UNGHERIA (XXXIV, p. 674)
Ordinamento politico (XXXIV, p. 683). - Gli avvenimenti che precedettero la seconda Guerra mondiale e le prime fasi dei conflitto (v. appresso) permisero all'Ungheria, alleata alla Germania e all'Italia, di ricuperare buona parte dei territorî perduti, come è indicato dall'acclusa tabella:
L'ingrandimento dell'Ungheria è avvenuto dal 1938 al 1941 in quattro fasi. Col primo arbitrato di Vienna (2 novembre 1938, l'Ungheria ottenne dalla Cecoslovacchia una fascia di territorio (larga da 2 a 65 km.), posto lungo la frontiera ungherese-slovacca e rutena. Tale territorio, d'aspetto collinoso, s'estendeva su 11.927 kmq., contava 1.041.000 ab. e comprendeva i centri di Komárom (Komárno), Kassa (Košice) e Munkács (Mukačevo). Quando poi avvenne lo smembramento della Cecoslovacchia (marzo 1939), l'Ungheria ne approfittò per occupare la Russia Subcarpatica, ma poiché i confini di questa regione non erano stati mai segnati con precisione, vi fu aggiunto, in seguito ad un accordo ungherese-slovacco (4 aprile 1939), una fascia di territorio slovacco a protezione della zona di Ungvár, con una superficie complessiva di 12.061 kmq. e una popolazione di 588.000 ab. Col secondo arbitrato di Vienna (30 agosto 1940), l'Ungheria riebbe il MaramureŞ, parte della Crisana e quella parte della Transilvania orientale comprendente il territorio dei Székely, con popolazione prevalentemente ungherese; l'Ungheria riebbe così, senza colpo ferire, un territorio di 43.104 kmq. con 2.392.000 ab. Infine, nell'aprile 1941, le truppe ungheresi occuparono la Bačka, parte della Baranja e il territorio della Mur (sulla sinistra della Drava); questo quarto ingrandimento fece acquistare all'Ungheria 11.301 kmq. con 1.518.000 ab.
Il trattato di pace del 10 febbraio 1947 ha riportato l'Ungheria nei limiti fissati dal trattato del Trianon, con una lieve rettifica a favore della Cecoslovacchia nei pressi del triplice confine ungherese-austriaco-cecoslovacco.
Popolazione (p. 676). - Non mancarono in questo periodo anche i movimenti di popolazione. Così nel maggio-giugno 194113.500 Magiari, provenienti dalla Bucovina, vennero a stabilirsi come coloni nella Bačka, dove hanno occupato 5 villaggi, abitati prima da Serbi; essi già da 180 anni vivevano lungo le rive del Suceava (afluente del Siret), dove si erano insediati dopo la distruzione del loro villaggio, ordinata dagli Austriaci nel 1764 in seguito a una rivolta. Entro i nuovi confini gli alloglotti si valutavano a più di 3 milioni e mezzo dei quali circa1.144.000 Romeni, 866.000 Tedeschi, 587.000 Ruteni, 513.000 Serbi e Croati, 308.000 Slovacchi, 161.000 Ebrei e 73.000 di altre nazionalità. Per i Romeni abitanti nel territorio ceduto in seguito all'arbitrato del 1940 era previsto il diritto di opzione a favore della Romania e lo scambio con gli optanti a favore dell'Ungheria rimasti nella Transilvania romena. Un censimento, eseguito nel 1941, ha classificato la popolazione, per quanto riguarda la madrelingua, nel modo seguente: ungheresi 77,5%; slovacchi 1,8%; tedeschi 4,9 oo; romeni 7,5%; ruteni 3,8%; croati 0, 9%; serbi 1, 1%; "bunjevci" e "sokci" (serbocroati) 0,5%; sloveni 0,5%; zingari 0,4%; ebrei 0,9%; altri 0,2%. In pari data è stato eseguito pure un censimento delle nazionalità, che ha dato i seguenti risultati: ungherese 80,9%; tedesca 4,3%; slovacca 1,2%; romena 7,2%; rutena 3,7%; croata 0,1%; serba 1,1%; ebraica 1,0%; zingara 0,5%.
Secondo il censimento eseguito il 31 gennaio 1941, le 15 città più popolose dell'Ungheria erano le seguenti: Budapest, 1.162.822; Seghedino, 136.375; Debrecen, 125.969; Koloszvár (Cluj), 110.418; Nagyvárad (Oradea Mare), 92.798; Kecskemét, 87.318; Miskolc, 77.290; Pestszenterzsébet, 76.894; Újpest, 76.072; Pécs (Cinquechiese), 72.307; Kassa (Košice), 66.961; Kispest, 65.139; Hódmezővásárhely, 61.729; Nyíregyháza 59.105; Győr 57.109. Notevole appare l'aumento dei comuni posti attorno a Budapest, che fanno salire a 1.700.000 gli abitanti della capitale. Anche Miskolc, centro industriale, ha segnato un ritmo d'aumento considerevole (21%) nell'ultimo decennio.
Il trattato di pace contiene alcune clausole politiche rivolte a garantire la difesa del regime democratico, a tutelare i diritti politici e civlli dei cittadini senza distinzione di razza, di classe o di nazionalità, a proteggere le minoranze etniche. Le riparazioni, stabilite in 300 milioni di dollari, sono state calcolate in base al 25% della produzione agricola corrente, 15% di quella industriale, 60-70% dell'acciaio, ferro e industrie meccaniche 10-15% delle altre. Le proprietà tedesche d'anteguerra vennero poste sotto il controllo degli occupanti: in primo luogo la grande compagnia di navigazione sul Danubio. Per le minoranze ungheresi rimaste fuori dei confini, il trattato raccomanda un accordo diretto, addivenendo ad uno scambio di popolazione. La Cecoslovacchia, da parte sua, ha provveduto al riguardo (febbraio 1946) disponendo che la maggior parte degli Ungheresi vengano trasferiti nel territorio ungherese, ma ciò non si è verificato senza incidenti. D'altra parte la presenza di forti gruppi di Ungheresi in Transilvania e nella Voivodina tiene desto il nazionalismo ungherese.
Condizioni economiche (p. 679). - L'economia ungherese ha subìto gravi danni per le distruzioni causate dalla guerra, le spogliazioni tedesche, le spese di occupazione, le requisizioni; ora va sistemandosi entro la sfera d'influenza sovietica. I rapporti economici tra i due paesi sono stati regolati da un accordo commerciale, in base al quale l'URSS concede all'Ungheria materie prime (cotone, lana, carbone, acciaio, ferro), in cambio di manufatti (tessuti, apparecchi elettrici, materiale meccanico); in tal modo l'URSS assorbirà gran parte della produzione ungherese e assumerà nell'economia ungherese il posto che prima occupava la Germania, salvo che la natura dei rapporti è inversa, poiché l'Ungheria forniva alla Germania materie prime e acquistava prodotti lavorati. Per molti riguardi il nuovo orientamento risulta più favorevole, perché aiuta l'industrializzazione in luogo di ostacolarla.
