VALPERGA DI MASINO, Carlo Francesco II.
– Nacque al castello di Masino (Torino) fra il 1654 e il 1655, figlio primogenito del conte Ludovico (1634-1658), mastro di campo della fanteria del duca di Savoia, e di Maria Cristina Francesca Simiana di Pianezza (1640-1716), sposatisi nel 1653 (la data di nascita di Carlo Francesco si ricava da G. Ponza, La science de l’homme de qualitè, ou l’idée genérale de la cosmographie, Torino 1684, p. 258, dove è detto «agé de 29 ans»).
Durante la guerra civile fra madamisti e principisti (1638-42), l’allora conte di Masino Carlo Francesco (v. la voce Valperga di Masino, Ghirone e Carlo Francesco I, in questo Dizionario) e suo figlio Amedeo avevano appoggiato i principi Tommaso e Maurizio: una scelta in linea con la secolare vicinanza dei Valperga di Masino all’Impero e alla Spagna. Essa si era però rivelata perdente a fronte della vittoria dei madamisti. Il matrimonio del conte Ludovico con Maria Cristina di Pianezza, figlia d’onore della duchessa Cristina dal 1646 al 1653, era stato organizzato da questa con l’intenzione di portare il giovane conte di Masino sempre più nel campo filofrancese. Le nozze avvennero prima di luglio, quando la contessa Maria Cristina viveva già a Masino e da qui ringraziava la duchessa Cristina per aver concesso al marito il comando di una compagnia. Nel settembre di quello stesso anno Cristina e Carlo Emanuele II si recarono a Masino per trascorrervi qualche giorno. Di questo la contessa Maria Cristina li ringraziò il 24 settembre con «svisceratissimo affetto di serva e schiava e figlia» (Archivio di Stato di Torino, Corte, Segreteria di Stato per gli Affari interni, Lettere di particolari, V, mz. 9).
Dopo di lui nacque, il 3 aprile 1656, il fratello minore Francesco Giacinto, destinato alla carriera ecclesiastica. Ebbe anche due sorelle: Ludovica Delfina (morta nel 1716) e Giovanna Margherita Violante (morta nel 1673), entrambe monache al monastero della Visitazione di Torino. La morte improvvisa del conte Ludovico nel 1658 interruppe una politica di riavvicinamento dei Valperga alla fazione francese, che stava ormai dando i suoi frutti. La contessa Maria Cristina, rimasta vedova, si risposò, il 2 agosto 1660, con il principe Francesco Ludovico Ferrero Fieschi di Masserano (1638-1685), dal 1677 grande scudiere di Vittorio Amedeo II.
Dopo un iniziale periodo alla corte di Torino, l’educazione di Carlo e Giacinto si svolse a Parigi. Carlo studiò in un’accademia di cavalieri ove fu almeno sino al luglio del 1674, mentre il fratello Giacinto fu alla Sorbona. Nel maggio del 1674 lo zio Carlo Simiana di Pianezza, marchese di Livorno, lasciò Torino temendo di essere arrestato per l’infelice esito della guerra contro Genova (1672) e si recò a Parigi dove entrò al servizio di Luigi XIV. Sua sorella, madre di Carlo, ritenne allora più prudente che il figlio rientrasse a Torino per non farsi compromettere dallo zio. Carlo risulta essere stato nella capitale sabauda almeno dal giugno del 1675. Secondo alcuni (fra cui Niccolini, 1986, p. 222), fu allora nominato gentiluomo di camera di Carlo Emanuele II.
La questione non è chiara, ma in ogni caso Valperga avrebbe esercitato la carica per poco, poiché il duca morì improvvisamente il 12 giugno 1675. Al trono salì, quindi, Vittorio Amedeo II, di appena nove anni. Ciò aprì le porte a una reggenza, affidata alla madre Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours. Fu lei, il 29 gennaio 1677, a nominare Valperga gentiluomo di Camera del duca (patenti in ibid., pp. 222 s.). Il 1° febbraio 1678, poi, la reggente lo nominò colonnello nel reggimento di fanteria Bagnasco, che dopo essere stato chiamato per due anni reggimento Masino, nel 1680 assunse il nome di reggimento Saluzzo.
La svolta nella carriera di Valperga fu il rapporto via via più stretto che in questi anni egli strinse con la reggente. Almeno dal 1675, Maria Giovanna Battista aveva avviato una relazione con il cavaliere Charles-Christian Chabod de Saint-Maurice (1648-1712), figlio del potente marchese Thomas François, di fatto a capo del governo sabaudo. Gli Chabod erano allora all’apice del potere, mentre i Simiana di Pianezza, con cui Valperga era imparentato, si trovavano in difficoltà.
