Ungheria
Stato interno dell’Europa orientale.
Conquistata dai romani (1° sec. a.C.-1° sec. d.C.), fortificata da una serie di costruzioni lungo il limes danubiano e intensamente romanizzata, la Pannonia fu abbandonata (375-406) sotto l’incalzare degli unni di Attila; invasa da gepidi e ostrogoti (fine 5° sec.), divenne possedimento degli avari che vi costituirono un regno (567). Subì ripetute incursioni slave sino a quando i magiari, di stirpe ugro-finnica, stanziati prima nella zona del Caucaso e poi (metà 9° sec. ca.) fra il Don e lo Dnepr, sotto la pressione dei peceneghi, si spostarono verso occidente insediandosi nell’896 nella pianura pannonica: nella formazione storica che si è sviluppata con continuità fino all’epoca moderna, l’U. è creazione della popolazione magiara. Con Géza (972-997) della dinastia degli Árpád ebbe inizio la conversione dei magiari al cristianesimo e il loro fissarsi alla terra; il successore, Stefano il Santo (997-1038), gettò le basi dello Stato ungherese, anche con l’appoggio del papato. La più antica monarchia ungherese era una sorta di monarchia patrimoniale, il cui potere si fondava sugli immensi possessi del re; organi amministrativi erano i comitati, retti da comites, saliti nel tempo da 45 a 72. Per organizzare la Chiesa ungherese Stefano istituì arcivescovadi e vescovadi, inducendo anche gli ordini religiosi a fondare loro conventi. Alla morte di Stefano, l’U. si trovò coinvolta nelle lotte fra impero e papato, appoggiandosi a questo contro il primo, e, dopo un periodo di decadenza, con Ladislao I (1077-95) diede inizio a una politica espansionistica: nel 1089-90 fu conquistata la Slavonia; nel 1091 vi fu l’unione della Corona di Croazia (durata sino al 1918), che comportò una lotta con Venezia, durata tre secoli, per il dominio della Dalmazia. L’unione con la Croazia e l’alterno possesso della Dalmazia coinvolsero l’U. nei problemi balcanici, con conseguente contrasto con Bisanzio. L’esaurirsi dello Stato patrimoniale e l’avviarsi di forme di organizzazione feudale analoghe a quelle dell’Occidente segnarono la crisi del potere regio: nel 1222 Andrea II (1205-35) riconosceva ai nobiles il diritto di opporsi a ogni attività del re contraria alle leggi. Un tentativo di riaffermazione del potere regio fu compiuto da Béla IV (1235-70), ma l’invasione mongola (1241) gettò l’U. nel caos; con i successori Stefano V (1270-72) e Ladislao IV il Cumano (1272-90) l’oligarchia nobiliare si riaffermò. L’ultimo degli Árpád, Andrea III (1290-1301), si vide contesa la successione dagli Asburgo e dagli Angiò, con il sopravvento di questi ultimi: alla morte di Andrea III, Carlo Roberto di Angiò, dopo lotte dinastiche, poté cingere la Sacra Corona nel 1308. Riaffermato il potere regio, la politica della nuova dinastia (garantita da Boemia e Polonia contro l’impero) si volse verso le penisole Balcanica e Italiana, creando verso la metà del 14° sec. una linea di possessi territoriali o di alleanze o dipendenze feudali quale garanzia del proprio territorio. Contro il pericolo turco Sigismondo di Lussemburgo (1387-1437), con l’aiuto di Bonifacio IX, strinse intorno a sé le armi della cristianità, che però furono battute a Nicopoli nel 1396, né Alberto d’Asburgo (1437-39) riuscì a impedire che i turchi conquistassero la Bosnia. La nobiltà chiamò allora al trono il re di Polonia Ladislao III Iagellone (1440-44), che fu sconfitto e ucciso a Varna; ma nel 1456 l’avanzata ottomana fu fermata a Belgrado dal voivoda Giovanni Hunyadi, il cui figlio Mattia Corvino (1458-90), chiamato a succedere a Ladislao V, resosi indipendente dai grandi signori, cercò di fare dell’U. il centro di un vasto impero danubiano, lottando contro la Polonia, la Boemia e l’Austria.
