vela Tessuto, generalmente di tela, che, tagliato e rifinito a regola d’arte, viene applicato all’alberatura di un natante per provocarne l’avanzamento sfruttando l’azione del vento.
Attività sportiva esercitata con barche a vela.
1.1 Generalità. La v. è normalmente costituita da varie strisce (ferzi) di tessuto unite insieme da cuciture doppie, parallele, che seguono l’orlo (vivagno) di ciascun ferzo. Il tessuto per le v. usato nel passato era la tela olona; quello attualmente adoperato è in fibra sintetica poliestere (dacron, terylene ecc.), poco elastica e che garantisce la stabilità di forma, oppure in materiale composito, a base di kevlar e di maylar, meno elastico e più leggero. I contorni della v., generalmente orlati di corda, si chiamano relinghe o gratili e precisamente: relinga di inferitura, quella superiore che viene allacciata (inferita) al pennone o antenna; di caduta, le laterali; di lunata, quella inferiore. Gli angoli inferiori della v., ove sono fissate le manovre (scotte o mure) che servono a tesarla, si chiamano bugne. 1.2 Tipologie di vela. Le v. per le imbarcazioni da diporto si differenziano fra loro per la funzione, la superficie, la grammatura del tessuto e la disposizione dei ferzi (v. fig.). La v. principale (v. marconi o alla bermudiana, comunemente detta randa) ha la forma di un triangolo rettangolo molto allungato (fig. A, B); è inferita a poppavia dell’albero ed è munita di boma; il tessuto usato è il dacron oppure, per le imbarcazioni da regata, il tessuto in materiale composito. Le v. di prua appartengono alla classe dei fiocchi e variano a seconda dell’andatura e della forza del vento con cui vengono usate. Per le andature strette, dalla bolina al traverso, normalmente si usano v. che si inferiscono sullo strallo di prua e si murano sull’estrema prua della barca: fiocco, genoa e tormentina. Vi sono molti tipi di fiocchi e genoa; quello più grande usa il tessuto più leggero. La forma è, circa, quella di un triangolo isoscele (fig. C, D); la bugna di scotta, generalmente a proravia dell’albero e molto alta nel fiocco, arriva a poppavia dell’albero ed è piuttosto bassa nel genoa. La tormentina, o fiocco da tempesta, è il fiocco più piccolo, con i ferzi disposti come in fig. C (ma è più piccola della vela ivi rappresentata); è costituita di dacron molto pesante ed è rinforzata da un gratile di cavo d’acciaio. Per le andature larghe, dal traverso alla poppa, si usano gli spinnaker o palloni che si issano in testa d’albero, hanno il punto di mura spostabile, sia in altezza sia lateralmente, a mezzo di una speciale attrezzatura, costituita principalmente da un’asta, denominata tangone; di forma vagamente triangolare con i lati molto arrotondati, sono costituiti di nailon o di fibra poliestere di diversa grammatura. Il floater è lo spinnaker da regata ed è il più leggero; ha un taglio a ferzi triradiali (fig. E e F). Il working spi è lo spinnaker da lavoro, più pesante del floater, esclusivamente triradiale. Lo spinnaker pesante e lo storm spi (spinnaker da tempesta), simili allo working spi, variano tra loro solo nella dimensione, che nello storm spi è molto ridotta; si usano con vento molto forte. Lo starcut (fig. G) è molto indicato nell’andatura al traverso e anche in bolina molto larga. Abbastanza usato nelle imbarcazioni da crociera e da regata è lo spinnaker asimmetrico (fig. H). Fiocchi con funzioni speciali, talvolta abbinati ad altre v., sono il blooper (fig. I) e lo staysail (fig. L).
Si hanno nei paesi extraeuropei altre numerose e svariate forme di v. che risalgono alla più remota antichità: quelle delle giunche cinesi a forma di randa, rinforzate orizzontalmente da costole di bambù; le polinesiane, di fibre intrecciate, a forma di chele di aragosta, oppure triangolari col vertice acuto in basso; le piccole v. di pelle delle canoe indiane ecc. 1.3 Velatura. Il complesso delle v. di una barca costituisce la velatura. Dal punto di vista tecnico, esistono varie norme per stabilire il piano di velatura, ossia la superficie totale della velatura nonché la sua distribuzione fra le varie v. che ne compongono l’attrezzatura. Così, la superficie velica, S, si può ottenere da quella C della carena, moltiplicandola per uno speciale coefficiente K1, che varia a seconda del tipo di nave: S= K1C. Oppure, si può ricavare moltiplicando l’area immersa della sezione maestra B per un altro coefficiente K2 che varia anch’esso con il tipo di nave: S=K2B. Comunque stabilitane l’ampiezza, la superficie velica deve esser distribuita tra le singole v. in modo che il centro velico (baricentro della superficie di tutte le v. supposte spiegate nel piano di simmetria longitudinale della nave) risulti a un’altezza dal galleggiamento pari a 1,40-1,75 volte la larghezza della nave per la v. quadra e 1,35-1,55 per la v. di taglio, e a una distanza a pruavia dal centro del bastimento pari al 3,5-8,5% della lunghezza della nave stessa.