Nel 1679 il marchese di Livorno (nel frattempo divenuto, nel 1677, marchese di Pianezza) tornò in Italia, stabilendosi nel suo feudo di Montafia (non soggetto al duca di Savoia). Qui incontrò Valperga, chiedendogli di appoggiare il suo rientro a Torino. Fra il 1679 e il 1680 il marchese di Saint- Maurice fu così allontanato da Torino, insieme agli altri membri della famiglia, incluso il giovane figlio. Valperga lo aveva ormai soppiantato nel cuore della reggente.
Per alcuni mesi anche Valperga fu inviato a Nizza, ma si trattò solo di un espediente, peraltro di breve durata, per nascondere ciò che era sotto gli occhi di tutti.
Il 1680 fu l’anno dell’affermazione a corte di Valperga e del fratello. Un chiaro segno di ciò, subito colto da cortigiani e ambasciatori, fu la «préférence que Madame de Savoye a donnée a mr. de Masin a la veue de tout sa cour» in occasione delle feste del Carnevale, come riferiva a Luigi XIV l’abate Jean-François d’Estrades, ambasciatore di Francia a Torino, nel febbraio del 1680 (M.T. Bouquet Boyer, Il teatro di corte dalle origini al 1688, Torino 1976, pp. 62 s.). Sin dall’inizio dell’anno, Madame de La Fayette s’era detta preoccupata per il ruolo che il «petit homme» sembrava aver conquistato nella vita della duchessa. Ma ben poco era possibile fare di fronte alla di lei determinazione. Il 7 aprile 1680 la reggente nominò Valperga primo scudiere del duca, lasciandogli anche l’esercizio della carica di gentiluomo di Camera (Archivio di Stato di Torino, Patenti controllo finanze, reg. 169, c. 15rv). Il 9 aprzile 1680, poi, lo creò cavaliere mauriziano insieme al fratello minore Giacinto (ibid, c. 15r). Nello stesso tempo, volle quest’ultimo fra i propri elemosinieri. Ottenne inoltre che Luigi XIV gli concedesse nell’ottobre del 1680 l’abbazia di Saint Pierre de Châlon, nella Franca Contea (Mercure galant, novembre 1680, pp. 162-165). Tutte queste nomine avvennero, inoltre, prima del 14 maggio 1680, quando Vittorio Amedeo II divenne maggiorenne. In tal modo, la reggente cercò di consolidare la posizione dei fratelli Valperga prima di un avvenimento che avrebbe potuto metterla in discussione.
In ogni caso, il contesto politico non permise al giovane duca di assumere realmente il potere. Egli chiese quindi alla madre di mantenere ancora il controllo del governo, dichiarando inoltre di accettare il progetto per le sue nozze con la cugina Isabella Luisa di Braganza (1669-1690; figlia di Maria Francesca di Nemours, sorella della Madama Reale), all’epoca erede presuntiva del Portogallo. La madre aveva, infatti, stretto un accordo per cui il duca sarebbe dovuto partire per Lisbona nel 1682, lasciando a lei il governo degli Stati sabaudi. Il progetto, in realtà, era stato pensato ancora negli anni degli Chabod, ma certo Valperga non vi si era opposto. Nel dicembre del 1680 il marchese di Pianezza fece ritorno a Torino: nulla sembrava opporsi a una nuova reggenza filofrancese, la cui direzione fosse stata nelle mani della fazione guidata dai Masino e Pianezza.
Fra il 1681 e il 1682, Valperga fu inviato in Francia da Maria Giovanna Battista. Scopo della missione era discutere con Luigi XIV e i suoi ministri la possibilità di un matrimonio di costei con il principe Emanuele Filiberto di Carignano, allora primo in linea di successione. Quando il duca fosse partito per il Portogallo, infatti, Vittorio Amedeo II avrebbe potuto conferire la reggenza a questi, in quanto erede al trono. Il principe era inviso a Luigi XIV, in quanto filospagnolo. Tali nozze, però, lo avrebbero neutralizzato politicamente e avrebbero mantenuto il potere in mano a Maria Giovanna Battista. L’ascendente di Valperga sulla Madama Reale era ormai argomento di discussione nelle corti. Madame de Montpensier, nipote di Luigi XIII, scrisse nel 1682 nei suoi Mémoires che alla corte di suo cugino Luigi XIV ormai si prendeva apertamente in giro la Madama Reale, nella convinzione che tramite Valperga le si potesse far fare qualsiasi cosa si volesse: «On se moque d’elle et quand on lui veut faire faire quelque chose, on n’a qu’à donner de l’argent au comte de Mazin, et pour peu de chose elle fait ce que l’on veut» (D’Orléans Montpensier, 1859, p. 453). Nel 1682, però, Vittorio Amedeo II oppose una fiera resistenza al progetto di sposare la cugina e, fingendo una lunga malattia, convinse l’ambasciatore portoghese, che in giugno era venuto a Torino per accompagnarlo nella sua nuova patria, a tornare a Lisbona. In dicembre il governo portoghese dichiarò rotto l’accordo matrimoniale.