Alla morte di Mattia Corvino la corona tornò agli Iagelloni, che con Ladislao II e Luigi II (dal 1490 al 1526) la riunirono a quelle di Polonia e di Boemia. Nel 1521 il sultano ottomano Solimano il Magnifico occupò Belgrado e il 29 ag. 1526 annientò l’esercito magiaro a Mohács, dove cadde lo stesso re. Le lotte fra il partito nazionale, che elesse al trono Giovanni Szapolyai (1526-40), e il partito della regina, che elesse Ferdinando d’Asburgo (1526-64), arciduca d’Austria e re di Boemia, fratello di Carlo V, aprirono la strada alla presa di Buda da parte dei turchi (1541) e all’occupazione e allo smembramento dello Stato: nel 1547 Ferdinando chiese la pace, pagando un tributo annuo alla Porta, e la Transilvania andò a Giovanni Sigismondo Szapolyai come Stato autonomo vassallo dei turchi. Il periodo successivo fu caratterizzato da un lato dalla continua pressione offensiva dei turchi contro gli Asburgo, dall’altro dalla sempre maggiore perdita di autonomia, e dunque di individualità nazionale, da parte dell’U., in particolare in seguito all’ascesa al trono imperiale di Ferdinando (1558). Ma la conquista di Budapest (1686) da parte della Lega santa promossa da Innocenzo XI, completata dalla vittoria di Zenta (1697) conseguita da Eugenio di Savoia, portò alla Pace di Carlowitz (1699), per la quale i turchi rinunciavano alla quasi totalità del territorio magiaro, mentre la Transilvania tornava a far parte del regno. Questi successi del potere centrale asburgico condussero a un tentativo di ripresa assolutistica, ma la rivolta di Francesco II Rákóczi (1703-11) indusse gli Asburgo a riconoscere al regno i diritti costituzionali e alla nobiltà magiara i suoi privilegi. Maria Teresa (1740-80) e Giuseppe II (1780-90) ripresero il tentativo di costruire una forte monarchia unitaria e centralizzata, che trovò energica opposizione alla Dieta magiara del 1790. Dopo il periodo napoleonico, durante il quale la nobiltà magiara si mantenne fedele agli Asburgo, si sviluppò un movimento riformistico, al cui interno emersero posizioni indipendentiste. Sulla spinta degli avvenimenti viennesi del marzo 1848 fu formato un governo, guidato dal conte L. Batthyány, ma l’esercito austriaco soffocò l’insurrezione (ag. 1849). Nel 1867 Vienna concesse agli ungheresi l’Ausgleich, compromesso con cui furono creati due Stati distinti, l’impero d’Austria e il regno di U., uniti dal vincolo dinastico e da tre ministeri comuni (Esteri, Esercito e Marina, Finanze): nasceva così la monarchia austro-ungarica. L’U. conobbe in seguito un periodo di relativa prosperità economica.
Caduta la monarchia al termine della Prima guerra mondiale, nel nov. 1918 fu proclamata la Repubblica, e nel 1920, con il Trattato del Trianon, l’U. dovette cedere parte del suo territorio a Cecoslovacchia, Romania e Iugoslavia. All’interno, di fronte alla durezza delle richieste degli Alleati, il governo repubblicano guidato dal conte M. Károly si dimise (marzo 1919); venne quindi costituito un governo socialcomunista, che proclamò la Repubblica dei soviet, di fatto presieduta dal leader comunista B. Kun. Questo esperimento rivoluzionario, tuttavia, fu duramente represso dopo pochi mesi dalle forze controrivoluzionarie guidate dall’ammiraglio M. Horthy von Nagybánya. Eletto nel febbr. 1920 un Parlamento dominato dai conservatori, fu restaurata la monarchia: rinviata la questione del riconoscimento della dinastia, Horthy fu nominato capo provvisorio dello Stato e reggente; negli anni successivi venne messa in atto una dura repressione degli elementi rivoluzionari e comunisti. Gravemente danneggiata dalla guerra e fortemente colpita dalle ripercussioni della crisi economica internazionale, l’U. vide il susseguirsi di diversi governi che portarono a un progressivo avvicinamento alla Germania nazista, con l’obiettivo di una revisione del Trattato del Trianon. Nel 1938, con il primo arbitrato di Vienna, l’U. ottenne la Slovacchia meridionale e nel 1939 la Rutenia subcarpatica; con il secondo arbitrato di Vienna riacquisì la Transilvania (1939). Firmato nel nov. 1940 il Patto tripartito, l’U. partecipò alla guerra al fianco della Germania; nell’apr. 1941 occupò la Vojvodina. Nell’ag. 1944, arresasi agli Alleati, fu occupata dai tedeschi, che, dimesso Horthy, insediarono il leader delle milizie filonaziste Croci frecciate, F. Szálasi. Liberata dalle truppe sovietiche nell’apr. 1945, l’U. firmò nel 1947 a Parigi il trattato di pace con gli Alleati che restaurò le frontiere del 1920, con una rettificazione in favore della Cecoslovacchia; nel Paese rimase una