Nel 1939 circa metà del commercio estero si era svolto con la Germania (48,6% per le importaz. e 50,1% per le esportaz.), seguita dall'Italia (7,1% import. e 15,5% esport.) e dalla Gran Bretagna (4,8% e 5,2%); venivano poi Romania, Stati Uniti e Iugoslavia. Il traffico delle merci importate ed esportate per via di mare, raggiunto il massimo nel 1939, ha poi subìto un forte regresso e l'importanza dei porti tedeschi (Amburgo, Brema, Stettino) è diminuita in confronto a quelli italiani (Fiume e Trieste). Nel 1939 l'Ungheria aveva ricevuto 250.000 t. di merci (rottami di ferro, cotone, ghisa, fosfati, derrate coloniali, frutta, riso) e ne aveva spedito 850.000 t. (in prevalenza cereali).
Da un ventennio a questa parte l'industria ungherese si è andata rafforzando e il ritmo di trasformazione è stato in questi ultimi tempi più intenso, con la tendenza a passare verso una forma di economia controllata. Fra i nuovi impianti va ricordata la fabbrica di Ajka, nel comitato di Veszprém.
Nel decennio si sono costruite nella pianura alcune opere irrigue; la più notevole è il canale navigabile, lungo un centinaio di km., che mette in comunicazione il Tibisco col Korös. Si progetta pure di congiungere il Tibisco al Danubio per mezzo d'un canale, che attraversando la Mesopotamia ungherese metterà in comunicazione i dintorni di Budapest con un luogo posto poco a monte della confluenza del Körös nel Tibisco.
Finanze (XXXIV, p. 684; App. I, p. 1087). - Dopo la seconda Guerra mondiale un ampio processo di nazionalizzazione è stato attuato (per quanto riguarda l'industria, nel marzo 1948 vennero nazionalizzate tutte le imprese con più di 100 dipendenti). È in attuazione, dal 1° agosto 1947, un piano triennale di ricostruzione, che prevede investimenti per 6585 milioni di fiorini, di cui 2000 per l'agricoltura, 1745 per le miniere e l'industria, 1676 per i trasporti e le comunicazioni, 1164 per la ricostruzione edilizia e il progresso sociale. Nel 1950 avrà inizio un secondo piano della durata di cinque anni.
Il bilancio dello stato è così variato in taluni esercizî dopo il 1938:
Le riparazioni dovute dall'Ungheria in base al trattato di pace costituiscono un onere sensibile per l'economia del paese: esse sono così ripartite: Unione Sovietica 200 milioni, Iugoslavia 70 milioni, Cecoslovacchia 30 milioni di dollari. Il pagamento avrebbe dovuto effettuarsi in sei rate annuali di eguale ammontare; i paesi creditori hanno però successivamente concesso di ridurre l'onere per i primi anni e di aumentarlo negli ultimi; inoltre, nel giugno 1948, l'Unione Sovietica rinunciò al 50% dell'importo ancora da pagare.
L'inflazione monetaria sviluppatasi in Ungheria nel dopoguerra può considerarsi un esempio classico d'inflazione estrema. Nell'ultima fase, circolazione e prezzi aumentarono vertiginosamente, superando ogni precedente esempio storico. La circolazione monetaria, che ammontava nel 1938 a 863 milioni di pengő, era salita al 31 dicembre 1945 a 765 miliardi; il cambio ufficiale con il dollaro S. U. da 3,4 pengő per dollaro nel 1938, era stato portato il 22 dicembre 1945 a 107.000 pengő per dollaro. Nel dicembre 1945, per rallentare il ritmo dell'inflazione, il valore nominale dei biglietti di taglio da 1000 pengo e oltre venne decurtato del 75 per cento; la misura risultò del tutto inefficace e, dal gennaio 1946 fino alla stabilizzazione, all'inflazione non si poté porre più alcun freno. Di notevole interesse fu l'introduzione a partire dal 10 gennaio 1946 del pengő-imposta che, creato allo scopo di rivalutare continuamente le imposte, fu inizialmente soltanto un'unità di calcolo, che avrebbe dovuto mantenere invariato il suo potere d'acquisto, dato che il suo valore rispetto al pengő veniva giornalmente modificato in base alle variazioni dell'indice dei prezzi; in pratica, però, il sistema del calcolo in pengo-imposta venne gradualmente esteso ad altre operazioni, in particolare a quelle creditizie, e determinò - per ragioni psicologiche, collegate soprattutto con la pubblicazione giornaliera dell'indice dei prezzi - una svalutazione vertiginosa del pengő. Il pengő-imposta, che valeva 1 pengő al 1° gennaio 1946, ne valeva, al 29 luglio 1946, 2000 trilioni. Dopo che, a partire dal 19 aprile 1946, per attenuare gli effetti psicologici del fenomeno, le variazioni dell'indice dei prezzi non vennero più seguite integralmente, cominciò poi a svalutarsi anche il pengő-imposta e tale svalutazione si accentuò quando nel maggio vennero emessi dal Tesoro biglietti espressi in pengő-imposta. In breve tempo il pengő-imposta, divenuto dal 9 luglio mezzo legale di pagamento, perse come il pengő ogni valore effettivo e gli scambî furono sempre più estesamente effettuati contro oro e divise o con il sistema del baratto. La circolazione monetaria il giorno prima della stabilizzazione era salita a circa 348 sestilioni di pengő. Il 5 luglio 1946 la Banca nazionale quotava il dollaro a 296.540 bilioni di pengő alla vendita.
Il 1° agosto fu attuata la riforma monetaria: fu introdotta una nuova unità monetaria, il fiorino, il cui contenuto aureo venne fissato in 0,0757 gr. di oro fino. I biglietti in circolazione vennero cambiati al saggio di 400.000 quadrilioni di pengő e di 200 miliardi di pengő-imposta per fiorino. Prezzi e salarî vennero fissati tenendo conto del livello di produzione e dei gravi oneri derivanti dalla guerra. Il cambio ufficiale con il dollaro fu fissato a 11,85 fiorini per dollaro alla vendita. Per garantire la stabilità della nuova moneta furono adottate misure restrittive, sia nel settore del credito, sia in quello delle finanze pubbliche; in particolare fu stabilito che l'emissione di nuovi biglietti non dovesse essere superiore, fino al 31 luglio 1947, a i miliardo di fiorini e che lo stato non potesse ricorrere al credito dell'Istituto di emissione fino al 1° marzo 1948. La prima restrizione fu successivamente temperata cosicché la circolazione saliva a fine gennaio 1947 a 1017 milioni; il 7 marzo 1949 essa ammontava a 2746 milioni.
