(country and western o country music) Genere di musica popolare nato nelle zone rurali del continente nordamericano, dall’importazione e dal riadattamento di elementi culturali e folclorici propri delle comunità inglesi, scozzesi e irlandesi (ballate, canzoni, inni liturgici delle chiese puritane), cui si aggiunsero nel tempo elementi tratti dalla cultura musicale afroamericana e da quella dell’America urbana. Prese forma nelle regioni isolate degli Appalachi meridionali, e da qui si diffuse, con il procedere della colonizzazione, nel Sud e nell’Ovest degli Stati Uniti. In origine era musica da ballo, eseguita in fiere e feste paesane da fiddlers (cantanti che si accompagnavano con il violino), cui in seguito si aggiunsero i suonatori di banjo, fino a formare il primo nucleo delle string bands (via via arricchite da altri strumenti a corda: mandolino e, soprattutto, chitarra).
Agli inizi degli anni 1920, con la nascita dell’industria discografica e la diffusione delle stazioni radiofoniche, la musica c. divenne un fenomeno di interesse culturale e commerciale, con il nome di old time music o di hillbilly music (termine spregiativo con cui si indicavano i ‘montanari’ degli Appalachi). Tra i personaggi di questo periodo, una menzione meritano J. Rodgers, una delle prime star della musica rurale, esponente di una maggiore apertura nei confronti del blues e della musica leggera, e la Carter Family, trio storico (attivo fino al 1943), legato a umori e stili di una terra conservatrice e contadina, con propensione al familiare e al religioso.
Durante il periodo della grande depressione, mentre emergeva la nuova figura del rambler, il vagabondo che cantava storie dal contenuto sociale e politico, il proliferare delle trasmissioni radiofoniche diede un forte impulso alla diffusione della musica c. negli stati dell’Ovest. In Texas e in Oklahoma si affermarono rapidamente nuovi stili: il c. and western, portato al successo da personaggi come G. Autry (cantante texano approdato a Hollywood nel 1934, che rese popolare il personaggio del singing cowboy), R. Rogers e T. Ritter; il western swing, fortemente influenzato dal jazz (B. Wills, M. Brown, L. McAuliffe), che rese popolare l’uso di nuovi strumenti, come la chitarra elettrica e la batteria; e l’honky tonk, musica eseguita nei bar, che riprendeva lo stile percussivo del ragtime e non disdegnava temi e commenti sociali (E. Tubb, H. Williams ecc.). Nella regione appalachiana prese invece forma il bluegrass, una musica c. più ritmica, che attingeva al gospel, al blues e al jazz (la band di J.E. Manier, i Monroe Brothers ecc.).
Tra gli anni 1940 e i primi anni 1950 la musica c. conobbe la sua massima diffusione negli USA e la città di Nashville ne divenne la capitale, grazie anche alla presenza di case discografiche e importanti network radiofonici. Il cosiddetto Nashville sound (impersonato da musicisti come R. Acuff, E. Arnold, M. Haggard e C. Atkins) definì il canone di una musica sempre più votata a un conservatorismo nostalgico, al ricordo di un’America rurale e pionieristica, in netto contrasto con l’industrializzazione e la modernità. Nello stesso periodo, tuttavia, incorporando il boogie e dando vita al rockabilly, la musica c. contribuiva in maniera decisiva, assieme al blues, alla nascita del rock and roll.
La grande diffusione del rock accentuò le tendenze conservatrici della musica c. (ben rappresentate nel film Nashville, di R. Altman). Tra gli artisti che più si impegnarono nel tentativo di rinnovare tale genere vi fu J. Cash (➔). D’altra parte, l’importanza di questo genere per la musica statunitense fu confermata, sul finire degli anni 1960, dal fenomeno del c. rock, inaugurato dai Byrds (➔) e proseguito da vari gruppi nei decenni successivi (Eagles, Buffalo Springfield).