Lavorazione, fasi di
Per f. d. l. di un film si intendono quelle che concorrono alla sua realizzazione. In quanto opera collettiva, il film si avvale infatti di diversi collaboratori che, in misura maggiore o mino-re, danno tutti un importante contributo. È possibile suddividere tali f. d. l. in tre momenti distinti: quelli che precedono, quelli che accompagnano e quelli che seguono le riprese vere e proprie.
Un film nasce da un'idea; se si tratta di un film narrativo, tale idea coincide con l'abbozzo di una storia. La prima sua concreta manifestazione ‒ che porterà per tappe progressive alla stesura di una sceneggiatura definitiva ‒ è il soggetto: un racconto di poche righe o pagine, che è già la storia di qualcosa che forse diventerà un film. Da tale soggetto si ricavano poi il trattamento e la scaletta. Il trattamento sviluppa gli spunti narrativi del soggetto, presentandoli in una forma più definita, con una maggiore attenzione alla descrizione di situazioni, ambienti e personaggi. La scaletta, invece, seziona e scandisce il materiale del trattamento suddividendolo in quelle scene ‒ solitamente numerate ‒ in cui si articolerà il film vero e proprio. In questo modo sarà possibile tenere sotto controllo l'intera storia, verificare la presenza di eventuali lacune o, al contrario, ripetizioni, rendersi conto se un personaggio scompare nel nulla o un altro è presentato con troppo ritardo, comprendere se l'inizio è lento o il finale sbrigativo.Dal trattamento e dalla scaletta nasce la sceneggiatura vera e propria, in cui sono ordinate le scene del film, descritti con cura ambienti, personaggi ed eventi, indicati con precisione i dialoghi. Due sono le forme più comuni in cui una sceneggiatura è scritta. Nella forma italiana ogni singola pagina è divisa in due colonne: in quella di sinistra si trovano tutte le indicazioni relative alle azioni dei personaggi e alle descrizioni degli ambienti; in quella di destra le notazioni riguardanti il sonoro (in particolare i dialoghi, ma talvolta anche i rumori e le musiche). La forma americana, invece, si avvicina di più alla pagina di un racconto letterario; ambienti, personaggi e azioni sono descritti a partire dal margine sinistro del foglio, mentre i dialoghi si trovano al centro, leggermente rientranti su entrambi i lati rispetto al testo normale, in modo da far comprendere rapidamente al lettore se quella determinata scena sia soprattutto una sequenza di dialoghi o d'azione. Alla sceneggiatura vera e propria può poi seguire il découpage tecnico ‒ che solitamente richiede l'intervento esplicito del regista, cosa che invece può anche non accadere nelle precedenti f. d. l. di una sceneggiatura ‒, operazione con cui le diverse scene vengono suddivise in singole inquadrature, a loro volta numerate, delle quali, oltre al contenuto, possono essere indicati il tipo di piano (se, per es., si tratta di una figura intera o di un campo medio), l'angolazione della macchina da presa, la presenza di eventuali movimenti della cinecamera, il tipo di raccordo scelto per passare da un'inquadratura a un'altra (stacco, dissolvenza in chiusura, tendina ecc.). In certi casi al découpage tecnico segue poi lo storyboard, in cui alcune o tutte le inquadrature del film sono preventivamente disegnate. A partire dagli anni Ottanta, questo processo di illustrazione della sceneggiatura è stato realizzato attraverso forme di previsualizzazione elettronica che consentono di arrivare alle riprese avendo verificato in precedenza molti dei fattori che ne determinano il risultato finale.
La versione definitiva della sceneggiatura ‒ definitiva soltanto per quel che riguarda questa prima f. d. l. di un film, perché nei fatti può poi subire ancora notevoli variazioni ‒, oltre a contenere gli aspetti narrativi dell'opera a venire, diventa lo strumento principale attraverso cui valutare la concreta fattibilità del film stesso. È, infatti, grazie alla sceneggiatura che diviene possibile per un produttore valutare i costi dell'operazione, sapere quanti attori, maestranze e comparse sono necessari, in quali luoghi si devono svolgere le riprese, che attrezzature e mezzi occorrono, a quali effetti speciali bisogna ricorrere, quanto tempo può occupare la lavorazione del film. Se gli studi di fattibilità danno esito positivo, il film entra a questo punto nella sua fase concreta di lavorazione. Una volta scelto il regista, quando ciò non sia già stato fatto in precedenza, si stendono un piano di produzione e uno di lavorazione che consentono di approntare un preventivo di spesa.
