Vedi Zambia dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Ottenuta l’indipendenza dal Regno Unito nel 1964, lo Zambia (precedentemente conosciuto come Rhodesia del Nord), insieme alla Tanzania, è stato per almeno un decennio il paese più avanzato sulla cosiddetta ‘linea del fronte’, ovvero sul confine tra gli stati indipendenti dell’Africa nera e gli stati che si trovavano sotto il regime coloniale portoghese (Angola e Mozambico) oppure che erano governati da minoranze bianche (Rhodesia del Sud e Sudafrica). Anche dopo l’indipendenza delle colonie portoghesi, lo Zambia è stato sempre coinvolto nella lotta contro i regimi dell’apartheid, tanto che il quartier generale del partito sudafricano African National Congress (Anc) venne insediato nella capitale zambiana di Lusaka. Molti movimenti di liberazione nazionale dell’Africa australe, dallo Swapo (South West Africa People’s Organization) allo Zapu (Zimbabwe African People’s Union) e Zanu (Zimbabwe’s African National Union), trovarono appoggio politico e logistico in Zambia. Così come in Tanzania, anche in Zambia il primo presidente dell’indipendenza, Kenneth Kaunda, elaborò una versione nazionalista del pensiero socialista, nota come ‘umanesimo zambiano’. Questo permise al paese di mantenere una posizione preminente nel Movimento dei non allineati (di cui Kaunda fu segretario dal 1970 al 1973), conservando però una certa distanza dai regimi comunisti, a differenza di quanto accadeva negli stati confinanti di seconda decolonizzazione, molto più schierati ideologicamente con il comunismo internazionale (nella versione cinese o russa).
La fine della Guerra fredda ha ridotto la rilevanza strategica dello Zambia, che oggi è un membro autorevole della Sadc (la Comunità per lo sviluppo degli stati dell’Africa australe), guidata dal 2007 al 2008 da Levy Mwanawasa, terzo presidente del paese. Le relazioni con gli stati confinanti e con il Sudafrica sono buone nonostante lo Zambia lamenti lo strapotere economico e commerciale della potenza regionale.
Durante il periodo di presidenza della Sadc, Mwanawasa si è distinto per la sua dura presa di posizione nei confronti di Robert Mugabe, che all’epoca si trovava alle prese con una difficile e contestata rielezione in Zimbabwe. La malattia e la morte improvvisa di Mwanawasa, pochi giorni dopo una dichiarazione di fuoco contro Mugabe, ha certamente impedito che lo Zambia continuasse a svolgere un ruolo di primo piano nella soluzione dell’impasse in Zimbabwe.
Anche a livello internazionale, lo Zambia mantiene buone relazioni sia con i donatori internazionali, sia con le potenze emergenti. La questione della penetrazione della Cina in Zambia, in particolare, è diventata fonte di accesa discussione anche nella politica interna del paese. Sebbene le imprese cinesi investano 1,2 miliardi l’anno, creando 25.000 posti di lavoro, vi sono stati episodi di rivolta sociale contro le condizioni di lavoro imposte da questi ultimi, che hanno provocato un certo sentimento anticinese tra la popolazione. Il caso più eclatante è stato la rivolta scoppiata nell’agosto del 2012 a Sinazongwe in una miniera di carbone, durante la quale è stato ucciso il manager della Collum, la società cinese proprietaria della miniera. La rivolta è scoppiata a causa della mancata applicazione del salario minimo da parte della Collum nei confronti dei minatori zambiani in sciopero.
La democrazia in Zambia è un’istituzione relativamente recente: solo nel 1991, dopo quasi vent’anni di regime a partito unico dello United National Independence Party, il presidente Kaunda dovette indire elezioni democratiche, vinte dal partito di opposizione Movement for Multiparty Democracy (Mmd), con Frederick Chiluba nuovo capo di stato. Kenneth Kaunda è stato il secondo presidente africano a lasciare il potere dopo aver posto un termine al multipartitismo ed essere stato sconfitto alle elezioni.
I due mandati presidenziali di Chiluba hanno tuttavia deluso le aspettative di maggiore riformismo e di lotta alla corruzione. L’opposizione è riuscita a impedire che Chiluba modificasse la Costituzione per concorrere per il terzo mandato, ma questo non ha significato la sconfitta dello Mmd: nel 2001 il suo candidato Levy Mwanawasa ha infatti vinto di nuovo le elezioni. Durante la presidenza di Mwanawasa c’è stato un visibile impegno per ridurre la corruzione, culminato nel processo iniziato contro lo stesso Chiluba. Nel 2008, tuttavia, la morte di Mwanawasa ha ridotto l’impeto di queste riforme e ciò spiega anche il proscioglimento di Chiluba.
Alla morte di Mwanawasa sono state indette elezioni presidenziali per scegliere il candidato che doveva completare il secondo mandato; il verdetto delle urne ha premiato Rupiah Banda, dello Mmd, sconfitto tre anni più tardi nelle presidenziali del settembre del 2011 da Michael Sata, leader del Patriottic Front e nuovo capo di stato.
Lo Zambia è uno dei paesi dell’Africa sub-sahariana con il più alto tasso di urbanizzazione (più del 35%), dovuto soprattutto allo sviluppo del settore minerario, che attrae lavoratori dalle campagne. Come altri paesi dell’area presenta caratteristiche demografiche molto simili: l’epidemia dell’Hiv ha ridotto la speranza di vita e la crescita demografica; contemporaneamente, la fascia di popolazione al di sotto dei 15 anni è aumentata in maniera esponenziale.
