SIDERURGIA (XXXI, p. 705)
Dopo la seconda guerra mondiale il consumo di acciaio nel mondo è andato continuamente aumentando (in soli quattro anni, dal 1953 al 1957, si è avuto un incremento del 35%). L'industria siderurgica, per far fronte al crescente fabbisogno, si è trovata nella necessità di aumentare la capacità produttiva ammodernando gli impianti preesistenti ed installandone dei nuovi. A questa evoluzione quantitativa della produzione, si è accumpagnata una corrispondente evoluzione della tecnologia dei processi e degli impianti impiegati, che ha determinato la fabbricazione di acciai ad un costo unitario sempre più basso e di qualità sempre migliore.
Le principali innovazioni tecnologiche riguardano soprattutto la sostituzione dell'aria con ossigeno tecnicamente puro, o più semplicemente l'arricchimento dell'aria, e l'adozione sempre crescente di processi automatici nelle varie fasi della lavorazione siderurgica.
L'utilità di impiegare ossigeno nei processi di fabbricazione dell'acciaio era già stata notata da Bessemer nel 1856; tuttavia uno dei presupposti fondamentali per utilizzare questo gas su scala industriale sta nella sua disponibilità ad un costo economicamente ragionevole, cosa che è stata possibile solo con l'avvento del noto processo, dovuto a Linde e Fränkl, e dei suoi successivi perfezionamenti (processi a bassa pressione).
Le considerazioni che portano all'impiego dell'ossigeno nella metallurgia si basano sul fatto che i grandi quantitativi di azoto, introdotti con l'aria atmosferica, senza partecipare al processo si trovano presenti in tutti gli stadî di esso e sottraggono grandi quantitativi di calore, ricuperati solo parzialmente ed in misura diversa a seconda del grado di efficienza degli scambiatori termici.
Altre innovazioni sono l'accresciuta importanza e quindi il maggior sviluppo degli impianti di agglomerazione, di preaffinazione della ghisa, le maggiori dimensioni dei singoli impianti ed il loro inserimento in cicli integrali a grande capacità produttiva, l'introduzione di automatismi nei processi di lavorazione.
Ricevimento e manipolazione delle materie prime per altiforni. - La capacità produttiva degli altiforni è andata continuamente aumentando e di conseguenza è stato necessario aumentare contemporaneamente la potenzialità degli impianti relativi al trasporto ed alla manipolazione delle materie prime. Si è mirato innanzi tutto a ridurre l'incidenza sul costo del trasporto, dell'attesa o sosta delle navi alla banchina e ad accelerare perciò le operazioni di scarico. Alle gru girevoli sono state sostituite gru a ponte, fornite di mensola sollevabile al di sopra degli alberi delle navi, aventi portata lorda e di sollevamento compresa fra 10 e 25 t e costituenti impianti capaci di scaricare anche oltre 3000 t/h di materiale da una sola nave. Le materie prime vengono scaricate dalle gru nei silos della banchina; il successivo trasporto al parco depositi o all'utilizzazione è effettuato, negli impianti moderni, con nastri trasportatori. Questi tendono a sostituire tutti gli altri mezzi di trasporto discontinui (carri automotori, carri ponte, ecc.) e consentono così di realizzare un ciclo continuo in cui tutte le operazioni di trasporto, messa a parco, ripresa, macinazione, vagliatura, miscelazione, agglomerazione, sino al trasporto nei sili altoforno, sono integrate in una sequenza programmata di fasi, i cui comandi e controlli sono centralizzati in cabine.
Un operatore segue su un quadrante luminoso l'andamento del ciclo di lavorazione con possibilità di intervento immediato per irregolarità eventuali nel processo. Pochi operai sono dislocati lungo le linee di lavorazione e con prevalente mansione di controllo. Questa moderna tecnica consente, oltre che di elevare la potenzialità degli impianti, una più razionale circolazione delle materie prime e una loro migliore omogeneità, sia come composizione delle diverse qualità di minerale, sia come pezzatura, assicurando così un'accurata preparazione della carica per l'altoforno.
Alcuni fra i principali dispositivi che hanno consentito la realizzazione del ciclo continuo sopra descritto sono il distributore a nastro a braccio girevole per la messa a parco e l'apparecchio di ripresa dal parco a mezzo ruota a tazze il sistema Robins-Messiter per la miscelazione, l'impianto di agglomerazione continuo a nastro ad elevata potenzialità, la regolazione automatica della composizione della carica da agglomerare ed altri numerosi automatismi.
Miscelazione secondo il procedimento Robins-Messiter. - È un procedimento di miscelazione per stratificazione che consente la formazione di lunghi cumuli, costituiti da sottili strati delle diverse qualità di minerale, e la successiva ripresa del materiale stesso a mezzo rastrello dotato di movimento alternativo. Questo dispositivo consente la ripresa contemporanea del materiale da tutti gli strati del cumulo. Messa a parco, miscelazione e ripresa avvengono automaticamente; l'operatore in cabina si limita a sorvegliare.
Agglomerazione. - L'aumentata potenzialità degli odierni altiforni e la tendenza moderna ad aumentare costantemente la percentuale di agglomerato nelle cariche dell'altoforno hanno enormemente sviluppato negli ultimi anni gli impianti di agglomerazione sia in potenzialità sia in efficienza. Il sistema Dwight Lloyd è ancora il più usato, tuttavia sono stati introdotti dei miglioramenti nel processo che hanno notevolmente elevato la sua produttività. I principali sono: incremento della permeabilità dello strato da agglomerare; impiego di depressioni più elevate nelle zone a vento; regolazione e controllo del processo.
