Archivio
Sistema documentario e quadro normativo
Nel corso degli anni Novanta del 20° sec., dopo decenni di disinteresse verso le sorti della documentazione archivistica presente negli uffici italiani, gli a. e la produzione documentaria sono stati posti di nuovo al centro del processo di riforma della pubblica amministrazione. Il documento amministrativo, la sua formazione, gli strumenti e le regole della gestione, tenuta e conservazione sono tornati a essere in primo piano nell'agenda politica e legislativa italiana. In particolare, è emerso il nesso esistente tra semplificazione amministrativa e innovazione nel sistema documentario: la gestione dei documenti e l'organizzazione degli a. sono state collocate all'interno dei processi di modernizzazione dell'amministrazione pubblica non solo in quanto risorsa strategica per il miglioramento dei servizi e dell'azione amministrativa, ma anche come parte di un sistema di certezze senza il quale nessuna innovazione è possibile nella pubblica amministrazione. Infatti la correttezza della tenuta del sistema documentario - dalla formazione dei documenti alla loro conservazione permanente - garantisce l'affidabilità degli stessi e quindi la certezza dei diritti. La comunità archivistica nazionale è tornata a riflettere su temi e aspetti della disciplina e del lavoro archivistico che, sebbene fondanti per la tradizione culturale archivistica italiana, erano stati trascurati sia sul piano teorico, sia nella pratica. L'importanza della fase di formazione dell'a. - l'archivio corrente secondo la tradizione italiana, il record management secondo quella anglosassone - è emersa anche in relazione alle nuove problematiche introdotte nella pubblica amministrazione dallo sviluppo delle tecnologie informatiche e telematiche (e-government). Temi come l'autenticità dei documenti informatici e la loro conservazione permanente, il ruolo di strumenti tradizionali quali il registro di protocollo o la classificazione, il rapporto tra sistema documentario e sistema informativo, la stessa definizione di documento archivistico, che si credevano definiti e consolidati, sono diventati oggetto di riflessione e di dibattito nazionale e internazionale favorendo, forse per la prima volta per gli archivisti italiani, un metodo di lavoro basato sulla cooperazione, lo scambio interdisciplinare e l'apertura internazionale. Ne sono esempi la partecipazione italiana a importanti ricerche internazionali quali InterPARES (International Research on Permanent Authentic Records in Electronic Systems) o la sostanziale sintonia di quanto prodotto in Italia con gli standard internazionali tipo l'ISO 15.489 (International Organization for Standardization) sul records management e il modello europeo MoReq (Model Requirements for the Management of Eletronic Records). Lo stesso glossario archivistico è stato arricchito e articolato: il sistema documentario, per es., è un termine nuovo per la disciplina archivistica italiana e indica sia l'insieme dei documenti funzionalmente strutturati e organizzati che un soggetto produce/acquisisce nell'esercizio delle sue funzioni (archivio), sia il complesso di regole, procedure, strumenti e attività finalizzato a una corretta gestione documentaria.
Il d.p.r. 28 dic. 2000, nr. 445, è il prodotto normativo di questa stagione, un intervento sul documento amministrativo e sul sistema documentario nella sua interezza e integrità indipendentemente dal supporto, cartaceo o digitale (sul d.p.r. 445/2000 v. oltre). Il riconoscimento della centralità dell'organizzazione e del controllo della produzione documentaria ha presentato come necessario corollario la definizione di responsabilità precise con la formazione di un servizio specifico ad alta centralità amministrativa e dotato di professionalità adeguate e specializzate nel campo della gestione documentaria.
Dopo decenni di immobilità, il quadro normativo e le strutture organizzative hanno subito alcune modifiche che, sebbene non abbiano intaccato i principi di fondo cui si è ispirata l'azione pubblica di conservazione e di tutela dei beni archivistici, hanno introdotto alcuni cambiamenti di rilievo. L'attuale normativa di riferimento è il Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002 n. 137 (d. legisl. 22 genn. 2004, nr. 42). In realtà, il Codice si limita a riorganizzare in una nuova veste normativa quanto già disposto dal Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della legge 8 ottobre 1997 n. 352 (d. legisl. 29 ott. 1999, nr. 490). Fu, infatti, il Testo unico - poi abrogato - a dare una sistemazione unitaria e organica alle diverse norme di tutela dei beni culturali. Tale operazione non fu esente da critiche che riguardarono soprattutto la riproposizione di norme che in parte avrebbero richiesto una riscrittura in relazione ai nuovi assetti istituzionali, alle problematiche tecnologiche e ai bisogni sociali e culturali emergenti nel campo della tutela e della conservazione dei beni culturali. In particolare per quanto riguarda gli a., si lamentò il fatto che la compatta e organica legge sugli archivi fu disaggregata e trattata in un complesso di disposizioni (dai 22 articoli abrogati si passò ai 166 del Testo unico, senza peraltro abrogare definitivamente il d.p.r. 30 sett. 1963, nr. 1409) articolate in una struttura quasi interamente mutuata dalla l. 1° giugno 1939, nr. 1089 (Tutela delle cose d'interesse artistico o storico).
