Nell’arredo liturgico cristiano, struttura architettonica stabile che sovrasta l’altare ed è costituita da elementi verticali (in genere quattro colonne) che sostengono una copertura piana o a volta (v. fig.). La collocazione del c. sull’altare è documentata dal 4° sec.; era inizialmente fornito di tende ( vela) che ne chiudevano gli intercolumni. I resti più antichi di un c. sono quelli della primitiva basilica di S. Clemente a Roma (6° sec.); perduto, ma dettagliatamente descritto da Paolo Silenziario, quello eretto nel 6° sec. in S. Sofia di Costantinopoli.
Tipologicamente i c. si distinguono in particolare per la forma della copertura che, impostata su architravi o su archi, può essere inizialmente a tetto, a cupola, a tronco di cono o di piramide e, nei secoli successivi, di forme diverse. Il c. ‘a gabbia’ presenta una copertura formata da ordini sovrapposti di colonnine architravate che passano dalla forma quadrata a quella poligonale (Roma, S. Giorgio al Velabro, 12° sec.). Il tipo di c. coperto a volta, con archi sormontati da timpano (Milano, S. Ambrogio, 9° sec.) si evolve in epoca romanica e gotica, arricchito di sculture, pinnacoli e guglie (c. di Arnolfo a Roma, S. Paolo fuori le mura e S. Cecilia). Nel Rinascimento il c. riprende le forme classiche dell’edicola; nell’arte barocca trova forme originali e sempre più fantasiosamente decorative, come nel c. di S. Pietro in Vaticano, ispirato a strutture effimere (baldacchino) o, nel barocco d’Oltralpe, con c. ispirati a vivaci scenografie.