Il monopolio del commercio dell'oro e delle divise è affidato alla Banca nazionale; la politica del commercio estero e il movimento dei pagamenti con l'estero sono competenza del Consiglio economico supremo. Nel dicembre 1947 la Banca Nazionale e dieci grandi banche furono nazionalizzate; dal 1° gennaio 1949 i depositi in conto corrente sono stati accentrati presso la Banca Nazionale, la quale inoltre esercita praticamente il monopolio del credito a breve termine. Al 31 luglio 1948 i depositi bancarî ammontavano a 1110 milioni, quelli presso la Cassa di risparmio postale a 291 milioni di fiorini.
Storia (XXXIV, p. 696; App. I, p. 1086).
1. - Gruppi e partiti di fronte alla guerra. - Come altri paesi nel ventennio fra le due guerre mondiali, anche l'Ungheria non si sottrasse alla prevalenza di una situazione interna sostanzialmente totalitaria, anche se non mancassero i partiti politici di opposizione.
Dal 1920, epoca in cui Horthy giunse al potere, sino al 1944, epoca della sua deportazione in Germania, la vita politica magiara fu tutta dominata senza interruzione da un solo partito, quello governativo dell'Unione ungherese. Esso ebbe sempre la maggioranza assoluta in parlamento e i ministri che si alternavano sulla scena politica, prima di salire al potere, dovevano fare atto di adesione a tale partito, se ad esso non erano iscritti. Espressione soprattutto dei grandi interessi terrieri, della casta magnatizia, ad esso si opponevano il partito socialdemocratico, quello dei piccoli proprietarî, il partito legittimista asburgico, il partito nazionalsocialista dei contadini e dei lavoratori. Dopo il 1933, quando Hitler salì al potere, accanto a queste forze in opposizione al governo e al partito dominante presero piede formazioni di estrema destra, come le "croci frecciate" o hungaristi del maggiore F. Szálasy, con indirizzo filonazista, che raggiunsero il loro maggiore sviluppo intorno al 1938, sino a rappresentare una seria minaccia interna.
La situazione era preoccupante. Essa venne fronteggiata da Béla Imrédy che, nell'assumere il potere il 13 maggio 1938, con un programma di riforme sociali e una linea di politica estera contraria alla Germania, per prima cosa cercò di organizzare le masse popolari in un "Movimento del cervo miracoloso" (da uno dei simboli della tradizione magiara), col compito di contrastare l'accentuarsi di un orientamento filotedesco. E come da parte inglese - in armonia con la politica di appeasement - vi fu il suggerimento di mettersi d'accordo con Berlino, egli cercò invece di sottrarre l'Ungheria alla zona d'influenza tedesca, accostandosi più intimamente all'Italia, non senza pensare a una soluzione dinastica con un Savoia sul trono di Santo Stefano. In questo senso il "Movimento del cervo miracoloso" si opponeva allo stesso reggente Horthy che pensava a creare una propria dinastia. Questi progetti, avversati anche dai legittimisti asburgici, diedero occasione a Horthy per fare cadere Imrédy (28 ottobre 1938), il quale rimase però nel partito governativo.
Le elezioni del 1939 videro entrare nel parlamento, che durò sino alla fine della guerra, le croci frecciate e altri partiti filonazisti. I nuovi gruppi (oltre le croci frecciate, il fronte nazionale, i nazionalsocialisti magiari, i nazionalsocialisti contadini e lavoratori) erano tutti favorevoli a un intervento a fianco della Germania. Dei vecchi partiti, tutti contrarî alla guerra, solo quello governativo (ribattezzato da Imrédy "partito della vita ungherese") aveva in sé una corrente interventista favorevole ai nazisti.
2. - La soddisfazione del revisionismo e l'intervento. - Al di là di ogni colore politico e dello stesso profondo dissidio fra le varie classi sociali, specie fra quella magnatizia e i milioni di contadini, un unico comune denominatore - il revisionismo - rinsaldava l'unità di tutti gli Ungheresi. Sorto nel 1918, al tempo della repubblica di Károlyi, sotto forma di movimento per la revisione pacifica delle frontiere del Trianon, esso era diretto un po' in tutte le direzioni: verso la Cecoslovacchia come verso la Romania e, in misura minore, verso la Iugoslavia. Sulla scia dei successi nazisti e nell'ambito del "nuovo ordine" voluto da Hitler nell'Europa. centrale, l'Ungheria fra l'ultimo anno di pace e il primo della guerra vide soddisfatte con poca spesa gran parte delle sue rivendicazioni. Ciò doveva necessariamente legare sempre più la politica ungherese al carro della Germania, come l'unica potenza in grado di garantire il nuovo "status quo" centro-europeo. Il 13 gennaio 1939 l'Ungheria aveva aderito al patto anticomintern, mentre il 26 gennaio il conte Csáky si esprimeva in senso nettamente favorevole all'asse Roma-Berlino. Il 2 febbraio erano stati rotti i rapporti diplomatici con l'URSS, mentre l'11 aprile il governo ungherese si ritirava dalla Società delle nazioni. Il 20 novembre 1940, Csáky firmava a Vienna l'adesione al patto italo-tedesco-nipponico del 27 settembre 1940.
A questa condizione di dover seguire in politica estera un vero e proprio binario obbligato (che riconduceva l'Ungheria indietro di trenta o quarant'anni, quando il germanesimo era considerato dalle classi dirigenti ungheresi come l'unico contrappeso che potesse controbilanciare il peso degli Slavi e dei Romeni conglobati entro l'Ungheria storica), cercò di sottrarre il paese il conte Paolo Teleki salito al potere nel febbraio 1939.
Negli ultimi mesi prima dell'aggressione tedesca alla Polonia, egli si era preoccupato di prendere contatto con l'ambasciatore inglese a Budapest O'Maley, allo scopo di favorire le correnti antitedesche e soprattutto di organizzare la resistenza nel caso che i Tedeschi si fossero spinti a invadere l'Europa centrale. Questo era tanto più necessario in quanto i partiti filonazisti, oltre ad avere proprie formazioni paramilitari, erano riusciti a penetrare nelle stesse forze di polizia e dell'esercito, dove la grande maggioranza degli ufficiali era favorevole alla Germania. Però, questa più ferma politica ungherese nei confronti dei Tedeschi (che mal si conciliava col seguirne le orme sul piano del revisionismo ad oltranza), doveva avere anche un sostegno esterno. Teleki lo trovò nell'altro paese danubiano minacciato dall'espansionismo hitleriano, la Iugoslavia, e con questa il 12 dicembre 1940 concluse a Belgrado un patto di "pace durevole e di eterna amicizia", col quale l'Ungheria veniva a rinunziare alle pretese sulla Bačka, su una parte della Voivodina e del Banato. Dopo l'adesione iugoslava al Tripartito, il conseguente colpo di stato di Belgrado (aprile 1941) indusse i Tedeschi ad attaccare la Iugoslavia. In questo modo, secondo quanto ammette lo stesso Churchill nelle sue Memorie, essi venivano incontro all'interesse britannico di fare in modo che la Germania si spingesse al massimo nell'Europa centrale e nei Balcani, sia per allontanarla da occidente e disperderne le forze, sia - e soprattutto - allo scopo di creare una ragione di antagonismo con l'URSS.