L'incremento della permeabilità dello strato da agglomerare viene ottenuto, oltre che con la regolazione dell'umidità, della pezzatura, ecc., anche con il processo combinato di pellettizzazione e agglomerazione. Questo consiste nell'umidificare la pezzatura molto minuta, prima di avviarla all'agglomerazione, in un tamburo rotante ad asse inclinato o in un "disco a pellettizzare": si formano così delle pallottoline di varie dimensioni che fanno aumentare la permeabilità del letto di agglomerazione. La necessità di alimentare in continuità e con la miscela prestabilita l'impianto di agglomerazione ha richiesto l'introduzione della regolazione automatica della portata della carica che va all'agglomerazione. La portata del materiale in uscita da ciascun silo (fig. 1) è misurata da un bilico per nastro (P); lo spostamento verticale del bilico, trasformato in impulso elettrico, viene confrontato con un segnale di riferimento, che è poi la portata prestabilita per quel silo, e, se risulta discorde, determina automaticamente le correzioni della portata; è così possibile variare simultaneamente la portata di tutti i sili senza alterare la quota percentuale per ciascuno di essi. Analoghi dispositivi sono installati per il controllo e la regolazione automatica del vero e proprio processo di agglomerazione misurando la velocità del nastro, la temperatura dei gas di scarico, la caduta di pressione, la portata d'aria fluente attraverso il letto. La velocità del nastro è regolata automaticamente mediante l'impiego di termocoppie differenziali, disposte nelle ultime due casse di aspirazione. È stato introdotto in alcuni impianti il controllo televisivo dell'agglomerato alla fine del nastro, sicché l'operatore in cabina è in grado di sorvegliarne costantemente l'aspetto.
Tutti questi dispositivi hanno i comandi ed i relativi strumenti di misura in una cabina ove sono centralizzati anche i controlli di tutte le fasi della lavorazione, che l'operatore, su un quadrante luminoso, può sorvegliare continuamente.
Oltre che la produttività, è aumentata, come già detto, la potenzialità di questi impianti; il più grande fino ad oggi installato nel mondo è alla Great Lakes Steel Co. Il nastro, che misura 60 m di lunghezza e 3,60 di larghezza, può produrre 7600 t/giorno di agglomerato. La sua produttività specifica è di 35 t/giorno per m2 di griglia e ciò sembra sia in gran parte dovuto all'installazione di un tamburo pellettizzante (diametro 3 m, lunghezza 16 m) a monte dell'impianto di agglomerazione vero e proprio. Il raffreddatore a nastro è largo 3 m ed è lungo 54 m, è azionato da un motore di 50 CV, con velocità di avanzamento di 3,30 m/min, con una portata di 435 t/h di agglomerato. Altri dati costruttivi di impianti a potenzialità inferiore (ad esempio, per 4500 t/giorno) sono: 123 m2 superficie di griglia - 21 casse a vento - velocità del nastro 1,8-4,5 m/min con 2 motori da 75 CV - aspirazione del ventilatore principale 12.500 m3/min con il motore del ventilatore della potenza di 3500 CV.
Altoforno. - Risultano più che raddoppiate le dimensioni negli ultimi dieci anni; il diametro del crogiolo può raggiungere i 9,5 m, mentre già sono stati progettati altiforni con diametro del crogiolo superiore a 10 m. Il volume utile degli ultimi altiforni supera i 1300 m3, il rapporto volume-produzione è nell'Europa Occidentale in media 0,59 m3/t/24 h. Per la parte costruttiva, si è esteso l'uso del carbone come refrattario per il fondo e per le pareti del crogiolo; si è pure introdotto, accanto al vecchio sistema di raffreddamento ad acqua, un raffreddamento ad aria sotto il fondo mediante fasci tubieri sulla superficie della fondazione.
Sistema di carica e bocca di carica. - I moderni altiforni sono dotati di sistema di caricamento a skip (fig. 2), con doppia chiusura della bocca e distributore rotativo e blindaggio completamente saldato. In alcuni altiforni sono però stati realizzati altri sistemi non più a due, ma a tre campane (fig. 3). La terza campana è formata da due anelli concentrici a tronco di cono che consentono una distribuzione razionale delle cariche nella bocca dell'altoforno.
Il sistema di carica a skip serve sia per il coke sia per i minerali ed il calcare. Tutte le operazioni di carica dell'altoforno, riempimento dello skip, salita su piano inclinato, rovesciamento nel forno e apertura delle campane, sono fra loro integrate in una sequenza programmata e predisposta. Dall'interno di una cabina, l'operatore su quadrante luminoso controlla il loro corretto funzionamento. Dispositivi di sicurezza contano il numero degli skip e determinano automaticamente l'apertura della campana grande allorché il volume compreso fra campana piccola e grande è stato riempito. Un altro dispositivo collegato alle sonde di registrazione del livello del materiale nell'altoforno impedisce lo scarico dello skip sino a che il livello stesso non è ridisceso a sufficienza. L'operatore dalla cabina è in grado di selezionare i programmi di alimentazione dell'altoforno per classi di pezzatura dell'agglomerato, del minerale e per il coke. La fig. 4 mostra l'impianto di alimentazione del coke distribuito nei sili secondo le varie pezzature. L'alimentazione dai sili alla tramoggia-bilico ed al montacarichi può essere programmata in modo che le tramogge-bilico a nord ed a sud siano riempite alternativamente o contemporaneamente e nella dosatura richiesta. Recentemente è stato automatizzato anche il movimento dei carrelloni per il trasporto del minerale dai sili negli skip. Tutti questi sistemi hanno il vantaggio non soltanto di assicurare una regolarità nella continuità della carica, ma consentono anche di realizzare la sequenza programmata dei materiali di carica nel loro giusto rapporto in peso e per classi di pezzatura, migliorando la permeabilità del letto di fusione, con l'effetto di incrementare la produttività degli altiforni.
