Antica forma di poesia lirica corale greca. Il nome è di etimologia incerta, forse pregreco. Il d., legato ai suoi inizi con il culto di Dioniso, fiorì in età classica a Corinto, Sicione, Tebe, Nasso; ne fu detto inventore Arione, ma forse deriva dalla Tracia o dalla Frigia. Trattò prima le vicende di Dioniso, poi altri soggetti e, col distaccarsi del corifeo dal coro come nel Teseo di Bacchilide, secondo la teoria di Aristotele, avrebbe dato origine alla tragedia. I d., in Attica, si eseguivano solennemente come le tragedie con il sistema delle coregie, durante le Grandi Dionisie, le Dionisie rurali, le Panatenee, le Targelie, le Lenee. Il coro, formato prima da 50 coreuti, fu ridotto dal 4° sec. a.C.; era detto ciclico perché si disponeva in cerchio ed era accompagnato dalla danza tumultuosa e dalla musica, prima con la cetra, poi col flauto, quindi con ambedue. I metri usati furono prima i tetrametri trocaici, poi i dattilo-epitriti, i cretici, i bacchiaci. Alla fine del 5° sec. a.C. Melanippide di Melo e Filosseno di Citera vi introdussero gli a solo.
Nelle letterature moderne il d. torna come componimento lirico di vario metro e dal ritmo concitato, per celebrare gli effetti letificanti del vino o un sentimento di gioia, di ebbrezza della vita.