Nella tecnica, apertura, chiudibile o regolabile con diaframmi, valvole o altro dispositivo, atta a derivare parte di un fluido da un ambiente in un altro.
In elettrotecnica, organo di derivazione della corrente.
La parte del dispositivo di alimentazione dell’aria comburente in un impianto di combustione o di ventilazione o di condizionamento dell’aria. Consiste in un’apertura opportuna, provvista di una serranda per il controllo della portata, comunicante con un ambiente nel quale viene provocata una depressione sufficiente a richiamare l’aria dall’esterno (per mezzo di un ventilatore o di un compressore o di un camino). Spesso accoppiata a un sistema di preriscaldamento dell’aria, è sempre munita di un filtro per trattenere le impurità. I filtri, spesso in materia plastica, alimentano i cilindri attraverso i tubi, nei quali gli iniettori immettono il combustibile; l’elemento filtrante è costituito, generalmente, da materiale poroso ondulato, opportunamente trattato.
Negli aerei a reazione le p. d’aria convogliano elevate portate d’aria verso i motori per mantenere stabile la combustione. La p. d’aria dinamica è un condotto a sezione variabile, con imboccatura priva di interferenze aerodinamiche indotte dal velivolo, in cui si riduce la velocità della corrente (fino a ca. 0,4 Mach) e se ne aumenta la pressione. Le p. d’aria dinamiche sono subsoniche o supersoniche. Le prime, a bordi arrotondati, funzionano come diffusori a compressione esterna (fig. 1A) o a compressione interna (fig. 1B). Nel primo caso, in cui l’area di cattura è minore della sezione di ingresso e la compressione avviene all’esterno, si modella la bocca d’ingresso come il bordo d’attacco di un profilo alare ad angolo negativo in modo da ottenere divergenza delle linee di corrente e conseguente aumento di pressione. Nel secondo caso la diffusione è all’interno di un condotto divergente lungo il quale l’aumento di sezione è stabilito per evitare sia il distacco di strato limite sia perdite eccessive. Nel caso di flusso supersonico, la diffusione avviene in due tempi: la velocità prima diminuisce fino al valore sonico e poi si riduce ulteriormente in un diffusore subsonico a vantaggio di un aumento di pressione. Le inevitabili onde d’urto che si formano nel passaggio da velocità supersonica a subsonica sono utilizzate dalla p. d’aria per decelerare il flusso, minimizzando però le perdite dissipative e gli aumenti di resistenza aerodinamica. Posizione e orientamento dell’onda d’urto sono controllati mediante p. d’aria a onda d’urto normale (o retto) oppure a onda d’urto obliqua. Le prime hanno imboccatura sagomata a spigoli vivi per cui l’urto è attaccato all’orlo anteriore, in posizione normale rispetto al flusso (fig. 1C), e la corrente, supersonica alla bocca, dietro l’urto è subsonica; il sistema non elimina la formazione dell’onda d’urto distaccata in caso di deflusso interno nullo o ostacolato e non consente rendimenti accettabili ad alti numeri di Mach. Nelle p. a onde d’urto oblique, corpi a spigoli vivi sono conformati in modo da determinare il passaggio da un regime supersonico a un altro con riduzione di velocità e aumento di pressione mediante urti obliqui, meno intensi, per cui il rendimento della trasformazione aumenta. Tali p. d’aria sono a geometria variabile, con elementi mobili come spine coniche o rampe che adeguano l’inclinazione dell’urto al numero di Mach di volo e l’area di ingresso alla portata d’aria richiesta dal motore. In fig. 1D è mostrata una p. dinamica a spina conica mobile, con due onde d’urto oblique interne seguite da onda normale, mentre in fig. 1E è illustrata una p. a rampe mobili (a), comandate da un attuatore b, la cui regolazione tiene conto dei dati caratteristici di volo e del flusso d’aria.
Richiede opere diverse a seconda che si tratti di acque di sorgente, di falda freatica o artesiana, oppure di acque superficiali.
P. di acque di sorgente. Le opere di p. vengono definite dirette in quanto captano la sorgente geologica senza modificarla; tra le più comuni opere dirette sono i bottini di p. e i drenaggi. I primi (fig. 2) sono costituiti da un cunicolo che preleva le acque e le convoglia nel bottino di p. propriamente detto, formato da una vasca di calma o di sedimentazione a (al fine di far depositare tutti i detriti contenuti in sospensione nell’acqua) e successivamente attraverso lo stramazzo b in una vasca di carico c da cui prendono inizio le opere di derivazione. Completano l’impianto le camere di manovra d e tutte le opere accessorie per misurare la portata, per controllare le caratteristiche di potabilità ecc. I drenaggi (fig. 3) consentono una captazione totale delle acque di sorgente e sono costituiti da uno scavo, alla cui base è presente un vespaio o muratura di pietrisco a (attraverso il quale passa l’acqua), e da una canaletta con feritoie b; il tutto è protetto da uno strato di argilla c con sovrastante terreno di riporto d. La canaletta raccoglie l’acqua e la convoglia verso le vasche di sedimentazione e di carico dalle quali viene poi immessa nella rete di distribuzione.
