esercito
In difesa della patria e delle libere istituzioni
In Italia la parola esercito viene spesso usata per indicare genericamente il complesso delle Forze armate, vale a dire le organizzazioni predisposte alla difesa militare del territorio nazionale. Tuttavia il termine esercito individua soprattutto la forza militare terrestre, distinta da quella operante in aria (aviazione) e sul mare (marina). Oggi il personale militare è composto di uomini e di donne arruolati su base volontaria e fortemente specializzati, ma non è sempre stato così. Infatti, dai tempi dei più antichi eserciti regolari della storia, costituiti più di cinquemila anni fa, passando per l'impianto del primo esercito moderno, creato da Napoleone, molto è cambiato
Il termine esercito deriva dalla parola latina exercitus, che in origine voleva dire "esercizio"; solo successivamente assunse quell'accezione che è giunta fino ai giorni nostri e che identifica un ingente numero di uomini in armi, inquadrati in un complesso ben strutturato e il più delle volte rappresentante gli interessi di un organismo nazionale. Il passaggio di significato è chiaro: uomini armati raggruppati insieme devono innanzitutto esercitarsi continuamente per raggiungere il massimo dell'efficacia riguardo al loro impiego. L'impiego primario di un esercito è combattere altri gruppi armati, e la storia ha ampiamente dimostrato che gli eserciti sono serviti soprattutto a tale compito. Ma non è stato sempre e solo così. Ai tempi dell'antica Roma, per esempio, i soldati erano anche ottimi tecnici, e alla loro attività si devono molte meraviglie d'ingegneria che ancora oggi possiamo ammirare, quali strade, acquedotti, ponti e piante di città. Anche oggigiorno molti compiti che svolgono i militari non hanno come obiettivo l'annientamento degli avversari: in Italia, reparti dell'esercito intervengono a fianco della Protezione civile in caso di pubbliche calamità o in altri casi di straordinaria necessità e urgenza, e partecipano alla realizzazione di interventi disposti dall'Organizzazione delle nazioni unite (ONU) per missioni di peace keeping ("mantenimento della pace") in determinate aree geografiche.
Una volta superata la primitiva funzione essenzialmente predatoria, i primi eserciti a trasformarsi in strumento organizzato per la conquista e la conservazione del territorio e del potere furono quelli delle più antiche monarchie del Vicino Oriente. I primi a strutturarsi in questo senso furono probabilmente gli eserciti egizio e sumero, ma di certo i maggiori progressi nel campo dell'armamento, della tattica e della strategia furono raggiunti da quelli degli Assiri e dei Persiani. Gli Assiri, molto bellicosi, istituirono il primo esercito nazionale a leva obbligatoria e si contraddistinsero per la rapidità e la violenza negli attacchi da loro sferrati. I Persiani, invece, avevano il loro punto di forza nella cavalleria ‒ corazzata e leggera ‒ e nei corpi scelti delle guardie reali. Fra i Greci antichi, dopo il periodo dei governi monarchici e aristocratici, caratterizzati da eserciti composti dal re, dai suoi compagni e dai nobili, adeguatamente armati, circondati da masse di fanterie leggere semiarmate, l'avvento della democrazia permise a una grande parte dei cittadini delle città-stato di potersi armare pesantemente e di partecipare alle campagne di guerra della patria. Questo aspetto politico-sociale, unito al fatto che una fanteria disciplinata e ben salda sul terreno riusciva quasi sempre ad avere la meglio su qualsiasi cavalleria, diede origine alle salde falangi di opliti, che divennero le formazioni militari tipiche dell'età classica. Dal punto di vista militare, la Roma antica del periodo monarchico aveva un'organizzazione assai simile a quella già descritta per la Grecia. Con la caduta della monarchia e l'avvento della repubblica, l'esercito di Roma ‒ come per le democratiche città-stato greche ‒ ebbe un carattere non permanente e venne costituito da cittadini-soldati coscritti sulla base del censo, tratti in maggioranza dal ceto medio. Dalla fine del 2° secolo a.C l'espandersi delle conquiste territoriali di Roma, e quindi il bisogno di sempre maggiori truppe per difenderle, l'erosione del ceto medio e la presenza di una vasta fascia di proletari senza professione, furono le basi per l'istituzione di un forte esercito permanente e professionale. I ranghi di tale esercito vennero riempiti proprio da quei proletari che vedevano nel mestiere delle armi una delle poche vie di riscatto sociale.
