stampa
Il primo mezzo di comunicazione di massa
La tecnologia della stampa, che permette di riprodurre da una sola matrice molte copie uguali di un testo scritto, è nata in Cina qualche secolo prima di Cristo e si è diffusa in Europa a partire dalla metà del 15° secolo. La sua introduzione ha completamente trasformato i meccanismi di circolazione della cultura, riducendo i costi della produzione di libri e facilitando l’accesso alla lettura. Nel tempo, i sistemi di stampa si sono evoluti, arrivando anche a riprodurre fotografie e illustrazioni e consentendo la produzione quotidiana di giornali in centinaia di migliaia di copie. Oggi poi, grazie alle tecnologie digitali, chiunque può realizzare in casa stampe di livello quasi professionale
La tecnologia della stampa ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della civiltà umana: ha reso possibile riprodurre rapidamente molte copie identiche di un testo scritto, aumentando in questo modo la circolazione della conoscenza; ha dato a più persone la possibilità di leggere testi di ogni tipo e creato le premesse per la moderna libertà di informazione.
Per millenni, prima dell’invenzione della stampa, l’unico modo – o comunque quello più importante – per conservare le conoscenze è stato la scrittura a mano. Il sapere, quindi, era una risorsa a cui solo un numero limitato di persone poteva accedere sia perché nelle società antiche erano in pochi a sapere scrivere sia perché copiare un testo esteso richiedeva molto tempo, col risultato che i libri erano beni rari e costosi. Tutto ciò è cambiato proprio grazie all’invenzione della stampa.
Come è accaduto anche in altri casi nella storia della tecnologia, l’invenzione sella stampa è arrivata in Occidente dall’Oriente. La stampa è stata sviluppata e introdotta in Cina, dove sappiamo che in forme primitive era usata fin dal 6° secolo a.C. I Cinesi inventarono un sistema di stampa basato su blocchi di legno, uno per ogni pagina, intagliati e inchiostrati. Sul legno venivano disegnati in rilievo gli ideogrammi – i caratteri su cui si basa la scrittura cinese – come se fossero stati ‘visti alla specchio’ e i blocchi venivano poi cosparsi di inchiostro e applicati a pressione su un foglio di carta. Il più antico libro a stampa che sia arrivato sino ai giorni nostri è un testo religioso cinese, un Sutra, risalente all’anno 868, ritrovato nel 1907 in una cava nella Cina nord occidentale. È così raffinato e la stampa è di tale qualità, da farci capire che all’epoca tale tecnologia in Cina aveva ormai raggiunto uno sviluppo notevole e aveva quindi una lunga storia alle spalle. È probabile che dalla Cina questo tipo di tecnologia si sia diffusa nel resto dell’Asia, arrivando in India, Arabia, Egitto, e nel Medioevo, anche in Europa.
Dopo l’anno Mille i Cinesi inventarono un sistema di stampa a caratteri mobili: non veniva intagliata più l’intera pagina su un unico blocco di legno ma si usavano tanti blocchetti, ognuno recante su di sé un solo carattere, che potevano essere sistemati su un apposito supporto per comporre la pagina desiderata e poi riutilizzati per la pagina successiva.
I Cinesi ricorsero di rado a questo sistema, probabilmente perché il grande numero di ideogrammi lo rendeva relativamente poco vantaggioso. Invece fu importantissimo in Europa, dove venne introdotto dal tedesco Johannes Gutenberg a metà del 15° secolo. Il sistema di stampa introdotto da Gutenberg si basava su caratteri mobili realizzati in metallo, che venivano disposti a mano su una sorta di vassoio in modo da comporre una specie di versione allo specchio della pagina che si voleva ottenere. Una volta effettuate tutte le copie necessarie di quella pagina, il vassoio veniva liberato e si componeva la pagina successiva.