L'aumento della produttività è dovuto anche all'adozione di altre modifiche introdotte nella condotta dell'altoforno e precisarnente: alta pressione alla bocca; elevata temperatura del vento; arricchimento del vento mediante ossigeno; impiego del vapore; agglomerato autofondente in percentuale elevata nella carica.
La pressione alla bocca è stata portata a circa 0,6-0,7 atm e in alcuni casi raggiunge addirittura 1-1,2 atm con aumento della produttività del 5,5-8,5%; questa innovazione è particolarmente praticata in URSS, così come l'impiego di agglomerato autofondente in alta percentuale nella carica. Infatti nella carica del minerale minuto da agglomerare si introduce calcare e ciò comporta una diminuzione o addirittura un'esclusione di calcare nella carica dell'altoforno: meno calore viene quindi richiesto per la dissociazione del calcare; inoltre la diminuzione della quantità di CO2 nei fumi fa diminuire le perdite termiche. Nel Canada è stato realizzato un aumento dell'8,5% di produzione ed un contemporaneo risparmio di combustibile del 6,5% passando da un 40% di agglomerato in carica ad un 60%. La produzione in URSS durante dodici anni (dal 1945 al 1956) è aumentata del 37%, esclusi i nuovi altiforni, mentre il consumo di coke è diminuito del 13%, e sembra che ciò sia da attribuire in gran parte proprio all'impiego di alte percentuali di agglomerato e di autofondente in carica.
Impiego del vento ad umidità costante. - Questo sistema intensifica il processo di fusione per l'aumentato potere riducente del gas a seguito della dissociazione del vapore introdotto. Si è in alcuni casi constatato che ad ogni 10 g/m3 di umidità introdotta nel vento corrisponde un aumento di produttività del 3%. Sono installati regolatori automatici atti a mantenere un dato grado di umidità compreso fra 20 e 25 g/m3. Il vapore è introdotto nella condotta del vento prima della sua entrata nei cowpers.
L'operazione di inversione nei cowpers è stata automatizzata sempre più: oggi è possibile realizzarla con un unico comando premendo un pulsante. Rispetto ai vecchi sistemi si ha un risparmio di tempo di 15 minuti circa, oltre che una maggiore sicurezza nell'esecuzione.
Una delle principali condizioni per realizzare una marcia regolare ed efficiente dell'altoforno consiste nel mantenere costanti tutti i fattori che ne influenzano la produzione, sicché gli impianti si vanno sempre più arricchendo di strumenti di misura e, ove possibile, di regolazione automatica delle variabili del processo. Oltre agli automatismi sopra ricordati, sono da citare altre realizzazioni: dispositivo di regolazione con egualizzazione automatica della portata del vento caldo in tutte le tubiere, regolazione automatica della pressione alla bocca, della temperatura del vento caldo; sono allo studio regolazioni più complesse in quanto non più limitate alle regolazioni singole di variabili indipendenti, ma, attraverso l'impiego di calcolatori elettronici, alla regolazione di variabili complesse onde mettere sotto controllo tutto il processo nel suo insieme.
Preaffinazione e desolforazione della ghisa. - La ghisa prodotta all'altoforno viene spesso trattata con varî procedimenti per ridurre il tenore di zolfo e di silicio, di fosforo, di carbonio, ecc. prima di essere avviata all'acciaieria. Questi procedimenti di "preaffinazione della ghisa", hanno aumentato la loro importanza dopo l'introduzione dei nuovi processi di affinazione con ossigeno.
La tabella 1 riporta dei dati comparativi per la preaffinazione della ghisa ottenuti a Oberhausen dalla Hüttenwerk su tre tipi di ghisa, secondo i varî processi (in siviera, nel convertitore, nel rotore).
La desolforazione costituisce il più frequente trattamento di preaffinazione che la ghisa subisce prima di andare all'acciaieria. Il trattamento desolforante può venire effettuato nel canale di colata della ghisa, oppure in siviera. Questo secondo metodo è più conveniente perché permette di avere un buon controllo.
Per il trattamento in siviera, si impiega il carbonato di sodio nella misura di circa l'1% in peso rispetto al metallo: si elimina circa il 60% del S presente nella ghisa.
L'impiego di soda o di carburo di calcio si adotta durante la colata in siviera per ottenere un migliore mescolamento, la ghisa vierie poi versata in una seconda siviera, viene eliminato il 92÷94% di S. Se il contenuto di S è superiore allo 0,05%, si ottiene una buona desolforazione aggiungendo cloruro di sodio nel canale di colata.
