Il contratto a favore di terzi è espressamente disciplinato dal Codice civile agli artt. 1411-1413. Si tratta di uno schema generale privo di un contenuto specifico e che, quindi, richiede, per la sua operatività, la conclusione di un contratto, non importa se tipico o atipico, di cui determina la deviazione dell’effetto in testa ad un terzo; questi acquista il diritto per effetto della stipulazione senza diventare parte del contratto. Il terzo è libero di rifiutare l’acquisto già verificatosi ed in tal caso il promittente dovrà eseguire la sua prestazione nei confronti dello stipulante. Se, invece, il terzo aderisce, tale atto determina di regola l’irrevocabilità della stipulazione. Il contratto a favore di terzi richiede, per la sua validità, l’esistenza di un interesse dello stipulante, da non confondere con l’interesse a contrattare. Il richiamato interesse viene normalmente individuato nell’animus donandi o nell’animus solvendi. Il contratto a favore di terzi è, nelle ipotesi più ricorrenti, applicato ai contratti con effetti obbligatori, ma la tendenza prevalente lo ritiene applicabile anche ai contratti con effetti reali, anche se l’unico esempio riguarda la costituzione di un diritto di servitù, ma, in tale ipotesi, la prestazione, in caso di rifiuto del terzo, non potrà essere eseguita nei confronti dello stipulante.