società postindustriale
La terza rivoluzione industriale: dall’industria ai servizi
La società postindustriale è il frutto della più recente trasformazione economica – la cosiddetta terza rivoluzione industriale – avvenuta nella seconda metà del 20° secolo nei paesi più sviluppati. Tale società è subentrata, come dice il termine, alla società industriale affermatasi nei due secoli precedenti, e ha trasformato il modo di produrre, di lavorare e di vivere dei paesi più sviluppati
La caratteristica più significativa della nuova era è la preminenza del settore terziario dell’economia, cioè dei servizi – trasporti, scuola, sanità, banche, cultura, tempo libero – rispetto al settore primario (agricoltura) e al secondario (industria). Già nel 1956 negli Stati Uniti il numero dei cosiddetti colletti bianchi – impiegati, tecnici, manager, professionisti – superava quello delle tute blu – gli operai. Nel 1995, sempre negli Stati Uniti, che sono stati all’avanguardia della trasformazione, il terziario occupava più del 70% della forza lavoro.
Le nuove tecnologie, che permettono di automatizzare i processi produttivi e sostituire il lavoro umano con macchine sempre più sofisticate, hanno consentito questo cambiamento. Grazie ai computer e alle macchine industriali informatizzate bastano pochi lavoratori per fabbricare prodotti sempre migliori e più numerosi. Non solo: mentre con le vecchie catene di montaggio i prodotti industriali erano standardizzati, cioè tutti uguali, le moderne tecnologie permettono una produzione varia e flessibile, in grado di accontentare i gusti diversificati di una clientela sempre più esigente. Anche ai lavoratori vengono chieste capacità diverse dal passato: l’operaio con poche competenze professionali è sempre meno richiesto dalle imprese, che hanno bisogno invece di operai specializzati, ricercatori, ingegneri, tecnici, manager, cioè di lavoratori molto qualificati.
Nell’economia postindustriale acquisiscono sempre più importanza la conoscenza, le competenze e le capacità di progettazione e innovazione. Anche i luoghi di lavoro cambiano: le vecchie fabbriche lasciano il posto a laboratori, centri di ricerca, scuole, università, strutture per il tempo libero. Le industrie mutano la propria organizzazione: non producono più tutto al proprio interno, nelle immense fabbriche che impiegavano migliaia di lavoratori, ma tendono ad appaltare parti della produzione a imprese esterne. Queste, infatti, sono più flessibili e adatte a una produzione varia e in continuo mutamento.
Si è affermato, così, il modello dell’impresa a rete, costituita da numerose aziende coordinate da un’impresa leader. Va detto che il sistema industriale tradizionale – fondato sulla catena di montaggio e su un’abbondante manodopera operaia – non è scomparso del tutto, ma si è trasferito nei paesi in via di sviluppo, dove i salari dei lavoratori sono ancora molto bassi. Spesso sono state le stesse imprese più potenti dei paesi avanzati, le multinazionali, che hanno trasferito le produzioni nei paesi dove la manodopera costa meno. È questa la cosiddetta globalizzazione, altro tratto caratteristico dell’epoca postindustriale.
Il mondo diventa sempre più un unico ‘villaggio globale’, con sempre meno frontiere per la circolazione delle idee, merci e produzioni. La rete telematica di Internet, che consente a persone e aziende di tutto il mondo di comunicare in tempo reale a costi bassissimi, costituisce uno dei simboli della nuova era.
L’economia si è aperta a una competizione mondiale in cui, però, non si è combattuto ad armi pari: le imprese dei paesi più ricchi sono state in grado di imporre a tutti i propri prodotti, ma, soprattutto, i propri modelli di vita e di consumo. La ristorazione veloce dei fast food, i computer, i cellulari, la musica rock e tanti altri beni di origine occidentale si sono diffusi in tutto il mondo, uniformando i gusti, tranne in quei paesi che difendono con ostinazione la propria cultura tradizionale. La nuova società postindustriale si trova ad affrontare gli squilibri del mondo, le disuguaglianze tra paesi ricchi e poveri e i problemi legati allo sviluppo economico, come l’inquinamento.