Strategia di indagine consistente nell’utilizzo di dati etnografici ai fini dell’interpretazione dei materiali archeologici. Le ricerche si sono concentrate prevalentemente in Africa, Alaska, Oceania e nel subcontinente indiano. L.R. Binford, fondatore della new archaeology, ha organizzato spedizioni in Alaska per analizzare i comportamenti di un gruppo di cacciatori-raccoglitori. Sulla sua scia, I. Hodder ha studiato il valore simbolico dei comportamenti e delle usanze umane come, per es., le decorazioni delle orecchie delle donne nell’area del Lago Baringo in Kenya. Di contro, R.A. Gould, studiando gli aborigeni australiani (1966-74), ha messo in evidenza come siano le anomalie, piuttosto che i tratti di continuità, a rivelare i percorsi evolutivi. Studi analoghi sono stati condotti anche su società urbanizzate. A Tucson, in Arizona, nel 1972 W.L. Rathje è partito dall’analisi dei rifiuti provenienti dai contenitori di un’area della città per risalire alla sua struttura sociale.
La critica mossa all’uso dei modelli etnoantropologici nell’archeologia è basata sul principio che le ‘società primitive’ contemporanee sono strutturalmente diverse da quelle antiche: non è possibile, infatti, un confronto diretto, perché le società etnografiche moderne a contatto con altre più articolate, per es. quelle europee, hanno subito modificazioni nella loro struttura originaria. Il ricorso all’approccio etnologico richiede pertanto cautela e andrebbe inoltre limitato ai casi in cui sia dimostrabile la continuità tra la cultura archeologica e la società moderna; esso va inoltre circoscritto alle culture caratterizzate da analoghi livelli di sussistenza e dal medesimo ambiente ecologico.