urbanizzazione
La diffusione delle città
Mentre la parola urbanesimo indica la concentrazione della popolazione negli insediamenti urbani, urbanizzazione designa il processo di formazione e di crescita delle città. Il fenomeno dell’urbanizzazione è caratteristico del periodo che va dalla fine dell’Ottocento a tutto il Novecento.
Attualmente la maggioranza della popolazione mondiale vive nelle città. La crescita di grandi aree metropolitane e di città gigantesche, le cosiddette megalopoli, tende a caratterizzare in primo luogo i paesi in via di sviluppo o sottosviluppati e crea una serie di problemi legati essenzialmente alla vita sociale ed economica delle classi più deboli
Il termine urbanizzazione indica la formazione e lo sviluppo delle città in una determinata area. A volte questo processo di diffusione e di crescita delle città è avvenuto seguendo programmi e progetti, altre volte è scaturito da scelte spontanee di determinati gruppi sociali, che per vari motivi, principalmente economici, hanno deciso di spostarsi da valli e campagne in centri abitati. L’urbanizzazione è quindi un fenomeno anche demografico (demografia).
Nel processo di crescita della popolazione mondiale – che dagli anni Sessanta del 20° secolo ha assunto le proporzioni di una vera esplosione demografica e che secondo gli studiosi è destinato a continuare fino agli inizi del terzo millennio – è importante rilevare il fenomeno della crescita della popolazione urbana.
La città attira sempre più popolazione perché è ritenuta fonte di migliori condizioni economiche, professionali e sociali. La concentrazione urbana porta ai fenomeni di degrado e di difficoltà sociale, incoraggiando l’insediamento abusivo in zone pericolose dal punto di vista geologico.
In materia di urbanistica e di regolamenti edilizi si chiamano opere di urbanizzazione quelle opere necessarie a rendere abitabile un’area, trasformando il suolo agrario in suolo urbano. Si dividono in opere primarie e secondarie; le primarie sono indispensabili affinché possa realizzarsi un nucleo residenziale, mentre le secondarie sono sempre necessarie allo svolgersi della vita di residenza, ma possono essere realizzate anche in un secondo momento.
Le opere primarie sono costituite da strade, parcheggi, rete idrica e fognaria, rete di distribuzione di elettricità e gas, illuminazione pubblica, verde pubblico. Le opere secondarie sono asili nido e scuole materne, scuole dell’obbligo, mercati, delegazioni comunali, chiese ed edifici per il culto, centri sanitari, sociali, sportivi e culturali, biblioteche. Se molti quartieri periferici delle grandi città sono spesso degradati, una delle cause è proprio la parziale o totale mancanza delle opere di urbanizzazione secondaria.
Le più grandi città del mondo sono quasi tutte localizzate nei paesi in via di sviluppo: Città di Messico, San Paolo, Calcutta e Bombay hanno popolazioni che oscillano tra i 15 e i 24 milioni di abitanti. Si prevede che nel terzo millennio, per la prima volta nella storia, la popolazione delle città sarà più numerosa di quella che ne vive fuori. Ci saranno più di 20 megacittà, con popolazione superiore a 10 milioni di persone, e 17 di queste saranno nel Terzo Mondo.
Le città più grandi saranno concentrate in America Latina e in Asia. Il processo di urbanizzazione rappresenta un fattore primario della crescita socioeconomica di queste nazioni, ma al tempo stesso costituisce un problema sociale molto serio e di difficile risoluzione.
Le condizioni in cui il processo di urbanizzazione nel Terzo Mondo si svolge (e, secondo le proiezioni statistiche, continuerà a svilupparsi) presentano vari aspetti problematici. Innanzitutto aumentano di continuo gli insediamenti abusivi, nei quali milioni di persone vivono in condizioni di estremo degrado fisico e sociale, con situazioni al limite della vivibilità: basta pensare alle bidonvilles africane o alle favelas di Rio de Janeiro. Una soluzione possibile, sperimentata con successo in Asia, consiste nel creare nuove città di grandezza intermedia, regolate in partenza da programmi urbanistici ben definiti e in condizioni di organizzare una vasta porzione di territorio limitrofo. Questo potrebbe permettere di riequilibrare il divario tra città e campagna.
