videoarte
L’arte con le nuove tecnologie
La videoarte, sorta a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, usa il video, inteso come come ripresa televisiva, filmata e da ultimo digitale, come strumento creativo. L’obiettivo che si propone non è solo quello di raccontare storie o registrare la realtà, ma anche di indagare tutte le potenzialità espressive dei nuovi mezzi
L’arte da sempre utilizza strumenti: pennelli, scalpelli, tinture, lastre di rame. Non c’è da stupirsi, dunque, che con l’evoluzione delle tecnologie gli artisti si approprino di nuovi mezzi per sperimentare le loro possibilità creative. È accaduto nell’Ottocento con la fotografia e nel secolo successivo con la ripresa filmata. Questo processo continua con il computer, con le reti di computer e perfino con i telefoni mobili.
Sin dall’apparire del cinema, per esempio, alcuni artisti hanno mostrato interesse a lavorare sulla pellicola, a produrre film astratti, a sperimentare forme di utilizzazione diverse da quella popolare e commerciale delle grandi case produttrici cinematografiche.
Anche con la televisione è accaduto qualcosa di simile: nel 1954 l’artista Lucio Fontana propose agli artisti di appropriarsi del nuovo mezzo per trasmettere i loro interventi creativi. Sono suggestivi gli esperimenti del coreano Nam June Paik, il quale distorce il segnale televisivo mediante una calamita, in modo da produrre sullo schermo immagini e suoni modificati, che risultano del tutto inaspettati.
Il tedesco Wolf Vostell inserisce televisori accesi con immagini deformate in ambienti degradati e spesso distrugge i monitor durante azioni (performance) che costituiscono esse stesse l’opera d’arte.
Fabrizio Plessi da decenni inventa ambientazioni in cui molti schermi sono collegati in modo da costituire strutture architettoniche.
A partire dagli anni Sessanta del Novecento molti artisti si sono espressi attraverso performance, delle quali, senza una registrazione, non sarebbe rimasta alcuna traccia; in tal modo il video si è dimostrato uno strumento necessario per testimoniare l’arte contemporanea. Oltre a documentare un certo avvenimento artistico che si svolge nel tempo, il video viene usato per riprendere le reazioni del pubblico, che possono essere trasmesse a loro volta a circuito chiuso, inserendo così anche gli spettatori nell’opera.
Alcuni artisti, come il gruppo italiano Studio azzurro, usano molti schermi allineati in cui l’immagine (per esempio quella di un nuotatore) sembra passare da uno all’altro. Si tratta di opere sorprendenti, in cui lo spettatore è colpito non solo dall’uso inaspettato di un mezzo quotidiano come il televisore, ma anche dalla novità dell’immagine che si produce.
Immagini proiettate su schermi trasparenti, su vapori, su bolle di sapone; immagini che scorrono su schermi incastrati per terra o chiusi dentro scatole; immagini proiettate a velocità alterate, per calamitare l’attenzione dello spettatore su particolari che sfuggono; immagini che scorrono al contrario, o che sono ritardate rispetto al suono che le accompagna. Le opere della videoarte utilizzano in modo originale il linguaggio proprio della televisione, del cinema, della ripresa, della proiezione, della sincronizzazione con il sonoro e spesso lo mescolano con altri linguaggi, come la pittura o l’architettura.
Producono così un effetto di straniamento, a volte piacevole altre volte negativo, ma che spesso porta con sé la possibilità di un punto di vista nuovo sul mondo.
Con l’arrivo delle immagini digitali (numeriche) gestite dai computer, le possibilità dell’arte si sono ancora modificate. Immagini sintetiche e spazi virtuali sono le frontiere della computer art, l’arte che usa come strumenti e supporti i programmi (software) e che consente un’interazione fra le opere e gli utenti, che possono modificarle nel loro corso.
La rete Internet con il World wide web si presta poi anche alla sperimentazione di opere collettive, che crescono con l’apporto di ciascun utente connesso.
Anche i brevi video di argomento musicale, i cosiddetti videoclip, pieni di invenzioni ritmiche e di racconto, possono rappresentare una espressione dell’arte contemporanea, quando sono realizzati da artisti multimediali come Laurie Anderson o Peter Gabriel.