Tasso, Torquato
La struggente poesia di amanti e cavalieri
Autore della Gerusalemme liberata, ultimo capolavoro della letteratura del Rinascimento, Tasso crea uno stile nuovo. La sua poesia malinconica e i suoi versi ricchi di sfumature esprimono la crisi dei valori del 16° secolo e l’inizio di un’epoca piena di dubbi. I personaggi delle sue opere, dall’Aminta alla Gerusalemme liberata, rappresentano già i sentimenti, le aspirazioni e le contraddizioni dell’uomo moderno
Nato a Sorrento nel 1544, Tasso dopo un’infanzia travagliata da vicende familiari, caratterizzata da continui spostamenti e segnata dalla morte della madre Porzia de’ Rossi, si stabilisce all’età di quindici anni a Venezia con il padre Bernardo, letterato e uomo di corte.
Nella Venezia rinascimentale (Rinascimento), città meravigliosa e ancora culturalmente vivacissima, conosce scrittori e poeti che influenzano la sua vocazione artistica. Dal 1560 al 1565 frequenta l’università di Padova, dove è in stretto contatto con l’ambiente che studia le opere di Aristotele; si appassiona in particolare ai dibattiti sulla Poetica del filosofo greco.
In dieci mesi, con ardore giovanile e grazie all’esempio del padre, scrive il Rinaldo (pubblicato nel 1562), un poema cavalleresco che rappresenta il primo risultato compiuto delle sue capacità narrative. Contemporanea è la sua riflessione critica sui modi e le tecniche per comporre i poemi, un impegno, questo, che continua negli anni successivi e che accompagnerà l’autore anche durante la scrittura del suo capolavoro, la Gerusalemme liberata.
Nel 1565 si trasferisce a Ferrara, divenuta – grazie a poeti come Matteo Maria Boiardo e Ludovico Ariosto – la patria del poema di cavalleria. Qui, nella città dei duchi d’Este, al servizio di Alfonso II, partecipa attivamente alla vita di corte e si dedica principalmente alla poesia lirica, al teatro (con la composizione nel 1573 della favola pastorale intitolata Aminta) e, infine, tra il 1570 e il 1575, alla redazione della Gerusalemme liberata, l’opera alla quale pensava fin dalla prima giovinezza.
Nel corso del Cinquecento si sviluppa alla corte ferrarese un nuovo genere letterario: la favola pastorale o boschereccia. Tali favole, composte da dialoghi in versi e accompagnate da musica, venivano rappresentate durante le feste. Le tematiche sono quelle arcadiche, legate alla descrizione della serena vita dei pastori, che trascorre tra i piaceri della natura e quelli del canto.
Nella favola Aminta Tasso riprende i motivi sentimentali e idillici della tradizione bucolica classica (Virgilio) con un linguaggio maturato attraverso lo studio della poesia latina e di quella in volgare. In un’atmosfera di sogno si svolge la storia dei due protagonisti, il giovane pastore Aminta e la bella e fresca ninfa Silvia. Aminta ama Silvia, che però è restia e sdegnosa. Dopo molti ostacoli e diverse vicende, i due personaggi si ritrovano felicemente uniti.
L’autore mostra le tante sfaccettature e le varie fasi del sentimento dell’amore, un sentimento legato alla giovinezza. Per Tasso questa stagione meravigliosa non va considerata solo come un’epoca della vita umana, ma in un senso assai più ampio, spirituale e storico. Da un punto di vista storico l’ambiente rarefatto e puro dell’Arcadia, la mitica regione dell’antica Grecia, rappresenta proprio l’epoca della giovinezza e dell’innocenza del mondo. Mentre descrive e contempla le dolcezze dell’amore, tuttavia, il poeta rivela il timore di perderlo. Per questo nella poesia dell’Aminta troviamo anche una vena malinconica e nostalgica, che crea uno stile ammirato e ripreso dai poeti del Settecento e dell’Ottocento.
Tra storia e fantasia. Tasso con la Gerusalemme liberata rinnova alla fine del Rinascimento il poema cavalleresco. Questo genere letterario, nel quale si narrano le gesta d’armi e gli amori di re, principi, dame e cavalieri, era nato in Francia nel Medioevo e si era diffuso in Italia dal 12° secolo, trovando nel Cinquecento in Ariosto e Tasso i maggiori rappresentanti.
