Troia
La città dell’Iliade
Nell’immaginario collettivo dell’Occidente pochi luoghi occupano un posto altrettanto significativo di Troia, città indissolubilmente legata alle immortali vicende narrate da Omero nell’Iliade. Grazie alla ferrea convinzione del tedesco Heinrich Schliemann, che scoprì e scavò la città nella seconda metà dell’Ottocento, oggi noi conosciamo tutto della Troia storica, un insediamento dalla vita lunga, estremamente complessa e avvincente, che era situato all’incrocio tra l’Europa e l’Asia
Da un punto di vista strettamente archeologico e storico l’insediamento di Troia ha un’importanza rilevante, ma non è per questo che esso costituisce un unicum nella cultura occidentale. Troia deve infatti la sua fama soprattutto all’eccezionale concomitanza di due circostanze: in primo luogo costituisce lo sfondo di uno dei più famosi poemi della letteratura universale, l’Iliade (Omero), che deriva il suo titolo da Ilio, altro nome con cui la città era conosciuta. Troia, però, è risultata essere stata anche un luogo reale, teatro di una guerra effettivamente combattuta più di 3.000 anni fa, che presenta incredibili attinenze con quella narrata proprio nell’Iliade.
Ma non è sempre stato così. Fino agli ultimi anni dell’Ottocento, infatti, quasi nessuno credeva che l’Iliade potesse riecheggiare un evento realmente accaduto, e veniva considerata un geniale parto della fantasia. Questa situazione rimase immutata fino al 1870, quando un archeologo tedesco dilettante di nome Heinrich Schliemann catapultò la Troia omerica dal mito nella storia.
Presso lo sbocco dello Stretto dei Dardanelli, sulla costa settentrionale della Turchia, nell’ampia valle del fiume Scamandro alla confluenza del Simoenta sorge la piccola altura di Hisarlik. Qui nel Settecento vennero alla luce alcuni documenti epigrafici che attestavano fuori di ogni dubbio l’esistenza in quel luogo di un insediamento ellenistico e romano chiamato Ilio. In seguito a questa scoperta e alla corrispondenza delle descrizioni geografiche contenute nell’Iliade con la topografia del sito, nel corso dell’Ottocento alcuni studiosi avanzarono l’ipotesi che in quello stesso luogo si trovassero anche i resti della Troia preistorica e quindi di quella omerica.
In seguito a ciò, nel 1870 il facoltoso uomo d’affari Heinrich Schliemann iniziò una massiccia campagna di scavi alla ricerca della Troia omerica. Fu così che ebbe luogo una delle più grandi scoperte archeologiche mai avvenute. Nel corso di venti anni Schliemann portò alla luce una serie di strati di città sovrapposte, e dopo che le indagini vennero ulteriormente perfezionate dal connazionale Wilhelm Dörpfeld (1893-94) e dallo statunitense Carl W. Blegen (1932-38) fu chiaro che erano ben nove gli strati abitativi che caratterizzavano la collina di Hisarlik: ognuno di essi venne contrassegnato con il nome della città e un numero romano progressivo, e con una lettera le ulteriori sottodivisioni interne allo strato stesso (per esempio, Troia IV a). La via verso la concretizzazione di un mito era finalmente aperta.
Lo studio dei nove strati ha dimostrato un’ininterrotta urbanizzazione del sito di Hisarlik dalla fine del Neolitico/inizio Età del Bronzo al tramonto dell’epoca romana: il passaggio fra uno strato e l’altro corrisponde alla distruzione più o meno totale del precedente insediamento e a una nuova edificazione sui suoi resti, mentre le suddivisioni all’interno di uno stesso strato inquadrano cambiamenti e ristrutturazioni il più delle volte nell’ambito di una normale evoluzione dell’abitato. I primi cinque strati appartengono a un’era che si spinge fino al termine dell’antica Età del Bronzo egea (1800 a.C. circa). All’interno di questo periodo le indagini hanno potuto accertare che la distruzione di Troia I deve essere attribuita a un incendio, mentre l’insediamento di Troia II fu completamente distrutto intorno al 2300 a.C. da una catastrofe di cui non si è potuto appurare la natura, ma che non sembra essere stata di carattere bellico. Troia II appare essere stato un centro di assai alto livello di civiltà e prosperità: prova ne è il ritrovamento di quello che Schliemann – inizialmente identificando in modo erroneo questo strato con quello corrispondente alla Troia omerica – chiamò il tesoro di Priamo, una quantità impressionante di gioielli, armi e suppellettili di raffinatissima fattura.