Due f. d. l. fondamentali, in questo stadio della preparazione del film, sono il casting e i sopralluoghi. Il casting concerne la scelta degli interpreti, sia per i personaggi principali sia per quelli secondari, nonché per le semplici comparse (v. attore e attrice; caratterista; comparse). In molti casi un fattore determinante per la scelta di un attore è il provino cui viene sottoposto, che consente di verificare la sua adattabilità al personaggio che deve interpretare. I sopralluoghi servono, invece, per individuare gli ambienti reali in cui girare alcune scene del film ‒ le cosiddette locations ‒ sia per gli esterni sia per gli interni (a esclusione, tuttavia, di quelle scene che, invece, vengono girate negli studi cinematografici). Tali ambienti reali devono poi essere adattati, resi cioè compatibili con le esigenze narrative del film e la sua ambientazione storica. Un bosco può, per es., essere riempito di fiori artificiali per creare quella dimensione idilliaca funzionale a un incontro sentimentale (come in Shichinin no samurai, 1954, I sette samurai, di Kurosawa Akira, per l'incontro fra il giovane samurai e la bella contadina). Una via cittadina può, invece, essere riportata indietro nel tempo per diventare così lo sfondo credibile di un film ambientato nei primi anni del Novecento. Le operazioni di adattamento degli ambienti spettano soprattutto allo scenografo (v. scenografia e arredi scenotecnici) e ai suoi collaboratori, i quali possono anche avvalersi di bozzetti disegnati dalla stesso regista (come accadeva, per es., con Fritz Lang o Federico Fellini). Il ruolo dello scenografo ‒ e quello degli eventuali bozzetti ‒ diventa ancora più importante nel caso delle riprese all'interno degli studi cinematografici, dove gli ambienti non devono essere semplicemente adattati ma letteralmente costruiti (v. anche architettura). A partire dagli anni Ottanta i bozzetti disegnati a mano sono stati spesso sostituiti da vere e proprie previsualizzazioni elettroniche. Parallelo al lavoro dello scenografo è poi quello del costumista (v. costumi), il cui compito consiste nel preparare gli abiti per gli attori del film ‒ da quelli principali all'ultima delle comparse ‒ in funzione delle caratteristiche dei personaggi da loro interpretati.
Una volta stesa la sceneggiatura, scelti gli attori e le comparse, trovati, adattati e costruiti i luoghi, confezionati i costumi, si può finalmente passare alla fase centrale della lavorazione di un film, quella delle riprese vere e proprie. Queste ultime sono spesso precedute dalle prove con gli attori, che per alcuni registi possono anche protrarsi per settimane (come nel caso dell'inglese Mike Leigh). Prima tuttavia che sia avviato il motore della macchina da presa è necessario che gli ambienti siano illuminati secondo le necessità espressive del film. Dell'operazione si fa carico il direttore della fotografia, sebbene in alcune cinematografie, come quella giapponese, questo compito sia affidato a un vero e proprio direttore delle luci, diverso da quello della fotografia, il cui ruolo è così limitato essenzialmente alla scelta degli obiettivi, al posizionamento della macchina da presa e al controllo degli eventuali movimenti della cinecamera. Per quanto il regista abbia un compito importante nelle f. d. l. che precedono quella delle riprese vere e proprie ‒ ma è noto per es. che nella Hollywood classica ciò avveniva piuttosto raramente ‒ è soprattutto in questo momento che egli assurge effettivamente al ruolo di punto di riferimento di tutto ciò che accade, agendo come un vero e proprio direttore d'orchestra. È del resto il regista stesso a essere responsabile, nei confronti della produzione, dell'effettiva attuazione del piano di lavorazione delle riprese, indicando con precisione il loro ordine ‒ solitamente determinato dai diversi luoghi in cui queste avvengono: prima si girano tutte le scene in un certo ambiente, poi in un altro e così via ‒ e la loro