TARQUINIA
(etrusco Tarchuna, Tarchna; lat. Tarquinii; Castrum novum, Cornetum, Corgnetum nei docc. medievali)
Cittadina del Lazio settentrionale, situata presso il mare, in prov. di Viterbo, che assunse solamente nel 1922 tale nome a sostituzione di quello medievale di Corneto, che già dal 1872 era stato trasformato in Corneto-Tarquinia.T. moderna è infatti ubicata sul sito medievale qui trasferito a seguito dell'abbandono della città etrusca, originariamente posizionata sullo sperone - ancora oggi denominato La Civita - collegato all'entroterra con il lato affacciato sul fiume Marta. Tarchuna era una delle più importanti città dell'Etruria, ma fu vinta dai Romani nel sec. 4° a.C., divenendo municipium intorno al 90 a.C.; già dal sec. 5° d.C. risulta essere stata sede vescovile con un suo vescovo Apuleius, intervenuto al concilio romano del 465; successivamente passò sotto la giurisdizione ecclesiastica di Tuscania a seguito dello spopolamento del sito e del conseguente trasferimento dell'abitato sull'estremità del colle Monterozzi, dove si trovava il castello di Cornetum, registrato nei documenti dall'852 (Silvestrelli, 1940). Tornò poi a essere sede di diocesi solo nel 1435, quando venne unita a Montefiascone da Eugenio IV (1431-1447).Per la sua collocazione presso il mare e sul fiume Marta, già dal sec. 12° Corneto visse avvenimenti storici che condizionarono le scelte culturali del suo anomalo iter artistico, quasi avulso dal territorio circostante e al contrario proiettato in toto verso l'esterno. In quel momento infatti nacque un Comune forte, in grado di gestire gli stretti rapporti commerciali con Pisa (1174), Genova, Venezia e quindi i legami con la Toscana e più generalmente con l'Italia del Nord; la prima menzione ufficiale del Comune viene fatta risalire al 1144, quando nel Liber censuum i consoli rendono omaggio a Lucio II (1144-1145), ma già tra le iscrizioni di S. Maria di Castello si dichiara che la chiesa era stata edificata a pubblico nome del popolo di Corneto e ciò è stato visto dalla critica come riferimento diretto a un'istituzione pubblica cittadina (De Rossi, 1875, p. 115). Conseguenza di tale floridezza furono le grandi mire espansionistiche, verso l'interno e il litorale, che portarono Corneto a combattere con Viterbo e Federico II (1245), con il cardinale Albornoz e Gerardo Orsini (1355), finché nel 1420 ca. fu annessa al Patrimonium.Forse legato strettamente alla storia municipale - in quanto da alcuni ritenuto antica sede del governo cittadino prima dell'edificazione del palazzo Comunale - ma comunque riferito concordemente dalla critica al sec. 12°, il palazzo dei Priori fu realizzato adattando e accorpando in un unico blocco costruzioni diverse, tra le quali le alte torri inglobate agli angoli e lungo i lati perimetrali del nuovo complesso, che veniva così ad assumere un aspetto fortificato, poi in parte alterato con i numerosi interventi rinascimentali.Tra il sec. 11° e il 12° si costituì anche il primo nucleo della città medievale, ancora individuabile nel settore settentrionale della città, mentre la parte a S rispetto all'od. corso Vittorio Emanuele II, chiamata Castrum novum, conobbe il grosso del suo sviluppo edilizio solo nei secoli successivi, anche se il nuovo circuito di mura risale almeno al sec. 13°, come dimostra la stessa ubicazione del palazzo Comunale, posizionato sul tracciato della prima cinta, che quindi al momento della costruzione del medesimo non doveva già più essere in uso. Questo edificio, fortemente alterato nella sua struttura medievale dagli interventi dei secc. 15°-18°, mantiene del nucleo originario solamente parte del prospetto su via S. Pancrazio, scandito da arcature cieche su pilastri, oggi parzialmente inclusi in una struttura a scarpa di epoca successiva (Cicerchia, 1990).Dell'antica Corneto si conserva quindi ancora il circuito di mura con numerosi torrioni e con le porte, tra le quali quella imponente che introduce a Castello, ovvero all'area del recinto che secondo la tradizione delimitava la residenza della contessa Matilde, la quale nel 1080 tenne un placito intus castellum di Corneto per dirimere una controversia sul possesso della chiesa di S. Pietro (Dilcher, 1963). Con la fortificazione di questa porta, avvenuta nella prima metà del sec. 15° con l'inglobamento nella sua struttura del torrione c.d. della contessa Matilde, sembra che si sia voluta isolare dal centro urbano questa porzione di città antica, forse già disabitata (Cicerchia, 1990).Il toponimo Castello - anche se più probabilmente derivato dal castrum Corgnetum piuttosto che dal castello di Matilde - resta comunque legato alla chiesa di S. Maria, che, includendo nelle sue strutture alcune porzioni della cinta muraria (Parlato, Romano, 1992), venne qui edificata a partire dal 1121 e consacrata nel 1207 da Innocenzo III (1198-1216). All'interno di questo arco di tempo la critica colloca più fasi costruttive, scandite dall'attività di un'intera famiglia di marmorari romani che ha firmato tutti gli arredi della chiesa: Pietro di Ranuccio nel 1143 il portale; Nicola, figlio di Pietro, nel 1150 ca. la bifora in facciata; Giovanni e Guittone, figli di Nicola, il