Un terzo sistema è l'uso di calce polverizzata e consiste nell'immergere nella ghisa liquida delle pallottole di calce o, meglio, del coke rivestito con calce. Nella desolforazione al forno rotativo (processo Kalling-Domnarfvet), la ghisa liquida viene trattata con 2%, di calce polverizzata e 0,5% di polverino di coke. Lo zolfo viene trasformato in CaS ed in 10÷15 min la percentuale di S si abbassa a circa 0,005%. Con un contenuto iniziale di 0,1% di S, il consumo di calce ammonta a 1% del peso della ghisa.
Fabbricazione acciaio. - La fig. 5 mostra lo sviluppo e la decadenza delle tecniche metallurgiche negli ultimi cento anni negli S. U. A.; questi dati, se pur limitati agli Stati Uniti, possono tuttavia essere considerati sufficientemente indicativi anche per il resto del mondo; infatti risultati analoghi sono stati trovati per la regione Renano-Vestfalica. Essi stanno ad indicare la crescente importanza dell'impiego dell'ossigeno nella fabbricazione dell'acciaio. Ciò ha portato non soltanto all'adozione di nuove tecniche (processo LD, processo al rotore, processo Kal-Do), ma anche alla modifica di quelle preesistenti e tutte tendenti ad aumentare la produttività degli impianti.
Naturalmente le diverse tecniche si sono sviluppate o modificate orientandosi verso quei processi che meglio si adattavano alle particolari condizioni preesistenti nei varî Paesi: quantità di rottame disponibile sul mercato, composizione della ghisa (particolarmente per quel che riguarda il suo contenuto in fosforo), disponibilità di energia elettrica a prezzi convenienti, ecc.
Processo Bessemer (acido). - L'elevato costo, la scarsità di ghisa a basso zolfo e fosforo richiesta dal processo, la bassa resa in lingotti e le limitazioni qualitative derivanti dall'assorbimento dell'azoto, hanno fatto sì che questo processo sia destinato ad una costante decadenza.
Processo Thomas (o Bessemer basico). - L'eliminazione o soltanto la riduzione della percentuale di azoto dell'aria, con l'impiego di O2, ha conferito alla fabbricazione dell'acciaio con il processo basico all'ossigeno un'ampia flessibilità nell'affinare ghisa di varia composizione.
Si comprende l'interesse che ha avuto per l'Europa Occidentale l'impiego dell'ossigeno nei convertitori Thomas se si tiene presente che oltre il 50% dell'acciaio è prodotto con questo processo. Praticamente tutte le acciaierie Thomas della Germania Occidentale, Francia, Lussemburgo e Belgio sono state trasformate per il soffiaggio ossigeno-vapore (oppure ossigeno-CO2) senza sostanziali investimenti di capitale, oltre a quelli richiesti per la fabbrica di ossigeno. Il vantaggio è stato quello di ottenere con un ritmo produttivo e rendimento superiori, acciaio a minore contenuto di azoto e quindi di qualità migliore.
Inizialmente il vento veniva semplicemente arricchito con O2 sino ad un massimo del 30-40% per non compromettere il fondo del convertitore a causa dell'elevata temperatura che ne derivava. Il risultato era però modesto per la presenza di N2 nell'acciaio (0,004÷0,005%). La tecnica più moderna è invece quella di insufflare aria per 3-4 minuti e poi ossigeno miscelato con un agente raffreddante (vapore o CO2). Qualora si impieghi vapore, la composizione del vento è all'incirca 50% di O2 e 50% di vapore. Sono particolarmente adatte per questi processi ghise ad alto contenuto di fosforo.
Convertitori soffiati dall'alto. - Al tradizionale sistema di soffiaggio di vento dal basso i nuovi processi sostituiscono il soffiaggio diretto di ossigeno dall'alto (processo LD, processo al rotore, processo KalDo) e quindi questi convertitori non hanno più il fondo forato (fig. 6).
Processo "LD". - Il processo "LD" (iniziali delle città austriache Linz e Donawitz) è nato in Austria; dopo la seconda guerra mondiale questa nazione si trovò nella condizione di dover incrementare la produzione di acciaio rispettando però le condizioni di non superare nel consumo di rottame la produzione nazionale, di utilizzare la ghisa proveniente dal minerale locale, povero di fosforo e di silicio, di produrre acciaio di qualità pari a quello Martin e di investire un capitale limitato nella costruzione delle nuove acciaierie. Le acciaierie Martin ed elettriche furono scartate per il loro forte consumo di rottame. I processi Bessemer e Thomas non poterono esser presi in considerazione, data la qualità della ghisa da trattare, che aveva la seguente composizione media:
Gli esperimenti condotti a Donawitz su questa ghisa in convertitore basico soffiando dal fondo con vento arricchito dimostrarono che la diminuzione delle perdite in calore derivanti dalla presenza dell'azoto era la condizione base per giungere ad una produzione su scala industriale. Esperimenti in questo senso furono contemporaneamente condotti in altre parti dell'Europa Occidentale. Nel 1948 e 1949 furono fatti molti studî sulle applicazioni di ossigeno al forno Martin soffiando ossigeno sul bagno con ugelli tipo Laval. Nel medesimo periodo a Gerlafingen (Svizzera) il Durrer applicò un metodo per iniettare ossigeno, con una tubiera, nel forno elettrico. Risultati di queste esperienze furono una maggiore produttività, ma anche una maggiore usura della volta dei forni. Nel 1950 fu fatta a Donawitz la prima installazione pilota con due convertitori da 5 e 10 t soffiati con ossigeno dall'alto. I risultati molto soddisfacenti incoraggiarono la Società Voest a costruire a Donawitz la prima acciaieria ad ossigeno, che cominciò la produzione nel 1953. Quasi contemporaneamente un'altra acciaieria ad ossigeno fu costruita a Linz. Alla fine del 1956 le due acciaierie a O2 avevano prodotto 2.400.000 t di acciaio. Nel 1957 la loro capacità superò 1.250.000 t/anno.