Di fronte ad una adesione al tripartito (che di fatto poteva anche rivelarsi del tutto platonica) il colpo di stato di Belgrado aveva capovolto tutta la situazione e, oltre ad aprire la strada all'invasione tedesca della Iugoslavia, aveva rinsaldato di colpo le catene tedesche intorno all'Ungheria. Paolo Teleki non resse al colpo e il 2 aprile 1941 preferì togliersi la vita. Pochi giorni più tardi, Horthy chiamava alla presidenza László de Bárdossy (agli esteri dal 27 gennaio 1941 dopo la morte del conte Csáky) e confermava tutto il gabinetto. Il reggente e il governo, appoggiati dagli ambienti militari e senza consultare il parlamento (dove la maggioranza era contraria all'intervento), decisero di far entrare l'esercito magiaro in Iugoslavia al fianco delle truppe tedesche. E nella nuova situazione iugoslava, l'Ungheria si annesse una parte dei territorî perduti in forza del trattato del Trianon del 1919: la fertile pianura della Bačka fra il Danubio e il Tibisco e una piccola parte della Voivodina, dove la presenza degli Ungheresi fu sottolineata da episodî di violenza.
3. - Guerra, resistenza, armistizio. - Questa annessione contribuì a far entrare in modo definitivo l'Ungheria nella guerra tedesca tanto che il reggente Horthy il 24 aprile 1941 si recava in visita a Hitler per definire la posizione del paese nell'ambito del "nuovo ordine" nazista. Tuttavia, dopo l'entrata in guerra contro la Russia (estate 1941) fu preoccupazione del governo ungherese di prendere contatto con gli Angloamericani - tramite Anton Ullein-Reviczky, uno dei capi della resistenza - per fare intendere come la guerra, agli occhi degli Ungheresi, fosse rivolta esclusivamente contro la URSS. Questo non mutava in meglio la realtà di una situazione, ed il paese tutto, se aveva accolto con soddisfazione gli ingrandimenti territoriali fatti con ben poca spesa, sentiva crescere sempre più il disagio per essersi posto alla mercé della Germania. I latifondisti ungheresi che, pur sempre classe dirigente, avevano visto in generale con favore l'orientamento filotedesco, sia come contrappeso agli Slavi, sia per gli acquisti in blocco di prodotti agricoli che la Germania effettuava sul mercato ungherese, fra la fine del 1941 e gli inizî del 1942 cominciarono ad aprire gli occhi. Espressione di questa fase di transizione, di disagio generale, di ricerca di una via di uscita dopo che sterile di risultati si era rivelato, necessariamente, l'aggancio con gli Angloamericani, fu il gabinetto di Nicola de Kállay il quale, da quando assunse il potere il 21 marzo 1942, cercò di preparare le premesse per staccare effettivamente il paese dal fianco della Germania. Egli giunse a ritirare le truppe ungheresi dal fronte russo e a far rimpatriare i lavoratori magiari dislocati in Germania, mentre una maggiore libertà alla stampa di opposizione, un più frequente e sollecito contatto con i partiti, un resistere sempre più fermo alle richieste tedesche di uomini, viveri e materiali, si congiunsero ad un attivo concorso di fatto al movimento di resistenza.
Questo, nel ricercare un collegamento attivo con gli Alleati occidentali, fra un Beneš (che dietro l'esperienza di Monaco aveva assunto un orientamento filorusso) ed un Sikorski, che intendeva invece tener lontani i Russi dall'Europa centrale, preferì prendere contatto a Lisbona con gli emissarî di quest'ultimo. Tanto più che Sikorski propugnava fra l'altro una federazione dell'Europa centro-orientale, nella quale l'Ungheria avrebbe avuto il suo posto. In connessione con la fine dell'appoggio a Mihajlović da parte degl'Inglesi, che avevano trasferito i loro aiuti a Tito, anche in Ungheria prese piede una forza partigiana comunista, la cosiddetta brigata Petőfi. Dopo che i piani di invasione balcanica da occidente venivano abbandonati a Ṭeherān, mentre le truppe sovietiche ormai si dirigevano verso i valichi dei Carpazî, Horthy il 19 marzo 1944 fu convocato da Hitler, al quale sembra volesse proporre una rottura onorevole. I Tedeschi erano invece a conoscenza dei contatti del governo Kállay con gli Angloamericani e poco dopo avvenne l'occupazione dell'Ungheria: al posto di Kállay i Tedeschi insediarono al governo il gen. Sztojay, da anni ministro di Ungheria a Berlino e molto legato ai circoli nazisti. Intanto il movimento di resistenza stringeva le file con la creazione del "Fronte nazionale dell'indipendenza", mentre la reazione tedesca si appuntava in particolare contro gli Ebrei.
Quando i Russi ormai stanno forzando le linee di difesa dei Carpazî, il reggente Horthy il 15 ottobre 1944 fa dare lettura per radio di un suo proclama che intende separare l'Ungheria dalle sorti della Germania. Immediatamente il reggente viene fatto prigioniero e il potere affidato al maggiore Szálasy, capo delle croci frecciate. A questo punto, mentre la guerra esterna continua a divampare contro i Russi, la situazione interna ungherese assume ormai i colori foschi della guerra civile, sottolineata dal terrorismo delle croci frecciate. Ormai le truppe russe sono calate nella pianura magiara (per le operazioni militari, v. russia, in questa seconda App., II, p. 764) e il 24 dicembre 1944 hanno compiuto l'accerchiamento di Budapest. Tedeschi e croci frecciate difendono la capitale casa per casa. Pest cade il 18 gennaio 1945 e, dopo la distruzione dei ponti sul Danubio, Buda viene interamente conquistata il 20 febbraio.
Nel frattempo il nuovo gabinetto di Béla Miklós, uscito dalle elezioni all'assemblea provvisoria dei territorî liberati, tenutasi a Debrecen nel dicembre 1944, il 21 gennaio 1945 firmava a Mosca l'armistizio con gli Alleati che imponevano il ritorno alle frontiere del Trianon. Subito l'Ungheria dichiarava guerra alla Germania.
4. - Verso il regime comunista.- La sostituzione, dopo la vittoria sulla Germania, di una influenza espansiva e ideologica pangermanica che si svolgeva in direzione da ovest ad est, con una sovietico comunista e panslava - da settentrione a mezzogiomo - non ha mutato in meglio la situazione dell'Ungheria, che non da ora si trova al punto di incrocio e di contrasto fra queste due forze. Dopo non essere riuscita a sottrarsi al prepotere della prima, di necessità ha dovuto piegare la testa anche dinanzi alla seconda, specie quando a Jalta era stata riconosciuta di fatto all'Unione Sovietica una direttiva preminente in tutta l'Europa orientale.