Insieme al declino delle istituzioni politiche, sociali ed economiche dell'Impero anche la capillare e potente organizzazione militare di Roma si sfasciò. L'esercito si riempì ben presto di milizie barbare, a completo detrimento della disciplina, della tattica, dell'addestramento e dell'armamento delle fanterie, e non riuscì più a far da baluardo alle orde di altri barbari (barbariche, invasioni) che provenivano da est. Dopo la frantumazione dell'Impero e la fondazione dei regni romano-barbarici (5° secolo), l'avvento del feudalesimo (9° secolo) e del frazionamento della sovranità statale causarono il ritorno a una sorta di raggruppamenti militari di élite, dove fu la cavalleria ad assumere il ruolo di arma portante. Fu solo dopo vari secoli e un lento processo di evoluzione sociale e militare che le fanterie riuscirono ad acquisire nuovamente importanza: prima con l'istituzione degli eserciti comunali (12°-14° secolo) e poi soprattutto con lo schieramento a istrice dei picchieri svizzeri (15° secolo), ossia dei soldati di fanteria armati di picca, una lunga lancia. Quest'ultimo schieramento occupa un posto particolarmente importante nella storia militare: formava infatti un invalicabile quadrato irto di lance contro il quale qualunque carica di cavalleria si infrangeva; questo nuovo modo di combattere spazzò via di colpo tutte le forme feudali e comunali di milizie e, con esse, anche il più recente fenomeno militare delle compagnie comandate dai capitani di ventura. In seguito, il trionfo definitivo delle fanterie sulle cavallerie fu sanzionato dall'avvento e dall'uso sempre più diffuso delle armi da fuoco, relativamente poco costose, dall'efficacia micidiale e di facile apprendimento.
Con il declinare del feudalesimo e la creazione delle monarchie assolute, molti Stati europei cominciarono (16° secolo) a gettare le basi per la formazione di eserciti permanenti a base nazionale: ciò significava dunque il declino del sistema di arruolamento mercenario e la presa di coscienza della indispensabilità dell'educazione morale del soldato come base del suo addestramento.
Se già nel 17° secolo in Francia il marchese di Louvois e nel 18° secolo in Prussia Federico II di Hohenzollern avevano fattivamente operato per la creazione dell'esercito moderno, è senza dubbio a Napoleone Bonaparte che va il merito della vera e propria nascita dell'esercito. A lui si deve la formazione della sua Grande Armée, che in francese significa appunto "Grande esercito". Egli, su basi innovative per quel tempo, organizzò il dispositivo militare in uno Stato Maggiore (comando di vertice), corpi d'armata, divisioni, demi brigades (reggimenti), battaglioni e compagnie. Era presente e regolamentata nel suo esercito la ripartizione in fanteria (di linea), cavalleria, artiglieria, genio, servizi (topografico, d'intendenza, di sanità e informativo), componenti queste tuttora valide e presenti in ogni esercito. La conduzione tattica del combattimento dell'esercito napoleonico era, in linea di principio, per grandi masse di uomini che, sostenute o precedute dal fuoco dell'artiglieria amica, si muovevano a passo cadenzato per l'attacco, quasi sempre frontale, delle posizioni nemiche. Alla cavalleria veniva di preminenza affidata l'incisività e la speditezza della manovra sul campo di battaglia.
L'esercito napoleonico, formato in maggioranza da coscritti ‒ cioè soldati di leva, con i pregi e i limiti che questa condizione comporta ‒ comandati con grande perizia e inclini a un forte sentimento di amore per la patria, conseguì risultati prestigiosi contro potenti e organizzati eserciti europei quali quelli austriaco, inglese, russo e prussiano, anch'essi a carattere nazionale. Alla lunga, però, questi eserciti congiunti determinarono a Waterloo (1815) la disfatta dei Francesi, segnando profondamente il corso della storia d'Europa.
