiografia. - All'invenzione della scrittura è legato anche lo sviluppo della storiografia come disciplina autonoma. Anche le società preletterate ovviamente hanno una storia, ma poiché non possiedono la scrittura non possono far riferimento a documenti materiali e oggettivi. Affidati completamente alla memoria, gli eventi del passato sono soggetti all'oblio e a un processo di 'razionalizzazione'. Con l'invenzione della scrittura diventa invece possibile attingere a documenti quali corrispondenze, ordinanze, trattati, ecc. per la ricostruzione del passato; da qui ha origine la storiografia quale disciplina autonoma (ad esempio in Grecia con Tucidide), contrapposta sia al mito che alla leggenda. La presenza di documenti scritti porta a una diversa concezione del passato. Per gli archeologi essa segna la linea di discrimine tra storia e preistoria.
Scrittura e letteratura. - La scrittura non ha influito nella stessa misura sulla letteratura, ma la sua invenzione ha segnato la nascita di nuovi generi. Né il trattato scientifico, quale viene sviluppato nella cultura greca, né un testo religioso quale la Bibbia hanno un parallelo nelle società orali, sebbene in queste ultime possano esservi forme embrionali di tali prodotti culturali. Nella letteratura in senso stretto le leggende e i miti popolari lasciano progressivamente il posto a opere di narrativa che daranno luogo alle prime forme di romanzo nell'antichità classica, in Cina e in Giappone, e nel mondo occidentale. Con l'introduzione di testi scritti si sviluppa il teatro e la poesia assume forme metriche più regolari.Sotto tutti questi aspetti, la scrittura non è stata semplicemente un'importante appendice alla vita sociale, ma l'ha influenzata sin nei più intimi recessi, mutando in modi significativi la coscienza degli uomini in generale.
(V. anche Comunicazione; Evoluzione culturale umana; Libro; Linguaggio).
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