Coppia di tavolette, unite da una cerniera, per lo più di legno o di avorio, che nell’antichità erano usate nella parte interna come superficie per scrivere. Dalla tarda età imperiale i d. furono usati come doni per personaggi illustri, in commemorazione di eventi (nozze, nomine di funzionari ecc.), in particolare offerti ai consoli per il loro insediamento ( d. consolari); le decorazioni presenti sulle facce esterne si estesero dunque anche alle superfici interne. Furono emessi anche d. con scopi religiosi (d. con soggetto di apoteosi, 5° sec., Londra, British Museum), anche legati alla storia di determinate famiglie (d. dei Nicomaci e dei Simmaci, 4°-5° sec., Parigi, Musée de Cluny, e Londra, British Museum). Un tipo particolare di d. è quello detto ‘a cinque parti’, in quanto ogni valva è composta di cinque placche d’avorio, una maggiore al centro e quattro sui lati; se ne hanno di ambito pagano (valva del d. Barberini, 6° sec., Parigi, Louvre) o cristiano (d. a Milano, tesoro del duomo; Ravenna, Museo nazionale; Berlino, Staatliche Museen).
Nell’Oriente bizantino (11°-13° sec.) i d. furono intagliati internamente come doppie icone a rilievo, e questa forma di d. ebbe grande fortuna nel periodo gotico, quando i d. divennero corrente oggetto di devozione.
In seguito si diffusero anche d. dipinti, spesso usati anche come altaroli portatili e di dimensioni maggiori degli antichi. Furono dipinti anche d. di soggetto profano, per es., recanti doppi ritratti, come quelli di coppie di sposi (I duchi di Urbino Federico da Montefeltro e Battista Sforza, di Piero della Francesca, Firenze, Uffizi; Ritratti del re Renato e di Jeanne di Laval, di N. Froment, Parigi, Louvre).