Spetta a Helmut von Moltke, capo di stato maggiore nella guerra franco-prussiana del 1870-71, il merito di aver adattato per primo gli insegnamenti dell'arte militare napoleonica al nuovo ambiente politico-sociale che si andò delineando dalla seconda metà del 19° secolo e alle innovazioni tecniche che, in campo bellico, procedevano a passi da gigante. Queste, utilizzate su vasta scala, avrebbero avuto un influsso determinante sulla condotta della guerre future: pensiamo alla mitragliatrice, all'aereo e al carro armato! E se è vero che, nonostante questi tre micidiali strumenti fossero già operativi, la Prima guerra mondiale finì per essere una logorante e sanguinosa guerra di posizione, fu nella Seconda guerra mondiale che l'impiego congiunto di aviazione e mezzi corazzati trasformò lo scontro bellico ‒ che per millenni era rimasto sostanzialmente immutato nelle sue modalità ‒ in una frenetica guerra di movimento basata su fulminee azioni a vastissimo raggio. In sostanza ‒ per usare un termine divenuto poi comune ‒ la guerra era divenuta 'globale'.
Il concetto di un esercito di popolo fondato sulla coscrizione obbligatoria ‒ vale a dire sul dovere da parte di tutti i cittadini maschi ritenuti abili di assolvere gli obblighi militari ‒ è stato in vigore in Italia a partire dall'unificazione risorgimentale (1861). Questo tipo di servizio militare, che ha avuto il suo massimo impulso durante la Prima e la Seconda guerra mondiale, è stato sospeso con decreto legislativo del 2001. Il servizio militare è quindi assicurato, in particolare per i militari di truppa, da personale volontario ‒ sia maschile sia femminile ‒ in relazione al periodo di tempo che si intenderà permanere in tale condizione. Il numero complessivo dei volontari di truppa dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica è stato previsto a regime, nel tempo, in complessive 103.800 unità. Da tale livello numerico è escluso l'analogo personale dell'Arma dei carabinieri e dei Corpi della Guardia di finanza e delle Capitanerie di porto (organizzazione della Marina). È bene considerare che il dispositivo legislativo in vigore non esclude la possibilità, in caso di guerra o di gravi crisi internazionali, del ricorso al reclutamento del personale su base obbligatoria nel caso di insufficienza del personale in servizio o ‒ qualora non sia possibile colmare i posti non coperti ‒ con il richiamo in servizio del personale congedato da non più di cinque anni. La forma dell'arruolamento su base volontaria è stata ormai adottata dalla maggioranza delle moderne Forze armate e sempre di più lo sarà in considerazione della complessità dei moderni armamenti, delle tattiche e delle strategie che richiedono sempre un maggior numero di personale in possesso di motivazione, elevato addestramento e spiccata professionalità. La leva obbligatoria è ancora operante in alcune nazioni caratterizzate da regimi non democratici: in qualche caso i due sistemi di reclutamento (obbligatorio e volontario) possono coesistere, integrandosi a vicenda.
L'esercito professionale, dunque, si caratterizza per la sua contenuta numerosità a fronte di una elevata potenza di fuoco degli armamenti e dei mezzi in dotazione ‒ sempre più micidiali e tecnologicamente sofisticati ‒ e di una estrema rapidità degli interventi sia terrestri sia aerei, spesso in attuazione del principio dell'azione lampo (rapide e distruttive incursioni dietro le linee nemiche e successivi ripiegamenti veloci). Nel dispositivo flessibile del combattimento moderno è prevista e attuata anche la costituzione della task force, cioè di una formazione di unità agili e specializzate che spesso opera con tutte le componenti fondamentali dell'Esercito, Marina e Aeronautica. Tali formazioni possono condurre, in piena autonomia, rapidi e risolutivi interventi di rilevanza, e i loro comandi, spesso integrati, sono caratterizzati anch'essi da una grande rapidità di processi decisionali. Questa particolare dottrina d'impiego è stata perfezionata e attuata dal corpo dei Marines degli Stati Uniti d'America nella Seconda guerra mondiale e attualmente è diffusa nelle dottrine di molti paesi. L'impiego dell'alta tecnologia nella costruzione e nel lancio di satelliti spaziali ha reso possibile inoltre il controllo di vaste aree geografiche in tempi reali a fini informativi o d'intervento. La strategia della dissuasione poi, basata sul possibile ricorso ad armi atomiche e nucleari da parte degli Stati che le possiedono ha, di fatto, rivoluzionato gli scenari strategici per gli eserciti. L'antico adagio della lotta tra cannone e corazza, quale eterna rincorsa tra gli armamenti di offesa e di difesa, resta sempre attuale ed è destinata a esserlo sempre di più.