Vanno segnalate, comunque, alcune novità ed espressioni più chiare introdotte dal Testo unico e riconfermate dal Codice. Oltre al principio generale che afferma, a partire dalle conclusioni della Commissione Franceschini del 1964, che gli a. sono a pieno diritto un bene culturale, il Codice introduce anche per gli a. le sanzioni; ribadisce con minore ambiguità l'estensione del potere di tutela delle Soprintendenze archivistiche in materia di a. correnti; stabilisce come principio normativo la collaborazione con gli enti territoriali, che in passato (dopo la nascita delle Regioni) avveniva solo di fatto, senza alcuna regolamentazione; indica la necessità della continuità della tutela degli a. anche in presenza di variazione della natura giuridica delle istituzioni produttrici, definendo in questo modo una fondamentale regola per governare i processi di privatizzazione degli ultimi anni, che hanno messo a rischio di dispersione il patrimonio archivistico accumulato; rende possibile la costruzione controllata di nuovi scenari organizzativi e di cooperazione istituzionale per affrontare il difficile problema della concentrazione e conservazione degli a. contemporanei.
La novità di rilievo contenuta nel Codice riguarda le norme che disciplinano la consultabilità dei documenti degli a. in relazione alla tutela della riservatezza, norme che non erano presenti nel precedente Testo unico e che innovano le disposizioni contenute nel d.p.r. 1409/1963. Nel Codice, infatti, confluiscono sia il dettato del d. legisl. 30 luglio 1999, nr. 281 in materia di trattamento dei dati personali per finalità storiche, statistiche e di ricerca scientifica, sia i principi del Codice in materia di protezione dei dati personali (d. legisl. 30 giugno 2003 nr. 196, il cosiddetto Codice sulla privacy). Negli artt. 122-127 è descritto il nuovo regime di consultabilità vigente negli Archivi di Stato, negli a. storici degli enti pubblici e negli a. privati dichiarati di notevole interesse storico che prevede un limite di quaranta anni dalla data del documento per la libera consultazione dei dati sensibili e dei dati penali, mentre innalza tale limite a settanta anni per i dati relativi allo stato di salute, alle abitudini sessuali nonché ai rapporti riservati di tipo familiare. Resta immutata la disciplina relativa ai documenti riservati per ragioni di politica interna ed estera, consultabili dopo cinquanta anni. Le autorizzazioni ad accedere alla consultazione di documenti riservati sono rilasciate dal Ministero dell'Interno che si avvale del parere della Commissione consultiva istituita con decreto del Ministero dell'Interno 2 luglio 1998 e composta dal prefetto responsabile dell'Ispettorato generale per gli archivi del Ministero dell'Interno, da un rappresentante della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, dal sovrintendente all'Archivio centrale dello Stato e da uno storico contemporaneista designato dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali.
Nell'applicazione di tali norme un ruolo importante è svolto dal Codice di deontologia e buona condotta per il trattamento dei dati personali per scopi storici, contenuto come allegato 2 nel Codice sulla privacy, e che si rivolge sia alla comunità degli archivisti, sia a quella degli storici. Pertanto, il regime di consultabilità dei documenti storici risulta dal disposto combinato di tre norme: il Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004, il Codice sulla privacy e il Codice di deontologia allegato a quest'ultimo. Oltre a una più chiara esplicazione dei casi in cui si registra l'esclusione della libera consultabilità, nel nuovo regime giuridico si afferma il principio della differenza tra comunicazione e diffusione dei dati, che configura una diversa responsabilità dell'archivista e del ricercatore: il primo, acquisendo, ordinando e descrivendo documenti storici contenenti dati personali, svolge una funzione di interesse pubblico ai fini della conoscenza; il secondo svolge una funzione di ricerca e di diffusione dei dati. Da tutto ciò ne consegue che i documenti riservati possono essere dati in consultazione, previa autorizzazione, ma spetta al ricercatore utilizzarli in maniera corretta e pertinente e assumersi le relative responsabilità per quanto attiene la diffusione.