Il processo LD ha trovato, in misura maggiore o minore, consenso in tutto il mondo. Il diagramma della fig. 7 mostra l'andamento del processo.
Acciaieria "LD". - L'impianto di un'acciaieria "LD" è assai simile a quello di un'acciaieria Thomas. La ghisa liquida proveniente dagli altiforni (supponendo che l'acciaieria faccia parte di uno stabilimento a ciclo integrale) arriva all'acciaieria in siviere su carro. Un carro ponte preleva le siviere e provvede a versare la ghisa in mescolatori (il cui numero e capacità dipendono dalla potenzialità dell'acciaieria). I convertitori sono disposti allineati su una piattaforma sopraelevata in modo che il carro porta-siviera di colata si muova a livello del terreno. La differenza sostanziale tra convertitori LD e Thomas sta nel fatto che i primi non hanno il fondo forato per il passaggio del vento. L'ossigeno viene soffiato da una lancia retrattile che entra dall'alto nel convertitore (fig. 8); durante l'affinazione la distanza tra il bagno metallico nel crogiolo e l'estremità della lancia è di 90-100 cm. La capacità di un convertitore Thomas è limitata dalla necessità di non avere sul fondo una pressione troppo elevata. Nel convertitore LD, mancando questa esigenza, si è giunti rapidamente a oltre 80 t di acciaio per colata (e le tendenze attuali negli S. U. A. sono di 120-150 t). Il volume del crogiolo è di 1,2÷1,3 m3/t di acciaio. Le dimensioni di massima di un convertitore LD da 50 t potrebbero essere le seguenti: altezza 9÷9,4 m; diametro interno 3,3÷3,5 m; diametro esterno 4,7÷4,8 m.
Il convertitore è dotato di un blindaggio esterno d, acciaio (spessore 30÷40 mm) e un doppio rivestimento interno di refrattario basico (uno di usura e uno permanente) di dolomite e magnesite. La durata del rivestimento refrattario è di 260÷300 colate, cioè circa 8 giorni, ammettendo di 43 minuti il tempo da colata a colata. La produzione di acciaio corrispondente è di 14.000÷15.000 t. Il consumo di materiale refrattario è di circa 8÷10 kg/t di acciaio prodotto. Il tempo necessario al rifacimeuto del rivestimento di usura è di circa 60 ore (predisponendo tutto il materiale per il lavoro). In un'acciaieria che disponga di 3 convertitori da 50 t di acciaio colato ciascuno il coefficiente di utilizzazione dei convertitori è di circa 0,67. La corrispondente produzione annua di acciaio in lingotti è di circa 1.106 t.
Condotta del convertitore. - La ghisa, versata dal mescolatore in una siviera posta su bilico, viene trasportata e versata nel crogiolo con un carro ponte. Il rottame viene caricato nel convertitore con appositi scivoli che possono essere retti dal carro ponte o montati su carri con dispositivo di sollevamento idraulico. Esempio di composizione della carica di un convertitore LD (composizione della ghisa in carica): C 3,6÷4%; Si 0,7÷1,2%; Mn 1,4÷1,6%; P (max) 0,4%; S (max) 0,045%: i dati sono in kg/t di acciaio colato:
Le aggiunte (calce, bauxite, ecc.) vengono effettuate durante il soffiaggio mediante tramogge disposte sopra il convertitore. L'ossigeno necessario per ottenere 1 t di acciaio è circa 60 m3.
La scoria che si ottiene con la carica sopra citata è circa 140 kg/t di acciaio. Per un convertitore da 50 t di acciaio il soffiaggio di O2 dura circa 24 minuti. Il tempo totale da colata a colata è di circa 43 minuti. Per la colata il convertitore viene ribaltato e l'acciaio viene versato nella siviera di colata posta su carro e da questo trasportato nella campata di colaggio in lingottiere dove un carro ponte, dopo aver prelevato la siviera contenente la ghisa, la trasporta sulle lingottiere.
Le caratteristiche dell'acciaio LD sono pari, se non superiori, a quelle dell'acciaio Martin per quanto riguarda le impurezze presenti, mentre sono leggermente inferiori per quanto riguarda i valori della resistenza meccanica. Le qualità dell'acciaio LD sono ormai pressoché universalmente riconosciute e infatti parecchi enti autorizzati hanno già dato il loro benestare per l'impiego nelle costruzioni navali.
Economia del processo "LD". - Senza entrare in dettagli riguardanti i costi di costruzione e di esercizio, dati assai variabili nel tempo, si può affermare che, confrontando un'acciaieria Martin e una LD di pari capacità e aventi la medesima composizione media della carica, il costo totale del processo LD è solo il 53% del costo del processo Martin.