Per un processo di stampa affidabile Gutenberg si occupò anche di molti altri aspetti, primo fra tutti il supporto di stampa. Fino ad allora si usavano, per i libri manoscritti, la cartapecora o la pergamena, ottenute dalla pelle di pecora o di agnello opportunamente trattata. Erano un supporto molto resistente e durevole nel tempo, ma troppo costoso per produrre libri in gran numero. A questo scopo si prestava meglio la carta, quindi l’invenzione di Gutenberg richiese anche un notevole perfezionamento delle tecniche di produzione di questo materiale per avere fogli abbastanza resistenti da permettere la conservazione dei libri per molti decenni se non secoli. Inoltre, la carta richiedeva inchiostri specifici – Gutenberg scelse di usare quelli a olio – ed efficienti sistemi di pressatura dei caratteri sul foglio: per questo scopo l’inventore tedesco adattò i modelli di torchio che venivano usati per la spremitura dell’uva o delle olive.
Il metodo di stampa inventato da Gutenberg si diffuse rapidamente nel resto d’Europa, dove in pochi decenni nacquero molte stamperie. Per molto tempo il principale lavoro fu quello di stampare Bibbie; solo in seguito gli stampatori cominciarono a mettere sul mercato edizioni di antichi testi latini e greci o dei testi bizantini riportati in Occidente durante le Crociate; tuttavia la produzione e la vendita di libri nuovi, scritti appositamente per questo nascente mercato, rimase per molto tempo estremamente limitata.
La stampa rimaneva ancora un processo piuttosto lento in quanto sia la disposizione dei caratteri sia l’inserimento di ogni foglio sotto la pressa andavano effettuati a mano, ma si trattava in ogni caso di un cambiamento epocale: in precedenza copiare a mano una Bibbia richiedeva anche un anno di lavoro!
Non solo: per la prima volta diventava possibile avere numerosissime copie effettivamente identiche di un testo. In precedenza chi copiava un libro finiva inevitabilmente per introdurre errori, omettere parti, talvolta modificare intenzionalmente alcuni passaggi, specie di argomento religioso. Nasceva quindi con la stampa la concezione moderna di testo, come originale riprodotto in molte copie identiche.
Nella prima metà del 16° secolo la stampa ebbe un ruolo cruciale nella Riforma, perché permise alla nuova traduzione della Bibbia preparata da Lutero di essere letta da un gran numero di persone, insieme ad altri scritti dello stesso Lutero. Più in generale, la stampa rese la conoscenza una risorsa disponibile per un gran numero di persone, perché i costi dei libri, per quanto alti, erano molto inferiori a quelli degli antichi manoscritti. Inoltre, poiché circolavano più copie dello stesso libro, era più facile per gli intellettuali discutere sull’interpretazione di un testo, e questo ebbe tra l’altro una grande importanza nella rivoluzione scientifica. Un altro effetto della stampa fu di accelerare il declino del latino come lingua ufficiale della cultura in favore delle lingue nazionali, perché ora i libri non erano più un monopolio dell’ambiente religioso, ma si era creato un mercato molto più ampio.
La tecnologia della stampa rimase pressoché immutata fino alla fine del 18° secolo, quando venne introdotta la tecnica della litografia, che per prima permise di stampare anche immagini a colori e disegni realizzati a mano. In questo sistema di stampa, inventato a Praga dall’attore e scrittore di teatro Alois Senefelder nel 1796, si sfrutta il fenomeno chimico della immiscibilità tra acqua e olio.
