dittatura
Potere tirannico senza controllo
In epoca romana la dittatura era concepita come una funzione con limiti precisi nel tempo e nell'esercizio del potere: il termine dittatura significava in generale un potere eccezionale conferito a un individuo, a un gruppo sociale o a un partito al fine di affrontare una crisi di estrema gravità per lo Stato. A questo potere si chiedeva di restaurare l'ordine politico e civile o di instaurarne uno nuovo. In epoca moderna e contemporanea, invece, la dittatura ha assunto la natura
di un potere dispotico senza controllo e limiti temporali, tanto che i grandi dittatori hanno esercitato il loro potere sino alla morte o al crollo dei loro governi
In situazioni di minaccia incombente, guerre, invasioni, sovversioni interne, il Senato della Repubblica romana conferiva la dittatura a un individuo eminente. Il dittatore, in carica per non oltre sei mesi, aveva il comando dell'esercito; e le sue decisioni, entro l'ambito del compito assegnatogli, avevano il valore di leggi. Ma nel 1° secolo a.C., quando a Roma si svilupparono le guerre civili, la dittatura mutò carattere. Silla si fece nominare dittatore nell'82 a.C.; Cesare nel 48 e poi a vita nel 44. Essi usarono la forza militare per cambiare le istituzioni secondo i loro progetti politici, distruggere i propri avversari e costruire un potere personale che, specie nel caso di Cesare, andò assumendo una tendenza autocratica, cioè dispotica anticipando così la figura del dittatore moderno.
In epoca moderna l'idea di dittatura fece la sua comparsa con la Rivoluzione francese: nel 1793 i giacobini fecero decretare dalla Convenzione la dittatura rivoluzionaria per sconfiggere i nemici interni ed esterni. Nel 1796-97 la dittatura rivoluzionaria diventò altresì il programma dei seguaci di François-Noël Babeuf (detto Gracchus): costoro miravano a instaurare la società degli Eguali secondo criteri comunistici, facendo leva sulla dittatura del Quarto stato (le masse lavoratrici) con lo scopo di abolire la proprietà privata. Napoleone I, divenuto padrone della Francia agli inizi del 19° secolo, diede al suo potere personale i tratti di una dittatura cesaristica.
Il concetto di dittatura di classe venne ripreso nella prima metà dell'Ottocento dai rivoluzionari comunisti, tra i quali Louis-Auguste Blanqui e soprattutto Karl Marx e Friedrich Engels, che concepirono la dittatura del proletariato come una fase di transizione per abbattere la borghesia capitalistica e avviare la costruzione del socialismo sotto la direzione del partito comunista. Fatta propria dapprima anche da numerosi partiti socialisti e socialdemocratici, nell'Europa occidentale la prospettiva della dittatura del proletariato o venne abbandonata oppure divenne un obiettivo sempre più vago.
La dittatura del proletariato venne invece rilanciata con determinazione agli inizi del Novecento dal leader del comunismo russo Vladimir I. Lenin. Quando nell'ottobre del 1917 sotto la sua guida i comunisti (bolscevichi) presero il potere in Russia, instaurarono un regime che chiamarono dittatura del proletariato, che avrebbe dovuto aprire la strada alla società socialista; ma in effetti il nuovo regime si identificò con la dittatura del partito bolscevico.
Con l'avvento alla guida del partito e dello Stato alla fine degli anni Venti di Josif V. Stalin, la dittatura del partito cedette alla dittatura personale di quest'ultimo, il quale conferì all'Unione Sovietica la natura di uno Stato totalitario, soggiogato a un unico centro di potere, costituito dai vertici del partito e dello Stato soggetti a loro volta alla volontà del dittatore. Questo tipo di dittatura, in nome della guerra di classe e dell'annientamento dei nemici del popolo, dominava in maniera ferrea l'economia collettivizzata, le organizzazioni politiche, sindacali, culturali e le forze armate; sottoponeva inoltre a una repressione terroristica sistematica e su vasta scala ogni opposizione supposta o reale sia organizzando una rete di campi di lavoro forzato e di detenzione (i Gulag) sia procedendo all'eliminazione fisica su vasta scala di singoli individui e di interi gruppi sociali. Su queste basi la dittatura di Stalin costituì il primo e più integrale esempio di totalitarismo.
Tutti i regimi comunisti formatisi dopo quello sovietico, il più importante dei quali fu quello cinese guidato da Mao Zedong, furono dittature. I regimi comunisti respinsero sempre l'accusa di aver dato vita a dittature personali, sostenendo per contro, in base all'ideologia marxista, di essere dittature della classe proletaria.
Tra le due guerre mondiali, oltre che nell'Unione Sovietica, la dittatura mise radici in un gran numero di paesi ma soprattutto nell'Italia fascista e nella Germania nazista. In queste ultime essa ebbe le sue grandi incarnazioni in Benito Mussolini, salito al potere nel 1922, ma trasformatosi propriamente in un dittatore nel 1925-26, e in Adolf Hitler, che, divenuto capo del governo nel 1933, in maniera quanto mai rapida, stabilì la sua dittatura personale.
Per molti aspetti le dittature fasciste presentarono strette analogie con la dittatura sovietica, in quanto, aboliti il pluralismo politico e le istituzioni parlamentari, si fondarono sul potere del partito unico posto a fondamento della dittatura personale del duce e del Führer. Inoltre sottoposero l'intera società al loro imperio, usarono la violenza sistematica contro gli oppositori politici e pretesero di essere le uniche forze in grado di guidare l'Italia e la Germania verso una nuova società e umanità. Ma per altri aspetti altrettanto importanti, le dittature fasciste non solo differivano dalla dittatura sovietica ma le si contrapponevano. Esse glorificavano esplicitamente la dittatura personale; avevano tra le loro prime finalità la lotta al comunismo internazionale; difendevano la proprietà privata, seppure attribuendo allo Stato il controllo sui capitalisti e un generale compito di indirizzo dell'economia.
Significative furono nondimeno le differenze tra il fascismo e il nazismo. Entrambi si posero finalità totalitarie; ma, mentre il fascismo mirava a integrare la vita sociale nello Stato nazionale, il nazismo si poneva come fine ultimo il dominio degli ariani a livello mondiale da ottenersi, facendo leva sullo Stato tedesco, con la vittoria della guerra di razza diretta contro gli Ebrei, considerati la razza nemica per eccellenza, e più in generale contro tutte le razze inferiori. Mussolini fu un dittatore assai più debole di Stalin e di Hitler; questi ultimi riunirono tutti i poteri nelle loro mani e nel partito comunista e nazista, laddove il primo dovette subire le limitazioni derivanti dal fatto che in Italia permanevano forze alleate del fascismo, ma pur sempre autonome, quali la monarchia e la Chiesa cattolica. Il ricorso alla violenza nell'Italia fascista fu assai minore rispetto al grado di violenza messo in atto nella Germania nazista e nell'Unione Sovietica. Il fascismo soppresse tutte le opposizioni, incarcerò numerosi antifascisti e ne eliminò fisicamente anche alcune decine. Ciò nonostante, l'opera di repressione non assunse i caratteri della violenza terroristica di massa posta in atto dal regime nazista e dallo stalinismo, che provocò la segregazione e la morte di milioni di uomini.
Nel corso del Novecento diverse forme di dittatura si sono sviluppate in tutte le parti del mondo, con la sola eccezione dell'America Settentrionale e dell'Oceania, assumendo caratteristiche tanto di destra quanto di sinistra.