Le principali cause del minor costo sono: 1) combustibile ed energia: al forno Martin si consumano 1÷1,2 milioni di kcal/t da paragonare con 60 m3 di O2 nel crogiolo LD (cui corrispondono circa 250.000 kcal); 2) materiali refrattarî e manutenzione: nel processo Martin si ha un consumo di 16-20 kg di mattoni e 25 kg di dolomite; nel processo LD il consumo è di 7 kg di dolomite, 1 kg di mattoni e 0,5 kg di catrame; 3) capitale impiegato: esso è inferiore al 50% di quello relativo a una acciaieria Martin di pari capacità produttiva.
Naturalmente il costo del processo Martin diminuisce notevolmente qualora il rottame sia disponibile in maggiori quantità a prezzo limitato: si potrebbe così giungere al punto in cui il minor costo di carica del processo Martin compensa il minor costo del procedimento LD e si avrebbero i due acciai a uguale prezzo.
Processo "O.L.P.". - Questo processo consiste nell'insufflare nel bagno di ghisa mediante lancia una miscela di ossigeno e calce finemente polverizzata. Il procedimento è stato sviluppato dall'IRSID su scala industriale allo scopo di poter applicare il processo LD anche a ghisa ad elevato contenuto di fosforo; si può così trattare tutta la ghisa con tenore di fosforo sino al 2% (fig. 9). Il processo è realizzato in un convertitore basico a fondo chiuso rivestito con pigiata di dolomite e con una capacità di 20÷30 t; un distributore di calce in polvere consente di regolarne la portata a seconda della fase di affinazione e delle caratteristiche della ghisa.
Versata la ghisa nel convertitore, questo viene rialzato per consentire l'iniezione della miscela ossigeno-calce. Durante la prima fase vengono iniettati solo i 2/3 del quantitativo di miscela, indi si fa la dovuta aggiunta di minerale o rottame; terminata la prima fase si effettua una scorificazione intermedia (necessaria però solo se la ghisa è ad elevato contenuto di fosforo = o,5%). Viene quindi ripreso il soffiaggio con ossigeno e calce, segue l'aggiunta di rottame, la rimozione della scoria ed ha così inizio la terza fase, consistente nel soffiaggio di ossigeno e calce sino all'ottenimento del desiderato tenore di carbonio. Questo nuovo processo si presenta assai flessibile potendosi applicare a ghise il cui contenuto di fosforo può arrivare anche al 2%. L'acciaio prodotto presenta bassi contenuti di fosforo, zolfo e azoto e le sue proprietà meccaniche sono uguali a quelle dell'acciaio Martin a basso contenuto di carbonio.
Processo al forno rotativo. - La tecnica del forno rotativo ha dato luogo a due nuovi processi industriali per l'affinazione di ghise con qualsiasi contenuto di fosforo: il processo Kal-Do e quello al rotore.
Processo Kal-Do. - Si tratta di un processo sempre con soffiaggio di ossigeno puro sulla superficie del bagno, ma non più normalmente come nel processo LD, bensì con un getto inclinato di un piccolo angolo rispetto alla superficie del bagno.
Il processo è realizzato in un forno rotante avente una forma a tamburo, analogo ad un comune convertitore, ma inclinato e girevole attorno al proprio asse. Il carico e lo scarico avvengono attraverso la bocca, come pure il soffiaggio. Questo processo è stato iniziato a Domnarfvet (Svezia) nel maggio 1956 e può trattare ghise ad elevato contenuto di fosforo e con il 15÷20% di rottame. L'affinazione è interrotta due volte per effettuare due scortificazioni intermedie, la prima in corrispondenza dello 0,2÷0,3% di P, la seconda in corrispondenza di circa l'1% di C quando il contenuto di fosforo è sceso a meno dello 0,1%. Il tamburo è mosso da motore a corrente continua per poter variare la sua velocità di rotazione (da 0 a un massimo di 30 giri/min) in quanto essa influisce sull'andamento del processo.
Il processo Kal-Do può essere sfruttato con buon successo anche per l'affinazione di ghise a diversa composizione ivi comprese quelle a basso contenuto di fosforo.
Processo al rotore. - L'ossigeno viene soffiato attraverso due ugelli, uno dei quali immerso nel bagno e l'altro tangenziale al bagno; il primo serve per l'affinazione ed il secondo per completare la combustione dei gas di scarico.
Si tratta di un convertitore a tamburo avente una lunghezza di circa 15 m che può ruotare intorno al proprio asse in ragione di circa 0,5 giri/min; recentemente è stato costruito anche oscillante; la sua capacità è di circa 60÷100 t. Può marciare a rottame sino al 40% o a minerale; è anche questo un processo a doppia scorificazione. Alcuni dati d'esercizio per un rotore della capacità di 60 t per marcia a minerale sono i seguenti: velocità 0,1÷0,5 giri/min; carica 997 kg/ghisa/t acciaio - 155 kg calce/t acciaio - O2 ad alta purezza 1000 Nm3/h e circa 5500 Nm3/h di ossigeno secondario al 70÷90% di O2; pressione 4 kg/cm2; durata del ciclo 2 h; produttività circa 30 t/h; resa totale in Fe, compreso quello del minerale, 98%.