Anche l'assetto organizzativo dell'Amministrazione archivistica ha subito alcuni cambiamenti. La struttura è stata stabilita con d. legisl. 8 genn. 2004, nr. 3 che ha riorganizzato l'intero Ministero per i Beni e le Attività culturali. Le principali innovazioni si sono avute a livello centrale con l'istituzione di numerosi Dipartimenti, tra cui quello per gli Archivi e Biblioteche, che rappresentano una sorta di coordinamento al di sopra delle Direzioni generali competenti per settori. A tale incremento delle strutture centrali che non favorisce lo snellimento dell'azione amministrativa e che, in parte, mortifica l'originaria ispirazione tecnica con la quale sorse il ministero nel 1975, corrisponde una sostanziale stabilità del reticolato archivistico a livello periferico, nei fatti non modificato dalla creazione delle Direzioni generali regionali. A livello centrale la costituzione dell'Istituto centrale per gli archivi non ha ancora prodotto i risultati per i quali esso era atteso perché, sebbene istituito sin dal d. legisl. 20 ott. 1998, nr. 368, non ha risorse umane e finanziarie per svolgere la sua missione. Se a questo si aggiunge il declassamento dell'Archivio centrale dello Stato, passato da sede di dirigenza generale a sede di dirigenza di seconda fascia, si comprendono i motivi delle critiche da parte dei tecnici per l'indebolimento della funzione di tutela archivistica.
Va infine presentato un rapido accenno al Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (d.p.r. 445/2000, già prima citato). Il testo unico è nato dalla necessità di mettere insieme diversi interventi normativi, alcuni di questi molto distanti nel tempo, per fornire alle pubbliche amministrazioni uno strumento utile a tenere unite innovazione tecnologica e semplificazione amministrativa. Il capo 4 del testo (artt. 50-70) tratta del sistema di gestione informatica dei documenti e dell'organizzazione degli a. nelle pubbliche amministrazioni. Esso recepisce integralmente il Regolamento per la tenuta del protocollo amministrativo con procedura informatica (d.p.r. 20 ott. 1998, nr. 428) con il quale era stato abrogato il r.d. 25 genn. 1900, nr. 35 (Regolamento per gli uffici di registratura e di archivio delle amministrazioni centrali) che aveva guidato per quasi cento anni i processi di formazione documentaria e di sedimentazione archivistica presso le amministrazioni centrali dello Stato e aveva funzionato come punto di riferimento per la prassi archivistica nelle altre amministrazioni.
Descrizione archivistica, standard e sistemi archivistici
L'utilizzazione delle tecnologie informatiche e telematiche, la dimensione della rete come spazio e strumento di comunicazione hanno posto in primo piano le problematiche della descrizione archivistica, dell'accesso ai contenuti informativi degli a., della definizione di regole comuni di rappresentazione, della integrazione di dati e risorse.
Il tema della descrizione archivistica è stato per molto tempo affrontato sotto l'aspetto dell'elaborazione di criteri redazionali per la stesura degli inventari piuttosto che come momento teorico autonomo e occasione per definire regole per la formalizzazione degli strumenti di corredo. La comunità archivistica nazionale aveva preferito approfondire altri aspetti del lavoro sugli a. storici quali l'ordinamento, il principio di provenienza e il metodo storico, l'analisi del rapporto problematico tra ufficio produttore e fondo archivistico.
Il tema della creazione di criteri comuni per rendere la descrizione internamente coerente e potenzialmente aperta al confronto e allo scambio delle informazioni si è affacciato nella metà degli anni Sessanta sotto la spinta dell'incremento della produzione pubblicistica di inventari legata all'attività dell'Ufficio studi e pubblicazioni dell'Amministrazione archivistica allora appartenente al Ministero degli Interni. Le circolari del 1966 e del 1969, quest'ultima relativa ai criteri da adottare per la Guida generale degli Archivi di Stato, segnano l'inizio di una nuova stagione che sarebbe maturata solo negli anni Novanta. Il ritardo nello sviluppo di processi di normalizzazione è dovuto alla difficoltà di rappresentare in maniera adeguata, e nel rispetto della metodologia archivistica, la natura complessa dell'oggetto archivio, la cui rappresentazione astratta deve comunicare contenuto informativo e contesto documentario e di produzione, vale a dire le relazioni (il vincolo) che legano le diverse singole unità fra loro e con il soggetto produttore dei documenti. Dal 1990, grazie all'impegno dell'ICA/CIA (International Council on Archives/Conseil International des Archives) e della commissione istituita ad hoc, sono stati preparati un documento programmatico, lo Statement of principles regarding archival description con l'indicazione dei principi generali per le elaborazioni di regole comuni di descrizione, e due standard internazionali: ISAD (G), le cui norme sono contenute in ISAD (G): General international standard archival description, 1992, 20002, e ISAAR (CPF), le cui norme sono contenute in ISAAR (CPF): International standard archival authority record for corporate bodies, persons and families, 1995, 20042. Il primo standard fornisce regole per descrivere il patrimonio documentario indipendentemente dalla tipologia del documento, dal suo supporto e dalla tecnologia usata per l'attività descrittiva. Il secondo standard è un modello di descrizione dei soggetti produttori che può essere gestito separatamente da quello della documentazione archivistica. Questo modello di descrizione separata - fondo documentario da una parte e Authority file dall'altra per i soggetti produttori - rappresenta una vera novità resa possibile grazie all'uso delle tecnologie, che risolve positivamente uno dei nodi teorici della descrizione vale a dire poter rappresentare il complesso e multidimensionale rapporto tra soggetto produttore e archivio. Come si verifica abbastanza frequentemente nella pratica, a un soggetto produttore possono corrispondere diversi fondi, oppure in uno stesso fondo archivistico possono essere individuabili diversi soggetti produttori.