Lo Zambia conta più di 70 gruppi etnici (pari a circa il 97% della popolazione) ma ciò non costituisce, tuttavia, un fattore di frammentazione e polarizzazione nella vita politica ed economica del paese. Il principale gruppo etnico è quello dei Bemba (18% della popolazione).
I rifugiati di stati confinanti che hanno trovato ospitalità in Zambia sono poco meno di 60.000 e provengono da Angola (25.300), Repubblica Democratica del Congo (22.000), Ruanda, Burundi, Somalia. Il loro numero si è molto ridotto negli ultimi anni, grazie ai programmi di rimpatrio e alla conclusione di alcuni conflitti nell’area. A questi rifugiati ufficiali si aggiungono invece decine di migliaia di immigrati illegali, provenienti soprattutto dallo Zimbabwe.
Come molti stati dell’Africa sub-sahariana, anche in Zambia il governo è impegnato ad aumentare in modo radicale la fornitura di servizi essenziali, tra cui l’istruzione e i servizi sanitari. Anche in questo caso, l’epidemia dell’Hiv sta contrastando gli sforzi del governo e dei donatori internazionali che lo sostengono finanziariamente. Nonostante ciò, lo Zambia rimane uno dei paesi più poveri al mondo, penalizzato sia dalla struttura dell’economica del paese, sia dalla sua posizione geografica.
La maggior parte dei cittadini dello Zambia lavora nel settore agricolo, che però contribuisce solo al 20,7% del pil. Predominano le colture tradizionali, soprattutto cereali (mais e miglio), l’arachide, la manioca, la batata, lo zucchero e il tabacco, praticate tuttavia con sistemi poco produttivi. È coltivato anche il cotone.
Ma base dell’economia è l’attività mineraria, a cominciare dalla produzione del rame, che costituisce più della metà del valore totale delle esportazioni dello Zambia.
Il turismo rappresenta un settore potenzialmente in espansione: esso contribuisce a meno del 3% del pil nazionale, nonostante in Zambia si trovino 19 parchi nazionali e 23 cascate, tra cui le Cascate Vittoria. Lo Zambian Tourism Board intende quadruplicare il numero di turisti entro il 2017, così da creare fino a un milione di posti di lavoro nel settore. A tale fine, sono previsti investimenti nel settore della ricettività alberghiera e dei trasporti interni. Al momento il settore beneficia della crisi nel vicino Zimbabwe, che ha fatto aumentare i turisti sul versante zambiano delle Cascate Vittoria.
Nel 2009 lo Zambia ha ricevuto aiuti da organizzazioni internazionali e da numerosi paesi europei e Stati Uniti per un totale di oltre un miliardo di dollari.
Lo Zambia ha un esercito nazionale ridotto (13.500 militari/unità) in rapporto sia alla sua popolazione, sia rispetto agli effettivi delle forze armate degli altri paesi vicini.
La cancellazione dell’Accordo di Barotse, che dal 1964 garantiva uno statuto speciale alla Western Province, ha prodotto nel marzo del 2011 scontri e proteste da parte della popolazione Lozi che vive nella regione, e potrebbe diventare un elemento di instabilità politica interna.
Quando si parla del ritorno della Cina in Africa si fa risalire l’inizio delle nuove relazioni alla costruzione della linea ferroviaria Tazara (acronimo di Tanzania-Zambia Railway), il primo e più grande progetto infrastrutturale che la Cina maoista realizzò in Africa nel dopoguerra per un costo complessivo di oltre 500 milioni di dollari. La linea, chiamata anche in swahili Uhuru Railway (‘Ferrovia della libertà’), collegava la località mineraria zambiana di Kapiri Mposhi con il porto tanzaniano di Dar es Salaam, con l’obiettivo di creare uno sbocco sul mare alternativo per il rame dello Zambia, che altrimenti avrebbe dovuto essere trasportato attraverso la Rhodesia del Sud e il Sudafrica, controllati da regimi segregazionisti. La presenza della Cina è concentrata soprattutto nel settore dell’estrazione del rame e nelle infrastrutture. Inoltre, Pechino ha condonato 200 milioni di dollari di debito a Lusaka, divenendo un partner strategico per gli investimenti e la creazione di posti di lavoro. A partire dal 2006, incidenti dovuti alle condizioni di lavoro in miniera hanno però creato frizioni e scontri in questo rapporto, tanto che la questione della penetrazione cinese nel paese è divenuta oggetto di discussione politica, situazione ancora rara nel continente africano.
Per quanto oggi le esportazioni di rame contribuiscano solo al 5% del pil, l’economia nazionale ha sofferto per anni degli effetti della ‘maledizione’ derivante dalla nazionalizzazione della principale risorsa del paese poco dopo l’indipendenza. Infatti, a seguito dell’aumento dei prezzi del petrolio nel 1973 e dell’improvvisa e drastica riduzione del prezzo del rame nel 1975 (il rame all’epoca costituiva il 95% delle entrate da esportazioni dello Zambia), il paese si è trovato in pochi anni sull’orlo della bancarotta, dovendo di conseguenza modificare radicalmente i propri piani di sviluppo. I programmi di stabilizzazione e aggiustamento strutturale hanno portato alla privatizzazione di molte miniere e all’entrata nel paese di imprese straniere di estrazione, tra cui imprese cinesi. Oggi la struttura dell’economia dello Zambia è meno sbilanciata, anche se l’indotto derivante dal settore estrattivo è ancora significativo.