In Giappone, specialmente nelle aree di Tokyo e di Osaka, il fenomeno dell’urbanizzazione ha portato le amministrazioni locali a scelte estreme, dettate dalla mancanza di spazio. Si è cominciato a ricavare gli spazi necessari da destinare specialmente alla costruzione di grandi infrastrutture ‘rubandoli’ al mare. Per realizzare l’aeroporto di Kansai a Osaka nel 1988, per esempio, fu dato il via a giganteschi scavi di sabbia per dare vita a una nuova isola: un rettangolo lungo 4,4 km e largo 1,5 km, sul quale l’architetto Renzo Piano ha realizzato l’edificio del terminal passeggeri, ultimato nel 1994.
La megalopoli consiste in un sistema di più aree metropolitane vicine e ben collegate tra loro, che, sommando gli abitanti delle singole città, possono raggiungere e superare i 25 milioni di persone. Il concetto di megalopoli è stato introdotto a metà del Novecento, studiando la conurbazione della costa nordorientale degli Stati Uniti d’America: qui, da Boston a Washington, attraverso le metropoli di New York, Filadelfia e Baltimora più altre città minori, per circa 1.000 km il territorio appare urbanizzato, prendendo l’aspetto quasi di un’unica grandissima città. Nel 1990 in questa megalopoli vivevano più di 35 milioni di persone, che rappresentavano il 15% di tutta la popolazione statunitense, concentrata in uno spazio ampio ma minimo rispetto alle dimensioni di quella nazione.
Alla fine del Novecento sono state individuate 6 megalopoli oramai avviate, ma molti altri sistemi intermetropolitani si apprestano a diventare vere e proprie megalopoli, anche in Europa. In Italia, per esempio, il triangolo industriale Milano-Torino-Genova è destinato a divenire una megalopoli. È interessante notare che alcune di queste megalopoli comprendono città di nazioni diverse: è il caso del sistema di città formato da Amsterdam-Anversa-Bruxelles-Colonia, megalopoli dell’Europa nordoccidentale, che comprende ben tre nazioni (Paesi Bassi, Belgio e Germania).
In Occidente, in alcune grandi città si sta assistendo, a partire dagli anni Ottanta del Novecento, al fenomeno inverso: il declino della metropoli. Varie cause contribuiscono al verificarsi di un tale processo, per esempio la cosiddetta deindustrializzazione, ossia il declino di alcuni tipi di attività industriali che avevano permesso lo sviluppo di grandi città.
Negli Stati Uniti questo è avvenuto a Detroit, mentre in Europa c’è il caso di Liverpool. Lo stesso avviene per alcune città che hanno una tradizione portuale come Amburgo, Rotterdam, Copenaghen.
Anche se in forme meno eclatanti, la disurbanizzazione è un fenomeno che si manifesta anche in Italia: la dismissione di grandi aree industriali a Torino e Milano, oltre a rappresentare un problema a livello architettonico-urbanistico, ha provocato in queste città, alla fine del 20° secolo, un forte calo della popolazione (circa -15%).
Il fenomeno della cosiddetta città sparsa, dal canto suo, è legato al fenomeno della suburbanizzazione: le città perdono abitanti nei centri urbani per acquistarne in zone esterne ai confini ma facilmente raggiungibili, specialmente con l’automobile, mezzo di locomozione la cui diffusione è tra le principali cause di tali fenomeni. La città sparsa, i cui esempi più tipici si hanno nell’America Settentrionale (Los Angeles e Chicago), è però profondamente diversa da un sobborgo di periferia. Questo infatti dipende dal centro della città, vero polo di attrazione; i nuovi insediamenti, invece, sono completamente autosufficienti: in essi troviamo uffici, teatri, alberghi, centri commerciali e sanitari. La densità abitativa è molto bassa e quindi questi insediamenti risultano ‘spalmati’ su un assai vasto territorio.