Gli ultimi risultati in ordine di tempo di quest'attività volta a normalizzare e produrre modelli di rappresentazione e descrizione sono gli standard EAD (Encoded Archival Description) ed EAC (Encoded Archival Context). Il primo è uno standard per la creazione e la conversione su supporto informatico di mezzi di corredo archivistici (inventari, elenchi, guide) attraverso l'uso del linguaggio di marcatura XML (Extensible Markup Language), indipendente da ogni piattaforma informatica, che consente, attraverso la realizzazione di una struttura informativa DTD (Document Type Definition) di distinguere, mediante simboli, le parti di una descrizione, il contenuto e anche elementi extratestuali e di rappresentarli in modo strutturato. Il secondo si basa sulla stessa logica, ma si applica alla descrizione codificata dei soggetti produttori di archivi. Sono standard che si sono sviluppati per favorire lo scambio di dati indipendentemente dagli ambienti tecnologici di origine e dalla natura della risorsa.
Le potenzialità offerte dalle tecnologie telematiche, nonché una più matura consapevolezza circa la necessità di comunicare e incrementare l'accesso alle informazioni contenute negli a., hanno portato allo sviluppo di una tendenza caratterizzata dal passaggio da interventi di informatizzazione all'interno di singoli istituti alla formazione di sistemi integrati archivistici (istituti di uguale natura o fondi archivistici integrabili per contenuto o territorio). Si sono sviluppati molti progetti di reti nazionali come il SIUSA (Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche), il SIAS (Sistema Informativo degli Archivi di Stato), gli a. degli istituti culturali in Archivi del Novecento del Consorzio BAICR (Biblioteche e Archivi Istituti Culturali di Roma) con la sua banca dati on-line, il progetto Archivi on-line coordinato dal Senato della Repubblica relativo agli a. della politica italiana, gli a. delle donne in Lilith, gli a. degli Istituti della Resistenza, le numerose reti documentarie territoriali per le biblioteche e gli a. eccetera. L'integrazione di risorse informative culturali provenienti da vari istituti di conservazione, con storie istituzionali differenti, e caratterizzate da una diversa natura informativa (per es., bibliografica, museale, storica, iconografica ecc.) ha richiesto una maggiore chiarezza circa le caratteristiche metodologiche irrinunciabili di ciascun sapere e pratica descrittiva (ne sono prova i numerosi software di descrizione archivistica diffusi oggi in Italia che, al di là delle pur esistenti differenze qualitative, garantiscono tutti i requisiti minimi per una corretta inventariazione), ma ha anche accelerato processi di confronto e di contaminazione fra discipline e comunità professionali favorendo in alcuni casi il superamento di steccati che nel passato hanno impedito lo sviluppo di riflessioni e risultati comuni. Una dimostrazione è il confronto sui temi del controllo di autorità, dell'indicizzazione, dei metadati, e anche della conservazione a lungo termine delle memorie digitali il cui incerto destino impone la cooperazione professionale e la sinergia istituzionale.
bibliografia
L. Giuva, Il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, in Rassegna degli Archivi di Stato, 2000, 3, pp. 620-31.
M. Guercio, Archivistica informatica. I documenti in ambiente digitale, Roma 2002.
P. Carucci, La protezione dei dati personali, l'accesso ai documenti amministrativi e la consultabilità degli archivi storici, in Archivi & Computer, 2004, 3, pp. 10-36.
Storia, archivi, amministrazione, Atti delle giornate di studio in onore di Isabella Zanni Rosiello, Bologna 16-17 novembre 2000, a cura di C. Binchi, T. di Zio, Roma 2004.
S. Vitali, Passato digitale. Le fonti dello storico nell'era del computer, Milano 2004.