Il marchese di Pianezza, avendo compreso che ormai la presa del potere da parte di Vittorio Amedeo II sarebbe stata solo questione di tempo, organizzò una congiura al fine di rovesciare la Madama Reale. Egli sperava così che il duca lo premiasse, facendone il suo primo ministro. Al contrario, Vittorio Amedeo II, con lucido cinismo, lo denunciò alla madre. Pianezza fu quindi arrestato il 21 dicembre 1682 e recluso con la famiglia nel forte di Montmélian. La sua caduta non compromise però Valperga; anzi, in un certo senso lo rafforzò, perché eliminò quello che, al di là delle parentele, restava un avversario per la sua ascesa politica. Il 23 luglio 1683, Valperga fu nominato «colonnello della Guardia svizzera, generale di quella nazione e dei vallesani» negli Stati sabaudi, lasciando quindi il reggimento Saluzzo. Poiché agli svizzeri, insieme al reggimento delle Guardie del corpo, spettava la difesa della persona del re e dei suoi palazzi, questa carica insieme a quella di primo scudiere dava a Valperga la possibilità di controllare l’azione del giovane duca, che ormai ambiva apertamente a prendere il potere aspettando solo un’occasione propizia. Il 18 novembre 1682, inoltre, l’abate di Masino fu nominato coadiutore dell’ormai anziano arcivescovo di Torino Michele Beggiamo (1611-1689), ponendo una seria ipoteca sulla massima carica episcopale degli Stati sabaudi (Gazette de France, 25 novembre 1682, p. 781).
A fronte di ciò, non stupisce quindi che, come raccontava nel 1684 l’ambasciatore francese, il marchese Philippe Auguste Hardy de la Trousse, Valperga fosse «particulièrement l’objet de (la) haine» di Vittorio Amedeo II, al punto che questi «à son approche, il frémissait et pâlissait» (Rousset, 1864, p. 203). Alla fine di quello stesso 1684, comunque, il duca sposò Anna d’Orléans, nipote di Luigi XIV. Con questo atto ebbe di fatto fine la reggenza. Per il momento, tuttavia, Valperga mantenne il suo ruolo a corte: il duca non poteva ancora mettere in discussione l’alleanza con la Francia, e Valperga era fra i capi della fazione francese. Ancora nel 1689 il duca lamentava che i suoi problemi con la Francia dipendessero dalla madre e da Valperga. Quando, nel 1690, infine, Vittorio Amedeo II ruppe gli indugi e dichiarò guerra alla Francia, Valperga inizialmente partecipò al conflitto, combattendo il 18 giugno 1690 alla battaglia di Staffarda, dove l’esercito del duca subì una pesante sconfitta (stando, almeno, a quanto raccontava il marchese Cesare Pagani, membro del Senato di Milano, in una relazione del 1692, conservata all’Archivio del Castello di Masino, mz. 293, f. 5567). Alla fine dell’anno, mentre la campagna militare era sospesa, si diffuse la voce che Valperga stesse per sposare Irene Delfina Simiana di Pianezza, erede dell’ingente patrimonio familiare (cfr. lettera dell’abate di Choisy, Parigi, 3 gennaio 1691, in de Rabutin de Bussy, 1711, p. 309). Invece, il 17 dicembre 1691 la giovane ereditiera sposò il principe Michele Imperiali di Francavilla. Nel frattempo, in forme e modi ancora oscuri, s’era consumata la rottura fra Valperga e il duca. In una lettera inviata al duca del 10 maggio 1699, Valperga scriveva di voler restare obbediente «aux ordres qu’il vout plait me préscrire lorsque j’eus l’honneur de prendre congé de V.A.R.», facendo riferimento a qualcosa avvenuto «huit ans» prima, appunto nel 1691 (Archivio di Stato di Torino, Corte, Segreteria di Stato per gli Affari interni, Lettere di particolari, V, mz. 7). Fu allora, infatti, che il sovrano lo congedò dal proprio servizio, allontanandolo da Torino e confinandolo nel suo castello. Valperga si ritirò e da Masino, con l’appoggio sia delle autorità sabaude sia del marchese Diego Dàvila Mesia y Guzman di Leganes, governatore del Ducato, poté comunque organizzare il proprio matrimonio con Maria Vittoria Trotti Bentivoglio, marchesa d’Incisa (1667-1731), che sposò a Milano nel giugno del 1692. Il contratto di nozze fu però stilato solo il 13 settembre 1695 (la data di nascita di Trotti si trova in Archivio storico civico di Milano, Malvezzi, ms. 1, f. 2).