Quando incontriamo per la strada un fante, un marinaio, un aviere, un carabiniere o una guardia di finanza nelle loro uniformi incontriamo un rappresentante delle nostre Forze Armate (spesso citate con la sigla FFAA). Queste organizzazioni sono istituite per provvedere in modo principale alla difesa dello Stato. In particolare: l'Esercito per la difesa del territorio nazionale (confine terrestre); la Marina per la difesa delle acque territoriali (confine marittimo); l'Aeronautica per la difesa dello spazio aereo nazionale; l'Arma dei carabinieri e il Corpo della Guardia di finanza per la prevenzione e la repressione di specifici reati e per la sicurezza della nazione. Le Forze armate, tra loro autonome, hanno al vertice il rispettivo Capo di Stato Maggiore (l'Arma dei carabinieri e il Corpo della Guardia di finanza hanno ciascuna un proprio Comandante generale), sono coordinate dal Capo di Stato Maggiore della Difesa e a esse sovrintende il ministro della Difesa. Per i loro compiti specifici, i Carabinieri hanno anche dipendenza dal ministro dell'Interno, mentre la Guardia di Finanza dipende direttamente e a tutti gli effetti dal ministro delle Finanze: entrambe le organizzazioni, inoltre, rivestono aspetto di Forze di polizia a ordinamento militare. Il capo supremo delle Forze armate italiane è il Presidente della Repubblica.
L'esercito italiano, inteso qui nella sua accezione più ristretta di complesso delle forze di terra, è suddiviso in componenti strutturali ‒ sei Armi e tre Corpi ‒ che sono state, nel tempo, perfezionate e rese più aderenti alle esigenze dettate dall'evoluzione tecnologica e dalle moderne tattiche e strategie. In questo contesto l'Arma di fanteria è stata in larga misura meccanizzata: essa muove e combatte, cioè, anche a bordo di veicoli blindati e corazzati, e talvolta i suoi reparti sono impiegati in stretta relazione con gli aerei (truppe aviotrasportate). Alla fanteria appartengono le specialità dei granatieri, bersaglieri, alpini (truppe idonee all'impiego in zone di montagna), carristi, lagunari (idonei ad agire con mezzi anfibi su terreni acquitrinosi e in zone marittime a essi limitrofe) e paracadutisti. L'Arma di cavalleria ha ormai sostituito il leggendario cavallo con i mezzi blindati o corazzati, e l'Arma di artiglieria prevede oggi, accanto alle altre, una componente missilistica contraerea ‒ che dispone di complessi apparati radar per l'avvistamento e il tiro ‒ e un'altra, semovente, su mezzi cingolati. L'Arma del genio, oltre alle specialità dei pionieri, guastatori e pontieri, conta personale specializzato per la conduzione di treni e per la gestione di linee ferroviarie: la tratta ferroviaria Chivasso-Aosta, per esempio, è gestita da personale militare. L'Arma delle trasmissioni, oltre ad assicurare le comunicazioni tradizionali e via etere, provvede alla difesa elettronica con appositi apparati, mentre l'Arma dei trasporti e dei materiali e i Corpi degli ingegneri, sanitario e di amministrazione e commissariato assicurano, ciascuno nella indispensabilità delle proprie funzioni, il sostegno al personale in pace e in tempo di ostilità.
All'interno della struttura dell'esercito, inoltre, sono operanti reparti altamente specializzati per la difesa nucleare, batteriologica e chimica (NBC) e l'aviazione dell'esercito (AVES), che si avvale di elicotteri idonei al trasporto e al combattimento.
Ciascun appartenente alle Forze armate di ogni ordine e grado indossa un'uniforme che lo distingue formalmente dagli altri cittadini e nello stesso tempo ne evidenzia l'appartenenza a un'arma. Le fogge delle uniformi - pur con le dovute eccezioni - sono in buona approssimazione simili, mentre le loro colorazioni sono differenziate e specifiche per ogni Forza armata. Esse corrispondono a particolari esigenze, oltre che estetiche, anche funzionali. Qualunque sia il tipo di uniforme sul bavero sono apposte le tradizionali 'stellette' a cinque punte, da sempre simbolo della condizione militare e dell'obbligo di osservanza dei particolari doveri previsti da specifiche leggi e convenzioni e dal regolamento di disciplina militare.