La barca a v. è un mezzo di trasporto che sfrutta, per avanzare, l’energia propulsiva del vento, ma galleggia sull’acqua. Essa è dunque un corpo mobile con un moto relativo rispetto a due fluidi diversi, a loro volta in moto relativo tra loro, in quanto il peso della barca a v. è sostenuto da un mezzo e la spinta che essa riceve è fornita da un altro. Per manovrare una barca a v. occorre conoscere nozioni di aerodinamica e di idrodinamica e saper sfruttare le forze dell’aria e dell’acqua in qualsiasi momento, in modo da ottenere la maggiore velocità possibile qualunque sia l’andatura della barca e l’intensità del vento; occorre avere inoltre una notevole capacità tattica di gestire le manovre e le andature fondamentali, oltre alle regole della regata. Andatura è il termine usato per indicare la direzione di avanzamento della barca rispetto alla direzione del vento. Le principali andature sono: la bolina (➔), quando una barca segue una rotta uguale, o leggermente inferiore, a 90° calcolati sui due bordi, ossia quando essa stringe al vento 45° o poco meno; in questo caso la v. medesima agisce come profilo secondario, fornendo portanza e spinta per la sua forma e per il suo angolo di attacco; il traverso (o andatura di mezza nave), quando l’angolo d’incidenza della direzione del vento con l’asse longitudinale dello scafo è di 90°; il lasco, quando l’angolo suddetto raggiunge i 135°; il fil di ruota (o andatura in poppa), quando la direzione del vento e l’asse longitudinale della barca sono pressoché paralleli e in tal caso la v. opera come semplice corpo resistente e non come profilo aerodinamico. Oltre a queste 4 principali andature ve ne sono 2 intermedie, e cioè: la bolina larga (o di buon braccio), tra la bolina e il traverso; il gran lasco (o al giardinetto), tra il lasco e la poppa.
Si passa da un’andatura a un’altra mediante due semplici manovre di modifica di rotta: l’orzata, per passare da un’andatura a un’altra più stretta e cioè accostando al vento; la poggiata, per passare da un’andatura a un’altra più larga, allontanando la prima dalla direzione del vento. Le due manovre fondamentali sono la virata, ossia quando, navigando di bolina, si modifica la rotta orzando per cambiare di mura facendo attraversare ‘il letto del vento’ alla presa fino a far prendere vento alle v. sul lato opposto; l’abbattuta, che è sempre una manovra di cambiamento di bordo, ma effettuata poggiando e quindi non passando per la posizione di ‘prua al vento’ come nella virata; il cambiamento di mure avverrà infatti proprio nel momento in cui si avrà il vento perfettamente in poppa.
3.1 Origini e sviluppo. Come attività sportiva, la v. deriva da discipline e pratiche di carattere economico e militare. Lo yachting a v. nacque in Olanda nel 17° sec. e furono gli stessi Olandesi a regalare al re Carlo II d’Inghilterra lo yacht di 52 piedi Mary, che divenne così il primo yacht inglese. Con Carlo II la v. da attività ricreativa all’aria aperta divenne competizione e quindi sport agonistico, per nobili. Infatti la prima regata di cui si abbia notizia si disputò tra Carlo II e suo fratello, il duca di York, sulle acque dell’estuario del Tamigi. In tre secoli si è incrementato il numero dei praticanti, e si è notevolmente evoluta la tecnica di costruzione di scafi, vele e attrezzature. Pur vecchio di circa 300 anni, lo sport della v. è ancora condizionato nel suo svolgimento dalla complessità delle regole e dalla loro difficile applicazione.
Una tappa importante dell’affermarsi dello sport velico è stato il suo riconoscimento tra gli sport olimpici fino dalla quarta edizione dei Giochi dell’era moderna (1908), dopo una prima apparizione dimostrativa nei Giochi del 1900. La v. sportiva è regolamentata e governata dalla International Yacht Racing Union (IYRU), fondata nel 1907 a Parigi. 3.2 Competizioni. Le regate, suddivise in base al tipo di imbarcazione, possono essere riservate a una determinata classe, ovvero a un monotipo, generalmente di piccole dimensioni, con caratteristiche prestabilite (le classi olimpiche sono 9: Finn, Star, 470, Laser, Soling, Tornado, Europa, Mistral e, a partire dai giochi del 2000, il 49er; ➔ nave) oppure aperte a imbarcazioni di tipo diverso. In tal caso le imbarcazioni sono raggruppate in base al loro rating, un coefficiente che tiene conto di diversi fattori (superficie velica, lunghezza, larghezza ecc.) e che viene espresso in metri o piedi. Si distinguono anche diverse modalità di gara: le regate di gruppo su un percorso ‘a bastone’, come quelle olimpiche, le regate tra due imbarcazioni su un percorso a bastone, dette match race, e le regate d’altura in mare aperto.
La v. d’altura costituisce, per il suo livello tecnologico, l’evoluzione massima della v. agonistica. Tra le principali manifestazioni sono le cinque Ton cup, veri e propri campionati mondiali. A queste si aggiunge una serie di regate internazionali che formano quasi un circuito a squadre: quelle europee sono l’Admiral’s cup e la Sardinia cup, che si svolgono, ad anni alterni, l’una nel Solent, l’altra nella Sardegna nord-orientale; la Southern cross ha luogo in Australia; le Regate oceaniche internazionali nelle Hawaii.
Il più antico e prestigioso trofeo della v. è rappresentato però dalla America’s cup. Questo trofeo, una brocca d’argento del valore venale di 100 ghinee, messa in palio nel 1851 in Inghilterra e vinta per la prima volta dalla goletta America (dalla quale prese il nome), si disputa in sfide che hanno visto vittoriose le imbarcazioni degli Stati Uniti fino al 1983, quando è risultata vincitrice la barca Australia II. Riconquistato il trofeo, gli statunitensi lo hanno dovuto di nuovo cedere nel 1995 all’imbarcazione neozelandese Black magic, del Royal New Zealand yacht squadron, che l’ha mantenuto fino al 2003, quando è stata battuta dalla svizzera Alinghi, a sua volta sconfitta nel 2010 dalla statunitense BMW Oracle.