Venezuela
Quando il petrolio non basta
Il Venezuela è uno dei primi paesi produttori di petrolio del mondo, grande esportatore di minerali e prodotti tropicali, ricco di buoni terreni agricoli e di pascoli, non privo di industrie: eppure il paese conosce da decenni una serie di gravi crisi socio-economiche e politiche. La storia del Venezuela rappresenta un tipico caso di sviluppo frenato e distorto da una cattiva distribuzione della ricchezza e da una pesante dipendenza dall’estero
Per gran parte, il territorio del Venezuela è costituito da un’immensa prateria (llanos) attraversata dal fiume Orinoco e dai suoi affluenti. A ovest, la Cordigliera di Mérida (5.007 m) circonda la laguna di Maracaibo; l’area centro-orientale è occupata dagli antichi rilievi del Massiccio della Guiana (quasi 3.000 m); a sud, infine, si apre un tratto del bacino amazzonico. Il clima è caldo e umido; la vegetazione forestale è densa nel Centro-Sud. La popolazione si concentra invece nel Nord, nella fascia costiera. Qui si trovano la capitale Caracas (3.266.000 ab.), i porti, le industrie e le principali città: Valencia (1.196.000) e soprattutto Maracaibo (1.609.000), al centro di una delle grandi aree petrolifere del paese. Il Venezuela è ricco di minerali pregiati, coltiva caffè, cacao, canna da zucchero e frutti tropicali, ha un’industria abbastanza sviluppata (tessile, chimica, metalmeccanica), ma le condizioni di vita degli abitanti non sono molto buone. La risorsa del petrolio rappresenta per il paese una perenne promessa di benessere, che però le disuguaglianze sociali deludono da decenni.
Il territorio dell’attuale Venezuela fu raggiunto da Cristoforo Colombo nel 1498 e intorno alla metà del Cinquecento divenne un dominio della Corona spagnola. Sfruttato soprattutto per le sue risorse agricole, esso fu governato secondo uno schema rigidamente gerarchico che collocava al vertice l’aristocrazia spagnola e i possidenti creoli e alla base i meticci, gli schiavi neri e gli Indios. La lotta per l’indipendenza ebbe inizio tra il Settecento e l’Ottocento sotto la guida di Francisco de Miranda e proseguì negli anni successivi con Simón Bolívar. Nel 1821 il Venezuela si emancipò dalla Spagna e divenne parte della Grande Colombia. Nel 1830 diventò uno Stato pienamente sovrano e indipendente. Governato da ristrette oligarchie legate alla grande proprietà fondiaria e all’esercito, il paese fu lacerato da due aspre guerre civili tra gli anni Cinquanta e Sessanta del 19° secolo.
Nella prima metà del 20° secolo si succedettero una serie di dittature militari che, anche grazie alla scoperta di importanti giacimenti petroliferi e all’arrivo di capitali stranieri, in primo luogo statunitensi, promossero la crescita del paese, a vantaggio però dei ceti privilegiati. Nel 1945 salì al potere Rómulo Betancourt, che avviò un nuovo corso democratico e di riforme sociali. Nel 1948 egli fu tuttavia deposto da un colpo di Stato militare, che instaurò nuovamente un regime autoritario e repressivo. Nel 1958 fu restaurata la democrazia e Betancourt ritornò al potere. A partire dal 1964 gli succedettero alla presidenza esponenti del suo partito (Azione democratica) e del partito cattolico (Copei), i quali negli anni Settanta nazionalizzarono l’industria petrolifera. Nei decenni successivi l’acuirsi delle difficoltà economiche e dei contrasti sociali ha suscitato ampie proteste che hanno contribuito a destabilizzare il paese, portando al potere dapprima, nel 1994, una coalizione di centrosinistra, e poi, nel 1998, il leader populista Hugo Chávez Frías, che ha assunto posizioni fortemente critiche nei confronti degli Stati Uniti.