Forni Martin-Siemens. - Normalmente la carica era composta dal 30% di ghisa e 70% di rottame ed inizialmente l'unico combustibile era il gas di gasogeno. Gli sviluppi più importanti del processo Martin negli anni del dopoguerra sono stati la sostituzione del gas di gasogeno con l'olio combustibile, la modifica del disegno delle volte, l'arricchimento dell'aria con ossigeno, l'impiego dell'ossigeno puro, l'aumentata capacità dei forni Martin tradizionali, l'introduzione di automatismi nella condotta del forno.
La sostituzione del gas di gasogeno con olio combustibile o gas naturale (metano) ha portato ad un miglioramento della produttività essendo il combustibile più ricco. Per quanto riguarda il cambiamento del disegno della volta, si è conseguito un risparmio di refrattarî del 25% ed una riduzione delle perdite termiche sostituendo il profilo A B C B′ A′ (fig. 10) con l'arco ellittico più corto A C A′.
Uso dell'ossigeno. - Il processo al forno Martin presenta una bassa efficienza termica; infatti la presenza di N2 nei gas fa sì che dal laboratorio venga asportata una rilevante quantità di calore sensibile. L'arricchimento dell'aria comburente con ossigeno industriale consente di diminuire queste perdite accelerando nel contempo il ritmo produttivo (tab. 2).
Con un arricchimento di circa il 26% di O2, si consegue un risparmio di combustibile di circa il 35% con un contemporaneo aumento della produzione oraria di circa il 35%. Si calcola che 39 m3 di O2 possano far risparmiare 36 litri di olio combustibile. L'installazione delle attrezzature per l'arricchimento dell'aria con ossigeno dovrebbe portare a maggior produzione e minori costi, particolarmente in stabilimenti già esistenti. Un incremento ancora maggiore del ritmo del processo di affinazione è stato conseguito con l'invio diretto mediante lancia dell'ossigeno industriale nel bagno. Insufflando l'O2 nel bagno a velocità supersonica, la reazione risulta vigorosa, poiché il bagno è agitato violentemente, sia dal getto di O2 sia dallo sviluppo del gas ed in più si genera calore nel bagno stesso. Anche qui, come in altre prove similari, è necessario un mezzo raffreddante: viene usato minerale di ferro che, per ovvie ragioni, dovrebbe essere di buona qualità. Nell'esercizio con lancia ad ossigeno, il rottame, il calcare e parte del minerale e della calce vengono caricati rapidamente, dopo di che si aggiunge la ghisa liquida. Appena la reazione con la ghisa liquida si attenua, si riduce a circa la metà l'alimentazione del combustibile e si applica la lancia ad ossigeno. La fig. 11 mostra la disposizione di lancia ad ossigeno applicata nella parte posteriore di un forno Martin basico; generalmente invece le lance sono applicate sulla volta del forno e sono disposte normalmente alla superficie del bagno. L'uso di ossigeno industriale sia per l'arricchimento dell'aria, sia con lancia, porta sempre ad un risparmio di combustibile e a un incremento della produttività; si ritiene tuttavia che i migliori risultati si possano conseguire combinando i due sistemi.
Controllo dell'operazione di affinazione. - Numerosi automatismi sono stati installati nei forni Martin allo scopo di controllare e regolare tempestivamente le varie fasi del processo di affinazione. La temperatura del laboratorio, degli impilaggi, il rapporto aria-combustibile, il preriscaldamento della nafta, la pressione nel forno, l'inversione, la temperatura della volta del forno, sono tutte variabili autoregolate con sistemi idraulici o elettrici o, nei più moderni impianti, con dispositivi elettronici.
Maggiori dimensioni dei forni Martin. - I forni Martin di recente installazione raggiungono anche le 500 t di capacità produttiva e presentano alcune innovazioni del sistema di carica del rottame. La caricatrice a carro ponte sospesa (sistema tedesco) è stata sostituita con la caricatrice a terra (sistema americano). Le cassette di rottame e minerale arrivano sui vagoncini e si dispongono davanti alle porte del forno; la caricatrice scorrente su binarî si limita ad agganciare le cassette ed a infilarle nel forno.
L'uso di ossigeno industriale, i perfezionamenti introdotti per quanto riguarda la possibilità di controllo dell'operazione di affinazione, la maggiore flessibilità del forno Martin sia per quanto riguarda la proporzione ghisa liquida-rottame nella carica, sia per quanto riguarda la più vasta gamma di acciai di qualità prodotti, fanno sì che il forno Martin rimanga ancora in concorrenza con i nuovi processi di affinazione.
Forno elettrico ad arco. - Anche nel forno elettrico è stato introdotto l'uso di ossigeno mediante lancia durante il periodo di fusione. Questo fatto, assieme alla prevedibile diminuzione del costo dell'energia elettrica ed in relazione alla disponibilità di rottame, fa ritenere che anche nel prossimo futuro il forno elettrico continuerà ad essere impiegato oltre che per la fabbricazione di acciai speciali, anche per la produzione di acciai comuni. Notevolmente aumentata risulta la sua capacità, che può raggiungere le 200 t/colata e anche superarle.
Colata continua. - Si va diffondendo nell'esercizio delle acciaierie la colata continua, e particolarmente in Europa questa tecnica è realizzata in impianti che hanno generalmente una struttura a torre.
Un'incastellatura verticale sostiene la piattaforma di colata, le lingottiere di rame verticali (variabili in numero e dimensioni a seconda della potenzialità dell'impianto) raffreddate ad acqua ed un dispositivo per il taglio automatico della billetta durante il colaggio.
