Civiltà micenea
Gli antenati degli antichi Greci
Se fino alla metà del 2° millennio a.C. i dominatori del Mediterraneo furono i Cretesi, a partire da questo periodo sono gli Achei a prendere il loro posto. Guerrieri e marinai, gli Achei danno vita a potenti città-Stato fra cui emerge soprattutto Micene, tanto che per questo sono chiamati anche Micenei. Delle loro imprese militari e dei loro viaggi nel Mediterraneo si conserverà traccia nella mitologia greca e nei poemi di Omero, mentre dello svolgimento della loro vita quotidiana resta testimonianza nelle numerose tavolette d’argilla rinvenute nei loro palazzi
All’inizio del 2° millennio a.C. un popolo proveniente da nord sciama nella penisola greca – abitata da pochi gruppi di pastori e agricoltori –, dà vita a numerosi insediamenti e raggiunge col passare del tempo, grazie anche all’influsso della più avanzata civiltà minoica (Creta), un rilevante grado di potenza e sviluppo. Intorno alla metà del millennio, anzi, approfittando del declino del potere minoico, la gente del Nord occupa la stessa Creta, insediandosi nelle città-palazzo dell’isola – quali Cnosso e Festo – e sostituendosi al vertice della società della Grecia di allora.
Il nome di quel popolo, come ci testimoniano i documenti ittiti ed egizi contemporanei, è Akhiyawa. Sono gli Achei di cui parla Omero nei suoi poemi. Gli studiosi li definiscono anche Micenei, dalla città che rappresentò una delle loro più importanti potenze.
Ma chi sono i Micenei? Stirpe di origine indoeuropea, portano nel mondo greco alcune novità importanti: la lingua, innanzitutto, che è già greca, il culto del dio del cielo e una nuova tecnologia nella lavorazione del metallo, ma anche una più ferrea organizzazione sociale e politica. Sulle popolazioni micenee, raggruppate in medie organizzazioni statali, regna un sovrano (wanax), affiancato da una burocrazia di corte e militare; a capo dell’esercito è il generale (lawaghetas), scelto tra le famiglie aristocratiche (lawoi). Ai margini della piramide del potere c’è il popolo (damo), soprattutto agricoltori e artigiani, e infine gli schiavi (doeroi). Soltanto agli aristocratici è concesso possedere terre e bestiame; il popolo, come nell’Europa medievale, può solamente coltivare la terra dei signori e trattenere una piccola parte del raccolto. Il palazzo, che era stato già il centro della vita politica e culturale minoica, si cinge di mura e diviene il centro del potere miceneo. Nella grande sala del focolare (mègaron) si tengono banchetti e si cantano le vicende del mito.
È proprio in questa civiltà, antenata più prossima di quella greca classica, che i Greci collocano le figure degli eroi a loro più cari – Achille, Ulisse, Agamennone e Menelao – attraverso lo straordinario racconto dell’epica arcaica, soprattutto i poemi di Omero. Ed è alle loro imprese mitiche che anche gli studiosi moderni guardano per individuare i ricordi di un lontano passato trasfigurato dal mito.
La scoperta moderna dei resti della civiltà micenea è una delle avventure più affascinanti dell’archeologia.
Tutto comincia a metà dell’Ottocento, quando un ragazzo tedesco, Heinrich Schliemann, leggendo l’Iliade e l’Odissea si innamora della civiltà greca e sogna di recuperarne le origini. Sono esistiti gli eroi di Omero? Dove si trova realmente Troia? Heinrich cresce e diventa imprenditore. Dopo aver messo da parte ingenti ricchezze, può finalmente realizzare il suo progetto.
Con l’Iliade in mano parte dalla Germania e si reca nella Penisola Anatolica, alla ricerca dei luoghi cantati da Omero: il fiume Scamandro, la baia di Troia, le sorgenti. Nessuno gli dà credito, e Schliemann viene deriso dalla comunità scientifica che non è persuasa dell’esistenza di quel mondo antichissimo. Ma dopo alcuni anni di scavi, finalmente vede avverarsi il suo sogno: da un’altura vicino al fiume che scorre verso il Mare Egeo cominciano a riemergere le rovine di una città circondata da torri e da mura, con palazzi ed edifici sontuosi. Le mura e le case recano i segni di un enorme incendio che ha causato la rovina della città. A questo punto Schliemann può essere sicuro: Troia è stata riscoperta. Omero aveva ragione!
La notizia fa il giro del mondo e Schliemann riceve l’incarico di andare alla ricerca anche degli altri regni micenei: Itaca, Pilo, Micene. Uno dopo l’altro vengono alla luce i grandi palazzi delle capitali micenee, e con essi gli straordinari gioielli indossati dalle principesse achee.
