(ebr. Estēr, gr.'Εσϑήρ, lat. Esther) Protagonista dell'omonimo libro biblico. Ebrea, adottata alla morte del padre dal cugino Mardocheo, un beniaminita esule a Babilonia, fu eletta regina da Assuero (Artaserse I) dopo una gara di bellezza. In occasione d'un aspro dissidio sorto tra Mardocheo e il primo ministro Aman, accusato dal primo di favorire una congiura di corte, E. ottenne l'abrogazione d'un decreto di strage contro i Giudei di Persia che Aman aveva chiesto per vendetta. Scoperta la congiura, i Giudei poterono anzi assistere, nel giorno stesso in cui era stato predisposto lo sterminio, all'impiccagione di Aman coi suoi figli: di qui avrebbe origine la festa di Pūrīm. A causa delle molte inesattezze e incongruenze la critica moderna ha contestato la storicità del racconto: alcuni studiosi hanno pensato a una favola (H. Gunkel), alcuni a un mito egiziano (H. Willrich) o babilonese (P. Jensen, W. Erbt, ecc.: Mardocheo corrisponderebbe a Marduk, E. a Ishtar). Il libro di E. ci è giunto in due versioni, quella della Vulgata, che traduce la più lunga delle recensioni greche pervenuteci, e quella del testo masoretico in uso nella festa di Pūrīm, che è assai più breve: le parti mancanti in quest'ultima sono considerate deuterocanoniche.
Nelle letterature moderne la figura di E. è stata celebrata da F. Della Valle nella tragedia Esther (1627), da F. Lope de Vega nella commedia La hermosa Ester (1610), da J. Racine nella grande tragedia Esther (1689), da F. Grillparzer in un dramma, Esther, rimasto incompiuto (1863). Tra le opere musicali eccelle l'Esther di G. F. Händel (1720).