Anche le cause della distruzione di Troia III – avvenuta forse intorno al 2200 a.C. –, di Troia IV – verso il 2050 a.C. – e di Troia V (1900 a.C.), non sono chiare, ma alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi che la fine di quest’ultima potrebbe essere messa in connessione con l’arrivo dei popoli della prima grande ondata migratoria che si riversò sulle sponde orientali e occidentali dell’Egeo e che nella Penisola Greca avrebbe poi dato origine alla civiltà micenea.
Con l’edificazione di Troia VI si entra nella media Età del Bronzo e si assiste a evidenti innovazioni e differenze rispetto ai periodi precedenti, ulteriori indici di una rottura col passato e dell’arrivo di nuove stirpi che trasformano la cittadella in una potente fortezza reale. Gli avanzati criteri di ingegneria militare che la caratterizzano e i maestosi resti di una costruzione dalla pianta similare a quella dei palazzi di Micene e Tirinto portarono Schliemann, dopo aver abbandonato l’ipotesi di Troia II, a identificare con Troia VI l’insediamento descritto nell’Iliade, ma anche questa proposta alla luce di un più attento esame dei dati si rivelò imprecisa. La fine di Troia VI viene infatti collocata nel 1300 a.C., all’inizio della tarda Età del Bronzo, e attribuita a uno spaventoso terremoto che sappiamo colpì in quel periodo buona parte del Vicino Oriente: i resti superstiti, infatti, non presentano nessun segno di evento bellico.
Tali segni sono invece nettamente evidenti in riferimento alla distruzione di Troia VII a: la città viene saccheggiata e incendiata, ed è proprio a questa fase – collocata intorno alla prima metà del 13° secolo a.C. – che la maggior parte degli studiosi ha finito per attribuire la possibile identificazione della Troia omerica. Nonostante infatti anche la distruzione di Troia VII b – edificata dagli abitanti di Troia VII a scampati al massacro – sia caratterizzata da incendi, il fatto di poterla datare a circa il 1100 a.C. elimina qualsiasi ulteriore dubbio in proposito, perché in quell’epoca i grandi regni micenei della Grecia erano già in rovina a opera dell’invasione dei Dori (Sparta) e non avrebbero di certo potuto muovere guerra contro la loro rivale asiatica. Anche la fine di Troia VII b, anzi, avvenuta nel momento di trapasso fra la fine dell’Età del Bronzo e l’inizio dell’Età del Ferro, potrebbe essere diretta conseguenza dell’insieme di eventi che in quel periodo turbarono il Mediterraneo orientale.
In seguito alla distruzione di Troia VII, i Troiani abbandonarono l’insediamento, che rimase per 400 anni sostanzialmente spopolato. Fu solo nel 700 a.C., infatti, che vi si stabilì una colonia greca, originando la fase conosciuta come Troia VIII.
Nell’86-85 a.C., nel corso delle lotte civili fra Caio Mario e Lucio Cornelio Silla, si ebbe di nuovo una totale distruzione della città, che fu successivamente ricostruita: fu questa l’ultima fase di vita del sito, Troia IX, che vide nel corso dell’Impero Romano una progressiva ma inarrestabile perdita d’importanza.
Con la fine dell’età classica e la decadenza medievale, della Troia reale si perse completamente traccia e ricordo, e di questa antica città rimase solo l’immagine poetica immortalata da Omero.
Schliemann ha dimostrato dunque che nello stesso luogo descritto da Omero, e chiamato Ilio ancora in età classica, sorgeva fin dagli albori della civiltà una città ricca, potente, ben difesa, situata in un punto strategico all’incrocio fra Europa e Asia. Questa città fu attaccata e incendiata intorno alla metà del 13° secolo a.C. – la stessa data che anche Erodoto assegnava alla caduta di Troia.
I parallelismi fra la realtà e la poesia sono molto precisi, e ormai più nessuno dubita che gli avvenimenti immortalati nell’Iliade siano il ricordo di un cruento e vasto conflitto avvenuto nella tarda Età del Bronzo fra una federazione di reami micenei e la città di Troia con i suoi alleati per il controllo del Mediterraneo nordorientale.