Il padre della sposa era don Antonio Trotti Bentivoglio (1629-1684), colonnello della fanteria imperiale e, dal 1675, cavaliere del Toson d’oro. La moglie era erede dell’ingente patrimonio familiare, costituito per lo più da beni che sfuggivano al controllo sabaudo.
Oscuri restano gli anni successivi, segnati dalla guerra contro la Francia e dal recupero di Pinerolo. Poco dopo la pace, nel 1697, Charles Richany, in una Relazione sulla corte del duca di Savoia (Archivio di Stato di Parma, Carteggio farnesiano e borbonico estero, mz. 402, Piemonte), scriveva che «il famoso conte Masino» era allora ancora «confinato nel suo feudo di Masino, per ordine di S.A.R. e più non può venire a Torino». Aggiungeva che «se ne dicono cose di poco rispetto, in riguardo anche di Madama Reale». Nella citata lettera del 10 maggio 1699 Valperga scriveva che gli otto anni precedenti erano passati per lui nel silenzio, «sans murmure ni importunité». Due anni dopo, il 20 maggio 1701, allo scoppio della guerra di successione spagnola, era a Milano e da qui chiese di rientrare in servizio, inviando al duca una supplica accorata (Archivio di Stato di Torino, Corte, Segreteria di Stato per gli Affari interni, Lettere di particolari, V, mz. 7). Il duca, però, rifiutò. E così avrebbe fatto anche in seguito ad analoghe richieste. Sappiamo, tuttavia, che a Valperga era permesso di rientrare nei propri feudi, senza farsi vedere nella capitale.
Nel frattempo, nel 1702, apparve a Colonia, per i tipi di Pier Marteu, La guerre d’Italie, ou Memoires du Comte D***, attribuita in seguito a Samuel de Grandchamp, un capitano ugonotto che era morto quello stesso anno, all’assedio di Liegi, servendo nelle truppe di Malborough. Nell’opera, l’autore dedicò diverse pagine a descrivere una visita che avrebbe fatto nel 1695 a Masino, dove Valperga era «relegué» (p. 288). Egli raccontava che il matrimonio portoghese sarebbe stato solo una premessa alle nozze fra Maria Giovanna Battista e Luigi XIV, che avrebbero consentito a lei di diventare regina di Francia e a lui di controllare gli Stati sabaudi. La storia, però, è inverosimile, poiché il Re Sole era rimasto vedovo solo nel luglio del 1683, mentre il matrimonio portoghese era stato annullato già nel dicembre del 1682. Allo stesso modo, come si è visto, non è vero che «la premiére chose» compiuta da Vittorio Amedeo II dopo la sua ascesa al trono era stata «releguer le comte dans sa terre de Masin» (pp. 288-292). L’opera di Grandchamp ebbe una grande fortuna, conoscendo almeno due altre edizioni in pochi anni (1707 e 1710) e contribuendo non poco alla creazione della leggenda di un Valperga come «le gentilhomme le plus accompli de son temps».
Mentre la sua storia d’amore con Maria Giovanna Battista veniva rievocata in un’opera tanto fortunata, Valperga proseguiva nell’esilio milanese. Dopo il 1706 sono attestate diverse occasioni in cui ebbe modo di incontrarsi con funzionari sabaudi inviati in Lombardia per trattare con i loro omologhi imperiali. Tutto ciò, però, non mutò i suoi rapporti con Vittorio Amedeo II.
