(ted. Verfremdungseffekt) Secondo la teoria drammatica elaborata da B. Brecht, l’effetto di ‘distanza’ che l’attore suscita nello spettatore non identificandosi con il personaggio o con l’ambiente, ma rappresentandolo, grazie alla recitazione e, secondariamente, alla musica e alla scenografia, come diverso da sé, fino a farne qualcosa di noto e di estraneo al tempo stesso. Questa concezione, che ha radici nella cultura teatrale di alcuni paesi orientali o di altri secoli, come nel teatro medievale europeo, è legata alle idee di Brecht sulla funzione sociale e civile del teatro, cioè a un’ideologia che vuole rappresentare in chiave marxista la realtà in divenire. Lo scopo dello s. è infatti non solo quello di evitare il coinvolgimento emotivo dello spettatore, ma anche di suscitare un atteggiamento analitico e critico rispetto ai fatti rappresentati.