Il disegno da stampare viene realizzato, anziché sulla carta, su una particolare lastra costituita da pietra calcarea – detta litografica – dalla superficie molto regolare. Il disegnatore lascia su di essa un segno con un’apposita matita contenente inchiostro formato da grassi e resine o stendendo l’inchiostro con un pennello. A questo punto la lastra va allo stampatore, che deposita sulla superficie uno strato uniforme di un materiale gommoso contenente acido nitrico (detto mordente). L’acido attacca solo le parti della lastra non coperte dall’inchiostro, creando uno strato di sale che trattiene facilmente l’acqua. In seguito con un apposito solvente si elimina il disegno, si lava abbondantemente con acqua la superficie e quindi si passa sulla pietra un inchiostro a olio. Le parti coperte dal sale, che corrispondono al tratto del disegno originale, assorbono l’inchiostro, mentre le altre, impregnate d’acqua, lo respingono. Usando un torchio, si applica la matrice litografica sulla carta trasferendo l’inchiostro su di essa. In questo modo si possono ottenere facilmente stampe in bianco e nero, ma preparando matrici diverse per i diversi colori si può anche avere la cosiddetta cromolitografia, cioè la stampa a colori.
Fino agli inizi dell’Ottocento, per muovere il torchio da stampa non c’era altra forza disponibile che quella delle braccia umane. Il primo ad avere l’idea di sfruttare la forza della macchina a vapore per azionare una macchina da stampa fu il tedesco Friedrich Koenig nel 1810. Applicando la macchina a vapore al comune torchio riuscì a stampare circa 800 fogli l’ora: molti più di quanto ottenuto a mano, ma non abbastanza per una vera produzione industriale.
Koenig capì che le limitazioni alla velocità di stampa dipendevano dall’uso di due superfici piane a contatto: la maggior parte del tempo veniva persa nell’alzare e abbassare successivamente il torchio e nell’inserire ed estrarre i fogli. Ebbe così l’intuizione di utilizzare elementi cilindrici: dapprima un solo cilindro, su cui veniva fissato il foglio di carta in modo da farlo rotolare sui caratteri posti comunque sulla matrice piana, poi due cilindri che ruotavano a contatto tra loro, uno recante i caratteri e l’altro che serviva a premere la carta contro di essi.
Questo è, ancor oggi, il principio con cui sono realizzate le moderne rotative, utilizzate soprattutto per la stampa dei quotidiani dove è necessario raggiungere velocità notevoli. La prima rotativa fu installata nel 1846 nella sede del Philadelphia Public Ledger, quotidiano dell’omonima città statunitense. La macchina – detta pressa rotativa di Hoe, dal nome del suo costruttore Robert Hoe – era costituita da un cilindro centrale e quattro cilindri più piccoli, su cui venivano disposti i caratteri per la stampa che ruotavano contro quello centrale. I fogli venivano infilati a mano tra un cilindro di stampa e quello centrale. Nel 1857 il Times di Londra adottò una rotativa Hoe a dieci fogli per volta, capace di stampare ventimila copie all’ora del quotidiano.
Si dovette aspettare però fino al 1886 perché arrivasse un’invenzione in grado di eliminare la lunga e delicata operazione di disporre a mano i caratteri sul vassoio. Si tratta della linotype, una macchina inventata dal tedesco Ottmar Mergenthaler. Ormai bastava digitare alcune linee del testo su una tastiera simile a quella di una macchina da scrivere e la macchina assemblava i caratteri prelevandoli da un repertorio di circa 90 elementi, sufficienti per completare almeno qualche riga.
Poi, le righe così composte venivano trasferite a un dispositivo che versava su di esse una lega metallica fusa a base di piombo in grado di solidificare quasi immediatamente. Il risultato era una sbarra della lunghezza desiderata che portava in rilievo i caratteri, come sempre visti allo specchio. Dopo essere stata usata per stampare, questa sbarra veniva di nuovo fusa per essere riutilizzata.
Dalla stampa litografica è derivata la stampa offset, che è oggi il procedimento più usato per la stampa professionale e commerciale di alta qualità. In questo caso ciò che deve essere stampato viene prima trasferito dalla lastra litografica a un altro supporto intermedio, una superficie di gomma. La gomma aderisce molto meglio alla superficie da stampare rispetto alla pietra, quindi permette di ottenere copie di qualità superiore.