P. di acque in falda. Le opere vengono distinte in orizzontali (gallerie drenanti, gallerie filtranti, pozzi orizzontali), verticali (pozzi singoli o batterie di pozzi contigui) e miste (gallerie drenanti con pozzi, pozzi raggiati). Le gallerie drenanti (fig. 4) sono scavi sotterranei che impegnano quasi completamente la zona di saturazione dell’acquifero. Il rivestimento della galleria a, spesso molto lunga e munita di passerella b, è forato nella parte superiore per il passaggio dell’acqua, che viene raccolta nel canale collettore c e poi addotta ai vari sistemi di vasche precedentemente descritti. Per le gallerie filtranti, dette anche trincee drenanti, ➔ galleria. I pozzi orizzontali sono scavati da una macchina a rotazione e hanno la stessa funzione delle gallerie drenanti. I pozzi singoli o le batterie di pozzi contigui vengono realizzati in quegli acquiferi che si trovano a una profondità relativamente modesta rispetto al piano di campagna; alcune canalizzazioni raccordano i pozzi a un collettore il quale convoglia le acque alle vasche degli impianti di raccolta e da questi alle opere di derivazione. Questo tipo di opera è particolarmente utile nei casi di falde artesiane in quanto l’impianto può funzionare anche senza usare pompe di sollevamento. Le gallerie drenanti con pozzi consentono di seguire un livello acquifero e di captare anche dei livelli acquiferi secondari che sono presenti nella parte sovrastante al livello in cui viene realizzata la galleria stessa. I pozzi raggiati constano invece di una serie di perforazioni orizzontali, che si dipartono a raggiera da uno scavo verticale del diametro di 3-4 m, il quale funge da zona di raccolta. In questo modo viene drenata una vasta area dell’acquifero.
P. di acque superficiali. Le caratteristiche dei dispositivi di p. sono le medesime sia che si tratti di acque potabili sia che si tratti di acque irrigue o di utilizzazione industriale. Nel caso di laghi artificiali la p. può essere effettuata con un’imboccatura posta su una delle sponde rocciose dell’invaso, non molto lontano dalla diga di sbarramento e a quota alquanto inferiore al livello di minimo invaso del lago. Una grossa griglia protegge la bocca di derivazione, la quale viene munita di un elemento di chiusura comandato automaticamente (paratoia, saracinesca ecc.). La p. può essere effettuata anche a mezzo di una torre che si eleva, in prossimità della diga, dal fondo del lago fino al di sopra del massimo livello con una canna centrale comunicante inferiormente con la condotta o canale di derivazione. Lungo la canna della torre si aprono, ad altezze varie, diverse bocche di derivazione. In tal modo si possono prelevare sempre le acque superficiali che, per la loro temperatura, si prestano meglio all’uso (irrigazione ecc.).
Per le modalità di p. nei corsi d’acqua naturali e artificiali ➔ derivazione. Nel caso di piccole derivazioni, l’opera di p. può essere costituita da inghiottitoi muniti di griglia, posti sulla traversa, che è cava e contiene il canale derivato.
L’organo connesso con i terminali di un generatore, nel quale può essere innestata una spina cui fanno capo i conduttori di un utilizzatore (p. bipolare, p. a 220 V ecc.).
Nei sistemi di trazione elettrica, l’organo di p. (o p. di corrente) è l’organo di collegamento fra il veicolo e la linea di contatto mediante il quale da questa si deriva la corrente per alimentare i motori del veicolo. Tali p. di corrente, in base alla forma dell’apparecchiatura, possono essere a pantografo, ad archetto, ad asta, a pattino; in base al tipo di moto relativo fra l’organo e la linea, possono essere striscianti (a strisciante) o rotolanti (a rotella). Il pantografo (fig. 5A), organo di p. tipico della trazione ferroviaria, è costituito da un sistema di quadrilateri che permette le oscillazioni verticali dello strisciante sistemato nella parte superiore e in contatto con la linea elettrica aerea che alimenta il veicolo. L’archetto (fig. 5B) è leggero, semplice, di basso costo ma poco adatto ad alte velocità e forti correnti, e pertanto, insieme con le p. ad asta (dette trolley), è caratteristico della trazione tranviaria e, per quella ferroviaria, solo di vecchie locomotive trifasi lente. Le p. ad asta (fig. 5C) sono caratteristiche della trazione elettrica su strada ordinaria, cioè dei filobus (aventi come organo di contatto un pattino a gola che abbraccia il filo di contatto), e di quella tranviaria (con organo di contatto a rotella). Nelle p. a pattino (fig. 5D), la linea di contatto è costituita da una rotaia di acciaio che poggia, isolata elettricamente, su traverse più lunghe inserite tra quelle normali dell’armamento. Il pattino è sistemato nella parte inferiore del veicolo e premuto dal proprio peso o da una molla contro la rotaia che realizza la linea di contatto.
Il termine p. è talora usato come sinonimo di morsetto; in particolare, p. di terra, il morsetto o il conduttore mediante il quale si realizza il collegamento a terra, o a massa, di un dispositivo elettrico. Nei trasformatori elettrici, p. indica un collegamento effettuato in un punto intermedio degli avvolgimenti; per es., trasformatore con p. centrale sul secondario.
Apertura praticata in uno strumento di misura per consentire a un fluido di agire sull’elemento sensibile alla pressione. Le p. di pressione si dividono in: a) p. di pressione statica (p. statiche), che non perturbano il moto del fluido e consentono la misura della pressione statica; b) p. di pressione dinamica (p. dinamiche), che arrestano il fluido e consentono la misura della pressione totale (somma di quella statica e di quella dinamica).