ciborio nel 1168 e Giovanni, figlio di Guittone, nel 1208 l'ambone.A queste cronologie così puntuali vengono quindi ancorate dagli studiosi le campagne costruttive. La prima fase, che si può far risalire agli anni tra il 1121 e il 1143, sembra aver comportato la definizione delle strutture perimetrali con le murature in alzato del corpo-navate fino al livello delle coperture e la facciata, con le relative decorazioni scultoree a eccezione della bifora del prospetto, datata da Claussen (1987) al 1150 circa. Tra l'esecuzione del portale nel 1143 e quella del ciborio nel 1168 si collocherebbe la copertura dell'edificio, mentre lavori successivi alle volte e l'edificazione della cupola potrebbero essere datati al 1190 ca. in concomitanza con un nuovo circuito absidale, esemplato su quello di S. Maria di Falleri (Rossi, 1986). Gli arredi della chiesa vennero poi completati nel 1208 ca. con l'ambone e il pavimento.Sempre posizionata in questo settore della città antica, e più specificamente sul ciglio settentrionale della rupe, a Borgo Vecchio, è la chiesa di S. Giacomo Apostolo, la cui prima menzione documentaria risale al 1258, quando figura tra le pertinenze del monastero di S. Giuliano a Tuscania; l'edificio viene però datato da Porter (1913) per il tipo di copertura al 1095 ca., da Apollonj Ghetti (1938) alla seconda metà del sec. 12°, mentre Raspi Serra (1972) lo riferisce ai primi decenni del 12° in quanto la sua icnografia - a navata unica con due campate coperte da volte a crociera, transetto sporgente con cupola, abside emergente e due absidiole laterali in spessore di muro - è stata vista dalla studiosa come prototipo tipologico nella zona, recepito da culture esterne e da modelli cluniacensi, più precisamente dal monastero benedettino di S. Rabano presso Alberese (prov. Grosseto).Notevoli tangenze con S. Maria di Castello da una parte e S. Giacomo dall'altra, presenta la chiesa di S. Martino che, anche se fortemente alterata nei suoi elementi costruttivi (tre navate absidate, coperte a tetto e scandite da pilastri circolari), viene collocata cronologicamente tra i due edifici e datata quindi ai primi decenni del 12° secolo. È infatti anch'essa caratterizzata da una scansione orizzontale della facciata - realizzata con una cornice marcapiano, sottolineata da una serie di archetti su lesene - vista da Raspi Serra (1972), unitamente all'uso della bicromia, come una riproposizione di modelli pisani già presenti in S. Maria di Castello; le due calotte absidali ancora in situ sono state invece individuate dalla studiosa come elementi islamici mediati da S. Giacomo.Influenze pisane sono state ancora riconosciute negli elementi a losanga dell'abside di S. Salvatore, collocato nei pressi di S. Giacomo, nella parte antica della città, attualmente disabitata. È un edificio ormai abbandonato e oggi adibito a magazzino, che conserva però ancora le originarie strutture del sec. 12°, riconoscibili nella navata unica con abside semicircolare, decorata da archetti su elementi verticali, riproposti anche sul lato perimetrale (Parlato, Romano, 1992). Nella chiesa era conservata l'icona del Salvatore (oggi nella cattedrale), a fondo oro su tela applicata su tavola, databile alla fine del sec. 12° (Volbach, 1940-1941).Al potere del Comune è legata dunque una politica edilizia che comportò lo sviluppo della città medievale per tutto il sec. 12°, culminando con la costruzione di S. Pancrazio, (Porter, 1913: 1160 ca.; Raspi Serra, 1972: fine del sec. 12°), posta non a caso (Raspi Serra, 1972) - dietro il palazzo Comunale: in questa chiesa si svolse nel 1204 l'incoronazione di Pietro II d'Aragona (m. nel 1213), che comportò per Corneto nuovi e importanti legami commerciali (Raspi Serra, 1972). È una costruzione con una particolarissima icnografia, a navata unica quasi quadrata, sezionata in larghezza da tre arconi e con la campata che precede le tre absidi coperta da una grande volta esapartita che rimanda a sistemi costruttivi d'Oltralpe (Porter, 1913; Raspi Serra, 1972).Non si conosce la cronologia certa legata alla venuta dei Francescani, che comunque si insediarono a T. nel sec. 13°, dapprima nell'antico oratorio della SS. Trinità, situato subito fuori l'abitato, oltre il più antico circuito di mura; successivamente venne eretto l'edificio attuale, S. Francesco, sul sito del primitivo insediamento, databile alla fine del sec. 13° in quanto nel 1300 risulta già documentato negli Statuta Cornetana (Cicerchia, 1990) e quindi ormai incluso nella nuova cerchia urbana. È una costruzione a tre navate, transetto e absidi rettilinee, nella quale particolarmente significativa risulta essere la navata sinistra, coperta da crociere costolonate a sezione angolare, su archi trasversi a tutto sesto, secondo una soluzione - considerata da Raspi Serra (1972, p. 43) un modo per 'appiattire' la volta - che contraddistingue anche il vicino S. Giovanni Gerosolimitano, nel quale i rimandi a schemi francesi vengono sottolineati anche dalla complessa struttura presbiteriale con grande coro poligonale, preceduto da una campata quadrata, fiancheggiata da cappelle anch'esse poligonali.
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