Subito, i problemi sociali e di struttura che le classi dirigenti latifondiste ungheresi non avevano saputo o voluto risolvere, esasperati dalla guerra vennero recati di colpo a soluzione aprendo la strada ad una fase di rinnovamento sociale vasto e profondo.
I Tedeschi non si erano ancora ritirati, che già il 15 marzo 1945 il governo provvisorio (composto da piccoli proprietarî, comunisti, socialisti e nazional contadini) decideva la riforma agraria, con "la soppressione del sistema delle grandi proprietà e l'attribuzione della terra alla popolazione agricola" consentendo il possesso sino ad un massimo di 57 ettari. Essa ha toccato un terzo circa delle terre arabili del paese, pari a circa tre milioni e 200.000 ettari, ed è venuta incontro ad aspirazioni profonde e secolari di un proletariato rurale che raggiunge il 55% della popolazione totale del paese. Naturalmente la rottura di unità economico-agrarie preesistenti ha aperto la strada alla loro ricostituzione, in molti luoghi, attraverso le cooperative rurali che agli occhi dei contadini ungheresi sono apparse come il primo passo verso l'introduzione del sistema dei kolchozy sovietici.
Avviata la riforma agraria, che, in un paese agricolo come l'Ungheria, ne trasformava tutta la struttura sociale, riducendo o annullando il peso delle categorie latifondiste, da secoli dominanti un paese che come tutti quelli dell'Oriente europeo ha una classe media affatto debole e di origine recente, la situazione politica generale dal 1945 sino ai primi del 1949 è caratterizzata: sul piano interno, dalla progressiva presa del potere da parte della minoranza comunista; sul piano internazionale, dal correlativo inserimento dell'Ungheria nel quadro dei paesi gravitanti intorno all'Unione Sovietica, e legati a questa da precisi accordi di collaborazione.
I capi comunisti, giunti come ovunque da Mosca, avevano trovato una organizzazione di partito affatto embrionale, sorta intorno alle brigate Petőfi, e, forti dell'appoggio delle autorità di occupazione (nella commissione alleata di controllo, presieduta sull'inizio dal maresciallo Vorošilov, avevano la prevalenza i Russi), cercarono di raggiungere i posti chiave in tutta la vita del paese.
Che questo fosse tutt'altro che disposto ad accettare la prevalenza dei comunisti, venne mostrato dalle prime elezioni, quelle del 4 novembre 1945, che tenutesi liberamente (richieste dagli S. U. e dalla Gran Bretagna come condizione per il riconoscimento dell'Ungheria) segnarono la schiacciante vittoria del partito dei piccoli proprietarî (245 seggi, contro 70 ai comunisti, 69 ai socialisti, 23 ai nazionali contadini e 2 ai democratici). Questa vittoria non era dovuta tanto alla forza intrinseca del partito stesso (che pure era notevole e si era anzi accresciuta in conseguenza della riforma agraria), quanto al fatto che verso le sue liste andarono a confluire i voti di quelle categorie che più erano state colpite dalla riforma agraria e da tutto il processo rivoluzionario in corso (aristocrazia, latifondisti, borghesia israelita e cristiana, clero cattolico e protestante), impossibilitate a convogliare i proprî voti in un partito esclusivamente borghese.
Nel gabinetto del 15 dicembre 1945, ai piccoli proprietarî andarono la presidenza (Z. Tildy) con la funzione di capo dello stato, gli Esteri (J. Győngyősy) e altri sei dicasteri; ai comunisti gli Interni, le Comunicazioni e l'Assistenza; ai socialisti tre dicasteri; i tre leader dei partiti, M. Rákosy, comunista, Á. Szakasits, socialista, e I. Dózy, piccolo proprietario, ebbero la carica di ministri di stato. Il 7 novembre 1945 si ebbe il riconoscimento inglese e il 5 dicembre quello degli S. U.
Poco dopo - per la terza volta nella storia ungherese dopo il 1848 e il 1919 - il 1° febbraio 1946 l'Assemblea nazionale proclamò la repubblica, con presidente Z. Tildy. Il 4 febbraio questi incaricò Ferenc Nagy, pur egli piccolo proprietario, di formare un nuovo gabinetto che mantenne la stessa fisionomia del precedene. La visita compiuta a Mosca nell'aprile da F. Nagy, da Szakasits e da Győngyősy, fu diretta a definire la questione delle riparazioni, il rimpatrio dei prigionieri e, in connessione con i lavori del Consiglio dei ministri degli esteri, venne sollevato il problema di una revisione dei confini.
L'Ungheria continuava però ad essere l'unico paese fra quelli entrati nell'orbita sovietica a non presentare, allora, una netta predominanza del Partito comunista, né si vedeva che la situazione generale si orientasse verso questa direzione. La cosa era tanto più preoccupante per i dirigenti comunisti, in quanto era imminente la conclusione del trattato di pace, con la fine del regime di occupazione da parte delle truppe sovietiche. La maggiore forza organizzata, con più forte presa sulla compagine del paese era sempre il Partito dei piccoli proprietarî che in Ungheria - come si è accennato - si era gonfiato di elementi di altra origine sociale, soprattutto aristocratico feudale. Questo fatto, determinato dalla vittoria elettorale, aveva però segnato per il partito (che pure si inseriva come pochi nella tradizione contadina comune a tutto l'oriente europeo) l'inizio di una grave crisi, definita da una linea politica poco coerente, di fronte alle crescenti richieste dei comunisti e degli alleati socialisti, che diressero tutti i loro colpi contro di esso per scalzarne le basi. Nel giugno del 1946, in seguito alla defezione di 20 deputati, il partito perse la maggioranza assoluta in parlamento, mentre si apersero screzî sempre più vivi con i social-comunisti. E nel paese cominciarono agitazioni, insofferenze. Di qui il gravare la mano della polizia politica, in mano ai comunisti. Tornò alla ribalta anche l'antisemitismo, come ostilità a comunisti e socialisti, i cui capi erano per gran parte israeliti. Alla fine di dicembre 1946, furono arrestate alcune personalità dei piccoli proprietarî e dell'esercito, sotto l'accusa di cospirazione contro il governo. Gli arresti si estesero a deputati e membri del governo. Questa "esagerata psicosi cospirativa", come la definì F. Nagy, sfociò il 25 febbraio 1947 nell'arresto di Béla Kovács, segretario generale del Partito dei piccoli proprietarî, ad opera delle autorità sovietiche, come "organizzatore di un gruppo terroristico antisovietico" e per "aver svolto dello spionaggio contro l'esercito sovietico". A questo seguirono altri arresti, le proteste degli S. U. e della Gran Bretagna, respinte dal gen. Sviridov, presidente della commissione alleata. Attacchi alla radio e nella stampa si estesero allo stesso presidente Nagy, al ministro degli Esteri Győngyősy e al presidente dell'assemblea Varga. Di fronte a questo clima di intimidazione, Nagy il 30 maggio 1947 da Berna comunicò per telefono le proprie dimissioni. Lo sostituì Lajos Dinnyes. Seguirono altre dimissioni in posti responsabili all'interno e all'estero, così che tutti gli sviluppi interni assunsero l'aspetto di un colpo di stato recato a maturazione dalla minoranza comunista nell'immienza delle elezioni. Di qui la protesta di Marshall a Mosca l'11 giugno, accusante l'URSS di "flagrante interferenza nelle questioni interne ungheresi", e altre note e proteste angloamericane, senza risultati apprezzabili.
