Teodorico
Nacque intorno al 450-455 da Teodemiro della famiglia degli Amali, la stirpe reale degli Ostrogoti stanziatasi in Pannonia e nei Balcani. Dal 462 al 472 T. fu tenuto ostaggio a Costantinopoli come garanzia di un patto siglato tra il suo popolo e l’Impero romano d’Oriente. Nel 473 mise in mostra le sue qualità militari sconfiggendo i Sarmati e conquistando Singidunum (Belgrado). Alla morte del padre (474) divenne il nuovo re degli Ostrogoti. Leone II, imperatore d’Oriente, ricompensò T., che lo aveva aiutato contro l’usurpatore Basilisco, conferendogli il titolo di console (484). Nel 488 T. si diresse con determinazione verso l’Italia per scalzare il potere di Odoacre, rex gentium (cioè re dei Germani) nella penisola, e lo sconfisse a Verona (489) e sull’Adda (490). Odoacre si rifugiò a Ravenna, subito cinta d’assedio da T., che sarebbe riuscito ad avere ragione del rivale solo nel 493. Dopo aver ucciso Odoacre e la sua famiglia e aver consolidato le basi del proprio potere, T. attese per lunghi anni il riconoscimento ufficiale della sua posizione da parte di Bisanzio: solo nel 498 l’imperatore Anastasio gli riconobbe la dignità di patrizio, vale a dire di maggiore rappresentante dell’impero in Italia. Durante il suo regno l’Italia visse un proficuo periodo di pace e T. riuscì ad amalgamare l’anima romana e quella gota in un nuovo Stato romano-germanico. T. stabilì buone relazioni con altre popolazioni barbariche; con i Vandali strinse un’alleanza nel 491 e si avvicinò ai Visigoti e ai Franchi attraverso un’abile politica matrimoniale: sua figlia fu data in moglie ad Alarico II, re dei Visigoti, e lo stesso T. sposò in seconde nozze la figlia di Clodoveo, re dei Franchi. Malgrado questa attenta politica la guerra esplose nel 504: Clodoveo sconfisse i Visigoti e uccise il loro re Alarico II (507), ma T. inflisse una dura disfatta all’esercito franco-burgundo (Arles, 509). Nel 510 venne firmata la pace. Nel frattempo peggiorarono le relazioni con Costantinopoli; e nel 524 T. condannò a morte il proprio consigliere Boezio e anche Simmaco, sospettati di tramare con Bisanzio. I contrasti con l’Impero romano d’Oriente si acuirono nel 524 (o 525) quando l’imperatore Giustino condannò l’arianesimo, la religione praticata dai Goti. A nulla valse l’ambasciata di papa Giovanni I inviato a Costantinopoli nel tentativo di far abrogare tale decisione imperiale. T. morì a Ravenna nell’agosto del 526.
M. si occupa di T. solo nel primo libro delle Istorie fiorentine, seguendo la traccia offertagli da Biondo Flavio (→). Al di là del racconto degli eventi, M. mette in rilievo le qualità di T., uomo eccellente in guerra e in pace:
Meritò [...] Teoderigo non mediocre lode, sendo stato il primo che facesse quietare tanti mali; tale che, per trentotto anni che regnò in Italia, la ridusse in tanta grandezza che le antiche battiture più in lei non si riconoscevano (I vi).
Alla sua morte, prosegue M., l’Italia tornò nel disordine. Solo alcuni atti di crudeltà limitano il giudizio conclusivo sul regno di T.:
se tante virtù non fossero state bruttate nell’ultimo della sua vita da alcune crudeltà, causate da varii sospetti del regno suo, come la morte di Simmaco e di Boezio [...], sarebbe al tutto la sua memoria degna da ogni parte di qualunque onore (I iv).
La pagina teodoriciana di M. fu molto valorizzata da Federico Chabod: «Che cosa è questo ritratto di Teodorico re, se non la trasposizione, nel passato, in un passato lontano dieci secoli, di quell’ideale del Principe che Machiavelli nel 1513 aveva creduto per un momento di poter effigiare come un ideale di possibile attuazione nel presente?» (Scritti su Machiavelli, 1964, p. 250). «In realtà [...] non c’è indizio che, nell’azione [di T.] M. vedesse qualcosa di più e di meglio di una pausa imposta al ritmo distruttivo che la fortuna aveva ormai da tempo impresso alle cose» (G. Sasso, Niccolò Machiavelli, 2° vol., La storiografia, 1993, p. 132).