La stampa offset è stata inventata quasi per caso all’inizio del 20° secolo dallo stampatore statunitense Ira Washington Rubil. Rubil aveva notato che quando per errore non veniva inserita carta sotto alla pietra litografica, la pietra stampava la propria immagine sul supporto di gomma che serviva da base del foglio di carta. Quando poi veniva finalmente inserito il foglio, esso risultava stampato su entrambi i lati, perché riceveva inchiostro anche dalla superficie di gomma: il punto era che la parte a contatto con la gomma risultava stampata molto meglio! Rubil ebbe così l’intuizione di realizzare una macchina in grado di stampare tutte le pagine prima su uno strato di gomma e poi da questo sulla carta.
Nel classico procedimento di stampa offset si parte da una pellicola fotografica (fotografia) sulla quale è impressa l’immagine della pagina da stampare; tramite questa l’immagine viene riportata su una lastra di alluminio ricoperta di materiale fotosensibile, che cambia alcune sue proprietà in base alla luce a cui viene esposta. L’immagine viene fissata fotograficamente su una lastra di alluminio ricoperta in superficie da un film fotosensibile, la quale riceve l’inchiostro solo nelle parti incise – attraverso il principio di repulsione tra acqua e olii –, finendo per trasferirlo a un cilindro rivestito di caucciù che, a sua volta, trasferirà l’inchiostro alla carta.
Oggi stampare è alla portata di tutti grazie alle stampanti collegate ai computer, che permettono in alcuni casi di ottenere anche risultati di qualità quasi professionale. Le stampanti a impatto sono state le prime stampanti per computer di grande diffusione, ed erano essenzialmente basate sullo stesso principio della macchina da scrivere: un elemento che raffigura sulla sua superficie il carattere da imprimere viene fatto ‘impattare’ su un nastro inchiostrato, in modo da lasciare un segno sulla pagina.
Un’evoluzione successiva sono state le stampanti ad aghi, nelle quali invece l’impatto è prodotto da minuscoli aghi che lasciano sulla pagina una serie di puntini di inchiostro: opportunamente disposti ogni volta, gli aghi possono quindi comporre tutti i caratteri necessari.
Oggi le due tipologie di stampanti più diffuse sono quelle a getto di inchiostro e quelle laser. In quelle a getto di inchiostro è presente una testina – o due, se la stampante è a colori: una per il nero e una per i colori – che si muove orizzontalmente lungo la pagina lanciando su di essa micro-gocce di inchiostro. In quelle laser è invece un complesso fenomeno elettrico, innescato appunto da un’emissione laser, a guidare particelle elettricamente cariche di polvere nera (detta toner) al posto giusto sul foglio di carta.
La parola stampa viene usata per indicare, oltre alle tecnologie fin qui descritte, anche il settore dell’informazione, che utilizza come mezzo di diffusione appunto la carta stampata: quindi giornali quotidiani, settimanali e mensili. Più in generale ancora, a volte il termine è utilizzato come sinonimo di informazione, e con questo significato lo si trova in molte espressioni di uso comune nel mondo dei mezzi di comunicazione. Si chiamano per esempio agenzie di stampa quelle strutture giornalistiche che non pubblicano proprie testate ma forniscono notizie ai giornali, alle radio o alle televisioni, che poi ne riprendono alcune per approfondirle. Un ufficio stampa è una struttura, all’interno di un’azienda o di un ente pubblico, che cura i rapporti con i mezzi di informazione. Un comunicato stampa è un documento preparato di solito da una istituzione pubblica o privata – come un’azienda o un’amministrazione locale o statale – per informare i mezzi di comunicazione di una propria iniziativa e far arrivare quindi un messaggio sulle pagine dei giornali. Una conferenza stampa è un evento organizzato, ancora una volta da un’istituzione o anche da società commerciali, al quale vengono invitati i giornalisti per essere informati di un evento e intervistarne i protagonisti. La rassegna stampa, infine, è una raccolta di tutti gli articoli usciti su un particolare argomento durante un determinato periodo di tempo.