Le elezioni del 31 agosto 1947 portarono alla camera: della coalizione governativa, 100 comunisti, 68 piccoli proprietarî, 67 socialisti, 36 nazionali contadini (totale 271); dell'opposizione, 60 democratico popolari, 49 indipendentisti, 18 democratici ed altri minori (totale 140). Mentre l'opposizione ottenne significativamente il 40% dei voti, i comunisti questa volta si presentarono in parlamento come il partito più forte. Il nuovo governo, presieduto dal piccolo proprietario Dinnyes, con vice presidenti il comunista M. Rákosi e il socialista Szakasits, ebbe 4 ministri comunisti; 4 socialisti, 4 piccoli proprietarî e 2 nazionali contadini. Il 10 febbraio 1947 Győngyősy aveva firmato a Parigi, protestando, il trattato di pace che sanciva il ritorno alle frontiere prebelliche. Il 16 settembre - a elezioni e a rivolgimento interno avvenuti - con l'entrata in vigore del trattato di pace cessava il regime di occupazione e, dieci giorni dopo, si iniziava il ritiro delle truppe sovietiche. Il nuovo regime interno ungherese non poteva dare alcuna preoccupazione all'URSS.
Del resto, dalla fine della guerra in poi, l'Ungheria era stata inserita nel processo di unificazione e coordinamento politico ed economico sotto la suprema direttiva sovietica. Si calcola che nel 1946 la partecipazwne sovietica nel commercio estero ungherese raggiungesse il 45% delle esportazioni e il 49% delle importazioni. Anche nell'economia, l'URSS si era semplicemente sostituita alla Germania, tanto più che in forza degli accordi di Potsdam l'attribuzione delle attività tedesche in Ungheria comportava il passaggio di proprietà di 200 fabbriche; si giunse alla formazione di compagnie miste magiaro-sovietiche con stipulazione di accordi di stretta cooperazione economica, sia con l'URSS, sia con gli altri paesi del gruppo sovietico. Essi vennero ad inquadrarsi nel cosiddetto piano Molotov che tenderebbe alla formazione di un "Grossraum" economico dell'Europa centro-orientale. Questa direttiva è stata sancita il 25 gennaio 1949 con la creazione di un Consiglio per la mutua assistenza economica fra i paesi dell'Oriente europeo, del quale fa parte anche l'Ungheria.
Sul piano politico, l'Ungheria è presente nella catena di accordi di amicizia e di alleanza che lega i paesi dell'Europa orientale fra loro e con l'URSS: trattato di amicizia e di assistenza con la Iugoslavia, del 19 dicembre 1947 (ora i rapporti sono tesi, in dipendenza della rottura fra Tito e il Kominform); con la Romania, del 24 gennaio 1948; con l'Unione Sovietica, del 18 febbraio 1948; con la Cecoslovacchia, del 16 aprile 1949.
Affermatasi la preponderanza comunista, la lotta per il potere è venuta a cessare e ad essa si è sostituita una resistenza accanita al nuovo regime che si è imposto, nella quale una posizione molto esposta viene tenuta dalla chiesa cattolica magiara. Essa in Ungheria era la più grande proprietaria di terre (circa 570.000 ettari) di cui circa 456.000 vennero espropriati dalla riforma agraria. Anche se ad ogni parrocchia era garantita la possibilità di sostentamento, in quanto la riforma non toccava proprietà inferiori ai 57 ettari, il primate card. Giuseppe Mindszenty ne denunziò a più riprese il criterio spoliatore. La più aperta frattura col regime comunista avvenne però a proposito dell'insegnamento scolastico, quando nella primavera del 1948 il primate - che mai aveva fatto atto di riconoscimento della repubblica - si oppose nettamente al progetto di statizzazione di tutte le scuole, metà delle quali - dalle elementari all'università Pázmány - erano rette da ecclesiastici cattolici. Il conflitto raggiunse toni di particolare asprezza e, a Pentecoste, il primate fece leggere dal pulpito una severa pastorale, intimando la scomunica agli autori ed esecutori del progetto. In agosto, sostituito Tildy alla presidenza della repubblica con l'ex socialista Szakasits (il partito socialista, espulsa la destra, il 15 giugno 1948, si era fuso con i comunisti), vennero organizzate contro il primate campagne di stampa, comizî, ecc. In dicembre, il nuovo presidente del consiglio István Dobi, succeduto il 10 a Dinnyes, attaccò il primate apertamente dinanzi all'assemblea. Il 26 dicembre questi venne arrestato e l'8 febbraio 1949 condannato all'ergastolo; pene minori ebbero i suoi coimputati. Il processo e la sentenza suscitarono vivaci proteste nei paesi occidentali.
Il 1° febbraio intanto la coalizione che regge il paese dalla fine della guerra (partito dei lavoratori - uscito dalla fusione di comunisti e socialisti - dei piccoli proprietarî e dei nazionalcontadini) insieme con varie organizzazioni sindacali di massa ha costituito il Fronte dell'indipendenza. Una delle prime richieste è stata di procedere oltre nella statizzazione dell'agricoltura. Il 7 aprile il governo ha deciso di tenere per la metà di maggio nuove elezioni per un'assemblea costituente.
Bibl.: T. Mende, Hungary's road to freedom, in The Fortnightly, aprile 1945; A. Widmar, Ungheria 1938-46, Roma 1946; Documents secrets du ministère des affaires étrangères d'Allemagne: Hongrie, Parigi 1946; A. Tamás, La resistenza nell'Europa centrale, in Rivista di Studi politici internazionali, I, 1949; A. Ullein-Reviczky, Guerre allemande, paix russe. Le drame hongrois, Neuchâtel, 1947; H. Seton Watson, Eastern Europe between the wars 1918-1941, Londra 1945; La Hongrie et la conférence de paris, voll. 5, Budapest 1947-48; J. F. Montgomery, Hungary, the unwilling satellite, New York 1947; The hungarian elections and after, in The world to-day, novembre 1947; Church and state in Hungary, ibid., settembre 1948; Land reform in Hungary, ibid., gennaio 1949; F. Nagy, The struggle behind the Iron Curtain, New York 1948.
Letteratura (p. 686).
