(gr. ῞Εκτωρ) Eroe troiano, il più valido difensore della città, secondo l’Iliade: figlio di Priamo e di Ecuba, marito di Andromaca, da cui ebbe il figlio Astianatte (o Scamandro). Con l’aiuto di Ares e di Apollo riesce a vincere i Greci finché Achille è lontano dalla battaglia; uccide Patroclo quando questi, vestito con le armi di Achille, incalza i Troiani. Quando Achille, tornato in campo, costringe i Troiani a rinchiudersi nella città, E., ingannato da Atena che gli appare sotto le spoglie di Deifobo e gli promette aiuto, accetta il combattimento ed è ucciso. Achille fa scempio della sua salma, trascinandola più volte intorno alla tomba di Patroclo, e solo alle preghiere del vecchio Priamo s’induce a restituirla.
Episodi famosi del poema sono il duello di E. con Aiace e l’addio alla moglie Andromaca e al figlio Astianatte. E. è privo di odio contro i nemici, generoso, tenero negli affetti familiari. Nella letteratura successiva a Omero, E. è ricordato spesso nelle tragedie di argomento troiano e nell’Eneide di Virgilio; ma la sua figura non ha sviluppi: egli conserva sempre, fino a U. Foscolo (Sepolcri), l’aspetto datogli da Omero, di difensore generoso e sfortunato della sua patria.