Lo si vide bene nel settembre del 1710, quando il sovrano si recò al castello di Masino affinché la moglie Anna d’Orléans potesse prendervi le acque di Saint Moritz, che vi erano state portate rinchiuse in botti. Valperga inviò al castello da Milano tutto il necessario perché il soggiorno fosse il più sfarzoso possibile. Da una lettera del vescovo di Mondovì Giovan Battista Isnardi di Caraglio al marchese Carlo Girolamo del Carretto di Bagnasco (datata 19 settembre 1710, conservata alla Biblioteca del Seminario di Torino), si apprende che in tale occasione alcuni cortigiani, di fronte ai carri di beni di lusso giunti da Milano, si spinsero a dire che al castello «non vi mancava [...] che il padrone». Vittorio Amedeo II rispose però loro che «un gran signore» come Valperga, «che ha 20mila scudi d’entrata, e che abita in una gran città come Milano, da tutti amato e stimato, e che di tanto in tanto vien a godere della buona aria di quel suo castello», poteva «ben consolarsi di non vedere il suo sovrano». La risposta non lasciava dubbi sul pensiero di Vittorio Amedeo II. Valperga continuò comunque a recarsi a Masino nelle estati successive. Vi era, per esempio, in quella del 1713, quando, con una lettera datata 1° agosto, si complimentava con Vittorio Amedeo II per la sua ascesa al titolo di re di Sicilia (Archivio di Stato di Torino, Corte, Segreteria di Stato per gli Affari interni, Lettere di particolari, V, mz. 7).
A quasi venticinque anni dalla sua disgrazia, morì infine a Milano il 29 luglio 1715, dopo una malattia trascinatasi per oltre sei mesi.
Informandone Vittorio Amedeo II, la vedova scrisse che era «spirato [...] con proteste di venerazione, di buon suddito, fedele vassallo e d’antico dimestico della Maestà Vostra» (ibid.). Non ritornò in patria neppure da morto: sepolto nella chiesa dei cappuccini di Porta Vercellana, vi fu raggiunto sedici anni dopo dalla moglie. La vedova si stabilì in Piemonte, ottenendo la naturalizzazione il 1° luglio 1720. Nella primavera del 1731, ammalatasi, si trasferì a Milano nell’abitazione della sorella Giulia, sposatasi Serbelloni, e lì morì il 9 maggio 1731. Titoli e beni dei Valperga di Masino furono ereditati prima dall’arcivescovo Giacinto e poi, alla morte di questi, nel 1737, dal cugino Ludovico Valperga d’Albaretto (Albarey), che diede così origine a una nuova linea della casa, destinata a estinguersi nel 1844.
Fonti e Bibl.: S. de Grandchamp, La guerre d’Italie, ou Memoires du Comte D***, Cologna 1702, pp. 288-296; R. de Rabutin de Bussy, Lettres [...] avec les réponses, V, Paris 1711, p. 309; A.M.L. D’Orléans Montpensier, Mémoires, a cura di A. Chéruel, IV, Paris 1859; A. Ferrero della Marmora, Le vicende di Carlo di Simiane, Marchese di Livorno poi di Pianezza fra 1672 e 1706, Torino 1862, pp. 9, 121, 131 s., 158, 319; C. Rousset, Histoire de Louvois et de son administration politique et militaire, III, Paris 1864, passim; D. Perrero, Il presidente Giuseppe De Lascheraine corrispondente di Madama di La Fayette, in Curiosità e ricerche di storia subalpina, IV (1880), 14, pp. 451, 500, 504; Id., Lettere inedite di Madama La Fayette e sue relazioni colla corte di Torino, ibid., 15, pp. 452, 477, 498, 525; C. Poma, Raspolli di Gaglianico, in Bollettino storico per la Provincia di Novara, XIX (1925), pp. 114 s., 118-120, 123 s.; M. Grosso - F. Mellano, Su una vicenda di C.F. V. conte di Masino, in Id., Spunti e profili nella storia del Piemonte nei sec. XVII e XVIII, Torino 1961, pp. 75-81; B. Niccolini, Valperga e Savoia. Due dinastie per un regno, Firenze 1986, passim; L. Levi Momigliano, Stemmi gentilizi nella sala Valperga del castello di Masino. Primi saggi su preesistenze e ripristini, in L’identità genealogica e araldica: fonti, metodologie, interdisciplinarità, prospettive, a cura di S. Ricci - F. Simonelli, I, Roma 2000, pp. 345-360; A. Cont, Sotto tutela. Il sovrano bambino in Italia (1659-1714), in Rivista storica italiana, CXXIV (2012), pp. 537-581 (in partic. pp. 550, 578); Id., L’ uomo di corte italiano: identità e comportamenti nobiliari tra XVII e XVIII secolo, ibid., CXXVI (2014), pp. 94-119 (in partic. pp. 96, 103, 114); Id., Ministri, favoriti, confidenti. L’entourage dei sovrani secolari italiani nell’Antico Regime, 1659-1796, in Nuova rivista storica, CI (2017), pp. 391-430 (in partic. pp. 402 s.).