Il decennio conclusosi con la fine della seconda Guerra mondiale è uno dei periodi più variati e più fecondi della letteratura magiara. Parallelamente al lento tramonto di tendenze e di stili sorpassati, sorgono e si affermano nuove fedi, aspirazioni e forme. Stanno l'una di fronte all'altra la concezione di vita individualistica e collettiva, letteratura borghese e popolare, europeismo e antieuropeismo, mezzi realistici della rappresentazione e immaginazione sconfinante nel mondo del fiabesco e del mitico. I problemi della letteratura, che durante l'imperversare delle varie mode d'arte cerebrale (simultaneismo, attivismo, dadaismo, ecc.) avevano perduto ogni forza d'attrazione sul pubblico, tornano ad assumere un'importanza di prim'ordine nella vita nazionale, perché si scorgono in essi le questioni più cruciali - storico-politiche, sociali e religiose - del momento.
Nomi festeggiati all'inizio del secolo, come quello di Francesco Molnár, cadono in oblio, e Francesco Herczeg partecipa al travaglio del pensiero ungherese ormai soltanto con saggi e articoli dettati da un nobile e sobrio conservatorismo. I continuatori della sua arte - per es. Colomanno Csathó, Giulianna Zsigray - perdono la loro attualità allo stesso modo di Luigi Zilnay e della più vigorosa scrittrice vivente, Irene Gulácsy. Né l'impassibile e giocondamente amorale Eugenio J. Tersánszhy, né Luigi Kassák, il maggior vanto della letteratura proletaria ungherese, riescono a destare vasta risonanza. Il concorde giudizio, sia della critica, sia dei lettori eleva Sigsmondo Móricz al posto d'onore tra i romanzieri dell'epoca. Accanto a lui, Desiderio Szabó continua ad essere l'idolo della gioventù per le lotte appassionate che conduce per la causa della redenzione materiale e culturale del contadino magiaro. Dall'allarme rivoluzionario di Szabó e dai romanzi "paesani" di Móricz, sorge la "corrente popolare", che darà la caratteristica più spiccata alla letteratura di questo decennio.
Sulle orme di Szab6 si avvia Ladislao Németh, l'ideologo dell'indirizzo popolare. Con uno spirito simile penetrano nel profondo delle questioni vitali della nazione i romanzi monumentali di Giovanni Kodolányi. Al fianco di questi autori di origine e di cultura borghese si fa strada tutta una schiera di genuini scrittori-contadini che per primi svelano, col loro robusto talento, i segreti della vita del villaggio e dell'anima collettiva rimasti finora ignoti. Molti fra essi, e non solo i cultori del romanzo e della novella: Giuseppe Darvas, Pietro Veres, Pa0lo Szabó, Francesco Erdei, Géza Feja, Stefano Asztalos, Giuseppe Bakó, Martino Kerecsendi Kiss, Alessandro Tatay; ma anche i lirici: Giuseppe Erdélyi, Giulio Illyés, Attila József, Francesco Sinka si distinguono pure nel campo teorico con studî sociologici e scritti di polemica letteraria. È nella fantasiosa prosa dei due scrittori transilvani Aronne Tamási e Giuseppe Nyiró che la letteratura popolare ha toccato le più alte vette artistiche.
A differenza della corrente popolare, che spesso ostenta un atteggiamento contrario al cristianesimo e che fra nostalgiche fantasie guarda verso l'Oriente, la letteratura borghese, orgogliosa delle sue radici occidentali, continua a mantenere e moltiplicare i suoi contatti con la letteratura europea. Il capo del fronte borghese fu, fino alla sua morte avvenuta nel 1941, Michele Babits. I suoi ultimi volumi, come pure le liriche dei migliori componenti del gruppo di poeti della rivista Nyugat - Lorenzo Szabó, Giorgio Sárkozi, Alessandro Weöres, Zoltán Jékely, Giulio Takáts - arricchirono il patrimonio letterario ungherese, anche in questi anni, di valori duraturi. La popolarità dell'arte matura del cattolico Alessandro Sik fu per un certo tempo superata da quella più brillante di un altro sacerdote-poeta, Ladislao Mécs. Dal coro fine e sommesso dei lirici transilvani - Luigi Áprily, Giovanni Bartalis, Ladislao Szabédi, ecc. - si elevò sopra ogni altra la sublime poesia di Alessandro Reményik. Le angosce e i tormenti della coscienza nazionale e sociale si manifestano meglio nelle opere dei narratori e saggisti appartenenti allo stesso fronte borghese - Alessandro Márai, Ladislao Cs. Szabó, Rosa Ignácz, Giorgio Rónay, Alberto Wass, Gabriele Thurzó, Sigismondo Reményik, Stefano Sőtér, Ladislao Passuth.
Nella luce degli ultimi tre anni, 1945-48, però, il contrasto tra le due correnti appare assai meno aspro e va quasi dissolvendosi nelle condizioni radicalmente mutate del paese, che determinarono una nuova scissione della letteratura. Mentre un gruppo piuttosto esiguo di scrittori finora per lo più sconosciuti - Béla Balázs, Tiberio Déry, Alessandro Gergely, Giulio Háy, Béla Illés, Zoltán Zelk, Géza Képes - è ligio a un programma letterario d'importazione russa, chiamato "grande realismo", che trovò il suo principale critico-apologeta in Giorgio Lukács, direttore del Forum, numerosissimi autori dell'opposizione tacciono o si sono ritirati in una specie di torre d'avorio rappresentata dalla loro rivista Vigilia.
Archeologia.
Nell'ultimo decennio una serie di ricerche ha ampliato il quadro delle conoscenze sull'archeologia ungherese (v. pannonia, XXVI, p. 202; aquinco, III, p. 809; brigezione, VII, p. 853).
Preistoria. - A Zengővárkony, a nord di Pécs, è venuta alla luce una zona abitata e una cimiteriale (complessivamente circa 70 ha.) della fine dell'età neolitica, con abitazioni di forma irregolare scavate nella terra e, tra queste, alcune tombe con scheletri rannicchiati. La ricca ceramica è dipinta in rosso, i piatti hanno base tubolare, i motivi di decorazione preferiti sono la spirale serpeggiante e il meandro. Questo materiale appartiene al secondo gruppo della cultura del Tibisco. Nel 1947 a Budapest fu scavata una delle zone più importanti della cultura di Baden, penetrata in Ungheria dall'occidente alla fine dell'età neolitica. Vennero alla luce capanne quadrangolari, grandi m. 3 × 4, pozzi d'immondizia di forma ovale, focolari. Nella ceramica si trovano molti piatti divisi in due, e recipienti conici col vertice in basso e grandi orecchie; i motivi decorativi prevalenti sono il triangolo e la tratteggiatura obliqua. Un abitato che rimonta all'età eneolitica e del bronzo è stato scoperto vicino a Pécs, nelle adiacenze del villaggio di Nagyárpád. La sua ceramica testimonia la cultura di Vučedol-Zók, fiorente nei pressi della Drava e ancora florida in Pannonia nei primi periodi dell'età del bronzo. Del primo periodo dell'età del ferro, che in Ungheria è legata al nome degli Illirî, è stata scoperta una zona abitata e una cimiteriale nell'isola di Szentendre. Caratteristica del cimitero è che le urne erano attorniate da pietre disposte in largo cerchio, sul quale si innalzavano piccoli tumuli. Tra il materiale ceramico delle tombe si riscontrano tutte le forme dell'epoca (urne panciute, ciotole col fondo piatto o concavo, ecc.). Alla fine del primo periodo dell'età del ferro (sec. VII e VI a. C.) avvenne l'irruzione degli Sciti in Ungheria. Ricordi di quest'epoca si trovano nel cimitero scoperto a Tápiószele, contenente più di 400 tombe di inumati. Il ricco materiale di ceramiche e di armi è ancora inedito. L'irruzione degli Sciti toccò la regione superiore del Tibisco e la Transilvania. verso il 500 a. C. l'emigrazione celtica già invadeva l'Ungheria dall'occidente.