durata complessiva. In generale è possibile distinguere all'interno della fase delle riprese due grandi modalità: quella in cui queste seguono con estremo rigore le indicazioni presenti nella sceneggiatura e, eventualmente, nel découpage tecnico e nello storyboard (come accadeva quasi sempre nell'ambito del cinema hollywoodiano classico), e quella in cui, al contrario, il regista si riserva ampi margini di improvvisazione, cambiando spesso, se non addirittura stravolgendo, ciò che era stato pensato in fase di sceneggiatura (come accadeva per molti registi del cinema della modernità, da Roberto Rossellini a Jean-Luc Godard).Terminate le riprese, il film entra nella fase dell'edizione. Qui le operazioni fondamentali sono quelle del montaggio delle immagini, del montaggio audiovisivo e della realizzazione degli effetti speciali; questa fase, che prosegue nella postproduzione, confluisce poi in quella dello sviluppo e stampa della pellicola, che prevede il cosiddetto taglio del negativo secondo le indicazioni del montaggio effettuato, cui segue un processo di stampa che approda alla prima copia del film da cui derivano le altre destinate alla distribuzione. Il montaggio delle immagini comporta la scelta e l'unione delle varie riprese del film, solitamente più di una per ogni inquadratura, private della testa e della coda. Le inquadrature scelte formano in tal modo l'insieme delle scene e delle sequenze che danno vita all'intero film, che può essere simile o meno a quanto previsto in fase di sceneggiatura. Segue il montaggio audiovisivo, in cui le colonne dei dialoghi, degli effetti (ovvero i rumori) e delle musiche vengono mixate fra loro ‒ secondo criteri di priorità espressiva ‒ e associate alle immagini. In questa fase gli attori devono tornare al lavoro per registrare le proprie voci, se si tratta di un film che non è stato girato in presa diretta. Un ruolo di primo piano è assunto dal musicista cui viene affidata la colonna sonora, che può essere originale, formata da brani preesistenti ‒ ma talvolta arrangiati in modo nuovo ‒ oppure mista. Spesso il lavoro del musicista inizia prima dell'edizione del film e le musiche sono usate durante le riprese per creare un'atmosfera che aiuti l'attore nel suo lavoro. Durante il montaggio può essere necessario ideare determinati effetti speciali non solo per le storie a carattere fantastico e avventuroso ma anche per quelle drammatiche. Le tecnologie digitali sviluppatesi a partire dagli anni Ottanta del 20° sec. hanno determinato, infatti, una frequente manipolazione attraverso il computer delle immagini del girato, che non servono solo a creare eclatanti effetti irreali ma anche semplicemente a modificare un paesaggio ‒ senza minarne la verosimiglianza ‒ per renderlo più consono alle esigenze drammatiche ed espressive di una determinata scena.
A questo punto, le vere e proprie f. d. l. del film possono considerarsi terminate ed esso è arrivato al suo cosiddetto final cut, cioè montaggio definitivo, che secondo i casi, e i tipi di contratto, può essere approvato dal regista o dal produttore. Con questo montaggio definitivo il film, dopo la fase conclusiva della stampa delle copie e attraverso il suo lancio pubblicitario, arriva finalmente nelle sale cinematografiche. Accade sempre più frequentemente che certi film escano, a distanza di alcuni anni dalla loro prima distribuzione, in una nuova versione, a volte con un finale alternativo, altre con alcune scene aggiunte, altre ancora con un nuovo commento fuori campo: come è successo per Star wars (1977; Guerre stellari) di George Lucas, Apocalypse now (1979) di Francis Ford Coppola e Blade runner (1982) di Ridley Scott; e come capita ancora più di frequente con la riedizione dei film in DVD.
M. Chion, Le cinéma et ses métiers, Paris 1990 (trad. it. I mestieri del cinema, Santhià 1999); C. Biondi, Come si produce un film, 2° vol., Tecnica e pratica della produzione dallo script alla sala, Roma 2002.