culto dei morti
Gesti, parole, riti per celebrare e ricordare i defunti
Il culto dei morti è l'espressione della pietà che gli esseri umani provano verso i defunti e della speranza in una vita futura. Il culto dei morti si manifesta nei riti funebri, diffusi in tutte le società; nella costruzione di luoghi dei morti come i cimiteri; nella elaborazione di credenze relative al destino dell'anima e all'aldilà; nel modo in cui si conserva la memoria dei defunti
La pietà si esprime nel dolore che si prova per la perdita di una persona cara e nella volontà di mantenerne il ricordo; essa si lega spesso alla speranza in una vita futura dopo la morte. Questi atteggiamenti verso i defunti sono propri dell'essere umano fin dai tempi più remoti. La specie Homo sapiens ha da sempre sepolto i morti: in molte sepolture preistoriche sono stati ritrovati resti di corpi dipinti con l'ocra, una sorta di argilla rossa, e decorati con conchiglie, corna di cervo e altri oggetti ornamentali. Questo fa pensare che già i nostri lontani antenati praticassero riti funebri e avessero elaborato credenze relative al destino dei morti e all'aldilà.
Secondo Jan Assmann, un importante studioso dell'antico Egitto, molte forme di arte sono nate proprio per l'esigenza di mantenere il ricordo dei morti. Le maschere, per esempio, sarebbero state in origine la riproduzione di volti di persone importanti, di cui si faceva un calco al momento della morte. Il desiderio di ricordare i defunti ha spinto l'essere umano a realizzare forme di rappresentazione (sculture, dipinti, ma anche espressioni verbali) capaci di far 'sopravvivere' i morti nella memoria dei viventi, allo stesso modo in cui oggi utilizziamo fotografie e immagini in movimento.
Il culto dei morti si esprime nei momenti che seguono la morte attraverso la cura e l'attenzione per i corpi dei defunti. Familiari, amici, conoscenti del morto si radunano attorno alla salma. Il corpo del morto viene lavato, rivestito, decorato, a volte viene unto con oli profumati e avvolto in stoffe preziose. In alcune società ‒ e in un passato non lontano nella nostra stessa cultura ‒ i corpi dei morti venivano accarezzati, abbracciati, tenuti sulle ginocchia: pensate alla celebre scultura di Michelangelo nota come Pietà.
I cadaveri sono tuttavia destinati a dissolversi: la pietà e il culto dei morti si esprimono anche nel trattamento successivo che viene loro riservato. Essi possono essere sepolti (nella terra, nel marmo, nel cemento, nell'acqua, un tempo in grotte e cavità naturali) oppure bruciati. La cremazione, ovvero la riduzione dei corpi morti in cenere, è molto praticata in India e, da qualche tempo, anche in Europa. Ci sono società in cui i corpi vengono conservati attraverso varie forme di imbalsamazione e di mummificazione: il caso più famoso è quello dell'antico Egitto (Egizi) ma occorre ricordare che anche i corpi di molti papi e santi cattolici sono stati mummificati. La mummificazione è di solito riservata a personaggi importanti (capi religiosi e politici).
La morte non colpisce soltanto l'individuo e i suoi più stretti familiari, ma il più ampio gruppo a cui il morto apparteneva. Questo gruppo si stringe attorno alle persone in lutto durante i riti funebri che esistono in tutte le società del mondo e costituiscono la forma più diffusa di culto dei morti.
I funerali variano molto nel loro svolgimento, nei loro significati, nei loro simboli: in alcune società, per esempio, il simbolo del lutto è il nero, in altre il bianco ‒ per esempio nell'induismo e nel mondo islamico (Islam). I riti funebri presentano tuttavia alcuni tratti comuni. Ovunque essi riuniscono il gruppo in cui la morte ha creato un vuoto; consentono una espressione controllata del dolore; sono manifestazioni concrete delle credenze religiose di chi vi partecipa; infine essi forniscono l'occasione di ricordare il defunto e, insieme, di congedarsi da esso e dal suo corpo. In molte società esistono poi riti e forme di culto dei morti successivi al funerale. Possono essere legati alla memoria di una singola persona (come gli anniversari) o alla collettività dei defunti, come avviene nel giorno dei morti celebrato dai cristiani il 2 novembre.