Il materiale archeologico più importante, relativo al dominio dei Celti in Ungheria, lo fornisce Budapest nella zona del Monte San Gerardo. Questo territorio fu occupato dai Celti relativamente tardi, verso la metà del I sec. a. C. Con gli scavi eseguiti in questi ultimi anni son venute alla luce piccole case di abitazione di forma quadrangolare (tipo a megaron) e case più grandi di forma rettangolare. Nella ceramica di questa zona troviamo, accanto ai rozzi recipienti di produzione locale, anche quelli dipinti in rosso, importati (o imitati) dall'occidente.
Età romana. - Ancora non si conosce il nome della città romana (mq. 300 × 400), scoperta nel territorio di Albertfalva, ai confini meridionali di Budapest. Essa rimonta ai tempi della dinastia Giulio-Claudia e quindi si può ritenere che sia stata fondata contemporaneamente al castro ausiliario di Aquincum, 13 km. a nord (entrambi controllavano il villaggio indigeno dell'oppidum Eraviscorum del Monte San Gerardo). Le ricerche sono state condotte finora solo sul lembo occidentale e hanno rivelato case di abitazione quadrangolari decorate con pitture e con stucchi, provviste di portico e magazzini di grano, nonché stalle e locali per negozî. Gli edifici furono ricostruiti più volte e la città fu distrutta nel sec. IV.
Gli scavi dell'ultimo decennio hanno chiarito anche la formazione del limes Pannonicus. Nell'accampamento legionario di Brigetio, le ultime ricerche hanno constatato tre fasi di costruzione: 1) la costruzione del castro all'inizio del sec. II; 2) la prima ricostruzione dopo la guerra marcomanno-sarmatica; 3) la seconda ricostruzione all'inizio del sec. IV. Nel territorio delle canabae fu trovata una fabbrica di ceramiche. A 12 km. da Aquincum, nel territorio di Ulcisia Castra (Szentendre) è stato scoperto per la prima volta un accampamento ausiliario pannonico nei suoi edifici principali.
L'accampamento circondato da doppî fossati occupava uno spazio di 234 × 133 mq. Fu costruito ai tempi di Alessandro Severo e venne ricostruito nel 294 omettendo le torrì rientranti, costruendo torri a forma di ferro di cavallo sporgenti dalle mura (agli angoli le torri erano a forma di ventaglio). Nel contempo, ad eccezione della porta praetoria, gli altri ingressi furono tutti murati. Dietro il fronte decumano del castello, è venuta alla luce una parte delle canabae (negozî, case di abitazione quadrangolari col riscaldamento ad aria e con pitture murali tardo-romane). Nel territorio del castro legionario di Aquincum son venuti alla luce: un palazzo del governatore con pavimento in mosaico, pittura murale dei tempi di Adriano e un altro strato di pittura del sec. III, nonché un ospedale militare (valetudinarium). Del territorio delle canabae sono degni di menzione un edificio col cortile centrale adorno di portico, con una serie di piccoli locali (scholae collegiorum) e un anfiteatro militare, sul tipo di quello di Pompei, che per le sue dimensioni (m. 131 × 106, l'arena m. 88 × 65) era il più grande anfiteatro della zona del Danubio (poteva contenere circa 15.000 spettatori). La sua costruzione fu ultimata dalla leg. II Adiutrix sotto Antonino Pio (154-161). Ai tempi di Valentiniano I, murati i suoi 24 ingressi secondarî, fu trasformato in fortezza.
Gli scavi fatti nella parte meridionale di Aquincum, ci dànno un quadro generale della vita civile per il sec. II: piccole case padronali di forma rettangolare, con giardino retrostante e cantina, che mancavano nella parte della città dei sec. III-Iv scoperta precedentemente. Fu trovato un nuovo mitreo che rimonta, all'incirca, al 150 d. C. e che era stato rifatto e ingrandito nei primi decennî del sec. III. L'immagine del culto, il Mitra tauroctono, era scolpita in tutto tondo. Fuori le mura, presso la porta della città, nel 1947 sono stati ritrovati i resti di un deversorium. Nella parte nord sono stati scavati i resti della porta della città, nonché case di abitazione del periodo tardo romano.
Hanno gettato luce sulle condizioni di vita della popolazione delle provincie, le fattorie (villae rusticae) trovate ai confini di Budapest (Pomáz, Budakalász, Hármashatárhegy) e il villaggio romano ritrovato presso Szentkirályszabadja-Romkút (Veszprém). A Hosszúhetény (prov. di Baranja) si è scoperta una villa decorata. Fanno pensare ad una immigrazione barbarica i recipienti quadi di un cimitero di Brigetio (tra i sec. II e III) e a Buda, in via Csalogány, i resti umani sepolti in tronchi d'alberi di un cimitero del sec. IV.
Età cristiana.- La diffusione del cristianesimo alla fine del sec. III è documentata dalla scoperta della Basilica di S. Quirino a Szombathely in Savaria. La basilica è ad una navata, e il suo pavimento in mosaico ha affinità coi mosaici della Basilica di S. Teodoro in Aquileia. È venuta alla luce, nei pressi di essa, anche una cella tricora. A Sopianae (Pécs), è stato scoperto un cubiculo dipinto nella piazza del Duomo; la rappresentazione di una brocca e di un bicchiere inghirlandati da foglie di vite si riferisce all'eucaristia; lo zoccolo imita il marmo e presenta il noto mótivo a sbarre delle catacombe; rimonta alla metà del sec. IV. Una parte del cimitero tardo romano di Ságvár (Tricciana) ha pure carattere paleocristiano.
Bibl.: Cfr. gli ultimi volumi delle riviste: Archeológiai Értesitő, Szegedi Dolgozotok, Folia Archaeologica, Budapest Régiségei, Magyar Mùzeum, Antiquitas Hungarica; F. Tompa, A. Alföldi, L. Nagy, in Budapest az Ókorban, I, 1-2, 1942; G. Dombai, A zengövárkonyi öskori telep, in Arch. Hung., XXIII, 1939; T. Nagy, Il secondo anfiteatro romano di Aquincum, Budapest 1942; id., Testimonianze romane nel territorio ungherese, in Arte e cultura in Ungheria, Milano 1945, pp. 7-53.