Divinità messe in particolare rapporto o addirittura identificate con singoli pianeti (o corpi celesti concepiti come tali). Se anche presso i popoli primitivi il Sole, la Luna e le varie costellazioni appaiono nei miti e, più raramente, nel culto, una elaborazione sistematica dei rapporti tra dei e corpi celesti si ha soltanto nella religione babilonese e nelle religioni che ne hanno subito l’influsso, compresa quella ellenistico-romana.
I Babilonesi conoscevano 7 pianeti (2 dei quali, Sole e Luna, erroneamente ritenuti tali) cui corrispondevano 7 importanti divinità del loro pantheon: Shamash al Sole, Sin alla Luna, Ishtar a Venere, Nimurta a Saturno, Marduk a Giove, Nebu a Mercurio, Nergal a Marte. La rispettiva posizione di questi corpi celesti, combinata con il carattere attribuito dalla mitologia alle corrispondenti divinità, costituiva il fondamento dell’astrologia babilonese.
L’interpretazione greca delle divinità babilonesi (secondo l’ordine di sopra: Elio, Selene, Afrodite, Crono, Zeus, Ermete, Ares) e successivamente la trasposizione di questa nei corrispondenti termini romani hanno dato i nomi tuttora usati per i pianeti e, nello stesso tempo, i nomi dei giorni della settimana, la quale, formatasi ugualmente nell’antica civiltà mesopotamica, in una fase più recente di questa fu messa in connessione con i sette ‘pianeti’.
I Romani hanno poi diffuso il concetto delle divinità planetarie e della settimana anche nelle province dell’Impero, dove ai nomi degli dei romani subentrarono quelli degli dei con essi identificati per interpretazione romana; ciò risulta, per es., dai nomi dei giorni della settimana nelle lingue germaniche (per es., ted. Freitag «venerdì», da Freia, dea identificata con Venere, o ingl. Wednesday «mercoledì», da Wotan, dio identificato con Mercurio ecc.).