In informatica, sigla di digital versatile disc, supporto di memoria, naturale estensione del compact disc (CD), creato con uno standard riconosciuto dalle industrie del settore nel 1995 per superare i limiti del CD stesso. Il DVD ha l’aspetto di un CD da 12 cm, di cui ha conservato lo spessore (1,2 mm), ma presenta maggiore densità di dati, potendo, a seconda del tipo, memorizzare da 4,7 fino a 25 gigabyte (v. fig.).
La notevole capacità di memoria rispetto al CD (il quale può contenere al massimo 0,7 gigabyte di dati) è assicurata, oltre che dalla caratteristica di memorizzazione (per cui tale operazione, e quindi la lettura, avviene da ambedue i lati), dalla possibilità di inserire per ogni faccia due tracce a livelli differenti, dalla aumentata velocità di rotazione (circa tre volte superiore a quella dei CD tradizionali) e dalla riduzione delle dimensioni dei singoli ‘crateri’ che costituiscono l’informazione (passate da 0,8 a 0,4 μm, e che permettono così anche di avvicinare tra loro le piste da 1,6 a 0,7 μm). Per consentire la lettura di tracce così minuscole si è reso necessario diminuire la lunghezza d’onda del laser di lettura, dai 780 nm (infrarosso) ai 635 nm (rosso visibile). Inoltre, la presenza di due tracce su ogni faccia ha reso necessario prevedere un sistema di focalizzazione variabile del fascetto laser, in modo da leggere l’una o l’altra traccia.
I DVD trovano largo impiego nella memorizzazione di segnali video.