Toscana
Regione dell’Italia centrale, con capoluogo Firenze.
La Tuscia (da cui Tuscania e T.), il cui nome divenne ufficiale con l’ordinamento dioclezianeo, nel 5° sec. seguì la sorte delle altre parti d’Italia: devastata dagli alamanni, fu poi sotto il dominio di Odoacre, dei goti, dei longobardi; sotto questi ultimi (569-774) ebbe come centro principale Lucca, la cui preminenza continuò anche sotto i franchi. Primo conte fu Bonifacio (812-823). Nella seconda metà del 9° sec. il conte di Lucca Adalberto I (845-898) fu investito del marchesato di Tuscia e alla metà dell’11° sec. questo passò agli Attoni, già signori di Canossa, Modena, Reggio, Mantova. In quello stesso secolo si costituirono le prime autonomie comunali e in seguito Pisa, Lucca, Pistoia, Siena, Firenze, Arezzo, divenute importanti centri di attività artigianale e mercantile, lottarono per l’egemonia sulla regione. Dall’11° al 12° sec. primeggiò Pisa, ma dopo la sconfitta della Meloria (1284) l’iniziativa passò a Firenze, che costringendo a patti Siena (1269), poi Arezzo (1289), quindi Pistoia, diede inizio alla propria egemonia regionale; nel 1406 con la conquista di Pisa aveva sotto il suo dominio quasi tutta la T., con l’eccezione di Lucca e Siena. Con il 15° sec. la funzione storica della T., e di Firenze in particolare, si spiegò in campo assai vasto per il contributo dato al rinnovamento culturale e artistico del Rinascimento. Frattanto le forme comunali, sperimentate da Firenze nella seconda metà del Trecento, verso il 1430 furono soppiantate dalla signoria dei Medici.
Un secolo dopo, per accordo tra papa Clemente VII e Carlo V, nacque il principato mediceo e Alessandro de’ Medici con la Costituzione del 1532 gettò i fondamenti dello Stato regionale. Cosimo I, succedendogli (1537), compì il processo di unificazione, da una parte con la guerra di Siena (1554-55) e l’annessione del territorio dell’antica rivale, dall’altra con riforme che conferirono assetto omogeneo al principato, che nel 1569 fu elevato a granducato. Restavano fuori Massa e Carrara, la Repubblica di Lucca, il principato di Piombino, lo Stato dei Presidi e (fino al 1608) la contea di Pitigliano. Dopo lo scialbo principato di Francesco I (1574-87), il granduca Ferdinando I (1587-1609) attuò una politica favorevole alla Francia che inserì il granducato nella più vasta politica europea; dette inoltre incremento all’agricoltura con larghe bonifiche nella Valdichiana, nella Maremma senese e nel Pisano. Cosimo II (1610-21) continuò con scarsa energia la politica paterna; altrettanto fiacco fu il governo del consiglio di reggenza (1621-28) e quello del granduca Ferdinando II (1628-70). La dinastia si estinse con Giangastone nel 1737. Dopo la guerra di Successione polacca e l’assegnazione del granducato di T. a Francesco Stefano di Lorena furono risanate le finanze e ridotto il debito pubblico, una politica economica con indirizzo liberistico migliorò le condizioni del territorio. Sotto Pietro Leopoldo (1765-90) furono curate le bonifiche e il ripopolamento di territori malsani e venne favorita l’agricoltura con la formazione della piccola proprietà. Occupata dai francesi per breve tempo nel marzo 1799, la T. fu da loro nuovamente occupata nel 1800, e per il Trattato di Lunéville fu assegnata a Ludovico di Borbone che ebbe il titolo di re d’Etruria. Con il Trattato di Fontainebleau del 1807 fu annessa all’impero francese e, sotto il governo di Elisa Baciocchi, conobbe notevoli riforme. Con la Restaurazione si tornò agli ordinamenti politici preesistenti all’occupazione francese, ma furono anche conservate molte delle innovazioni del regime napoleonico (il codice di commercio, il sistema ipotecario, la pubblicità dei giudizi, lo stato civile). Da ciò, per riflesso, un orientamento tutto particolare dello spirito pubblico, scarsamente sensibile agli appelli delle società segrete e dei partiti avversi ai regimi restaurati. Sotto il governo saggio e tollerante di Leopoldo II (1824) cominciò invece a svolgere la sua opera un cenacolo di intellettuali di tendenze moderate (G. Capponi, C. Ridolfi, R. Lambruschini, B. Ricasoli, V. Salvagnoli), raccoltisi intorno a G.P. Vieusseux, i quali, dapprima sotto la veste di studiosi, poi facendosi promotori di riforme, prepararono il rinnovamento civile e politico della Toscana. Nel 1848 il granduca concesse la libertà di stampa, la guardia civica e lo statuto, e il moderato Ridolfi, instaurato il regime costituzionale, assunse la presidenza del Consiglio. Con i rovesci militari della prima guerra d’Indipendenza, a un breve ministero di Capponi (1848) seguì un ministero guidato da F.D. Guerrazzi e G. Montanelli, che tentò d’imporre a Leopoldo II una costituente nazionale da convocare a Roma. Fuggito il granduca, nel 1849 si ebbe un triumvirato formato da Guerrazzi, Montanelli e G. Mazzoni, cui seguì la dittatura del solo Guerrazzi. Dopo il ritorno di Leopoldo II il granducato conobbe un decennio di profondi fermenti politici. Con la seconda guerra d’Indipendenza, alla quale Leopoldo II non volle partecipare, preferendo lasciare i suoi Stati (1859), la T. si diede un governo provvisorio, presieduto da V. Peruzzi e poi da B. Ricasoli. Eluso il disegno di Napoleone III di formare uno Stato nell’Italia centrale da assegnare a Girolamo Napoleone, la T. fu annessa al regno di Sardegna con il plebiscito del 15 marzo 1860.