In ogni società ai morti e al loro culto sono riservati luoghi particolari: i cimiteri. Oggi i cimiteri (celebrati da Ugo Foscolo nella famosa poesia I sepolcri) sono separati dai luoghi in cui risiedono i viventi. Fino alla Rivoluzione francese invece i cimiteri delle società europee si trovavano nel centro delle città, a ridosso delle chiese. Al loro interno si tenevano mercati e banchetti: vivi e morti condividevano un medesimo spazio. In alcune società i morti vengono sepolti in tombe collocate nei terreni di famiglia (come tra i Merina del Madagascar). Alcuni gruppi della Melanesia (una regione dell'Oceania) seppellivano i morti alla base di grandi alberi sacri dalle radici aeree, i baniani, i quali, crescendo, racchiudevano i morti formando veri e propri cimiteri arborei.
Le credenze in una vita futura si legano all'idea che almeno una parte dell'essere umano, l'anima, sopravviva alla morte. Gli induisti e i buddisti ritengono che dopo la morte l'anima torni a reincarnarsi in un essere vivente fino a quando non abbia concluso il ciclo delle vite e abbia assunto una dimensione puramente spirituale. In molte tradizioni religiose si ritiene invece che, al momento della morte, l'anima intraprenda un lungo e pericoloso viaggio verso l'aldilà. I viventi, attraverso preghiere, offerte e riti alle divinità, possono agevolare questo viaggio verso la dimora finale. Completato il loro percorso, i morti divengono antenati.
In molte società dell'Africa e dell'Oceania esiste un vero e proprio culto degli antenati: si ritiene che essi continuino a occuparsi dei viventi e che siano i responsabili del loro benessere, dell'abbondanza dei raccolti, della fecondità delle donne. Anche se si tratta di tradizioni religiose diverse, in fondo i santi e i profeti delle tradizioni ebraiche, cristiane e islamiche possono essere tutti considerati antenati particolarmente illustri: i credenti ritengono che essi possano intercedere presso Dio a favore dei viventi. I corpi mummificati o i resti degli antenati (detti reliquie) sono spesso oggetto di venerazione. Nelle religioni politeistiche alcuni morti particolarmente importanti sono ritenuti vere e proprie divinità.
La credenza in una vita dopo la morte ha spinto gli esseri umani a immaginare la forma dell'aldilà. Nella Divina Commedia Dante Alighieri immagina di compiere un lungo viaggio nelle tre dimore dei morti che, secondo la tradizione cristiana, compongono l'aldilà: l'inferno, il luogo dei dannati; il purgatorio, il luogo delle anime che espiano le loro colpe; e il paradiso, il luogo della beatitudine e della contemplazione di Dio.
Non tutte le culture però ritengono che le anime sopravvivano in eterno: tra le antiche popolazioni della Mesoamerica (per esempio i Maya e gli Aztechi) si riteneva che le anime al termine di un lungo viaggio andassero incontro alla dissoluzione. In altre culture l'accesso a un luogo di felicità e benessere è riservato a particolari categorie di persone: gli antichi Greci, per esempio, ritenevano che gli eroi avessero un destino privilegiato, nella pianura Elisia o nelle Isole dei Beati come sostiene Omero nell'Odissea. Per gli antichi Egizi solo al Faraone e ad alcune personalità di grande importanza (sepolti non a caso nelle piramidi) era possibile accedere dopo la morte al mondo sovraterreno degli dei, mentre la gente comune era destinata a un mondo buio e sotterraneo.