Un carro ponte trasporta e solleva la siviera proveniente dall'acciaieria sul piano della colata e di qui l'acciaio è colato nelle lingottiere di rame, le quali possono essere fisse od oscillanti. Chiude il fondo delle lingottiere una barra ausiliaria (falso lingotto), il quale è fatto discendere con velocità regolabile (velocità di colata) da un dispositivo elettrico; la velocità può variare entro valori compresi fra poche decine di mm/min e 6-7 mm/min. Il falso lingotto, effettuata la discesa, viene automaticamente asportato, lasciando via libera al lingotto di acciaio che viene tagliato a lunghezza prestabilita da un dispositivo automatico a cannello muoventesi con la stessa velocità del lingotto.
La fig. 12 dà una rappresentazione schematica delle varie fasi della colata continua con annesso uno schema della strumentazione per la regolazione elettronica di alcune di esse. È da sottolineare infatti che importante presupposto per una buona condotta del processo è il controllo preciso e la sincronizzazione quasi perfetta delle sue fasi operative. Vengono rilevate la temperatura dell'acqua di raffreddamento all'entrata e all'uscita, misurandone e regolandone anche la portata; un particolare dispositivo regola il quantitativo di metallo contenuto nella paniera agendo sull'inclinazione della siviera mentre un dispositivo a raggi gamma regola la velocità di colata.
Colaggio sotto vuoto (fig. 13). - Gas occlusi in soluzione o combinati hanno dannosa influenza sulle proprietà dell'acciaio, particolarmente l'idrogeno; oltre a ciò, la necessità di evitare, soprattutto per acciai legati con elementi quali il vanadio, titanio, alluminio, ecc., l'esposizione all'aria e quindi l'ossidazione ha fatto sorgere l'utilità di colare sotto vuoto.
Sono impiegati allo scopo appositi serbatoi sotto vuoto aventi dimensioni variabili, che possono raggiungere i 4,5 m di diametro e circa 9 m di altezza; vi si possono colare lingotti anche di 135 t. I coperchi di questi serbatoi sono forniti di apposite finestrelle in vetro di quarzo per consentire una buona osservazione delle operazioni; la degasificazione dell'acciaio può avvenire in due modi diversi.
1. Degasificazione in siviera. La siviera contenente l'acciaio viene disposta entro il serbatoio: sfruttando tutta la potenzialità della pompa si raggiunge un vuoto di 30 mm Hg; con questo procedimento la degasificazione è solo parziale.
2. Degasificazione per "filtrazione". La siviera vuota viene calata nel serbatoio; questo viene chiuso con coperchio di alluminio e sottoposto all'azione delle pompe; raggiunto il grado di vuoto, si inizia il colaggio; l'acciaio passa attraverso il coperchio di alluminio fondendolo: tempo di colata di 36 t di acciaio, 8 min; questo procedimento si adatta per acciai alto legati speciali.
Colaggio in lingottiera sotto vuoto. - Si possono colare anche 135 t di acciaio. Il colaggio avviene prima in una siviera intermedia predisposta fuori dal serbatoio e da questa nella lingottiera all'interno dello stesso dopo che è stato raggiunto il desiderato grado di vuoto. Durante la colata l'acciaio, entrando nell'atmosfera sotto vuoto del serbatoio, tende ad allargarsi, liberando gran parte del gas contenuto. La colata sotto vuoto ha il vantaggio non indifferente di migliorare l'ambiente di lavoro e diminuire il rischio di infortunî delle maestranze in quanto tutti i gas vengono aspirati e convogliati e non c'è più il pericolo della proiezione di scaglie di acciaio rovente all'intorno.
Produzione di acciaio. - A partire dalle prime esperienze di Henry Bessemer, effettuate nel 1856, la produzione di acciaio ha avuto uno sviluppo sempre più rapido, particolarmente negli ultimi 50 anni (fig. 14). Dai 10 milioni di t nel 1871, la produzione mondiale ha raggiunto i 100 milioni nel 1927, i 200 milioni nel 1951 e quasi i 300 milioni nel 1957; dopo la seconda guerra mondiale la produzione è salita rapidamente e si è raddoppiata in soli dieci anni (1947-1957). Questo lo si deve particolarmente alla grande ripresa della Germania Occidentale, all'industrializzazione accelerata del Canada, del Giappone, dell'Asia e dell'Australia. Durante il secondo semestre del 1957 e per tutto il 1958 si è avuta una diminuzione della produzione nell'Europa Occidentale e negli S. U. A. a seguito della recessione americana. Il livello di produzione raggiunto effettivamente nel 1957 è stato di circa 25 milioni di t inferiore alla capacità totale. La capacità produttiva mondiale raggiunta nel 1958 è stata di 338 milioni di t. La fig. 15 riporta l'aumento della produzione di acciaio nelle principali aree produttrici negli anni dal 1947 al 1957 e quella prevista per gli anni successivi fino al 1975. Attualmente le maggiori potenze produttrici di acciaio sono gli S. U. A. e l'URSS. Si rileva però che, mentre la partecipazione mondiale degli S. U. A. al totale della produzione è salita progressivamente fino a raggiungere nel 1929 la punta massima del 50% circa, per poi discendere al 39% nel 1955, l'URSS, è passata dal 5,4% nel 1913 al 4% nel 1929 raggiungendo il 17% nel 1957.