forza di occupazione sovietica. Proclamata la Repubblica (genn. 1946), Z. Tildy, esponente del Partito indipendente dei piccoli proprietari (PIPP), venne eletto presidente e un altro esponente dello stesso partito, F. Nagy, assunse la guida del governo di unità nazionale (1946-47). Il controllo della polizia e la presenza delle truppe sovietiche di occupazione consentirono al Partito comunista, guidato da M. Rákosi (dal 1945 vicepresidente e dal 1952 presidente del Consiglio), di assumere un ruolo egemone nella vita politica, che si rafforzò in seguito alla fusione con la sinistra del Partito socialdemocratico, da cui nacque il Partito ungherese dei lavoratori (1948). Una Costituzione di tipo sovietico fu introdotta nell’ag. 1949. Negli anni successivi il Paese fu sottoposto a un processo di profonda trasformazione sociale e politica incentrato sullo sviluppo dell’industria pesante e sulla collettivizzazione dell’agricoltura, nel quadro di una economia pianificata. Tutte le forme di opposizione o dissenso furono represse e il partito fu sottoposto a un’ampia epurazione. L’integrazione dell’U. nel campo socialista fu consolidata dall’adesione al COMECON (1949) e al Patto di Varsavia (1955). Nel 1953, tuttavia, la morte di Stalin permise un rafforzamento delle posizioni riformiste e la guida del governo passò a Imre Nagy. Nei due anni successivi l’U. sperimentò una cauta liberalizzazione politica, economica e culturale, interrotta nell’apr. 1955, quando Nagy fu sostituito da A. Hegedüs. Le posizioni critiche tuttavia si accentuarono e la protesta continuò a crescere, trasformandosi in ottobre in un movimento rivoluzionario contro la dominazione sovietica e il regime totalitario. Nagy tornò alla guida del governo (24 ott.) e di fronte all’estendersi del movimento rivoluzionario ne accettò le principali rivendicazioni: costituito un gabinetto pluripartitico, proclamò la neutralità dell’Ungheria. Il 4 nov. le truppe sovietiche soffocarono violentemente il movimento rivoluzionario e rovesciarono il governo di Nagy (giustiziato nel 1958). Focolai di resistenza furono schiacciati in una decina di giorni. J. Kádár, già alla testa del partito, assunse anche la guida del governo (fino al 1958 e ancora nel 1961-65). Dopo aver represso l’opposizione (circa 20.000 arresti e alcune centinaia di condanne a morte) e restaurato l’autorità del partito, il governo realizzò, anche grazie agli aiuti sovietici, un progressivo miglioramento delle condizioni economiche che ne allargò la base di consenso. Nel 1961 venne quindi avviata una politica di liberalizzazione. Dopo una prima fase di crescita produttiva e di miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, dalla metà degli anni Settanta emersero difficoltà economiche connesse alla crisi energetica internazionale. Dopo una breve battuta d’arresto negli anni 1974-78, la politica di riforme venne rilanciata e crebbero gli scambi con l’Occidente. Nella seconda metà degli anni Ottanta emersero i primi segni di una grave crisi del regime che nel giro di pochi anni portò alla fine dell’esperienza comunista. Crebbero le posizioni di critica nei confronti di Kádár, che nel 1988 fu sostituito da K. Grósz alla testa del partito, mentre in novembre la carica di presidente del Consiglio fu attribuita al riformista M. Németh. Nel corso del 1988 nacquero nuovi gruppi politici, di orientamento moderato, e nel 1989 dallo scioglimento del Partito comunista si formò il Partito socialista ungherese. Sul piano internazionale, nel corso degli anni Ottanta, pur nel quadro di un inalterato allineamento all’URSS, vennero ulteriormente incrementate le relazioni con i Paesi del blocco occidentale; nel 1982 l’U. fu ammessa alla Banca mondiale e all’FMI, negli anni Novanta divenne membro associato dell’Unione Europea (1994) ed entrò a far parte della NATO (1999). La vita politica dell’U. negli anni Novanta, che vide l’alternarsi al governo di centrodestra e centrosinistra, fu ancora dominata dai temi economici: il riequilibrio dell’assetto finanziario statale, la stabilizzazione della moneta, la modernizzazione dell’apparato produttivo si presentarono, infatti, come gli obiettivi prioritari. Il 1° maggio 2004 l’U., insieme ad altri 10 Stati, è entrata a far parte dell’UE. Nel 2005 il Parlamento ha nominato un presidente di centrodestra, L. Sólyom, mentre le elezioni del 2006 sono state vinte dal Partito socialista, poi sconfitto nel 2010, quando il voto ha riportato alla guida del governo il leader del Partito Fidesz, V. Orbán, già presidente del Consiglio fra il 1998 e il 2002.