Composta da venti canti in ottave, cioè in strofe di otto versi endecasillabi, la Gerusalemme liberata è dedicata ad Alfonso II d’Este. Il contenuto, a differenza di quello dell’Orlando innamorato di Boiardo e dell’Orlando furioso di Ariosto, non è romanzesco ma rielabora un evento storico. Tasso vuol divertire ed essere apprezzato dai suoi lettori, ma attraverso fatti realmente accaduti che possano essere d’insegnamento.
Il poema racconta le imprese dei cavalieri cristiani durante la fase finale della prima crociata del 1099 e la successiva liberazione di Gerusalemme dal dominio turco. L’autore aveva tratto le notizie degli avvenimenti narrati dalle cronache medievali, e in particolare da quelle scritte da Guglielmo di Tiro.
Attualità del poema. I temi affrontati nel poema erano sentiti molto vicini e attuali dai contemporanei di Tasso. Negli anni nei quali vive il poeta, infatti, l’Europa e soprattutto Venezia temono l’espansione della potenza turca e i suoi ripetuti attacchi (ottomano, Impero); poi, in seguito alla vittoria cristiana contro gli Ottomani avvenuta nella battaglia di Lepanto del 1571, si riaccendono le speranze di una possibile concordia tra gli imperi cristiani.
Dentro la cornice storica, rivivono nella Gerusalemme liberata la mitologia classica dell’Iliade e dell’Odissea di Omero e dell’Eneide di Virgilio, quella cristiana della Bibbia e di Dante e, infine, la tradizione romanza del ciclo bretone e del ciclo carolingio (Carlomagno).
Il successo del poema, dai contemporanei in poi, deriva proprio da quel sapiente equilibrio tra storia e invenzione fantastica che Tasso riesce a creare.
Cristiani e pagani. Il tema di fondo è, come si è detto, la prima crociata. Dopo sei anni dall’inizio, i valorosi paladini cristiani, distolti da interessi personali, appaiono disorientati rispetto al loro nobile intento.
Dio, allora, incarica il valoroso e saggio Goffredo di Buglione di prendere la guida dell’esercito per condurlo alla liberazione di Gerusalemme. Da questo episodio prendono avvio molte vicende delle quali sono protagonisti gli eroi e le eroine cristiani e pagani.
Nello sviluppo della trama Tasso inserisce temi diversi, come l’amore, le avventure, le magie, che servono a dilettare i lettori e a presentare la sua visione del mondo. Un mondo pieno di conflitti e di contraddizioni, nel quale lottano forze diverse: da una parte i fedeli e dall’altra gli infedeli, da una parte le potenze infernali e dall’altra quelle angeliche, da una parte la magia diabolica e dall’altra il senso cristiano del meraviglioso. L’autore evidenzia sempre l’impossibilità della concordia, una dimensione universalmente irrealizzabile.
Gli amori impossibili. Anche l’amore nasce e cresce come scontro fra opposti. I protagonisti delle vicende sentimentali vivono intimamente il dramma dell’inconciliabilità. Olindo ama Sofronia senza essere corrisposto; Tancredi è innamorato della inconsapevole pagana Clorinda; lo stesso Tancredi è invece a sua volta amato dalla dolce Erminia; Armida e Rinaldo si amano follemente ma la loro separazione è richiesta per la vittoria cristiana sui pagani.
La descrizione degli stati d’animo degli amanti infelici ci mostra la grandezza di Tasso nel penetrare le psicologie umane e nel rappresentarle nel corso dei venti canti con raffinate sfumature e successivi approfondimenti. Lo stile poetico nelle scene amorose come nelle immagini delle suggestive battaglie è sempre alto e sublime, proprio come Tasso aveva teorizzato nei suoi scritti critici sulla composizione del poema eroico. Ma i toni che egli usa sono molteplici, dal lirico all’elegiaco al tragico: musiche e ritmi variati con maestria, capaci di sorprendere e coinvolgere l’esigente pubblico dei lettori delle corti rinascimentali.
Dopo la Gerusalemme liberata
Conclusa la redazione del capolavoro, Tasso inizia un lavoro di revisione della sua produzione poetica e critica, angosciato da dubbi di carattere morale e religioso. È il periodo nel quale si manifestano nell’artista squilibri nervosi alternati a momenti di depressione; comportamenti che inducono il duca Alfonso II a rinchiuderlo nel carcere di Sant’Anna fino al 1586.
Dopo la liberazione, avvenuta grazie all’intervento dei principi Gonzaga, Tasso dedica gli ultimi anni della sua vita alla riscrittura delle sue opere e alla composizione di nuovi testi di soggetto religioso. Muore a Roma nel 1595.