Tra l’Ottocento e il Novecento il mondo acheo-miceneo non è più avvolto dalle tenebre: i Greci hanno finalmente ritrovato i loro antichi padri. Ma c’è un mistero che ancora è irrisolto: quale lingua parlavano gli Achei? Nonostante nei magazzini dei palazzi della Cnosso di età micenea e di Pilo gli archeologi rinvengano moltissime tavolette scritte, infatti, i segni con i quali sono redatti questi documenti rimangono sconosciuti, cosa che non permette di arrivare alla scoperta della lingua micenea.
Questo mistero dura per molti anni, finché nel 1952 un architetto inglese, Michael Ventris, riesce a trovare le combinazioni giuste per decifrare quei segni. La scoperta è sensazionale: la lingua micenea è già greco, ma è scritta in un sistema sillabico di scrittura (lineare B).
Le tavolette di Pilo e di Cnosso costituiscono gli archivi economici dei palazzi: registrazioni di conti e di donazioni, di entrate e di uscite, di sacrifici e di eventi di cronaca. Da quelle antiche tavolette di argilla riemerge un mondo popolato da contadini e fabbricanti di armi, fabbri e vasai, tessitori e sacerdoti, potenti signori e aristocratici guerrieri. È il mondo cantato da Omero, una volta per tutte riscoperto e sottratto all’oblio del tempo.
Se in Omero c’è la traccia dell’antica società micenea, anche le storie che vedono protagonisti gli eroi achei possono avere un fondo di verità. È questo che pensano gli studiosi, che hanno cercato così di ricostruire le vicende del popolo miceneo.
Innanzitutto c’è la grande impresa di Troia. Dietro alle vicende mitiche del rapimento di Elena da parte del principe di Troia Paride e della conseguente spedizione punitiva achea si può vedere il ricordo delle antiche lotte tra i potenti micenei del continente greco e i popoli dell’Asia minore per il controllo delle rotte commerciali verso il Mar Nero e le regioni dell’Est. Proprio intorno al 1300-1200 a.C. i Micenei iniziano a spostarsi dalle città della Grecia verso le isole e le coste dell’Asia, dove fondano nuovi insediamenti. È quella che gli studiosi chiamano prima, o grande, colonizzazione, uno spostamento enorme di uomini e di merci dal continente verso le terre fertili delle isole e delle coste asiatiche, che diventano greche e rimarranno tali per oltre duemila anni, fino alla conquista turca del 1500.
I miti che coinvolgono gli eroi achei sono spesso miti di viaggio, avventure straordinarie attraverso il Mediterraneo: pensate a Giasone e agli Argonauti, ma anche ai viaggi di Ulisse. Il viaggio è quindi una realtà assai importante nel mondo miceneo, dal punto di vista sia commerciale sia culturale. Gli Achei non viaggiano solo in direzione dell’Oriente e dell’Asia minore: Ulisse, Diomede e altri protagonisti del mito arrivano con le proprie peregrinazioni fino all’Italia e alla Sicilia, alla Sardegna e persino alla Spagna.
Dopo il 1200 a.C. le tavolette micenee iniziano a registrare frenetici preparativi militari di difesa, allarmi per imminenti sciagure e sacrifici per placare la vendetta divina. Cosa sta succedendo? Il pericolo viene forse dal mare: le scorrerie di genti definite dai testi egizi e ittiti popoli del mare stanno provocando terrore e sconvolgimenti in tutto il Mediterraneo. I Micenei, che pure hanno rappresentato per circa tre secoli una potenza rilevante, non riescono a sostenere l’avanzata di questi invasori. I palazzi dei principi achei, uno dopo l’altro, sono devastati e vengono dati alle fiamme: finisce così, tragicamente, una delle civiltà più importanti per la storia greca e non solo.
Dal Nord, intanto, sta calando un’altra popolazione di origine indoeuropea, più forte militarmente ma meno evoluta culturalmente: sono i Dori, che sostituiranno le aristocrazie achee al vertice della società, facendo però piombare tutto il mondo greco in un lungo periodo di arretramento, chiamato dagli studiosi Medioevo greco. I palazzi saranno in parte abbandonati, si interromperanno i grandi viaggi lungo il Mediterraneo, addirittura la scrittura sarà dimenticata. Ma sopravvivrà, nella memoria e nelle storie cantate dai poeti il ricordo delle straordinarie imprese e dei grandi personaggi del mondo miceneo, e sarà proprio di qui, con i poemi di Omero, che tre o quattro secoli più tardi ripartirà la grande avventura del popolo greco (Greci antichi).