Poeta satirico latino del sec. 2º a.C.. Appartenente al "circolo degli Scipioni", partecipò attivamente alla vita culturale dell'età degli Scipioni e dei Gracchi. Scrisse trenta libri di satire, di cui ci restano frammenti per 1.300 versi, portando alla maturazione e alla definitiva sistemazione formale questo genere di componimento poetico.
Nato a Sessa Aurunca forse nel 180 (la data del 148 fornita da s. Girolamo si spiega forse con l'omonimia dei consoli), militò nella guerra Numantina (134-133), e visse agiatamente a Roma, tranne che per un breve periodo durante il quale fu colpito da una legge che prescriveva l'allontanamento dei non cittadini romani (126-124). Appartenente al "circolo degli Scipioni", amico intimo di Scipione Emiliano e di Lelio, dell'annalista Aulo Postumio Albino, del grammatico Elio Stilone, partecipò personalmente e contribuì al formarsi della fioritura culturale dell'età scipionica e graccana. È incerto l'anno della sua morte, forse il 114.
L. scrisse trenta libri di satire, delle quali abbiamo solo frammenti per circa 1.300 versi. Questo genere di componimento poetico, già coltivato in Roma da Ennio e Pacuvio, fu portato da L. a maturazione e alla sua definitiva sistemazione formale: quella di una composizione in esametri, dal linguaggio semplice e discorsivo, dal tono ora aggressivo, ora meditativo e sermoneggiante, che ha per oggetto uno spunto della vita reale (come, per es., un personaggio famoso per esemplare virtù o vizio o ridicolaggine), dal quale sia possibile trarre argomento per considerazioni sui vizi umani, mirando insieme a un fine generale didascalico e a uno particolare, polemico, a volte esplicitamente personale. Sulla formazione della satira luciliana, che fu una delle creazioni più vive e tipiche della letteratura latina, influì la commedia attica antica e ancor più la diatriba stoico-cinica della Grecia ellenistica: Cratete di Tebe aveva moraleggiato parodiando Omero in esametri. Alla progressiva definizione del contenuto satirico (lungo è certamente il periodo di tempo nel quale si svolse la produzione luciliana) si accompagnò la conquista della forma definitiva, la composizione in esametri. Dai frammenti che avanzano è possibile ricostruire (l'ordinamento tradizionale, sebbene antico, non rispecchia la cronologia della composizione) la linea di un'evoluzione, che va dai metri tipici della satira di Ennio e Pacuvio (polimetria, con prevalenza di versi giambici e trocaici: libri 26º-29º) al distico elegiaco (libro 22º, forse anche 23º-25º), ai libri 1º-21º e 30º, in esametri. Ricco di possibilità espressive, con un variare di toni che risale alla tradizione della commedia di Plauto, vigoroso e sincero nell'invettiva e nel ritratto, L. attaccò tutti gli uomini più in vista del suo tempo, dai democratici Gaio Cassio e Marco Papirio Carbone, agli aristocratici della fazione antiscipionica, come Quinto Opimio, Lucio Aurelio Cotta, Scevola l'Augure, Quinto Metello Macedonico, Lucio Cornelio Lentulo Lupo; e unì alla polemica politico-moralistica quella filosofica (avvicinandosi, probabilmente, all'Accademia), e quella letteraria, con ricchezza d'interessi e di cultura. Ma il suo forte moralismo non fu senza grettezza, e la sua satira mancò di quella ricchezza etica che pure rappresentava l'ideale dell'aristocrazia grecizzante tra la quale egli visse. Le satire di L. ebbero larga fama nella latinità, come dimostrano non solo la successiva storia della satira (Orazio e i satirici dell'età imperiale, Persio e Giovenale, ne dipenderanno o comunque ne saranno influenzati), ma anche le varie menzioni e lodi che si ritrovano in Velleio Patercolo, in Plinio il Vecchio, in Quintiliano.